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Servizio Civile all’estero: sospese le partenze verso alcuni Paesi

Si spera in un cambio di rotta a settembre; intanto i giovani restano a casa.

A seguito della comunicazione dello scorso 13 agosto in cui il Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale, ha deciso la sospensione delle partenze per gli operatori volontari in Servizio Civile all’estero per ben 19 Paesi, in seguito alla nostra richiesta e soprattutto a quella dei giovani, di poter comunque partire, la risposta del Dipartimento ribadisce la decisione assunta, impegnandosi a rivederla ed aggiornarla i primi di settembre.


Come Comunità Papa Giovanni XXIII ci troviamo a dover sospendere le partenze di 13 volontari, di cui 4 sarebbero dovuti partire per il Camerun il 26 agosto, una sospensione quindi con il biglietto già in mano, e  9 sarebbero invece dovuti partire per il Cile, con data ancora da definirsi in quanto i collegamenti col Paese sono chiusi ed è necessario un permesso speciale per poter entrare, per ottenere il quale sarebbe utile una facilitazione del MAECI (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale). In questa situazione si trovano anche moltissimi altri enti, e quindi giovani.


Nella lista dei Paesi neri anche il Kenya, dove abbiamo 2 volontari già espatriati nella sede di Nairobi qualche settimana fa. Proprio in Kenya lo scorso 12 agosto hanno terminato il loro servizio due volontari del bando 2019, partiti in piena pandemia e in assenza di vaccinazioni. Alla luce di ciò, appare ancora più inspiegabile la scelta di bloccare le partenze per i nuovi volontari, in una situazione più favorevole in termini di sicurezza,  non tanto perché il rischio pandemico sia diminuito ma perché sono aumentati gli accorgimenti che tutelano i giovani, primo tra tutti il vaccino, ma anche una maggiore esperienza degli enti nell’attuazione di protocolli adeguati.


Come dichiarato in una recente intervista pubblicata su Redattore Sociale, non ci aspettavamo una comunicazione di questo tipo dal Dipartimento, soprattutto dopo che avevamo già chiesto da mesi un confronto su questo tema  e avviato già tutta una serie di azioni per la sicurezza dei nostri volontari, per tutelare e salvaguardare la specificità di un’esperienza come quella del SCU all’estero, che si caratterizza proprio per l’intervento in situazioni problematiche per sostenere le popolazioni locali, promuovere i Diritti Umani e costruire la pace.


E’ certamente condivisibile la preoccupazione del MAECI e del Dipartimento rispetto ai rischi sanitari e alle ricadute che questi possono avere sui conflitti sociali nei territori interessati dalle progettualità. Come Comunità Papa Giovanni XXIII, infatti, abbiamo chiuso da maggio ad oggi un progetto in Australia, uno nella Federazione russa, uno ad Haiti e una sede in Bangladesh, in seguito a valutazioni rispetto ai rischi della pandemia o, nel caso di Haiti, anche politici e di ordine pubblico. Tuttavia, le modalità e i tempi con cui questa comunicazione è avvenuta - a quasi 2 mesi dall’avvio per chi ha iniziato il suo servizio il 24 giugno, con più di 80 ore di formazione erogata, e con motivazioni generiche - appaiono inadeguati e poco rispettosi dei giovani, che hanno investito in questa esperienza, anche rinunciando ad altre opportunità lavorative, di studio ecc.


Comprendiamo che sia una scelta impopolare oggi, per un’Istituzione, assumersi la responsabilità di inviare giovani all’estero. Impopolare perché l’opinione pubblica non comprende ancora il ruolo dei civili all’estero in situazioni di conflitto, di violenza strutturale, di emergenza…ma come Ente crediamo che le Istituzioni si debbano assumere la responsabilità di attuare la legge che istituisce il Servizio Civile Universale finalizzato proprio alla Difesa Civile Non Armata e Nonviolenta e alla promozione dei valori sanciti dalla nostra Costituzione. Come Enti da più di vent’anni ci stiamo assumendo questa responsabilità, attraverso interventi che promuovono la pace, la solidarietà internazionale, i Diritti Umani, intervenendo anche in situazioni di conflitto e in presenza di rischi.

Allora la domanda da porsi non è tanto se ci sia o meno una condizione ottimale per avviare progetti all’estero, ma come fare perché tutti i soggetti coinvolti, istituzioni comprese, possano garantire l’attuazione di questi interventi e la sicurezza dei giovani anche in presenza di rischi.

Solo così potremmo essere contemporanei alla storia, affermando una politica estera alternativa i cui protagonisti sono i giovani assieme agli enti, nel pieno di una pandemia che ci insegna che o ci si salva assieme o non si salva nessuno.

Auspichiamo che il Dipartimento ed il MAECI possano agevolare una positiva evoluzione della situazione, anche alla luce della forte volontà da parte dei giovani coinvolti e dell’incalcolabile impegno di risorse,  tempo ed attenzione impiegato da Enti ed Operatori Volontari.

 

 



Laura Milani, Coordinatrice SCU Comunità Papa Giovanni XXIII
24/08/2021

 

 

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