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La missione: grande opera di misericordia

La testimonianza dei missionari della Papa Giovanni XXIII durante il Giubileo della Missione.

«La missione ad gentes è una grande, immensa opera di misericordia sia spirituale che materiale. In effetti, in questa Giornata Missionaria Mondiale, siamo tutti invitati ad “uscire”, come discepoli missionari, ciascuno mettendo a servizio i propri talenti, la propria creatività, la propria saggezza ed esperienza nel portare il messaggio della tenerezza e della compassione di Dio all’intera famiglia umana». È questo l’invito di Papa Francesco, lanciato nel Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2016, celebrata la quarta domenica di ottobre. Durante questo Anno Giubilare dedicato alla misericordia non poteva certo mancare il Giubileo della Missione, che si è tenuto il 28 ottobre 2016 presso il Santuario del Divino Amore a Roma e che ha riunito da tutto il mondo religiosi, religiose e tantissimi laici.

Sempre più i laici missionari

Molti dei missionari della comunità Papa Giovanni XXIII sono laici e famiglie e negli ultimi anni si è visto un crescendo di aperture in zone un tempo non considerate “terra di missione!” come i Paesi dell’Europa quali Olanda, Spagna Portogallo, Francia e Grecia per non parlare del crescente impegno a fianco dei rifugiati che approdano nella nostra Italia in particolare nelle regioni del Sud.

Non mancano però le presenze in Paesi ad oggi ancora martoriati dalla miseria come lo Zambia, il Bangladesh, il Burundi e vogliamo citare la nuova presenza a Baghdad dove la Comunità ha in progetto di aprire a breve una casa di accoglienza.

I verbi della missione

Durante la giornata i partecipanti si sono suddivisi in sette gruppi, per approfondire i sette verbi della missione (sette come le opere di misericordia): Accogliere, Guarire, Liberare, Proteggere, Riconciliare, Soccorrere, Sperare. I missionari presenti si sono raccontati e confrontati, hanno riflettuto e hanno condiviso le proprie esperienze. La Comunità Papa Giovanni XXIII è stata chiamata a portare il suo contributo sul tema dell’Accogliere. Alla radice di tutte le opere e i progetti che sviluppa nei 38 paesi del mondo dove è presente la comunità ha come base fondamentale la condivisione diretta. In tutto il mondo l’accoglienza è la più grande testimonianza per parlare dell’amore di Dio, poiché attraverso la quotidianità dei più bisognosi si entra nel tessuto sociale del Paese e nella cultura con un canale privilegiato.

#FOTOGALLERY:GiubMiss#

Comunicare la gioia

Durante i lavori, Mons. Beschi, presidente della Commissione Episcopale per l'Evangelizzazione dei Popoli, riprendendo gli inviti di Papa Francesco, ha insistito molto sul tema della gioia. «La dimensione della gioia è decisiva. La missione nasce dalla gioia e ha come compito la comunicazione della gioia. Del resto, comunicare il Vangelo e la sua forza è comunicare la gioia di Dio». Come ricorda Papa Francesco non si evangelizza da un ufficio o da una cattedra ma lungo le strade polverose del mondo vissute dai più bisognosi, si è a fianco a loro nel fare la spesa al mercato nell’inserimento scolastico nel reparto dell’ ospedale ecc. Mettere al primo posto i poveri e gli scartati dal mondo che siano essi bambini di strada o donne sfruttate o disabili , o carcerati è inoltre la via concreta per favorire là dove siamo l’unità dei cristiani e il dialogo interreligioso perché si uniscono le forze per un Amore più grande che aiuta a superare le divisioni e le differenze.

Sempre oltre

Mons. Nunzio Galantino ha ricordato come «La missione può essere vissuta in maniera più efficace perché più umile, in maniera più rilevante perché più vicina alla storia concreta. Consapevoli dei nostri limiti, siamo chiamati a entrare in pieno nel progetto di amore che il Padre continua a mettere nelle mani di ciascuno di noi. Questo progetto d’amore deve far parte della storia, perché converta innanzitutto noi. Per poi diventare missionari, capaci di “contagiare” con la propria vita, non con le chiacchiere o le condanne. La Chiesa, come dice Papa Francesco, deve essere una comunità che si lascia segnare profondamente dalla dinamica dell’esodo e del dono, dell’uscire da sé, del camminare e del seminare sempre di nuovo, sempre oltre».



Sara Foschi
05/11/2016

 

 

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