APG23
05/02/2016
Mons. Zenti (diocesi di Verona) e Mons. Pizziol (diocesi di Vicenza) uniti per la veglia che si svolgerà lunedì sera a Verona nei luoghi della prostituzione, in occasione della Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di esseri umani.
In occasione della seconda Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di esseri umani, indetta da Papa Francesco per l'8 febbraio, giorno in cui la Chiesa ricorda Santa Bakhita, la Comunità Papa Giovanni XXIII, in collaborazione con le Suore Canossiane di Verona e la Pastorale giovanile di Verona, organizza una veglia di preghiera sul dramma della prostituzione schiavizzata dal titolo “Questo è il mio corpo”.
L'iniziativa avrà inizio Lunedì 8 febbraio, alle ore 20,30 in Piazzale Guardini, con un corteo che raggiungerà a piedi il Tempio Votivo (di fronte alla stazione ferroviaria) dove alle 21,30 inizierà la veglia di preghiera.
Un tema di estrema attualità, quello della prostituzione, che vede coinvolte in Italia – secondo le diverse stime – dalle 70 alle 120 mila ragazze, molte volte anche minorenni, utilizzate come strumento di guadagno da parte degli sfruttatori e come oggetto di piacere da parte dei clienti. Il fenomeno è molto diffuso anche nel territorio veneto, dove la Comunità Papa Giovanni XXIII opera con diverse unità di strada formate da volontari che vanno durante la notte ad incontrare le vittime di questo sfruttamento, offrendo loro una via d'uscita.
Alla veglia interverranno Mons. Giuseppe Zenti, vescovo di Verona; Mons. Beniamino Pizziol, vescovo di Vicenza; Ugo Ceron, responsabile per la Comunità Papa Giovanni XXIII, zona Veneto Ovest. Sono previste testimonianze raccontate di persone vittime di tratta e prostituzione.
All'iniziativa hanno finora aderito: Associazione Città e famiglia; MEVD - Movimento Europeo per la Difesa della Vita e della Dignità Umana; Associazione Aquilia; Associazione Protagonisti per il domani.
Scarica la locandina.
Leggi l'elenco degli altri eventi organizzati in Italia.
APG23
03/02/2016
«La famiglia è la cellula fondamentale della società, non solo dal punto di vista cristiano, ma anche da quello antropologico e sociologico e senza tutela della famiglia e quindi della vita e della maternità, non c’è futuro per nessuna società», Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Papa Giovanni, lo dice nei giorni scorsi a Chiarano, in provincia di Treviso, durante un'incontro di presentazione del suo ultimo libro: I cinque talenti degli sposi.
Il direttore de L'Azione, il settimanale diocesano di Vittorio Veneto, don Alessio Magoga, modera la serata; ricorda che la Comunità in diocesi è presente con due case famiglia (a Castello Roganzuolo e a Soligo) ed una famiglia aperta all'accoglienza.
Ramonda individua i 5 talenti che devono caratterizzare la vita di coppia, perché lo sposo e la sposa possano sviluppare i tesori che il Signore dona loro:
l’amore dello sposo per la sposa, e della sposa per lo sposo
l’amore per le creature che il Signore affida agli sposi
la preghiera in famiglia
il lavorare sodo
l’accoglienza dei poveri
«La famiglia - spiega Ramonda, che è papà di casa famiglia - deve essere riscoperta come vocazione con pari dignità delle altre, come luogo di santificazione degli sposi, come abbraccio terapeutico per ogni debolezza e fatica, come realtà necessaria al cammino di conversione proprio e di tutte le altre forme di chiamata alla sequela di Gesù».
E continua, evidenziando come la famiglia, e soprattutto la madre, abbia un ruolo insostituibile per la crescita equilibrata dei figli, «bisognosi di respirare e conoscere l’amore e il sacrificio, di comprensione e sostegno per lo sviluppo pieno delle proprie potenzialità».
«Il “segreto” per vivere bene l’essere sposi - dice Ramonda - è impegnarsi a valorizzare i talenti dell’altro nella quotidianità, anche quando faticosa, e di coltivare la liturgia del mestolo, la preghiera semplice che mette in contatto il nostro mondo concreto con Dio».
«Possiamo sintetizzare così la missione degli sposi:
trasmettere la bellezza e la gioia del credere all’Amore;
la grandezza dell’apertura alla vita nella sua totalità di forme e differenze.
Perchè non ci sia più nessuno che soffre da solo».
E conclude: «Abbiamo bisogno di insegnanti, operai, medici, avvocati, casalinghe che siano lievito nella pasta, fermento di mondi vitali nuovi dove regna la giustizia di Dio. Perché alla fine saremo giudicati sull’amore, anzi, salvati dall’Amore».
#TROPPOLOGICO
APG23
29/01/2016
La Comunità Papa Giovanni XXIII aderisce alla manifestazione del 30 gennaio a Roma. Al centro il diritto dei bambini ad avere una mamma e un papà.
E' finalmente arrivata la giornata “In difesa della famiglia e dei bambini”: il Family Day 2016.
Le piccole e grandi associazioni - con differenti sottolineature - sono intervenute nei giorni scorsi per dare sostegno e adesione all’iniziativa. È del 21 gennaio il comunicato stampa della Comunità Papa Giovanni XXIII nel quale sono riprese le parole del responsabile generale, Giovanni Ramonda, che invita i membri e le famiglie dell'associazione a «partecipare all’iniziativa di piazza, per dire un sì pieno alla vita e al dono della famiglia come pensata dal Creatore».
«Abbiamo scelto di aderire a questa manifestazione - spiega Ramonda - per sostenere la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, quella prevista e tutelata dalla Costituzione Italiana, che non va confusa con altri tipi di unione».
«Vogliamo in particolare ribadire - prosegue la nota - che il bisogno dei minori è di crescere con un papà ed una mamma per una sana identificazione psico-affettiva e relazionale, e che il mercato dell’utero in affitto è un abominevole delitto contro le donne più povere, che si vendono per pochi soldi».
Una presa di posizione chiara e forte, in linea con la critica al ddl Cirinnà dei giorni precedenti. «Tutta la normativa che si è sviluppata in Italia - aveva dichiarato Ramonda in quell’occasione - a partire dalla legge n. 184 del 1983 sull'affido e l'adozione ha posto al centro il diritto del bambino a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma, non quello degli adulti ad avere un figlio».
#TROPPOLOGICO
Marco Scarmagnani
APG23
27/01/2016
Mentre in questi giorni al Parlamento italiano è in discussione il DDL “Cirinnà”, all’ONU di Ginevra l’Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR) pubblica un rapporto intitolato: “Protezione della Famiglia: il contributo della famiglia alla realizzazione del diritto ad un adeguato standard di condizioni di vita per i suoi componenti, in particolare attraverso il suo ruolo nello sradicamento della povertà e nel raggiungimento di uno sviluppo sostenibile.” (A/HCR/31/37).
Già da alcuni anni una coalizione trasversale di Stati porta avanti all’interno del Consiglio dei Diritti Umani (HRC) il tema della “Protezione della famiglia”.
Nel luglio 2015, con la risoluzione Res/29/22 (approvata con 29 paesi a favore , 14 contro e 4 astenuti), l’HRC aveva dato mandato all’OHCHR di preparare il rapporto pubblicato oggi, che riassume l’ampia consultazione condotta tra gli stati e la società civile (con oltre 70 NGO che hanno inviato un contributo).
Anche la Comunità Papa Giovanni XXIII aveva inviato il proprio contributo, difendendo il concetto della famiglia naturale come unione stabile di un uomo ed una donna aperti alla procreazione e come cellula base della società umana. Il documento presentato ha anche sottolineato il valore della casefamiglia come famiglie sostitutive che si ispirano al modello naturale; nel rapporto dell’OHCHR Apg23 è l’unica ONG citata, in nota.
Nel rapporto è stato ripreso il concetto chiaramente espresso dalla Comunità secondo cui la famiglia è “il primo baluardo contro ogni forma di violazione dei diritti dei bambini”; è in arrivo sul numero di febbraio del mensile Sempre un ampio servizio sulle attività Apg23 alle Nazioni Unite.
#TROPPOLOGICO
(Ufficio Apg23 Ginevra)
APG23
27/01/2016
Francis è un giovane ghanese che oggi ha 17 anni, venne venduto a 10 anni da un familiare per fare il muratore in Libia. Gracius, nigeriana, ha 13 anni ed è stata venduta per prostituirsi in Italia. La Comunità Papa Giovanni XXIII li ha accolti, e in occasione della Festa di Santa Bakita orgnizza eventi in tutta Italia per ricordare le vittime della tratta di esseri umani, in particolare minori.
La Giornata internazionale di preghiera contro la tratta di persone dell’8 febbraio, Santa Bakita, è stata istituita nel 2015: tutte le Chiese, durante la celebrazione eucaristica, possono ricordare le vittime della tratta nelle sue differenti forme. Promuovono la giornata, oltre alla Comunità Papa Giovanni XXIII: Unione dei Superiori e delle Superiori generali (Uisg), la rete internazionale Talitha Kum, Caritas Internationalis, Associazione Slaves no more.
«Invitiamo i fedeli ad organizzare, ciascuno nella propria diocesi, iniziative di sensibilizzazione per tutto il mese di febbraio, anche coinvolgendo i membri ed i volontari delle nostre unità di strada», è l’invito di Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità, che spiega: «Dobbiamo rendere coscienti della gravità del fenomeno donne e uomini di buona volontà, per contrastare la schiavitù moderna. Secondo il report 2015 di Save the Children l’Italia è il Paese dove viene segnalato il maggior numero di vittime di tratta. Un quarto di queste sono minori, i nostri volontari incontrano sempre più bambine schiavizzate sulle strade».
La Comunità Papa Giovanni XXIII scende in strada con continuità in 20 città d’Italia per incontrare le ragazze che si prostituiscono, per proporre loro gli strumenti per cambiare vita. Santa Bakita era una schiava sudanese già dall’età di 7 anni, poi divenuta a Schio (Vicenza) religiosa canossiana.
L'elenco degli eventi organizzati in tutta Italia è scaricabile qui.
APG23
27/01/2016
Francis è un giovane diciassettenne ghanese, a dieci anni trasferito in Libia e costretto a lavorare come muratore dalle cinque del mattino fino a mezzanotte, venduto da un suo familiare. Non appena riesce, Daniel scappa e attraversa il Mediterraneo insieme ad altri 120 migranti su un barcone. Arrivato a Lampedusa, finalmente libero, inizia una nuova vita in una famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII.
Gracious invece è nigeriana e ha solo 13 anni. Anche lei è sbarcata sulle nostre coste, schiava dei suoi trafficanti, e si è ritrovata sui marciapiedi di una città del nord italia costretta a prostituirsi.
Sono due storie che hanno un filo rosso: la dignità violata, la violenza inflitta da uomini senza scrupoli, la concezione della vita come mercificazione anche di fronte ai minori. L'uno scampato allo sfruttamento lavorativo; l'altra violata e poi liberata dalla morsa dello sfruttamento sessuale.
Anche la Comunità Papa Giovanni XXIII, in occasione della Festa di Santa Bakhita, schiava sudanese a 7 anni poi divenuta a Schio (Vicenza) religiosa canossiana, che si celebra l'8 febbraio 2016 vuole ricordare e pregare per le vittime della tratta di esseri umani in particolare dei minori trafficati, in aumento nelle file dei profughi sulla rotta del Mediterraneo. È stata istituita infatti nel 2015 a livello ecclesiale la Giornata internazionale di preghiera contro la tratta di persone, fortemente sostenuta da Papa Francesco e promossa dall'Unione dei Superiori e delle Superiori generali (Uisg), dalla rete internazionale Talitha Kum, da Caritas Internationalis, dall'Associazione Slaves no more. Tutte le Chiese, durante la celebrazione eucaristica, possono ricordare le vittime della tratta nelle sue differenti forme, (sfruttamento sessuale, sfruttamento lavorativo, accattonaggio, commercio illegale di ordini, adozioni illegali) utilizzando il materiale scaricabile sul sito della Fondazione migrantes.
L'Associazione di don Benzi invita a promuovere nelle diocesi di tutta italia, anche collaborando con i membri e i volontari delle unità di strada presenti in 20 città, iniziative di sensibilizzazione per coscientizzare donne e uomini di buona volontà e contrastare il fenomeno riguardo al quale, secondo i dati 2015 di Save the children, l'Italia risulta il Paese dove è stato segnalato il maggior numero di vittime accertate e presunte di cui un quarto sono minori.
#FOTOGALLERY:antitratta#
Questi i principali eventi in tutta Italia:
31 gennaio, Cuneo(CN): serata di riflessione e preghiera con la partecipazione di Don Fredo Olivero, da sempre impegnato nell’accoglienza dei migranti.
2 febbraio, Fossano(CN): parrocchia di S.Bernardo, serata di riflessione sul tema “Misericordia e liberazione degli schiavi di oggi” con la presenza di Giovanni Ramonda, Responsabile Generale della Comunità Papa Giovanni XXIII.
6 febbraio, Torino: in collaborazione con Amici di Lazzaro e Gruppo Abele, “Troppe schiave sulle nostre strade!” presso Chiesa di San Rocco, con l'esposizione della mostra su don Oreste Benzi, Fiaccolata dalla Basilica del Corpus Domini alle ore 18 e alle ore 18.30 e veglia di Preghiera con Concerto Gospel a cura del coro Ora Nona.
6 febbraio, Roma: partecipazione alla veglia di preghiera nazionale organizzata dall’Unione Superiore Maggiori d’Italia (Usmi)
8 febbraio, Verona: al Tempio Votivo e in zona stazione, fiaccole accese alla presenza del Vescovo di Verona Mons. Giuseppe Zenti e del Vescovo di Vicenza Mons. Beniamino Pizziol. Serata di preghiera realizzata con la collaborazione della Pastorale giovanile veronese e delle Suore canossiane del cui ordine suor Bakita faceva parte. Scarica la locandina.
13 febbraio, Ferrara: Chiesa di S.Agostino, ore 21, momento di preghiera aperta a tutti, insieme ai volontari dell’Unità di strada prima dell’incontro con le vittime di tratta.
18 febbraio, Modena: Tempio dei Caduti, ore 21, momento di preghiera aperta a tutti, insieme ai volontari dell’Unità di strada prima dell’incontro con le vittime di tratta.
26 febbraio, Roma: seconda edizione della Via Crucis per le donne vittime di sfruttamento sessuale, che percorrerà le strade centrali della capitale. Nella scorsa edizione avevano partecipato più di 5.000 persone tra cui numerose personalità di spicco della società e della politica; anche quest’anno parteciperanno illustre personalità nazionali.
APG23
25/01/2016
Astrakhan,14 gennaio.
Il tempo e' pietoso: cielo plumbeo, nebbia, umidita', un paio di gradi sopra lo zero, dopo essere quasi arrivati a meno venti giusto una settimana fa, la neve che ormai si sta sciogliendo, fango, ghiaccio e acqua dappertutto. Una desolazione visiva ed emotiva.
Sto facendo il giro in strada ad incontrare i senza fissa dimora. Passo un incrocio, con la coda dell'occhio mi sembra di vedere qualcuno seduto su delle tubature, ma non ne sono completamente sicura. Accosto la macchina, prendo panini e thermos, torno indientro quei venti metri a piedi destreggiandomi tra le pozzanghere. Giro l'angolo e non mi ero sbagliata: eccolo seduto li', circondato da gatti randagi. Sembra un fantoccio, sporco, vestito di stracci, col volto ferito ed ancora imbrattato di sangue. Sembra uno spaventapasseri educato, seduto con le gambe penzoloni e gli scarponi logori. Sembra un'apparizione, sembra surreale, cosi fuori luogo. Invece e' reale, vivo, in carne anima ed ossa.
Ha la barba lunga e grigiastra, due occhi celesti, lo sguardo sveglio: ci salutiamo, gli chiedo come si chiama, zio Sasha mi dice, zio Sasha? Potenza del nome! Lo riconosco, lo avevo gia' incontrato d'estate, poco distante da quel posto. Gli chiedo se per caso viene dalla regione di Krasnodar, se e' stato marinaio, gli si illuminano gli occhi, ma come fai a saperlo, ma ti ricordi che ti avevo spiegato che marinai si resta tutta la vita, si e' proprio lui. Ha le dita dei piedi amputate per il freddo, ecco ora mi ritorna alla mente la nostra chiacchierata, era venuto ad Astrakhan per lavoro e poi ha smarrito la via della vita... Sono due anni che dorme in strada. Vorrei lavarmi, mi dice, ho dei vestiti puliti qui nel sacchetto, vorrei anche farmi la barba, ma che senso ha? Poi tanto e' qui che torno.
Ma dove dormivi quando faceva meno venti?Qui, i tubi sono bollenti, senti? Attorno ci sono resti di cibo, per questo i gatti gli stanno addosso. Uno addirittura e' comodamente accoccolato sulle sue gambe. Gli altri due fanno le fusa girovagandogli attorno. Sai che c'e' un dormitorio in citta'? E c'e' anche un piccolo centro statale di accoglienza per senza fissa dimora. Si mi ricordo che me lo avevi gia' detto, ci sono stato al centro di accoglienza, ma sono scappato da li'. Ma con l'inverno davanti?
Perche' non ti lasciavano bere? No, perche' non danno da mangiare li.' E' un posto infernale. Meglio morire liberi cercandosi da soli da mangiare, che in gabbia affamati. Gia', e' proprio lo zio Sasha, mi ricordo che gia' la prima volta mi aveva colpito il suo linguaggio ricercato, fuori dal comune, senza volgarita'.
La gente ci passa accanto sul marciapiede, qualcuno ci sfiora incuriosito con lo sguardo, ma tutti a distanza di sicurezza procedono per la loro strada. Dove sei stato tutto questo tempo? Sono mesi che non ti incontro. Alla fine dell'estate sono stato in ospedale, ho avuto male ai reni. Mi hanno buttato nell'ospedale per malati terminali di tbc, sotto il ponte vecchio, sai no? Ci mettono tutti assieme la', tanto una malattia vale l'altra. Sono scappato dopo neanche una settimana. Come ti dicevo, meglio morire liberi.
Beh, sono contenta di vederti, prendi un po' di the caldo, e dei panini. Ti ringrazio, il the lo prendo solo perche' e' caldo, senno' di solito io non lo bevo..Eh immagino, dico io, che non sia tra le tue bevande abituali. Ci sorridiamo..
Poi succede una cosa allucinante. Una cosa che al momento mi ha lasciato senza parole. Parole che adesso vorrei aver detto...Una signora passa dietro di me sul marciapiede. La sento dire "Ah ma guarda quanto gattini belli..se ne sta seduto coi gatti". La sento fermarsi dietro di me, frugare nel sacchetto della spesa. No Signore dimmi che non sta per fare quello che penso...ma e' un attimo. Compare alla mia destra e si avvicina a Sasha, gli porge due bustine di carne per gatti, e gli dice "Tenga, dia da mangiare ai poveri micini stasera...hanno fame. Domani gliene porto ancora se faccio in tempo a passare".
Mentre se ne va i nostri sguardi si incrociano, io devo avere la faccia sgomenta, mi muoiono in gola le parole che vorrei urlarle dietro. Un brivido mi percorre la schiena, non voglio sia vero cio' che ho appena visto e sentito.
Mi sento male, saluto lo zio Sasha in fretta, gli dico che spero di rivederlo presto. Mi ringrazia e mi augura salute, anzi, che il buon Dio mi doni salute, come si dice sempre tra la gente di strada. Auguro di rimando a lui salute e fortuna. Me ne vado stralunata, con un groppo allo stomaco.
In fondo lo zio Sasha non e' reale, e' solo uno spaventapasseri seduto sulle tubature che serve per dare dai mangiare ai poveri gatti randagi. Probabilmente me lo sono immaginata io, forse un po' suggestionata dal tempo atmosferico. Uno spaventapasseri-marinaio avvolto dal mare di nebbia che regna sugli animi di questa città-nave fantasma.
Buon anno e buon viaggio, zio Sasha, di tutto cuore.
Mirella, foto di G.T.
APG23
21/01/2016
Ramonda: «Parteciperemo all’evento di piazza per dire un sì pieno alla vita e al dono della famiglia come pensata dal Creatore»
La Comunità Papa Giovanni XXIII aderisce al Family Day che si terrà a Roma il 30 gennaio. Lo ha reso noto il responsabile generale dell'associazione, Giovanni Ramonda, in una nota con cui invita i membri e le famiglie dell'associazione a «partecipare all’iniziativa di piazza, per dire un sì pieno alla vita e al dono della famiglia come pensata dal Creatore».
Abbiamo scelto di aderire a questa manifestazione, spiega Ramonda, «per sostenere la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, quella prevista e tutelata dalla Costituzione Italiana, che non va confusa con altri tipi di unione».
Vogliamo in particolare ribadire, prosegue la nota, «che il bisogno dei minori è di crescere con un papà ed una mamma per una sana identificazione psico-affettiva e relazionale, e che il mercato dell’utero in affitto è un abominevole delitto contro le donne più povere, che si vendono per pochi soldi».
#TROPPOLOGICO
APG23
14/01/2016
La Comunità Papa Giovanni XXIII esprime una posizione fortemente critica nei confronti del disegno di legge su “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” la cui discussione al Senato è prevista per il 26 gennaio. In particolare per quanto riguarda la cosiddetta stepchild adoption.
«Tutta la normativa che si è sviluppata in Italia a partire dalla legge n. 184 del 1983 sull'affido e l'adozione ha posto al centro il diritto del bambino a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma, non quello degli adulti ad avere un figlio» dichiara Giovanni Ramonda, responsabile generale dell'associazione.
«L'articolo 5 del ddl Cirinnà è invece chiaramente orientato ad assicurare un figlio alla coppia omosessuale, ma tutta la psicologia dell'età evolutiva dimostra che lo sviluppo armonico ha bisogno della presenza della figura paterna e materna, mentre non c'è alcun bisogno del minore di avere due padri o due madri. Inoltre è evidente che, non potendo la coppia omosessuale generare un figlio, questa scelta andrebbe a favorire la pratica dell'utero in affitto, che è una inaccettabile forma di sfruttamento della donna e va a pianificare la nascita di bambini orfani di madre».
La Comunità Papa Giovanni XXIII rifiuta anche l'ipotesi attualmente in discussione a livello politico di risolvere il problema con una forma rafforzata di affido.
«Una scelta di questo tipo andrebbe a snaturare questo strumento giuridico importantissimo che consente di dare ad ogni bambino una vera famiglia temporanea, in attesa che possa ritornare nella famiglia di origine o andare in adozione in una nuova famiglia – prosegue Ramonda –. Anche per l'affido va ribadito che è uno strumento per dare una famiglia ad un bambino, non un bambino ad una coppia senza figli».
«Invitiamo i legislatori a concentrarsi sui diritti dei minori piuttosto che su quelli degli adulti – conclude Ramonda –. Dai dati disponibili risulta che in Italia due terzi dei minori da 0 a 2 anni con difficoltà familiari vengono collocati in comunità con operatori a turno, mentre ci sono tantissime famiglie disponibili. Questa è una vera emergenza sulla quale bisognerebbe intervenire, sostenendo reti di famiglie disponibili ad accogliere questi bambini e le vere comunità familiari che assicurano la presenza di una mamma e un papà».
APG23
09/01/2016
Martedi 12 gennaio, a partire dalle ore 11.30, saranno ospiti della Casa Madre del Perdono di Montecolombo (Rimini) il dott. Francesco Cascini (Capo Dipartimento per la Giustizia Minorile e di comunità del Ministero della Giustizia) e il dott. Vincenzo Petralla (Dirigente dell'Ufficio Esecuzione Penale Esterna).
La Casa Madre del Perdono è una realtà di accoglienza per detenuti della Comunità Papa Giovanni XXIII. L'obiettivo della visita dei rappresentanti del Dipartimento della Giustizia è quello di conoscere e discutere il sistema CEC, Comunità Educante con i Carcerati, con la speranza di creare le basi per future proposte progettuali, al fine di un maggiore riconoscimento istituzionale.
I rappresentanti delle istituzioni parleranno con i detenuti, e – dopo una prima parte della mattinata dedicata alla condivisione – discuteranno degli sviluppi del progetto Cec con gli operatori.
APG23
05/01/2016
A Bologna, Rimini, Cuneo, Padova le marce della pace per un impegno concreto per il 2016 che è appena iniziato. In tutta Italia iniziative di incontro fra religioni e chilometri percorsi insieme.
Da un paio di giorni la Svezia chiede i documenti a chi arriva dalla Danimarca; da ieri la Danimarca bypassa Schengen e ferma gli arrivi tedeschi; l’Italia non vuol esser da meno e promette controlli di benvenuto a chi arriva dalla Slovenia. Sirene chiamano all’urgenza di accogliere (a Milano il comune promette compensi fino a 400 euro alle famiglie che ospitano migranti), mentre i giornali acclamano alla paura d’invasione.
Il rischio più grande che ne deriva per tutti, è quello di rimanere indifferenti, l’ha ricordato Papa Francesco nella giornata della pace del primo gennaio: «Vinciamo l’indifferenza, conquistiamo la pace!», e gli ha fatto eco da Bologna Mons. Matteo Maria Zuppi: «Noi spesso con l’indifferenza pensiamo di essere a posto: "non ho fatto niente”, diciamo. Ma è proprio quello il problema: se noi per la pace non facciamo niente, facciamo del male». Il neo-nominato Arcivescovo l'ha detto rispondendo alle domande di un giornalista, mentre percorreva le vie della città degli Asinelli insieme ad altre mille e passa persone. Era il giorno 1, le bandiere della pace e, fra le altre, quelle di Operazione Colomba, coloravano la marcia organizzata in città dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. Erano presenti 35 associazioni e realtà del territorio, Romano Prodi con la moglie, il Sindaco Virginio Merola, i rappresentanti delle principali religioni. L’associazione di Don Oreste Benzi ha inaugurato, con iniziative in tutta Italia, un 2016 che sarà dedicato alla costruzione concreta della pace, e che culminerà con un momento pubblico durante la Tre Giorni generale di fine maggio.
Il contributo fondamentale di Bologna, oltre ad un percorso comune di città che può fare scuola, sono le parole di Yassine Lafram, il coordinatore della Comunità islamica: «Qui ci sono 25mila musulmani, vivono la città nella sua pienezza, e sono desiderosi di pace»; l’aveva annunciato in conferenza stampa Andrea Montuschi, responsabile della zona Emilia della Apg23: «Sulla parola pace possono convergere realtà, fedi e culture diverse», e così è stato.
Poco distante a Rimini, il comune romagnolo dove la Comunità è nata, marciavano fra la gente: l’Imam Murad Ayadi, massimo esponente della comunità islamica; Amina Ballabio, rappresentante dei giovani Musulmani d’Italia. Hanno portato la testimonianza di un Islam di dialogo e di pace. Una grande vela e uno slogan aprivano il corteo: “siamo tutti sulla stessa barca”. Giovani hanno creato momenti di animazione; altri ragazzi hanno presentato una dichiarazione di impegno comune: «Facciamo appello a tutti i giovani che ci ascoltano ad unirsi a noi; faremo per tutto il 2016 un cammino di impegno concreto».
A Padova è stata struggente la testimonianza di Ivette, fuggita dalla guerra della Repubblica Centroafricana ed arrivata legalmente in Italia grazie all’impegno dell’ambasciata italiana: «mia cugina è stata uccisa subito dopo aver partorito due gemelli, pochi giorni dopo sono morti anche loro per la mancanza del latte»; il nuovo Vescovo Claudio Cipolla apriva la marcia insieme ai bambini.
Più ad Ovest, il Responsabile Generale della Comunità ha portato il suo contributo durante la marcia di Boves nella provincia di Cuneo. Otto tappe che si inseriscono nella tradizione della scuola di pace cittadina, fondata la bellezza di 35 anni fa: «Costruire la pace vuol dire mettere la spalla sotto la croce del fratello, significa accogliere. Aprire le porte della propria casa e della propria famiglia senza delegare: siamo noi in prima persona a doverci mettere la faccia»!
E poi: «Condivisione è: dire a chi fabbrica le croci di smetterla di fabbricarle. Dire ai milioni di clienti che sfruttano ragazze che si prostituiscono sulle strade, molte di loro minorenni, di smetterla. Questa è pace. Questo è l’inizio. Ma non basta: impegniamoci! E’ l’augurio, per questo 2016, di non lasciare più soffrire nessuno da solo».
Il cammino della Comunità per costruire la pace prosegue nel 2016, nella proposta dei suoi Servizi generali, su tre ambiti: Io, Dio e le relazioni interpersonali; il cammino comunitario e di popolo; la dimensione mondiale e le sfide globali. Tutte porteranno ad un’azione concreta che si inserirà nel cammino dell’Anno Santo dedicato alla Misericordia e voluto da Papa Francesco.
Marco Tassinari
APG23
25/12/2015
Un augurio grande a tutti voi per questo santo Natale.
Che sia la festa del nostro sì alla Pace, alla nonviolenza, la festa della vita in cui rifiorisce la speranza.
Liberiamo il cuore dal peso di ogni rancore e insieme chiediamo al Signore il dono della Pace.
Che l'amore ci trasformi, Buon Natale
Paolo Ramonda