Astrakhan,14 gennaio.
Il tempo e' pietoso: cielo plumbeo, nebbia, umidita', un paio di gradi sopra lo zero, dopo essere quasi arrivati a meno venti giusto una settimana fa, la neve che ormai si sta sciogliendo, fango, ghiaccio e acqua dappertutto. Una desolazione visiva ed emotiva.
Sto facendo il giro in strada ad incontrare i senza fissa dimora. Passo un incrocio, con la coda dell'occhio mi sembra di vedere qualcuno seduto su delle tubature, ma non ne sono completamente sicura. Accosto la macchina, prendo panini e thermos, torno indientro quei venti metri a piedi destreggiandomi tra le pozzanghere. Giro l'angolo e non mi ero sbagliata: eccolo seduto li', circondato da gatti randagi. Sembra un fantoccio, sporco, vestito di stracci, col volto ferito ed ancora imbrattato di sangue. Sembra uno spaventapasseri educato, seduto con le gambe penzoloni e gli scarponi logori. Sembra un'apparizione, sembra surreale, cosi fuori luogo. Invece e' reale, vivo, in carne anima ed ossa.
Ha la barba lunga e grigiastra, due occhi celesti, lo sguardo sveglio: ci salutiamo, gli chiedo come si chiama, zio Sasha mi dice, zio Sasha? Potenza del nome! Lo riconosco, lo avevo gia' incontrato d'estate, poco distante da quel posto. Gli chiedo se per caso viene dalla regione di Krasnodar, se e' stato marinaio, gli si illuminano gli occhi, ma come fai a saperlo, ma ti ricordi che ti avevo spiegato che marinai si resta tutta la vita, si e' proprio lui. Ha le dita dei piedi amputate per il freddo, ecco ora mi ritorna alla mente la nostra chiacchierata, era venuto ad Astrakhan per lavoro e poi ha smarrito la via della vita... Sono due anni che dorme in strada. Vorrei lavarmi, mi dice, ho dei vestiti puliti qui nel sacchetto, vorrei anche farmi la barba, ma che senso ha? Poi tanto e' qui che torno.
Ma dove dormivi quando faceva meno venti?Qui, i tubi sono bollenti, senti? Attorno ci sono resti di cibo, per questo i gatti gli stanno addosso. Uno addirittura e' comodamente accoccolato sulle sue gambe. Gli altri due fanno le fusa girovagandogli attorno. Sai che c'e' un dormitorio in citta'? E c'e' anche un piccolo centro statale di accoglienza per senza fissa dimora. Si mi ricordo che me lo avevi gia' detto, ci sono stato al centro di accoglienza, ma sono scappato da li'. Ma con l'inverno davanti?
Perche' non ti lasciavano bere? No, perche' non danno da mangiare li.' E' un posto infernale. Meglio morire liberi cercandosi da soli da mangiare, che in gabbia affamati. Gia', e' proprio lo zio Sasha, mi ricordo che gia' la prima volta mi aveva colpito il suo linguaggio ricercato, fuori dal comune, senza volgarita'.
La gente ci passa accanto sul marciapiede, qualcuno ci sfiora incuriosito con lo sguardo, ma tutti a distanza di sicurezza procedono per la loro strada. Dove sei stato tutto questo tempo? Sono mesi che non ti incontro. Alla fine dell'estate sono stato in ospedale, ho avuto male ai reni. Mi hanno buttato nell'ospedale per malati terminali di tbc, sotto il ponte vecchio, sai no? Ci mettono tutti assieme la', tanto una malattia vale l'altra. Sono scappato dopo neanche una settimana. Come ti dicevo, meglio morire liberi.
Beh, sono contenta di vederti, prendi un po' di the caldo, e dei panini. Ti ringrazio, il the lo prendo solo perche' e' caldo, senno' di solito io non lo bevo..Eh immagino, dico io, che non sia tra le tue bevande abituali. Ci sorridiamo..
Poi succede una cosa allucinante. Una cosa che al momento mi ha lasciato senza parole. Parole che adesso vorrei aver detto...Una signora passa dietro di me sul marciapiede. La sento dire "Ah ma guarda quanto gattini belli..se ne sta seduto coi gatti". La sento fermarsi dietro di me, frugare nel sacchetto della spesa. No Signore dimmi che non sta per fare quello che penso...ma e' un attimo. Compare alla mia destra e si avvicina a Sasha, gli porge due bustine di carne per gatti, e gli dice "Tenga, dia da mangiare ai poveri micini stasera...hanno fame. Domani gliene porto ancora se faccio in tempo a passare".
Mentre se ne va i nostri sguardi si incrociano, io devo avere la faccia sgomenta, mi muoiono in gola le parole che vorrei urlarle dietro. Un brivido mi percorre la schiena, non voglio sia vero cio' che ho appena visto e sentito.
Mi sento male, saluto lo zio Sasha in fretta, gli dico che spero di rivederlo presto. Mi ringrazia e mi augura salute, anzi, che il buon Dio mi doni salute, come si dice sempre tra la gente di strada. Auguro di rimando a lui salute e fortuna. Me ne vado stralunata, con un groppo allo stomaco.
In fondo lo zio Sasha non e' reale, e' solo uno spaventapasseri seduto sulle tubature che serve per dare dai mangiare ai poveri gatti randagi. Probabilmente me lo sono immaginata io, forse un po' suggestionata dal tempo atmosferico. Uno spaventapasseri-marinaio avvolto dal mare di nebbia che regna sugli animi di questa città-nave fantasma.
Buon anno e buon viaggio, zio Sasha, di tutto cuore.
Mirella, foto di G.T.