«Mano a mano che ci avvicinavamo a Marché Léon nel Jérémie, il paesaggio davanti a noi era sempre più apocalittico. Abbiamo visto coi nostri occhi case distrutte, tetti (spesso fatti di lamiere) divelti, alberi e palme sradicati seppur secolari e strade trasformate in fiumi. I volti che abbiamo incontrato erano diversi tra loro: chi ci sorrideva e chi per protesta e per attirare la nostra attenzione bloccava la strada pur di ottenere degli aiuti». A distanza di un mese e mezzo dalla devastazione causata dall’uragano Matthew che ha colpito in particolare le coste del sud ad Haiti, ecco il racconto dei missionari della Comunità Papa Giovanni XXIII presente sull’isola caraibica dal 2011. Una decina di giorni fa si sono infatti recati nella zona più colpita dalla furia dei venti di 220 km/h per portare alla popolazione kit di viveri e farmaci, durante l’uscita con la “clinica mobile” a Cafou Anri e Fonbaya in collaborazione con le Sorelle del Cuore immacolato di Maria (una congregazione brasiliana presente in quella terra).
Haiti era già stata devastata nel 2010 dal terremoto in cui morirono 230mila persone, ed ecco che i primi di ottobre si è scatenata anche la furia dell’uragano Matthew. Un colpo duro da affrontare per le istituzioni che hanno attivato da subito i Centres d’Operations d’Urgences Départementaux, proprio nel periodo in cui si apprestavano alle elezioni presidenziali. Domenica 20 novembre finalmente gli haitiani sono andati alle urne (e gli esiti delle votazioni saranno noti fra una settimana) ma non stupisce che l’affluenza sia stata molto bassa. Senza un tetto, con provviste, abiti, utensili e anche documenti spazzati via, pur sperando da anni nella stabilità politica, oggi la gente prima di tutto è preoccupata di trovare cibo disperatamente. La popolazione infatti è in ginocchio specie nelle aree rurali. Sono queste le più colpite, perché l’uragano oltre ad aver causato circa mille morti e 200mila sfollati, sono continuate piogge ininterrotte e alluvioni sui numerosi abitanti costretti a dormire a cielo aperto, aumentando così anche il rischio di epidemia di colera e malaria, per la mancanza di cibo, acqua potabile, igiene e farmaci. Vittime principali i bimbi con età inferiore ai 5 anni, a rischio di morte per malnutrizione. E non aiuta il fatto che l’attenzione mediatica, concentrata maggiormente nelle vicende della politica internazionale, pare abbia lasciato nel dimenticatoio il dramma di Haiti, nonostante l’appello di Caritas internationalis, intervenuta alcune settimane fa a sostegno di Caritas Haiti e delle numerose congregazioni religiose impegnate a raggiungere le famiglie isolate anche a causa dell’inaccessibilità delle strade.
L’Associazione Papa Giovanni XXIII, giunta nel 2011 sull’isola al fianco dei Padri Scalabriniani, nel 2014 ha aperto una Casa di accoglienza a Croix de Bousquet, periferia della capitale Port-au-Prince. Destinatari dell'intervento sono in particolare famiglie molto povere, per lo più mamme sole con figli ai quali sono offerti ogni giorno un pasto, attività di doposcuola, sportive, ricreative. Dopo l’uragano che ha causato circa mille morti e 200mila sfollati, nonostante la distanza dalla zona colpita, Andrè Volon e Ines Meggiolaro, con tre caschi bianchi, Marta, Simone e Cecilia, volontari in servizio civile per un anno, hanno potuto visitare di persona la zona di Jérémie.
«Le vittime non si contano solo nei numeri denunciati dai media i primi giorni – raccontano da Haiti – ma bensì continuano ad aggiungersene poiché la preesistente situazione di povertà si è aggravata successivamente alla catastrofe. Chi ha pagato il prezzo più caro sono stati bambini e anziani che hanno perso la vita nei giorni successivi all’uragano poiché, indifesi e deboli, non sono riusciti a resistere alla fame e alla mancanza di un riparo. Tuttavia con gli aiuti che arriveranno potremo sostenere questo popolo che mostra una straordinaria forza di reagire davanti alle innumerevoli catastrofi: la natura stessa con il rigermogliare degli alberi sembra rispecchiare la voglia di rialzarsi con forza e speranza».
Per questo la Papa Giovanni XXIII attiverà interventi per i più fragili tra le vittime, in particolare bambini, disabili e anziani, secondo lo stile di condivisione con gli ultimi tra gli ultimi.
Gli aiuti che raccoglieremo diventeranno generi alimentari di prima necessità per chi ha perso la propria casa e tutte le sue cose, kit di prevenzione per le epidemie e materiale per costruzioni, per rimettere in piedi ciò che l’uragano ha travolto. Tutto sarà acquistato direttamente ad Haiti, perché anche sostenendo l’economia locale si aiuta questo paese a ripartire.
Per loro dobbiamo impegnarci. Per loro vi chiediamo aiuto.
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