È comune, quando si parla di detenuti, pensare subito a gente pericolosa, che va richiusa in carcere, buttando via la chiave, convinti che il problema si risolva così. Invece don Benzi amava ripetere: «L’uomo non è il suo errore» e per il 9° anno consecutivo è stato organizzato un pellegrinaggio tutto speciale: il 22 aprile sarà un’occasione per camminare insieme ad alcuni dei detenuti accolti nel CEC (Comunità Educante per Carcerati) e conoscerli di persona.
«Chi partecipa arriva alla meta totalmente diverso nel pensiero e nelle opinioni. È proprio vero che la conoscenza fa la differenza», dice Matteo Giordani, che da 5 anni lavora come operatore nella Casa Madre del Perdono, uno dei 5 CEC gestiti dalla Comunità Papa Giovanni XXIII.
«La società, senza saperlo, alimenta nuovi crimini», afferma con forza Giorgio Pieri, coordinatore del progetto CEC, «i reati più gravi non sono fatti da persone incensurate, ma da chi è stato in carcere 2, 3 o più volte, perché non è un ambiente educativo. Il progetto CEC è un’esperienza unica in Italia, dove dei detenuti comuni seguono un progetto educativo specifico all’esterno del carcere. Chiaramente il carcere è necessario per alcuni, ma per 20mila detenuti ci potrebbe essere una soluzione alternativa. Già da domani, se lo Stato fosse disposto a pagare 30 euro al giorno per ogni detenuto (invece che circa 200 €, che è il costo di un detenuto in carcere) ci sarebbero delle realtà pronte ad accoglierli tutti».
Il titolo del pellegrinaggio di quest’anno è “Don Oreste… cammina con me” e durante l’itinerario, che parte dalla tomba di don Benzi nel cimitero di Rimini e termina nel Carcere cittadino, verranno proposte alcune riflessioni del sacerdote fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII.