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Dentro il carcere

Moltissime sono le carceri frequentate dai membri della nostra Comunità o dai volontari legati comunque alla nostra associazione. Torino, Biella, Asti, Massa,  Cuneo, Saluzzo, Fossano, Alba, casa lavoro di Vasto, Ascoli, Teramo ne sono solo alcuni esempi.

Spesso gli avvocati, le assistenti sociali dei UEPE, gli educatori ci contattano al fine di incontrare i carcerati che sono vicini al fine pena o che possono usufruire di permessi premio o di arresti domiciliari. Lo scopo è quello di attivare la rete interna della nostra comunità per ricercare una risposta alla loro richiesta di accoglienza. Spesso si tratta di persone che non hanno nessuno ad aspettarli al di fuori del carcere. A volte sono gli stessi detenuti a contattarci scrivendoci direttamente e manifestando bisogni diversi: alcuni di loro avanzano richieste di vario tipo (vestiario, pratiche burocratiche, contatti con le famiglie ecc.), altri dimostrano il desiderio di una relazione umana o di un sostegno psicologico.
Oltre ai colloqui individuali, in carcere vengono portate avanti diverse attività: gruppi di ascolto, gruppo di lettura, uscite di gruppo, animazione della messa, laboratori musicali e teatrali, bricolage.
Numerosi anche gli accompagnamento dei detenuti in permesso e le accoglienze nelle case famiglia.

Nelle carceri minorili

Per quanto riguarda le carceri minorili (IPM) in Italia, la Comunità Papa Giovanni XXIII è attiva attraverso diverse modalità:
- Direttamente con attività negli Istituti (attività ludiche, socializzanti, laboratori...) di: Acireale, Torino, Bari e Treviso. Qui alcuni membri di Comunità, insieme a volontari e giovani, si recano più volte durante il mese per condividere momenti di amicizia, scambio di vita e relazione con i ragazzi ristretti.
- Con l'accoglienza di giovani a fine pena o che hanno la possibilità di usufruire di pene sostitutive alla detenzione, nelle case famiglia, famiglie accoglienti o pronte accoglienza. In alcuni casi con l'inserimento lavorativo in cooperative della Associazione Papa Giovanni XXIII.
- Con la partecipazione/animazione di momenti specifici negli IPM (Messe, feste, tornei, uscite).

Sull'ergastolo

“Tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà sono dunque chiamati oggi o a lottare non solo per l’abolizione della pena di morte, legale o illegale che sia, e in tutte le sue forme, ma anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie, nel rispetto della dignità umana delle persone private della libertà. E questo, io lo collego con l’ergastolo. In Vaticano, poco tempo fa, nel Codice penale del Vaticano, non c’è più, l’ergastolo. L’ergastolo è una pena di morte nascosta.”

Papa Francesco,
dal discorso all'Associazione Internazionale di Diritto Penale, 23 Ottobre 2014
 

La Comunità è molto impegnata anche sul fronte dell'ergastolo.
Partendo dalla nostra esperienza e dalla nostra certezza che il cambiamento dell’uomo è sempre possibile e che il detenuto si recupera e rieduca molto meglio con misure alternative al carcere, non possiamo non essere contro questa grande ingiustizia dell’attuale sistema penale: il carcere a vita, l’ergastolo, soprattutto nella sua variante ostativa ad ogni beneficio penitenziario, che esclude ogni possibilità di reinserimento sociale, divenendo a tutti gli effetti un fine pena mai, fino alla morte fisica del condannato.

Dal 2007 incontriamo decine di detenuti condannati all’ergastolo, in molte carceri d’Italia, seguendoli, dove è possibile, anche quando vengono trasferiti e rimanendo vicini alle loro famiglie. Dalla condivisione con gli ergastolani si è reso necessario provare a rimuovere le cause che creano una cultura che accetta la detenzione a vita e coinvolgere un numero sempre maggiore di persone che, anche con il loro autorevole contributo, ci aiutino a divulgare un nuovo pensiero e sensibilità sociale su questi uomini che, pur avendo commesso dei reati gravissimi, dopo decenni e decenni di detenzione ininterrotta sono persone completamente diversi dall’epoca del reato.
Contrariamente a quanto si pensa, sono più di 100 le persone in carcere da oltre 30 anni e dei 1576  ergastolani dietro le sbarre al 22 settembre 2014,  ben 1.162 sono ostativi (dati ufficiali forniti dal  DAP) quindi destinati a morire in carcere.

 

 

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