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25/08/2023
Un Pasto al Giorno è solo grazie a voi
Vedere in tutta Italia, dal nord fino alle isole, tanti volontari, giovani gruppi scout, famiglie insieme ai loro bambini dedicare due giorni alla lotta alla fame nel mondo e all’ingiustizia è sempre un’emozione grande. “Un Pasto al Giorno è una preziosa opportunità per promuovere la condivisione diretta attraverso il racconto e l’incontro personale ed è un servizio vitale per noi e per le nostre presenze all’estero. Grazie di cuore a tutti per l’impegno che ci mettete per la vita che spendete anche su questo fronte!” Dice Matteo Fadda nel suo primo anno dell’evento in veste di Responsabile Generale. Ma Un Pasto al Giorno è possibile solo mettendo insieme la nostra forza alla generosità di chi ha scelto di fermarsi ai banchetti e dare il loro aiuto per le persone più povere e fragili accolte dalle realtà della Comunità Papa Giovanni XXIII. “Il vostro gesto prezioso – aggiunge Fadda - ha permesso di raccogliere risorse vitali che già in queste ore e in questi giorni ci stanno permettendo di continuare ad aprire la porta alle tante persone che ogni giorno bussano in cerca di aiuto e di un pasto. Grazie a voi, continuiamo ad essere lì dove nessuno vuole andare. Portiamo cibo per dare un sollievo immediato, ma anche speranza nel futuro e opportunità concrete di costruire una vita diversa. Insieme, abbiamo compiuto un atto di giustizia”. #FOTOGALLERY:grazie# L’evento di piazza Un Pasto al Giorno compie 15 anni In questi giorni la Comunità Papa Giovanni XXIII sta preparando la sua grande tavola per fare posto a chi non ha da mangiare, un impegno che porta avanti da 15 anni con l’iniziativa di raccolta fondi Un Pasto al Giorno. Sabato 16 e domenica 17 settembre in piazza e vicino le parrocchie tanti volontari saranno lì con i loro banchetti per chiedere un gesto concreto per chi vive in gravi condizioni di povertà e ancora oggi sono ancora tante le persone che si rivolgono a noi in cerca di un pasto, di una casa, del calore di una famiglia. Con Un Pasto al Giorno possiamo portare sulle nostre tavole in Italia e nel mondo 7 milioni e mezzo di pasti all’anno per le persone povere aiutate e accolte nelle nostre Case, mense e realtà di aiuto. “Come sperimentiamo ogni giorno nei 40 paesi in cui siamo presenti con i nostri missionari, le nostre famiglie e i nostri progetti, la condivisione trasforma il rapporto con l’altro e ci porta a lottare affinché “la mia libertà comincia dove comincia la tua”, per costruire una società più giusta, contrastando la povertà e l’esclusione sociale, promuovendo una visione di pace” dice il nuovo Responsabile Matteo Fadda. “È il carisma che il nostro fondatore don Oreste Benzi ci ha lasciato, vivere la condivisione diretta con i più poveri, i più emarginati, le persone vittime di ingiustizia nel mondo, per rispondere al primo bisogno che la persona ha: quello di sentirsi amata, accettata, di avere una famiglia”. Quest’anno per ringraziare chi si fermerà al nostro banchetto lasciando un contributo, i nostri volontari doneranno un libro con 52 preghiere, simbolicamente una per ogni settimana dell’anno, scritte dalle persone della Comunità Papa Giovanni XXIII. Recitandole insieme, potremo unire giorno dopo giorno la nostra voce con quella di chi non ce l’ha, e camminare insieme lungo la strada che ci porta a ridare dignità a chi l’ha persa. È il modo più bello per sentirci tutti parte della stessa grande famiglia. In questi 15 anni di Un Pasto al Giorno tanti volontari si sono spesi per tutte le persone che accogliamo nelle nostre realtà, per dare loro una risposta di speranza e futuro, iniziando proprio dal pasto. #FOTOGALLERY:upag# È nato tutto proprio da un’intuizione di don Oreste Benzi quando, andando in Zambia nel 1985, si accorse che bastavano 10 mila lira al mese per poter garantire un pasto quotidiano ai bambini che soffrono la fame. “Avevo parlato dell’idea di realizzare il progetto Un Pasto al Giorno a don Oreste prima che morisse e ricordo sul suo viso un’espressione entusiasta - racconta Marco Panzetti, Responsabile dell’ufficio raccolta fondi della Comunità –. Nel 2009 riuscimmo ad andare in piazza con i nostri banchetti coinvolgendo le nostre famiglie, i nostri figli. Ricordo ancora la fatica dello stendere la mano per la prima volta e chiedere un aiuto alle persone che passavano davanti a noi. Nonostante le fatiche, anno dopo anno, è sempre una bella esperienza, sia perché la Comunità collabora e lavora insieme per raggiungere un obiettivo comune, dare un pasto a chi non ce l’ha, sia perché è un momento di incontro e condivisione. Per il futuro mi auguro che l’evento possa raggiungere quante più piazze possibili e che riesca a coinvolgere sempre più volontari che vogliano spendere il proprio tempo per tutte le persone aiutate da Un Pasto al Giorno”. Le voci dei nostri volontari da 15 anni in piazza Partecipare al Pasto al Giorno è occasione di condivisione e incontro, un modo per far conoscere con orgoglio la Comunità a chi ancora non l'ha incontrata. Ho sempre fatto banchetti in chiesa e i ricordi più belli sono legati al calore dell'accoglienza che nel corso di certe relazioni inspiegabilmente si riceve. Credo sia un atto di responsabilità, abbiamo fatto una scelta e sappiamo che molte realtà vivono grazie a questo evento, è necessario che tutti facciano la loro parte. Laura La cosa più bella dell’evento è l’incontro con le persone… è vero, alcune di loro non si fermano al banchetto e lì per lì ci rimani male, ma forse è proprio grazie a loro che riesci ad apprezzare ancora di più quelle persone che invece “perdono” un po’ di tempo per parlarti e conoscerti. La donazione è l'ultima cosa ed è importante ringraziare sempre. Ci si sente davvero uniti nel fare insieme una cosa così bella! Melissa Partecipare all'evento è importante perché ci permette di aiutare gli ultimi in tutto il mondo. Senza le risorse dell'evento di piazza non riusciremmo, ed è proprio grazie ai tanti progetti che riusciamo a dare una risposta anche a quelle persone che non busserebbero mai alla nostra porta. In questi anni ho imparato che ci sono persone così povere che chiedono scusa di esistere e noi dobbiamo essere la loro voce. Pietro Partecipare a Un Pasto Al Giorno per me significa dare concretezza al sogno di giustizia che ho nel cuore, sogno che condiviso può cambiare veramente la storia... di qualcuno... ma soprattutto la mia. Negli anni ho incontrato tante persone che hanno contribuito all’evento ed ho toccato con mano il cuore grande di tanta gente. In questi anni ci sono stati tanti cambiamenti l’unica cosa che non è mai cambiata è la fraternità fra tutti i partecipanti. C’è tanta gente di cuore che aspetta di essere incontrata, Un Pasto Al Giorno da questa possibilità, l’incontro con Gesù povero e sofferente...non resta altro che facilitare l’incontro. Fabrizio Oggi posso dire che Un Pasto al Giorno è un incontro con la vita! Anche se inizialmente mi sentivo a disagio a fermare la gente che non conoscevo per chiedere un sostegno… ora è diverso e vado in piazza con la gioia e la consapevolezza di fare qualcosa per chi ha davvero bisogno di aiuto. Spesso siamo portati a pensare che ognuno di noi basti a se stesso ma in realtà un filo sottile ma fondamentale ci collega tutti quanti. Solo quando tutti avremo il necessario potremo essere veramente felici. Marco “I poveri non possono aspettare” diceva Don Oreste e noi “non possiamo far finta di non averli incontrati, dopo aver visto dove vivono”. Per questo quando sono davanti alla chiesa, dietro al banchetto di Un Pasto al Giorno mi sento parte di quella umanità bisognosa dell’attenzione di chi può dare un aiuto. È bello vedere la generosità delle persone e magari poter dialogare con qualcuno più interessato e sensibile ai problemi degli ultimi. In qualche modo, nel mio piccolo, mi sento anche io missionaria insieme ai fratelli ed alle sorelle che sono partiti per donare sé stessi agli ultimi ed è per loro che ogni anno scendo in piazza per chiedere un aiuto concreto per tutte le persone povere nel mondo. Beppa #FOTOGALLERY:testimonianze# Scopri di più su unpastoalgiorno.apg23.org
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18/08/2023
Suicidi in carcere, la Papa Giovanni XXIII si appella al ministro Nordio
«Il ministro Nordio ha detto che bisogna differenziare le carceri in base alla pericolosità e ha parlato anche di usare le caserme; questo perché non ritiene possibile costruire carceri nuove. Queste sue dichiarazioni sono interessanti. Mi auguro che questo governo non cada nell'errore di proporre ma poi di non fare niente: questo rischio è sempre molto alto». Così Giorgio Pieri (nella foto a destra, insieme all'ex ministra Marta Cartabia e all'avvocato Laila Simoncelli), coordinatore delle Comunità  Educanti con i Carcerati, CEC, commenta i suicidi in carcere di due donne avvenuti nei giorni scorsi. E continua: «La questione non è quella di differenziare i percorsi detentivi in base alla pericolosità, ma in base alla persona. Io ho trovato persone che avevano ucciso, ma che sono meno pericolose di altre che hanno commesso furti o rapine. Conosco persone che pur avendo fatto reati gravi, sono più disposti a svolgere percorsi educativi rispetto ad altri. Quindi è sulla dimensione educativa che noi dobbiamo prestare maggior attenzione. Non è corretto pensare che la pena alternativa sia quella di proporre al detenuto di uscire dal carcere, andare a casa e trovare un lavoro; a mio avviso, dalla nostra esperienza, la soluzione ideale è il proporre al detenuto “pene educative”, cioè pene svolte in luoghi educativi, in spazi dove l’educazione sia messa al centro di un percorso. Lì non c’è più il tempo che passa, ma c’è un tempo che viene usato in maniera intelligente e utile. Allora la pena diventa davvero rieducativa». Leggilo su semprenews
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07/08/2023
Il Governo non riformi la legge 185 sulle armi ma istituisca un Ministero della Pace
«Esprimiamo preoccupazione per la proposta di riforma della Legge 185 sull'esportazione di armi. Temiamo che lo schema di legge approvato dal Governo all'inizio di agosto possa indebolire il principio di trasparenza e controllo sull'esportazione di armamenti verso Paesi in guerra o con gravi violazioni dei diritti umani. Suggeriamo che in un'eventuale riforma della legge siano inseriti i criteri stringenti dell'ATT, il Trattato ONU sul commercio delle armi ratificato dall’Italia dieci anni fa, e quelli della Posizione comune del Consiglio dell'Unione Europea del 2008». È quanto dichiara Matteo Fadda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, che condivide le osservazioni già espresse dalla Rete Italiana Pace e Disarmo, in merito all'approvazione in Consiglio dei ministri di un disegno di legge che modifica la legge del 9 luglio del 1990 sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento. «La legge approvata nel '90 fu il frutto della società civile amante della pace - continua Fadda - e rappresentò un'eccellenza per il suo sistema di controllo avanzato, ispirando la normativa internazionale in materia. Non dobbiamo tradire il suo obiettivo. Affinché siano realizzate politiche coerenti con l'art. 11 della nostra Costituzione rinnoviamo la proposta che sia istituito un Ministero della Pace».
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03/08/2023
Suor Elvira, le condoglianze della Papa Giovanni XXIII
«Intendo esprimere a nome di tutta la Papa Giovanni la vicinanza e le condoglianze alla Comunità Cenacolo per la morte di Madre Elvira. Donna tenace, coraggiosa, dalla fede incrollabile, che ha salvato migliaia di persone dall'inganno della droga. Ringraziamo anche noi il Signore per questa vita così preziosa che ha aiutato tante vite a risorgere». È quanto dichiara Matteo Fadda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, alla notizia della morte di Madre Elvira, fondatrice della Comunità Cenacolo. «Suor Elvira era una delle ultime figure carismatiche legate al mondo della lotta alle dipendenze, come don Oreste Benzi. - continua Fadda - Tra le nostre Comunità c'è sempre stata una stima reciproca ed una collaborazione che sono certo continuerà per dare speranza a tante persone emarginate». 
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28/07/2023
I nuovi volti delle persone intrappolate nella tratta
Cambiano i volti della tratta dopo gli anni della pandemia. In Europa aumentano i casi di tratta interna; l'uso delle nuove tecnologie peggiora la condizione di donne e ragazze esposte allo sfruttamento sessuale. In Italia, sono sempre più le persone transessuali in strada. Giovani uomini dal Sud-Est asiatico sono sfruttati nei vari settori del lavoro nero. In occasione della Giornata internazionale contro la tratta del 30 luglio la Comunità Papa Giovanni XXIII diffonde il report I nuovi volti delle persone intrappolate nella tratta. Nel documento le testimonianze delle persone supportate e incontrate nei luoghi di sfruttamento in Italia ed in Europa.
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28/07/2023
Con Francesco per fermare la strage
Le associazioni e i movimenti ecclesiali che continuano, senza sosta, a chiedere la discussione pubblica sull’adesione dell’Italia al Trattato Onu 2017 di messa al bando delle armi nucleari, esprimono il loro più convinto sostegno all’azione di pace in corso della Santa Sede per fermare il conflitto in Ucraina. In uno scenario bellico sempre più instabile, che prepara la strada all’uso di armi sempre più micidiali, è dissennato ostacolare ogni tentativo ragionevole di impedire ulteriori morti e sofferenze indicibili come condizione necessaria per aprire serie trattative di pace da parte della diplomazia internazionale con il sostegno della società civile mondiale. Suonano anacronistiche e inquietanti le tesi che si oppongono a un cessate il fuoco; esse ricordano le critiche contro l’appello levato da Benedetto XV per fermare “l’inutile strage” della “grande guerra”. Sosteniamo perciò, con la preghiera e l’impegno concreto, la missione di pace affidata al cardinale Matteo Maria Zuppi nella lettura feconda e vigile dei segni dei tempi. Spes contra Spem.   ACLI, AGESCI, Azione Cattolica Italiana, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Movimento dei Focolari Italia, Pax Christi, CIF, Centro Internazionale Hélder Câmara, Città dell’uomo aps, Confcooperative, Comunione e Liberazione, Coordinamento delle Teologhe Italiane, CSI-Centro Sportivo Italiano, C3DEM, Federazione Nazionale Società di San Vincenzo De Paoli, FOCSIV (Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario), Fondazione don Lorenzo Milani, Fondazione Don Primo Mazzolari, Fondazione La Pira, Fondazione Magis, Fraternità Francescana Frate Jacopa, FUCI, Gruppo Abele, IPRI-CCP (Istituto Italiano di Ricerca per la Pace-Corpi Civili di Pace), Libera, MEC* (Movimento Ecclesiale Carmelitano), MCL-Movimento Cristiano Lavoratori, Rete Viandanti, Associazione Rosa Bianca, SERMIG, Argomenti 2000.
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19/07/2023
Ucraina: bombardato centro umanitario a Kherson
Nella notte fra il 18 e il 19 luglio è stata bombardata la Casa della Cultura di Kherson, nel distretto di Korabelnyi, un edificio utilizzato dalla Chiesa Evangelica del posto come centro di raccolta e distribuzione di aiuti umanitari. All'interno dell'edificio è divampato un incendio che ha distrutto interamente il secondo piano e altri locali utilizzati dalla comunità locale come magazzini per raccogliere aiuti indirizzati alla popolazione. Non risultano vittime. Pochi giorni fa i volontari di Operazione Colomba, il corpo di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, vi erano stati per portare aiuti umanitari: «È stato un bombardamento deliberato. - racconta Alberto Capannini di Operazione Colomba - La casa bombardata era il punto di riferimento per la gente rimasta in città, già provata dalla recente inondazione causata dalla distruzione della diga Kakhovka. Qui portavamo i boccioni di acqua potabile, vestiti, generi alimentari. I russi lo sapevano benissimo, dato che la linea del fronte è segnata dal fiume Dnipro che bagna la cittadina. È stato bombardato un luogo di preghiera e di distribuzione di acqua e cibo. Un obiettivo inequivocabilmente civile».
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14/07/2023
Mons. Giuliano Brugnotto incontra le persone senza dimora
In stazione era pieno di gente. Alle 21 era praticamente giorno. Il gruppo dei volontari si è diviso in due; alcuni hanno raggiunto la zona del Campo Marzio, che a Vicenza è zona di spaccio. Mons. Giuliano Brugnotto si è unito al secondo gruppo. Debora Forte, volontaria dell'unità di strdada della Comunità Papa Giovanni XXIII racconta l'esperienza di un giovedì 13 luglio un po' inusuale, perchè al gruppetto che ogni settimana incontra le persone senza fissa dimora della città di Vicenza si è unito il Vescovo.  «Con Mons. Brugnotto siamo andati nel centro storico, in una serie di luoghi che già conosciamo, ad incontrare dei nostri amici di lunga data. Questo perché siamo abituati, quando usciamo, a fare incontri di vita vera e propria. Non andiamo in strada per dare qualcosa ai bisognosi, ma per stare con loro insieme; con alcune persone abbiamo una relazione consolidata nel tempo. Abbiamo creato con le persone del centro storico scambi profondi. Il Vescovo è entrato in tutto questo, mostrandosi molto a suo agio. Non c'era imbarazzo negli incontri. Era vestito come noi, con una croce nel taschino, ma era chiaramente riconoscibile come un sacedote. Qualcuno ha chiesto se fosse un prete, lui ha risposto di chiamarsi Don Giuliano e di essere della parrocchia del Duomo di Vicenza, senza enfasi». C'erano turisti e molte persone per strada: «Chi vive vicino a monumenti importanti sa bene che può andare a dormire solo a partire da una certa ora, e che la mattina presto dovrà fare pulizia e andarsene. Durante l'inverno, i tempi per loro sono più lunghi e dilatati. Non è facile fare la propria vita su un cartone in luoghi di passaggio». E la conclusione della serata è stata comunitaria:  «Alla fine abbiamo preso un gelato insieme. È un modo per condividere fra volontari l'esperienza, e per aiutarci a non portare a casa un vissuto emotivo troppo forte. A volte i carichi di vita che incontriamo sono importanti; li porti comunque a letto alla sera, ma condivisi con gli altri». Fra gli incontri della serata, ci sono le persone coinvolte in un progetto migratorio andato male. Hanno avuto un lavoro stabile per un po' di tempo, ma senza un paracadute sociale quando una ditta ha chiuso e non sono riuscite a reinserirsi nel mondo del lavoro. Poi i documenti sono scaduti e si sono ritrovate sempre più escluse dai servizi. «Si entra in una spirale sempre più negativa che porta spesso a cadere nelle dipendenze». «Ma quello che colpisce di più è incontrare italiani. A volte è sconvolgente vedere ragazzi giovani per strada, spesso con dipendenze. Le loro famiglie sanno che sono lì, ma si sentono impotenti: è la persona stessa a dover trovare la forza per fare un passo avanti per uscire dalla strada; alcune vite sembrano quasi già segnate». Una decina di volontari si alterna nelle uscite a Vicenza tutte le settimane, con qualsiasi tempo, anche a Natale. Nella sua esperienza come volontaria Debora si è scontrata più volte con un problema sociale: «Se sei italiano e perdi la residenza perdi quasi tutti i tuoi diritti. L'ostacolo della residenza è uno dei problemi più gravi che si affrontano per strada; una volta perduta riconquistarla diventa sempre più difficile. I comuni non vogliono accollarsi questo onere; troviamo persone invisibili anche se residenza è un diritto sancito dalla Costituzione. Su questo dovremmo impegnarci tutti, come società». E poi la strada insegna la malavita, e per gli stranieri porta ai fogli di via che condannano all'emarginazione. Dal gennaio 2019 la Comunità Papa Giovanni XXIII ha aperto una Capanna di Betlemme a Monticello Conte Otto, dove un'altra volontaria, Tiziana Lovato, ha scelto di vivere la propria vita insieme alle persone senza fissa dimora.  Qui all'inizio venivano accolte a una quindicina di persone per notte; adesso alla Capanna si è affiancata una parte residenziale con persone che perseguono un progetto di uscita dalla marginalità; poi ci sono i progetti per l'emergenza freddo invernale. «Una nuova povertà che emerge in maniera chiarissima è quella degli stranieri che hanno un contratto di lavoro anche a tempo indeterminato ma che non trovano offerte abitative nel libero mercato. Per loro da autunno abbiamo avviato un co-housing. Perchè se sei da solo la strada ti inghiotte», conclude Debora.  
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12/07/2023
Festa delle case famiglia e famiglie affidatarie
15 Luglio 2023: festa delle Case Famiglia e famiglie affidatarie presso il Santuario della Mellea a Farigliano (CN)   «Le cose belle prima si fanno e poi si pensano»: questo è uno dei motti che don Oreste ci ha insegnato e che sono diventati il filo rosso che unisce questi anni intensi di sviluppo delle Case famiglia. Anzi, della casa famiglia intesa nel senso vero e pieno di dare una casa e una famiglia a chi ha bisogno. #FOTOGALLERY:foto# Caratteristica delle case famiglia è proprio l’eterogeneità e lo specifico di queste strutture nate per rispondere al grido dei poveri e di chi dalla nascita all’età adulta non viene accolto e scartato. In molti convenuti in un luogo accogliente e bello come il Santuario della Mellea dove con giochi e canti si è festeggiato per dire la bellezza della condivisione.   Mettere la vita con la vita rendendo visibile che non c’è chi salva e chi viene salvato: il motto è che ci si salva insieme. Il professor Belletti del CISF invitato al convegno anima dell’incontro per raccontare e sviluppare questa specifica forma di accoglienza, ha riportato la diversità tra il mar Morto e il lago di Tiberiade. Uno è morto perché accoglie l’acqua e tutto finisce li. Il lago di Tiberiade invece accoglie acqua e poi la dona e quindi è vivo. Ecco allora che, dice il prof. Belletti se una famiglia non si apre alla vita si consegna alla morte.   In tanti sono convenuti alla Mellea realtà viva e splendente che da 12 anni ospita una casa di ospitalità per adulti per cantare, ballare, e ringraziare la Madonna delle Grazie per il dono della vocazione specifica della comunità papa Giovanni XXIII: seguire Gesù, povero e servo nella condivisione con gli ultimi.   Giona Cravanzola Responsabile Sede APGXXIII - Santuario della Mellea   Nota stampa 24 case famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII in Piemonte ospitano 97 adulti e 34 minori, di cui la maggior parte nella provincia di Cuneo. Altri 49 minorenni sono accompagnati dall'associazione di Don Oreste Benzi in affidamento familiare nelle 45 famiglie aperte all'accoglienza del territorio, per un totale di 83 minori accolti in famiglia. Il sacerdote riminese aprì 50 anni fa, il 3 luglio 1973 a Coriano (RN), la prima casa famiglia italiana. Inaugurò così questo metodo di accoglienza delle persone fragili in realtà di tipo familiare, in cui si sostengono a vicenda individui di età diverse e con situazioni di disagio diverse. Sabato 15 luglio dalle 14.30, presso il Santuario Nostra Signora delle Grazie di Mellea a Farigliano (CN), l'associazione di Don Benzi celebrerà una giornata di festa, per ricordare il cinquantesimo anniversario dalla prima casa famiglia italiana. Fra gli interventi sarà ospite Francesco Belletti, direttore del Cisf (Centro internazionale studi Famiglia) di Milano; alle 18 verrà celebrata la S. Messa dal Vescovo di MondovìMons. Egidio Miragoli. Porteranno la propria testimonianza Giovanni Paolo Ramonda e Tiziana Mariani, fondatori della prima casa famiglia del Piemonte. In serata, dopo la cena su prenotazione, lo spettacolo APG XIII'S GOT TALENT. Le case famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII oggi nel mondo sono 247, di cui 209 in Italia. Fra quelle all'estero 6 sono in Bolivia, 4 in Russia. Il modello delle case famiglia multi-utenza complementare ideato da Don Benzi è riconosciuto in Piemonte, ma anche in Calabria, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Toscana e Veneto. Spiega il Presidente Matteo Fadda, torinese: «Don Oreste Benzi nel 1973 aveva intuito un nuovo modo di accogliere le persone emarginate, fra cui i minori e gli adulti con disabilità o con malattie mentali. Iniziò a proporre a donne e a uomini, e spesso a coppie di sposi, di diventare figure genitoriali di riferimento e di aprirsi all’accoglienza per dare una famiglia a chi non ce l’aveva. Questo modello, che all’epoca fu una vera e propria rivoluzione, è ancora oggi di estrema attualità perché propone la casa famiglia come una struttura di tipo veramente familiare, che offre risposte professionali in un contesto di normalità. Riconosce e valorizza le potenzialità di ogni persona accolta». Ed aggiunge: «Ci auguriamo che altre regioni italiane possano legiferare e prendere esempio dal Piemonte, nel prendere atto della ricchezza di queste realtà». Scarica il volantino
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01/07/2023
«Prostituzione in Europa, bene il rapporto»
«Plaudiamo con favore al Rapporto votato il 27 giugno dalla Commissione sui diritti delle donne e l'uguaglianza di genere del Parlamento Europeo. Il testo fa emergere la necessità urgente negli Stati membri di interventi per scoraggiare la domanda di prostituzione, connessa alla diffusione sempre più importante di forme di tratta, violenza di genere, stigmatizzazione e sfruttamento del corpo delle donne. Il rapporto mette in luce le cause per cui le persone entrano nella prostituzione e indica chiaramente cosa occorre fare per prevenire il fenomeno». Così il Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, Matteo Fadda, commenta il documento 2139/2022approvato dalla Commissione. Il 9 novembre dello scorso anno la Comunità Papa Giovanni XXIII a Bruxelles insieme ad altre organizzazioni europee - nella tavola rotonda prevista dal progetto europeo MIRIAM per la tempestiva identificazione delle donne migranti vittime di violenza (vedi il video) - aveva ricordato ai Membri del Parlamento presenti l'urgenza di dare voce alle migliaia di donne migranti vittime di violenza di genere nell'Unione Europea e di garantire loro protezione e accesso immediato ai servizi sociali e sanitari. Tra queste forme di violenza primeggia lo sfruttamento della prostituzione. «Confidiamo che anche a settembre, in plenaria, si faccia luce sull'impatto profondamente negativo che ogni forma di violenza e disparità di genere ha sulle donne, sui propri figli, sulla loro salute fisica e psichica, e sul cammino dell'Unione Europea verso la parità», conclude Fadda.
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30/06/2023
50 anni di casa famiglia
A distanza di 50 anni vive ancora a Coriano (RN), sulle colline romagnole, Marino Catena, il primo accolto da Don Oreste Benzi della prima casa famiglia italiana. Sabato 1 luglio alle ore 16,30 nella parrocchia della Grotta Rossa, che fu di Don Benzi, la Comunità Papa Giovanni XXIII ricorderà i 50 anni della prima casa famiglia durante la celebrazione dell'Eucarestia, guidata dal Vescovo di Cesena-Sarsina Mons. Douglas Regattieri e dal Vescovo di San Marino-Montefeltro Mons. Andrea Turazzi. Nell'estate del 1972 un panettiere si avvicinò al giovane sacerdote riminese con l'invito: «Vieni, ti porto a vedere come muore un cristiano». Don Benzi si ritrovò a visitare il tugurio semi-abbandonato dove Marino, nella sua estrema fragilità viveva in condizioni gravemente disumane (La storia è raccontata fra gli altri nel libro Don Oreste benzi, amare sempre). Aveva scontato la pena di un anno e mezzo di carcere per aver rubato una bicicletta. Ascolta l'intervista a Marino «Don Oreste convocò — ricorda l'allora volontaria Mirella Rossi che oggi ha 67 anni — le persone che facevano parte della sua giovane associazione; propose di avviare una sorta di "pronto soccorso sociale", per dare una famiglia agli ultimi. Ci disse che avremmo dovuto iniziare ad amare i poveri proprio allo stesso modo in cui lo aveva fatto Gesù».   #FOTOGALLERY:casa# Una giovane, Ida Branducci, accettò per prima la sua proposta. Il 3 luglio del 1973andò a vivere a Coriano, nella casa che era appena stata messa a disposizione dalla "Fondazione Madonna della Scala”. Vide così la luce quel giorno la prima di quelle realtà di accoglienza di tipo familiare che sono conosciute oggi come "case famiglia". Anticipò la chiusura dei manicomi che sarebbe arrivata poi con la legge Basaglia 180 del '78. Presto si affiancò a lei Don Nevio Faitanini. La seconda casa famiglia venne inaugurata dopo solo un mese e mezzo, il 15 agosto del 1973 nella parrocchia della Grotta Rossa di Rimini. L’11 novembre nacque la terza casa famiglia, a Sant’Arcangelo di Romagna (RN). Mirella Rossi, allora diciannovenne, si trasferì a vivere nella casa famiglia di Coriano tre anni dopo l'inaugurazione, e vi è rimasta fino al 2017: «Negli anni '70 i malati psichiatrici venivano tenuti distanti da tutti; l'accoglienza come la intendiamo oggi proprio non esisteva. Fa mille difficoltà mi ritrovai a cercare di amare le persone accolte così come erano. È stata l'avventura più bella che mi sia mai capitata nella vita. Don Oreste era per me come un papà, con lui avevo un rapporto molto schietto». L'intuizione delle case famiglia varcò i confini del territorio riminese giungendo prima a Bologna e poi in Piemonte, in Veneto, in Lombardia, per venire poi assimilata da altre realtà sociali e raggiungendo progressivamente tutto il territorio nazionale. Nel maggio 1986 venne inaugurata dallo stesso Don Benzi la “Holy family home for children” di Ndola, in Zambia, prima casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII all'estero. Oggi le case famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII sono in totale 247, di cui 209 in Italia. Fra quelle all'estero 6 sono in Bolivia, 4 in Russia. Mara Rossi, che poi sarebbe diventata referente per l'associazione presso il Consiglio per i Diritti Umani dell'Onu a Ginevra, ha vissuto nella casa di Coriano durante gli anni dell'università: «La prima casa famiglia era inserita pienamente nel territorio; ricordo che tenevo un doposcuola per i bambini del circondario. Iniziarono ad arrivare a Coriano i primi obiettori di coscienza al servizio militare: Don Benzi chiedeva a tutti loro di vivere almeno un mese lì. Proponeva a donne e a uomini di vivere insieme nella condivisione di vita con gli ultimi, di andare oltre agli istituti, di dare una famiglia a chi non ce l'aveva. Erano aspetti rivoluzionari per la mentalità di quel tempo» . Dal 2018 ad oggi la casa di Coriano è una Comunità Educante con i Carcerati ed accoglie una ventina di persone, inserite nei programmi di recupero alternativi alla detenzione. Realizza l'intenzione di Don Benzi: «L'uomo non è il suo errore: Dobbiamo passare dalla certezza della pena alla certezza del recupero, perché un uomo recuperato non è più pericoloso». Marino vive qui ancora ed è accudito da persone che nella condivisione con lui cercano un rimedio ai propri errori. Scopri di più su casafamiglia.apg23.org
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22/06/2023
In ricordo di Anna Bonaldo, mamma di casa famiglia
È mancata, dopo un periodo di malattia, Anna Bonaldo, 68 anni, di Cittadella (PD), mamma di casa famiglia nella Comunità Papa Giovanni XXIII. Insieme al marito Paolo Tonelotto accompagnò Don Oreste Benzi in Sud America, inaugurando le prime missioni della Comunità Papa Giovanni XXIII oggi diffusa in 42 Paesi del Mondo. Il funerale si terrà sabato 24 alle 10.30 nel duomo di Cittadella. ​​Paolo ed Anna si sono conosciuti da bambini; insieme hanno costruito una storia di coppia e di famiglia che si allarga sia all'interno della loro casa, accogliendo chi una famiglia non ce l'ha, sia all'esterno, aprendo la strada, nella Comunità Papa Giovanni XXIII, alla missionarietà vissuta come famiglia. Nella loro casa oltre ai loro 3 figli naturali hanno condiviso la vita con decine di persone, disabili anche gravi, adolescenti in difficoltà. Entrambi sono di Cittadella (PD); Nel 2007 hanno raccolto la loro storia nel libro "Fuori le mura il mondo".   Scopri di più su Anna e Paolo, nell'articolo di semprenews.it. Leggilo su La Difesa del Popolo  
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