«Ci spieghi, Vendola, cosa intende quando afferma: “Condivido con il mio compagno una scelta e un percorso che sono lontani anni luce dalla espressione 'utero in affitto'”».
È il commento di Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, alla notizia riportata dai media sulla nascita di un «bimbo figlio di Nichi Vendola, del suo compagno trentottenne, l’italo canadese Ed Testa, e di una donna indonesiana con passaporto americano».
«Ma se questa non è maternità surrogata, cos’è? – prosegue Ramonda –. Se è vero che la madre genetica sarebbe californiana mentre l’utero dovrebbe essere di "una donna di origine indonesiana residente negli Stati Uniti", quanto è stato pagato questo bambino? E da quale Giudice andrà Vendola tra qualche mese in Italia a farsi riconoscere padre, in barba allo stralcio della stepchild adoption? Sono passati anni luce da quando i giudici toglievano i bambini dalle false paternità. Ora stiamo assecondando solo le pretese degli adulti e le presentiamo come il “preminente interesse del minore”. Qual è l’interesse del minore? Quello di essere portato via da sua madre perché acquistato da signori facoltosi? Anche questa è tratta di esseri umani».