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APG23
14/07/2017
Per sanare le ferite degli abbandonati
Il 4 giugno appena trascorso è stato vissuto come un bellissimo momento di fraternità con grandi e piccini, anziani e adolescenti, giovani coppie e coppie più mature, prime fra tutte Laura e Maurizio Marighella e Cecilia e Gianfranco Zerbino che, con la benedizione di don Oreste Benzi, 10 anni fa, hanno dato il via alle due Case Famiglia di Busalla (GE). Queste 2 coppie, con i loro figli naturali, in quel momento si sono aperte all’accoglienza di nuovi figlioli non generati biologicamente, ma – per usare il linguaggio proprio di don Benzi – da rigenerare ogni giorno nell’amore. Si tratta di 2 Case Famiglia che abitano in una stessa struttura, ma in due appartamenti differenti, aiutandosi reciprocamente nella cura dei figli e condividendo la cappellina con la presenza del Santissimo Sacramento, dove si ritrovano ogni sera per un momento di preghiera insieme e per mettere insieme la vita con la vita. Una coppia di sposi che sperimenta la forza dell’amore, sa che tale amore è chiamato a sanare le ferite degli abbandonati, a instaurare la cultura dell’incontro, a lottare per la giustizia. La “Chiesa domestica” – come viene definita la famiglia nei documenti del Concilio Vaticano II - partecipa al mistero di unità e fecondità esistente tra Cristo e la Chiesa. La nostra Comunità ha sempre posto al centro di ogni sua attività la celebrazione eucaristica ed ha accolto con gioia l’invito di Giovanni Paolo II di fare dell’Eucaristia «il cuore delle Case Famiglia e di ogni altra attività sociale ed educativa». È proprio stando in ginocchio che la Casa Famiglia trova il fondamento della propria identità, traducendola poi nella dinamica dell’amore – dono, vissuto nella quotidianità. È così che cerchiamo di accogliere l’esortazione di Papa Francesco: «con la testimonianza e anche con la parola, le famiglie parlano di Gesù agli altri, trasmettono la fede, risvegliano il desiderio di Dio, e mostrano la bellezza del Vangelo e dello stile di vita che Gesù ci propone. Così i coniugi cristiani dipingono il grigio dello spazio pubblico riempiendolo con i colori della fraternità, della sensibilità sociale, della difesa delle persone fragili, della fede luminosa, della speranza attiva. La loro fecondità si allarga e si traduce in mille modi di rendere presente l’amore di Dio nella società». (Amoris Laetitia, 184) #FOTOGALLERY:BUSALLA# In questo momento di incontro, abbiamo ricordato il nostro amato fondatore don Oreste Benzi con delle videoproiezioni, anche per farlo conoscere a chi si è avvicinato da poco tempo a noi; Maurizio e Gianfranco hanno voluto ricordare nella preghiera uno per uno i figli accolti in questi dieci anni, che hanno raggiunto l’autonomia e non vivono più con loro. Abbiamo ascoltato con gioia anche la testimonianza di alcuni figlioli di etnie e religioni diverse, che hanno manifestato la loro benevolenza verso i genitori che li hanno accolti per amore di Cristo, ma senza imporre loro nessuna legge se non quella dell’amore vicendevole. Infatti lo dice Gesù, il segno dell’amore più alto è dare la vita, ma in realtà il genitore dà la vita goccia a goccia, momento per momento ai suoi figli. In conclusione, abbiamo elevato il grazie al Signore celebrando con gioia l’Eucaristia, presieduta dal parroco di Busalla don Gianni Guastavino, già presente 10 anni fa all’inaugurazione con don Oreste. Certamente non ci sentiamo perfetti, non ci sentiamo arrivati, né più belli di altre famiglie. Una cosa soltanto ci sta a cuore: che il dono di Grazia che ci è stato elargito con questa vocazione, non possiamo tenerlo per noi e allora, vogliamo condividerlo, giorno dopo giorno, 24 ore su 24 con i fratellini e le sorelline che il Signore, nella Sua infinita Misericordia, mette sul nostro cammino. Pregate per noi, perché sappiamo che questo tesoro che abbiamo è custodito in vasi di creta che spesso hanno anche delle crepe: i nostri limiti. Ma è proprio da lì, che Dio vuole fare passare il Suo Amore, dal Suo Cuore al cuore dei nostri piccoli. E, se vuole Dio, che così sia. Fotografie di Pietro Strada
APG23
14/07/2017
«La Chiesa o è missionaria, o non è».
Don Francesco Fiordaliso, sacerdote della diocesi di Livorno e membro della Comunità Papa Giovanni XXIII non ha dubbi: «nella Bibbia esiste solo la missione ad gentes, quindi la Chiesa o è missionaria, o non è». Le sue riflessioni sono state il fulcro dell’incontro di animazione missionaria svoltosi a Siena il 23-24 giugno scorsi. Al seminario, organizzato dal Servizio Missione e Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, hanno partecipato missionari e persone semplicemente interessate alla missione, alcuni in periodo di verifica vocazionale: singoli e giovani coppie, madri in attesa, famiglie con bambini. «La grande partecipazione all'incontro riflette il momento di grazia che stiamo vivendo nell’attuale, crescente desiderio della Comunità di rispondere alla chiamata di una chiesa in uscita» spiega Fabiola Bianchi, una delle organizzatrici dell’incontro, nonché missionaria in Grecia con tutta la famiglia. «Abbiamo organizzato questo momento proprio per dare la possibilità a tutti coloro che hanno nel cuore la missione ad gentes, di trovarsi, di esprimersi in una spensierata e gioiosa fraternità. È stato bello vedere qualcuno che è arrivato semplicemente per curiosità ed è andato via con il desiderio di missione nel cuore!» Particolarmente toccanti sono state le testimonianze dei missionari presenti. André Volon, apripista di diverse zone di missione con la Comunità Papa Giovanni XXIII, ha sottolineato che l'unico modo di stare con il povero sia quello di entrare in punta di piedi nella sua terra, lasciandoci accogliere da lui, senza la pretesa di avere qualcosa da portare, perché in realtà si parte per convertire una sola persona: noi stessi. Parole che nascono da una lunga permanenza in missione e in vari continenti, infatti André ha vissuto in Zambia, Brasile, Kenya, Israele, Haiti. Cosa spinge una persona a lasciare le sue sicurezze, il suo Paese, la propria cultura e partire? Qual è il modo giusto per vivere in missione? La solidarietà può essere una risposta adeguata ai grandi problemi che affliggono i Paesi poveri/impoveriti? Che relazione c’è tra i progetti di cooperazione e la condivisione con i più poveri? «Queste domande sono state il punto di partenza per riflettere insieme sulla missione, una chiamata radicale e totalizzante che invita a lasciare tutto perché solo Gesù possa regnare in noi, scoprendo di aver bisogno l'uno dell'altro, perché in realtà non c'è chi dà e chi riceve» racconta Fabiola. «Il messaggio che abbiamo ricevuto, oltre alla consapevolezza della rinascita della spinta missionaria all'interno della nostra Comunità, è il nuovo volto con il quale questa si sta delineando: le tante famiglie che si stanno avvicinando alla missione rivelano che i figli, anche affidati, non sono un ostacolo, bensì un punto di forza che avvalora una scelta responsabile e spregiudicata allo stesso tempo! Tra la trepidazione di chi è in partenza, l'entusiasmo di chi sta compiendo i primi passi nella vocazione, l’emozione di chi sente di custodire nel cuore la dolce urgenza di una chiamata che spinge a partire, ci siamo soffermati a riflettere sulla figura di don Oreste, mistico di strada, aiutati da Andrea Montuschi, autore del recente libro Ascoltando don Oreste Benzi e precedente animatore generale del servizio Missioni della Comunità». Montuschi, tra le altre cose, ha ricordato come don Oreste, lavorando insieme ad altri membri della Comunità per definire le linee guida della vocazione, abbia inserito una frase che a quel tempo sembrava un po’ campata per aria, visto che a quel tempo non esistevano ancora missionari della Comunità: «Viene stimato dono del Signore che dei membri della Comunità siano disponibili a lasciare anche la propria terra, per trasferirsi a vivere la propria vocazione in terra di missione». Parole che si sono realizzate nel 1985, quando il primo gruppo è partito per aprire la presenza missionaria in Zambia. Oggi la Comunità fondata da don Benzi è diventata una presenza internazionale, in quanto opera in più di 30 Paesi nei 5 continenti. L'incontro ha scosso molto, e ha creato sete di nuovi incontri, tanto che si sta già pensando a come dargli un seguito. Per chi fosse interessato a partecipare al prossimo incontro, può mandare una mail a: animazionemissionaria@apg23.org
APG23
13/07/2017
In ricordo di Vittorio Tadei
Vittorio Tadei, salito al cielo il 13 luglio di un anno fa, imprenditore riminese e grande amico di don Benzi, è stato un tenace sostenitore delle opere della Comunità Papa Giovanni XXIII. Uomo di grande fede, era profondamente impegnato a costruire il regno di Dio su questa terra e con le sue capacità e possibilità voleva davvero fare la differenza per i poveri che il Signore gli metteva sulla strada. Quando incontrava qualcuno che la pensava come lui, non guardava che etichetta avesse, o a che associazione appartenesse, ma gli si metteva al fianco rendendo possibili cose straordinarie che portavano una luce di speranza in tante vite spezzate dall’abbandono e dalla sofferenza. Della sua amicizia con don Oreste, Vittorio diceva: «sentendolo parlare (la prima volta che lo incontrai), respirai una speranza grande ed ebbi la percezione che per questo umile prete niente fosse impossibile perché, come ripeteva spesso “niente è impossibile a Dio”. Da allora siamo sempre stati amici: io sentivo che gli volevo bene e che lui voleva bene a me, ma sentivo anche, e mi piaceva, che lui voleva bene allo stesso modo a tutte le persone dalle più “importanti” alle più umili, ricchi o poveri, famosi o sconosciuti. Anzi, se aveva una predilezione era proprio per i più poveri fra i poveri, quelli che non voleva nessuno. Mi ha aiutato anche a fare bene l’imprenditore, dandomi la fiducia e la certezza che nella vita si è felici solo se si vive una “relazione profonda con Dio e che se agisci secondo Dio, lui ti è vicino”. E lo testimoniava con la propria vita: nonostante fosse sempre in mezzo a tanti problemi, anche gravi, era sempre sereno e contento». Nel ricordarlo con grande affetto e stima ci sono non solo i fratelli e le sorelle della Comunità, ma anche tutti i bambini, i giovani, le persone disabili, e tutti i poveri che, grazie alla sua gratuità e al suo senso di giustizia, hanno potuto avere una vita migliore. Grazie Vittorio #FOTOGALLERY:tadei# Giovanni Paolo Ramonda, successore di don Benzi alla guida della Comunità Papa Giovanni XXIII, ha voluto ricordarlo così: Tenere uniti Vangelo ed Economia non è facile, fare procedere sulla stessa barca famiglia, azienda, vita spirituale è un’impresa non indifferente. Fare tesoro dell’esperienza sempre guardando avanti, sapendo stare nel mondo ma avendo presente che siamo pellegrini, viandanti di passaggio è il logo che sceglierei per l’amico Vittorio Tadei. Vittorio è stato per la Comunità Papa Giovanni XXIII un dono, perché aiutava non in modo assistenzialista ma chiedendo conto di come venivano utilizzati i denari o le strutture che venivano dati. Sicuramente l’incontro con don Oreste Benzi è stato fondamentale, ma nella reciprocità. Penso che lo stesso fondatore della nostra Comunità abbia imparato molto da Vittorio nella capacità di gestire una grande famiglia spirituale ricca di opere, dalle case famiglie, alle comunità terapeutiche, ai progetti di sviluppo in Africa e America Latina, dalle cooperative sociali, alle gelaterie, dalle case di preghiera alle case di fraternità. Se dovessi scegliere una frase evangelica che sintetizza la vita di questo uomo discreto, concreto ma anche contemplativo e amante della Chiesa citerei il brano dove Gesù parla della parabola degli operai che vengono presi a tutte le ore: «Perché rimanete oziosi? Venite a lavorare nella mia vigna». Sì, Vittorio ha voluto dare la dignità di un lavoro che per la persona fosse impegno, responsabilità, gratuità. L’ha voluta donare soprattutto agli ultimi, a chi non aveva altre possibilità. Vittorio servo buono e fedele, amministratore dei doni di Dio ora contempla con tutti i santi la bellezza del volto misericordioso del Padre e sicuramente intercede per noi. Grazie Vittorio!
APG23
06/07/2017
La festa delle comunità  terapeutiche a Monte Sole
Lunedì 26 giugno le comunità terapeutiche di tutto il nord e centro Italia si sono ritrovate a Monte Sole (BO) per la giornata dell'IN(TER)DIPENDENZA in occasione della giornata mondiale di lotta alla droga e al narcotraffico. La dipendenza ci fa schiavi. L’indipendenza ci fa soli. L’interdipendenza ci fa… insieme! Tante le comunità terapeutiche (CT) presenti, tanti i ragazzi, volti noti che si ritrovano e volti nuovi che si incontrano. I ragazzi, divisi in 5 gruppi, hanno seguito le guide in un cammino a tappe all'interno del parco, sulle orme delle vittime dell'eccidio di Monte Sole, avvenuto nel 1944 ad opera delle truppe delle SS tedesche. Ma queste vittime non erano semplicemente numeri, masse informi come sono spesso raccontate sui libri di storia: erano Storie vere, volti, nomi, che abbiamo seguito nel nostro cammino - a paRtire da don Ubaldo. Questo è stato un passaggio fondamentale: dalla Storia dell'uomo, quella grande, generale, che sembra così lontana, alla nostra Storia, di persone piccole, che commettono tanti errori e cadono tante volte. Le nostre vite vengono così a intrecciarsi con quelle di persone che non abbiamo conosciuto direttamente, ma con cui ci siamo incontrati attraverso dei racconti, dei film, delle rocce, dei fori di proiettili, delle chiese distrutte. #FOTOGALLERY:montesole# L'eccidio di Monte Sole era per tanti un avvenimento sconosciuto, ed è diventato un'occasione per riflettere su di sé. Si sono accorciate le distanze di tempo e spazio e abbiamo potuto in parallelo riflettere sulle nostre vite. Vite fragili, spezzate, come lo sono state quelle delle vittime del massacro: l'uomo è l'unico animale che si fa del male e fa del male ai suoi simili senza un motivo, semplicemente per uccidere. Ma l'uomo è anche capace di un amore immenso, come nessun altro animale può fare: l'uomo può rinascere! E così Monte Sole è un luogo di speranza, di memoria, di ricordo di ciò che è stato affinché non si ripeta, ma anche affinché si possa costruire la Pace. E così ciascuno di noi è un piccolo memoriale, di tante esperienze a cui è sopravvissuto, di tanti sbagli, di tanti errori che rimangono e non si cancellano; ma noi possiamo rinascere, possiamo perdonarci e perdonare, affidarci e fidarci, costruire cose belle! Possiamo risorgere, diventando liberi dalle nostre schiavitù, scoprendo la vera libertà! #FOTOGALLERY:MONTESOLE2# La giornata a Monte Sole è frutto di un cammino che le CT hanno percorso sul tema della libertà: abbiamo così imparato che essere indipendenti non vuol dire fare tutto ciò che si vuole, ma significa riscoprire cosa ti rende davvero libero, cosa ti riempie, cosa dà un senso al tuo esistere, cosa è Bello, Buono e Vero. Il cammino verso la libertà parte da ciascuno di noi, ma è imprescindibile dall'aiuto degli altri - altrimenti si cade nella solitudine - come ci hanno raccontato nel pomeriggio i ragazzi della CT di Balignano con le loro canzoni, i ragazzi della CT di Sabbiuno con lo spettacolo teatrale e tutte le poesie raccolte e premiate. E visto che da soli non si va da nessuna parte e la vera liberà è relazione, acquista senso il nuovo titolo della giornata, che diventa dell'IN(TER)DIPENDENZA: la Dipendenza ci fa schiavi. L’Indipendenza ci fa soli. L’Interdipendenza ci fa insieme!
APG23
06/07/2017
Inclusione nel lavoro: mission possible!
Il giorno 1 luglio è stata la Giornata Internazionale delle Cooperative. Il Consorzio Comunità Papa Giovanni XXIII, con le sue 14 cooperative che gestiscono 38 Centri Lavorativi e 56 Centri Educativi è un modo concreto di stare accanto a tante persone che vivono in condizione di fragilità ed accogliere la loro domanda di aiuto. Abbiamo colto l’occasione per rivolgere qualche domanda a Luca Miglietti, uno dei coordinatori del Consorzio Condividere. Il tema scelto dal COPAC (Comitato per la Promozione e l’Avanzamento delle Cooperative) per le celebrazioni di quest’anno è l’inclusione, intesa sia in termini di inclusione delle persone nelle imprese cooperative ma, più in generale, con riferimento ai principi cooperativi della porta aperta, del controllo democratico dei soci, della partecipazione economica. La nostra sfida è riuscire a dare dignità nel mondo del lavoro a persone che solitamente ne sono escluse. Le imprese “normali” di norma sono spinte dal profitto. Noi, oltre al bilancio economico e sociale, crediamo di avere un valore aggiunto: le persone che hanno fatto un percorso all’interno delle nostre cooperative, nel momento in cui recuperano le proprie potenzialità vengono, ove possibile, nuovamente inserite nel mondo lavorativo. Questo perché non facciamo né beneficienza né assistenza, ma sostegno alle persone in disagio affinché camminino con le proprie gambe. Non facciamo assistenza e non riceviamo neppure assistenza: le nostre cooperative sociali stanno sul mercato come qualsiasi altra impresa privata. Siamo competitivi come gli altri imprenditori, in più nel nostro profitto c’è la valorizzazione della persona, e lì sta il nostro positivo bilancio sociale. Profitto e inclusione sociale non sono assolutamente due categorie incompatibili, le nostre cooperative ne sono la dimostrazione. Le cooperative della Comunità Papa Giovanni XXIII come vivono l'inclusione? Fin dall’inizio era chiaro che per dare vera dignità alle persone disagiate o con handicap non è sufficiente accoglierle in famiglia, è necessario inserirle nel mondo del lavoro. A livello nazionale uno degli aspetti più incisivi nel cammino di riscatto degli ultimi sono le tante cooperative sociali diffuse su tutto il territorio. Le cooperative sono vere imprese, che cercano di concretizzare i princìpi della società del gratuito, e dimostrano che questi principi sono economicamente sostenibili ed applicabili pur operando nel mercato. Nella società del gratuito le persone prendono dal lavoro solo ciò che è loro necessario per vivere dignitosamente. Tutta questa opera di inclusione sociale avviene non per buonismo, ma con percorsi individualizzati di reinserimento lavorativo e sociale caratterizzati da grande serietà. Solo con una vera reciprocità (“non possiamo aiutarti senza il tuo coinvolgimento”), caratterizzata da assenza di pregiudizi sul passato ma allo stesso tempo da grande responsabilità che viene richiesta. Spesso ex detenuti o persone che hanno avuto percorsi terapeutici lunghi hanno evidenti “buchi” nel loro curriculum che rende spesso impossibile l’ingresso nel mondo del lavoro. Per le nostre cooperative questo non costituisce un problema, quello che è fondamentale è sentire voglia di riscatto e desiderio di condividere un’esperienza cooperativa con entusiasmo e passione. Nel corso del 2016 sono state 14 le cooperative aderenti al Consorzio “Condividere Papa Giovanni XXIII”, che hanno avuto come protagonisti 476 soci (289 lavoratori e 187 volontari) che, con l’aiuto di 840 lavoratori dipendenti, hanno portato avanti le attività socio assistenziali in 56 Centri Educativi e le attività di inserimento lavorativo in 38 Centri Lavorativi. In essi lavorano 113 persone svantaggiate. I Consigli di Amministrazione delle cooperative sono formati da 5 a 11 persone che rappresentano le diverse attività che ogni cooperativa porta avanti. Ognuno, quindi, può portare le proprie specificità e i doni che ha ricevuto per metterli a disposizione del “bene comune” che è la cooperativa. Quali persone ne beneficiano? Gli ospiti dei Centri Diurni sono 927 e presentano diverse tipologie di handicap, da quello fisico a quello psichico, dall’essere nomade o carcerato all’essere anziano, dall’avere un disagio familiare all’essere alcolista o tossicodipendente, dall’essere senza fissa dimora all’immigrato schiavizzato. #FOTOGALLERY:ramo# Che cosa possono dire alla società le cooperative della APG23 rispetto a questo tema dell'inclusione? Quale messaggio possono dare? Il nostro obiettivo è duplice: sia di dare una risposta concreta alle richieste di inserimento che ci arrivano dai Servizi di Inserimento Lavorativo del territorio o dalle persone stesse, sia di aumentare la cultura dell’inserimento lavorativo di persone svantaggiate nelle aziende dei territori in cui siamo presenti. Purtroppo, infatti, sempre più spesso le aziende profit preferiscono pagare le multe a seguito del mancato rispetto delle percentuali di inserimento di lavoratori svantaggiati previste dalle leggi sul lavoro, piuttosto che assumere delle persone. Tali lavoratori, infatti, sono visti come dei “pesi”, poco produttivi e ai quali bisogna affiancare dei tutor che non riuscirebbero a portare avanti il proprio lavoro al meglio. Ecco, quindi, che sono stati organizzati dei convegni e degli incontri sui diversi territori per promuovere la cultura dell’inserimento e dell’integrazione, cercando di sottolineare il valore aggiunto per tutta la società che questi inserimenti portano (diminuzione delle spese sanitarie e sociali per il mantenimento, versamento delle tasse). Un messaggio forte che possiamo dare è questo: includere è possibile, entusiasmante e conviene anche. Quali percorsi di inclusione vengono attivati all'interno delle cooperative del Consorzio Condividere? Parlaci di qualche esperienza di inclusione. Abbiamo molte storie che dimostrano che l’inclusione è possibile. È possibile portare un nomade, padre di 6 figli mai andati a scuola, che non aveva mai avuto un lavoro minimamente regolare ad essere un socio lavoratore a tempo indeterminato di una delle nostre cooperative? Sì, ed oggi lavora, paga regolarmente le tasse e non chiede più l’elemosina per lui e la sua famiglia (manda regolarmente i figli a scuola che in futuro non vivranno più in situazione di clandestinità). È possibile riportare in carreggiata chi si è macchiato di reati importanti, consentendogli di riparare agli errori fatti vivendo con passione il lavoro in cooperativa? Sì, ne abbiamo l’esempio. È possibile includere lavorativamente ragazzi disabili che qualche anno fa erano utenti di un centro diurno e che oggi escono di casa per andare al lavoro e portare a casa il loro stipendio? Certo, anche questo lo abbiamo sperimentato. Non in modo magico, come nelle pubblicità del Mulino Bianco, ma con percorsi lunghi e seri, fatti di tante tappe, ma soprattutto della convinzione che quando le persone si sentono amate davvero e viene riposta in loro fiducia si vedono miracoli accadere… #FOTOGALLERY:ramo2# Ci sono dei progetti particolarmente creativi o sperimentali o degni di nota che riguardano l'inclusione? Uno degli ultimi progetti avviati da una delle cooperative aderenti al Consorzio Condividere è quello dell’inclusione di carcerati del carcere di Cremona nella cooperativa Il Calabrone di Cremona. In collaborazione con il carcere stesso alcuni lavoratori della cooperativa hanno tenuto un corso di formazione all’interno del carcere a favore di persone in fine pena, con la finalità di insegnare loro un mestiere da poter poi mettere in pratica una volta usciti dal carcere. Tale corso ha previsto una parte teorica e una pratica per la lavorazione in conto terzi di ferro utilizzando meccanica di precisione con macchine utensili a controllo numerico e successivamente piccoli montaggi legati alle lavorazioni. Al termine delle lezioni 3 persone hanno avuto la possibilità di svolgere un tirocinio direttamente in cooperativa, uscendo quindi il mattino dal carcere e rientrandovi la sera al termine dell’orario lavorativo. Terminata la pena, poi, sono state assunte dalla cooperativa e hanno potuto reinserirsi nella società. Ci sono delle novità nel mondo delle cooperative del Consorzio Condividere? In passato quasi tutte le nostre cooperative eseguivano lavori in appalto da enti pubblici, mentre oggi è presente una grande varietà di settori lavorativi: dalle produzioni lattiero casearie biologiche alla meccanica di precisione, dai negozi di abbigliamento alla gestione di ostelli e strutture ricettive. Molte nostre cooperative stanno oggi sul mercato con produzioni e marchi propri, in concorrenza con grandi aziende, con la soddisfazione di stare sul mercato come tutti ma con l’attenzione non ai dividendi economici ma a quelli sociali: restituire dignità, fiducia, responsabilità attraverso il lavoro. Questa è una cosa che non ha prezzo, ma che va analizzata anche economicamente. Investire in inclusione sociale conviene anche economicamente. Due dati solo su tutti: un detenuto in carcere costa alla collettività in media 200 euro al giorno e il tasso di recidiva medio supera il 50%. Nelle nostre comunità educanti con i carcerati con un costo 7 volte inferiore lavora e il tasso di recidiva medio si abbassa al 10%. Una persona con sofferenza psichiatrica o recidive per dipendenze patologiche quando viene ricoverata in una clinica per un mese porta a sostenere un costo economico per le casse pubbliche pari al costo di due inserimenti lavorativi per un intero anno.
APG23
06/07/2017
Apre una nuova casa a Bucarest
Don Federico Pedrana, sacerdote della diocesi di Como e membro della Comunità Papa Giovanni XXIII, fin dal 2007 va regolarmente in Romania, portando con sé gruppi di giovani per vivere esperienze significative a fianco delle persone emarginate. Da 3 anni segue il cammino spirituale delle persone inserite nel percorso terapeutico della Comunità Papa Giovanni XXIII. Proprio in questi giorni di inizio luglio, don Federico aprirà una casa a Bucarest, insieme a Marco Gabbanini, operatore nella comunità terapeutica di Balignano (FC). «Nella casa verranno a fare esperienza le persone nell’ultima fase del percorso terapeutico» spiega don Federico. «Ci sono già 6 giovani che hanno dato la disponibilità per stare con noi per alcuni mesi. Dopo aver sistemato la casa, l’idea è quella di fare volontariato sulla strada per i senza fissa dimora e per quei ragazzi che d’inverno vivono nei tombini di Bucarest. Andremo anche negli orfanotrofi per stare con i bambini e con gli adulti disabili. Frequenteremo anche i quartieri dove c’è molto degrado, soprattutto le famiglie Rom». La casa, che darà molto spazio alla preghiera, si trova in un quartiere vicino alla periferia di Bucarest. Non ha ancora un nome, ma c’è già l’entusiasmo e il cuore di chi andrà a viverci. Sostieni le Case Famiglia della Comunità.  
APG23
30/06/2017
PROSTITUZIONE, Ramonda (Apg23): Tappa importante l’adesione della Furlan alla campagna “Questo è il mio corpo”
«L'adesione del Segretario della CISL, Anna Maria Furlan, rappresenta una tappa importante nella nostra battaglia per la liberazione di tante donne sfruttate sessualmente, battaglia che don Benzi ha iniziato oltre 25 anni fa». E' quanto afferma Giovanni Paolo Ramonda , Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23) , in merito all'adesione alla campagna contro la prostituzione da parte del Segretario Generale Furlan, avvenuta nel corso del Congresso della CISL, che si sta svolgendo in questi giorni a Roma. «Ci voleva un Segretario donna, col suo genio femminile, - continua Ramonda - per comprendere l'importanza di una battaglia di civiltà, etica e morale, che coinvolge la società nel suo intero. Non esiste una violenza di serie A o di serie B, la violenza che subiscono le donne che si prostituiscono è violenza di genere». La Comunità Papa Giovanni XXIII promuove, insieme ad un cartello di associazioni, l'iniziativa Questo è il mio Corpo , campagna di liberazione per le vittime della tratta e della prostituzione . La proposta, ispirata al modello nordico, ha l'obiettivo di ridurre sensibilmente il fenomeno colpendo la domanda e multando i clienti delle persone che si prostituiscono. Tutte le informazioni e gli approfondimenti sul sito questoeilmiocorpo.org .
APG23
30/06/2017
La "notte rosa" di Borgo Basino
Borgo Basino, un borgo di poche case sulle splendide colline di Cusercoli , nell’entroterra forlivese. Qui, presso le “Fattorie Faggioli” durante l’estate, la Comunità Papa Giovanni XXIII, ha organizzato alcuni eventi all’insegna del divertimento e della solidarietà. Il prossimo di questi appuntamenti è fissato per la sera del 7 luglio, una bella e fresca alternativa alla tradizionale “notte rosa” della riviera. Sarà una serata di “teatro in famiglia” condito di pizza e belle chiacchiere attorno al tema dell’accoglienza. Lo spettacolo di teatro che andrà in scena il 7 luglio dal titolo: Dove lo butto? è realizzato dalla Compagnia “Piccola Piazza d’arti” espressione artistica della Comunità Papa Giovanni XXIII, ed è uno spettacolo in cui in modo giocoso e coinvolgente viene sottolineata la bellezza di un atteggiamento accogliente e il ruolo insostituibile della condivisione in cui anche chi è più debole può essere dono per l’altro. Tra gli autori della sceneggiatura anche Giampiero Pizzol, attore e autore forlivese. A seguire sono previste delle testimonianze di famiglie della Comunità Papa Giovanni XXIII impegnate nell’accoglienza. Insomma un modo per stare insieme divertendosi ma anche riflettendo sulla bellezza dell’affidamento e la gioia di una vita condivisa. SAVE THE DATE! Segnate dunque in agenda il 7 luglio, a partire dalle ore 19,30 sarà possibile mangiare assieme la pizza e poi seguire lo spettacolo, particolarmente adatto ai bimbi dai 7 anni in su. Il ricavato della serata servirà a sostenere progetti di solidarietà della Comunità Papa Giovanni XXIII, pertanto si fa richiesta di offerta minima di 10 euro per gli adulti e 5 euro i bambini dai 4 ai 12 anni. Se interessati vi chiediamo di prenotarvi al numero 339.5441691
APG23
28/06/2017
Charlie Gard, Ramonda (Apg23): «La CEDU ha fatto scelta mortifera»
«La scelta della Corte Europea è mortifera e risponde solo alle richieste di una società necrofila. Non si tratta di accanimento terapeutico ma di permettere ai genitori di accompagnare il loro bimbo a concludere con dignità la sua breve vita terrena» Questo il commento di Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23), in merito al verdetto della CEDU (Corte Europea dei Diritti dell'Uomo) sulla vicenda di Charlie Gard, il bimbo inglese di 10 mesi cui l'Alta Corte Inglese aveva decretato di sospendere le cure. «Nel caso di Eluana Englaro fu tenuta in considerazione la scelta del padre — continua Ramonda — mentre in questo caso no. Chiediamo sia garantito sia il diritto di sostenere una vita fragile e crocifissa, sia il diritto dei genitori di tenere in vita il figlio» «Nelle nostre case famiglia accogliamo tanti bimbi come il piccolo Charlie», conclude Ramonda. «Dalla nostra esperienza quotidiana al loro fianco possiamo dire che la sofferenza non è data dall'handicap o dalla malattia ma dalla solitudine che si crea a causa di queste condizioni». ​ La Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, opera al fianco degli ultimi dal 1968. Oggi conta 573 strutture in Italia ed in 40 Paesi nei 5 continenti. Ogni giorno 41.000 persone mangiano alla nostra tavola.​
APG23
28/06/2017
Solidarietà  internazionale: un diritto per tutti.
Giovedì 8 giugno 2017 l’ufficio internazionale dell’APG23, in collaborazione con il Gruppo di lavoro delle ONG Cattoliche sul Diritto alla Solidarietà Internazionale ha organizzato un evento parallelo, alla 35ª sessione regolare del Consiglio dei Diritti Umani che si è svolto al Palazzo delle Nazioni Unite, (dal 6 al 23 giugno 2017) a Ginevra. L’evento, tenutosi per discutere dell’importanza di promuovere il diritto alla Solidarietà Internazionale, ha visto la partecipazione di molte ONG e diverse delegazioni di Stati Membri che hanno mostrato grande interesse per la tematica e per le parole dei relatori. Il dibattito, moderato da Jorge M. Dias Ferreira (New Humanity), ha raccolto gli interventi di: Monsignor Ivan Jurkovic, in rappresentanza della Santa Sede Alfred-Maurice de Zayas, Esperto Indipendente alla promozione di un democratico ed equo ordine internazionale Maria Mercedes Rossi, rappresentante della Comunità Papa Giovanni XXIII all’ONU Virginia Dandan, Esperto Indipendente ai Diritti Umani e alla Solidarietà Internazionale, che è alla fine del suo 2° e ultimo mandato. Altro scopo dell’evento era infatti quello di riconoscere pubblicamente alla Dandan il grande merito di aver redatto la prima dichiarazione sul Diritto alla Solidarietà Internazionale che la Comunità Papa Giovanni XXIII da anni promuove e sostiene come principio e come diritto stando in prima linea e con un ruolo leader tra la società civile. In un’epoca storica come questa, caratterizzata da incertezza e crisi mondiali di diverse entità, la Solidarietà Internazionale può rappresentare quel mezzo, l’anello mancante per immaginare un mondo dove nessun individuo o popolo venga lasciato da parte o discriminato. Riconoscere questo principio come un diritto umano, come sottolineato da Maria Mercedes Rossi, «è una necessità essenziale per la sopravvivenza del mondo, per la promozione e protezione del bene comune, uno strumento necessario per promuovere un mondo più giusto ed equo e un’azione cruciale per vivere in pace e armonia». Come ricordato da De Zayas, la Società Civile, tra cui la Comunità Papa Giovanni XXIII, ha avuto un ruolo fondamentale nella promozione di diritti come la Solidarietà Internazionale, il Diritto alla Pace e il Diritto allo Sviluppo e ha collaborato attivamente nella stesura delle dichiarazioni di questi diritti. È ora compito degli Stati superare ogni divisione politica e geografica al fine di ritrovare quel senso di fraternità e uguaglianza che sembra essersi perduto. Secondo Monsignor Ivan Jurkovic, Nunzio alle Nazioni Unite, la solidarietà è l'unico mezzo per affrontare le diverse sfide globali, in un modo alternativo a quello tipico della politica che si concentra principalmente sulle divisioni tra esseri umani e stati. Al contrario, «la solidarietà è un incondizionato interesse per l'altro», e dunque tutti gli individui, i politici nazionali e internazionali devono impegnarsi al massimo per assicurare la piena realizzazione della dignità umana e del bene comune inteso come bene di tutti gli individui e di tutti popoli. Egli ha infine concluso il suo discorso citando le parole di Papa Francesco riguardo la solidarietà: «La solidarietà è l'antidoto più efficace alle forme moderne del populismo. La solidarietà comporta la consapevolezza di essere parte di un solo corpo, mentre contemporaneamente coinvolge una capacità da parte di ogni membro di "simpatizzare" con gli altri e con l'insieme. Quando uno soffre, tutti soffrono». Virginia Dandan ha riconfermato il suo impegno nel promuovere una dichiarazione sul diritto alla solidarietà internazionale come mezzo per combattere le sfide globali, il nazionalismo, le divisioni, la povertà, le minacce ai diritti fondamentali e per costruire un nuovo modello di globalizzazione, basato sulla condivisione e la fraternità tra i popoli. Ad ogni modo, secondo Virginia Dandan, per diffondersi globalmente, la solidarietà internazionale richiede l’impegno non solo della società civile, ma anche e soprattutto dei governi. Al termine dell'evento, è stato distribuito un volantino realizzato dall’ufficio internazionale della Comunità Papa Giovanni XXIII in cui viene rappresentato Einstein, lo scienziato, con una nuova equazione: il diritto alla solidarietà internazionale = diritti umani x diritto allo sviluppo (elevato all’infinito). Il significato di questa equazione è che il diritto alla solidarietà internazionale potrebbe aumentare immensamente il rispetto di tutti gli altri diritti umani e l’attuazione del diritto allo sviluppo tanto desiderato e atteso dai popoli del mondo, in particolare quelli più vulnerabili. In conclusione dell’evento, un ospite dal pubblico ha citato una recente frase di Papa Francesco: «Niente in Natura vive per se stesso. I fiumi non bevono la propria acqua, gli alberi non mangiano i loro stessi frutti, il sole non scalda se stesso, i fiori non profumano per loro stessi. Vivere per gli altri è la regola della Natura». Il saluto a Virginia Dandan Venerdì 9 giugno, la Comunità Papa Giovanni XXIII ha inoltre organizzato un evento serale per salutare e ringraziare ancora una volta Virginia Dandan per la sua costante dedizione e passione durante i suoi due mandati. Tutti i presenti si sono impegnati con ottimismo a continuare a negoziare e a confrontarsi su queste tematiche affinché il lavoro dell’Esperto Indipendente possa continuare a fruttare negli anni a venire. Virginia Dandan, nella commozione, ha ringraziato tutte le organizzazioni presenti per il sostegno ricevuto negli ultimi anni, in particolare Maria Mercedes Rossi, che ha descritto come un punto di riferimento per tutti i sostenitori e promotori del diritto alla pace, allo sviluppo e alla solidarietà internazionale. La Comunità Papa Giovanni XXIII ha ringraziato l’Esperto Indipendente per aver mantenuto la promessa di presentare alla fine del suo mandato un testo che permettesse di continuare a promuovere con forza il diritto alla Solidarietà Internazionale da parte di tutta la società civile. Nelle ultime giornate del Consiglio dei Diritti Umani verrà nominato un nuovo Esperto Indipendente che porterà avanti il lavoro svolto negli ultimi anni da Virginia Dandan. La speranza comune è che si possa arrivare presto a risultati ancora più concreti e che il Consiglio riconosca ufficialmente la Solidarietà Internazionale come un diritto per tutti, in quanto, come scritto nella dichiarazione, essa è rappresentazione di «uno spirito di unità tra individui, popoli e stati e organizzazioni internazionali».
APG23
28/06/2017
Il Basket in carrozzina arriva allo Stars Camp
Il BASKETBALL STARS CAMP di Forlì è un centro estivo di basket per i ragazzi, classe 2001-2006, ideale per migliorare le tecniche di gioco grazie alla presenza anche di cestisti di squadre professionistiche. Nella sala video i giovani sportivi studieranno le migliori clip del campionato europeo di basket e dell'NBA, per studiare movimenti, catturare segreti e dettagli da mettere in pratica durante gli allenamenti. Ma lo sport è scuola di vita; il CAMP si chiuderà con la sfida di gioco del basket in carrozzina, nel quale spesso durante gli allenamenti gli atleti normodotati si confrontano su due ruote contro i giocatori disabili. In campo ci saranno la squadra vincitrice del campionato interprovinciale Uisp di basket in carrozzina, la Olimpic Verona, e la Wheelchair di Forlì, la squadra locale di cestisti legata alla Comunità Papa Giovanni XXIII, alla quale sarà destinato il ricavato della raccolta di beneficenza organizzata dallo staff e dai genitori dei ragazzi. Il Basket in Carrozzina era entrato già da qualche anno nei tornei Basket d'a...mare della UISP (Unione italiana sport per tutti), ed per il 2017 ecco le foto dell'evento che ha visto il trionfo dell'Olimpic Verona.   #FOTOGALLERY:basket#   A Cesenatico, dal 2 al 4 Giugno 2017, si sono svolte le finali del 1° campionato interprovinciale UISP di basket in carrozzina - trofeo ANMIC (Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili) La prima semifinale tra la capolista Verona e la mina vagante Reggio Emilia è durata di fatto solo 10 minuti. La velocità e la prestanza fisica dei gialloblu l'hanno infatti fatta da padrone e la partita è scivolata piano piano verso un eloquente 47-9 finale.     La finalissima ha parlato solo veneto. Verona e Montecchio Maggiore non si sono risparmiati energie e belle giocate; ma la superiorità degli scaligeri è risultata lampante. Ecco altle foto del Campionato Interprovinciale di Basket in Carrozzina UISP – Trofeo ANMIC 2016/2017, scattate a Verona.    #FOTOGALLERY:Verona#   L'appuntamento ora è al BASKETBALL STARS CAMP, per saperne di più ecco il numero di telefono di riferimento: 347.1029200. Daniele Fabbri è a disposizione, e soprattutto, può spiegare come si entra in squadra.
APG23
23/06/2017
Giornata mondiale contro la droga e le dipendenze: 200 giovani a Monte Sole
Sedersi sopra ad un tronco senza paura del burrone che c’è giù solo, sopraffatto, ma non del tutto. A.T.  Lunedì 26 giugno oltre 200 ragazzi impegnati nei cammini di liberazione dalle dipendenze arriverà a Monte Sole (BO) . I ragazzi saranno accompagnati dagli operatori dalle 22 comunità terapeutiche che la Comunità Papa Giovanni XXIII ha in Italia ( 12 sono quelle all’estero); celebreranno l'annuale Festa dell’In(ter)dipendenza , in occasione della Giornata mondiale di lotta alla droga e al narcotraffico. Monte Sole è terra di martiri: è stata bagnata dal sangue di quasi 800 donne, vecchi e bambini che vennero trucidati dai nazisti tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944. Oggi Monte Sole è un memoriale ed un parco, in cui la vita è rinata. Giovanni Paolo Ramonda , presidente dell’associazione fondata da Don Benzi, spiega il percorso terapeutico: «Le giovani vittime delle dipendenze pagano il prezzo dei vuoti e delle ideologie della nostra società. A Monte Sole ritroveranno un po’ la vita, grazie ad un percorso nella memoria che dura tutto l’anno e che aiuta a riscoprire la propria identità. Per uscire dalla droga, dal gioco e dall’alcool serve soprattutto la ricostruzione di relazioni umane autentiche. Con i nostri volontari ed i nostri operatori diamo voce al loro sogno di una liberazione fisica ed interiore, per la quale tutti insieme ci stiamo battendo». ​La giornata si snoderà alla scoperta del Memoriale di Monte Sole con appuntamento alle 9.45 al Centro visite Il Poggiolo. Dalle 14.30 alle 17.00 il momento di dialogo e confronto prenderà spunto dalle testimonianze, dal teatro e dalla poesia: verrà presentata la raccolta completa di 215 testi in rima ed in prosa che sono stati scritti dai ragazzi durante l’anno. 
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