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Comunità Educante con i Carcerati

Un percorso educativo per il detenuto

Al fine di eliminare le cause che conducono al comportamento deviante, la Comunità promuove oggi un percorso educativo, mirato ed impegnativo, realizzato all’interno di strutture dell’Associazione, che non si basa né sul pietismo né sull’assistenzialismo, ma sulla certezza della pena e soprattutto del recupero. Tale progetto si chiama “CEC APGXXIII: Comunità Educante con i Carcerati dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII”.

Nelle strutture in cui viene attuato il progetto, le giornate sono intense e vengono svolte numerose attività, al punto che alcuni utenti hanno preferito il ritorno alla vita carceraria. Tale percorso è stato perfezionato, nel 2008, dopo l’incontro con la realtà Brasiliana dell’APAC(Associazione per la Protezione e Assistenza ai Condannati) che ha condotto allo sviluppo di un progetto attuabile in Europa e in Italia, riconosciuto come valido dall’APAC stessa. L’iniziativa è attualmente sperimentata da alcuni anni, in svariate strutture dell’Associazione presenti in Emilia-Romagna, Toscana, Abruzzo e Piemonte e due in Camerun.

A chi si rivolge la comunità educante con i carcerati

Il percorso educativo è rivolto sia a detenuti in attesa di giudizio, sia a persone che devono scontare una sentenza di qualsiasi grado. Per accedere al programma, i detenuti devono chiedere di poter essere accolti; essi saranno poi selezionati in collaborazione con la direzione carceraria e con il Magistrato preposto. Il percorso è aperto a tutti a prescindere dalla cultura, nazionalità o religione di appartenenza.

I responsabili e gli operatori del progetto sono affiancati da volontari esterni, tutti opportunamente formati e preparati, e da personale medico qualificato secondo necessità. Un fattore importante per il buon esito del percorso rieducativo consiste nel fatto che gli utenti devono accettare volontariamente di partecipare e impegnarsi nelle varie attività preposte dal progetto. Il progetto si realizza in case aperte, cioè senza strutture restrittive specifiche.

I detenuti (definiti all’interno del progetto con il termine “recuperandi”), su autorizzazione del giudice, possono uscire accompagnati dagli operatori per svolgere attività lavorative ed educative, previa comunicazione ai Carabinieri.

Le tre fasi della comunità educante con i carcerati

  • I° fase: il recuperando è chiamato a concentrarsi molto sulla riflessione del proprio vissuto e, con l’aiuto dei volontari, si esercita nel cercare di diventare una persona nuova, in particolare attraverso la rielaborazione della propria rabbia e la valorizzazione delle proprie capacità; Generalmente è svolta presso una Comunità di prima accoglienza.
  • II° fase: le attività sono orientate alla formazione al lavoro e alla professionalizzazione, mantenendo sempre una logica educativa con tutti gli strumenti educativi
  • III° fase: consiste nella sperimentazione, in seguito alle due fasi precedenti, della libertà e dell’autonomia diurna con rientro serale. Il recuperando rientra nella società gradualmente attraverso il lavoro. La durata di ogni singola fase è personalizzata in base alla tipologia di reato e alle caratteristiche dell’utente. Il buon coinvolgimento del recuperando e il suo impegno nel percorso garantiscono, in base alle norme vigenti, la riduzione della pena e l’avanzamento delle fasi. Per comportamenti scorretti o contrari al rispetto delle regole è prevista una retrocessione delle fasi e in casi gravi un rientro coatto in carcere.

 

I Pilastri del Percorso

  1. Coinvolgimento della comunità esterna: Don Oreste Benzi, che affermava: “Nello sbaglio di uno c’è lo sbaglio di tutti. Per recuperare uno è necessario il coinvolgimento di tutti”. Seguendo ciò, all’interno del progetto è prevista la partecipazione gratuita e attiva alla conduzione del progetto da parte delle comunità locali. I volontari sono veri maestri di vita proprio grazie alla gratuità del loro servizio.
  2. Recuperando aiuta recuperando: I detenuti sono direttamente coinvolti nell’aspetto educativo e in quello riguardante la sicurezza. Ciò permette loro di responsabilizzarsi e di intraprendere il percorso educativo concretamente e serietà per adottare un atteggiamento e una cultura di legalità.
  3. Coinvolgimento delle famiglie di origine: Dove è possibile, la pacificazione con le famiglie è essenziale, soprattutto nella fase di rientro in società. In alcuni casi è necessario svolgere un percorso educativo con le famiglie stesse.
  4. Lavoro: La professionalizzazione e la formazione al lavoro sono elementi importanti per costruire il proprio futuro. L’impegno in attività lavorative misura anche il grado di pentimento del soggetto, in quanto il lavoro non è remunerato nelle prime fasi e assume quindi un valore educativo e risarcitorio nei confronti delle vittime e della società.
  5. La Spiritualità: Offre l’occasione di mettere in crisi i principi che orientano alla vita delinquenziale per sostituirli con quelli più sani. Per chi crede non è escluso il nutrimento religioso
  6. Assistenza Sanitaria e giuridica
  7. Accompagnamento al reinserimento
  8. Valorizzazione umana: Si concretizza soprattutto attraverso incontri quotidiani individuali e di gruppo. Si stanno sviluppando, inoltre, percorsi di perdono e riconciliazione attraverso specifici corsi.
  9. Proporre la condivisione con gli ultimi: In alcune case in particolare è proposta la condivisione con persone disabili o con problematiche psichiche. Tale condivisione vissuta nella libertà, da risultati sorprendenti perché il recuperando riconosce con più facilità che è risorsa per gli altri.
  10. La Giornata di Liberazione di Cristo

 

Risultati e vantaggi

  • Nel 2012 il Progetto CEC è stato inserito e finanziato all’interno del Progetto AC.E.RO, promosso dal Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria dell’Emilia-Romagna (PRAP-ER), dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) e dall’Assessorato Promozione e di Integrazione della Regione Emilia-Romagna.
  • Ad oggi, i risultati del progetto sono incoraggianti: nel corso di 19 anni la nostra Comunità ha accolto 4000 detenuti.
  • Se nelle carceri la tendenza a commettere di nuovo dei reati - la cosiddetta recidiva è del 70% dei casi, per quanto riguarda le comunità gestite dalla Comunità di don Benzi, dove i detenuti fanno esperienza di servizio ai più deboli, i casi di recidiva sono appena il 15%.
  • Attualmente la nostra Comunità accoglie gratuitamente circa 300 detenuti ed ex detenuti in diverse strutture residenziali, ai quali viene offerto un percorso educativo e reinserimento sociale alternativo al carcere. Ad oggi APG23 non riceve nessun contributo per l'accoglienza dei detenuti. Il costo per ognuno dei detenuti accolti a carico della nostra Comunità è di 35 Euro al giorno contro i 140 Euro dell’amministrazione penitenziaria.

Perché riteniamo valida questa proposta?

Un uomo recuperato non è più pericoloso, mentre la giustizia vendicativa produce persone che scelgono di nuovo la via delinquenziale. La società può e deve coinvolgersi nel recupero dell’uomo che sbaglia. Il CEC è un’ alternativa concreta all’attuale sistema carcerario, costoso e inumano, inefficiente e degradante.

E’ il tempo di passare da una giustizia vendicativa ad una giustizia educativa. Il progetto CEC non solo permette un grossissimo risparmio economico, ma segna l’inizio di un nuovo modo di trattare con l’uomo che sbaglia e traccia le linee di una nuova umanità.

Le CEC attive sono:

Clicca qui per scaricare il libretto informativo sul metodo CEC

Per conoscere maggiormente il mondo dell’esecuzione penale vi invitiamo a leggere il libro “Carcere l’alternativa possibile

 

 

 

 

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