APG23
09/01/2016
Martedi 12 gennaio, a partire dalle ore 11.30, saranno ospiti della Casa Madre del Perdono di Montecolombo (Rimini) il dott. Francesco Cascini (Capo Dipartimento per la Giustizia Minorile e di comunità del Ministero della Giustizia) e il dott. Vincenzo Petralla (Dirigente dell'Ufficio Esecuzione Penale Esterna).
La Casa Madre del Perdono è una realtà di accoglienza per detenuti della Comunità Papa Giovanni XXIII. L'obiettivo della visita dei rappresentanti del Dipartimento della Giustizia è quello di conoscere e discutere il sistema CEC, Comunità Educante con i Carcerati, con la speranza di creare le basi per future proposte progettuali, al fine di un maggiore riconoscimento istituzionale.
I rappresentanti delle istituzioni parleranno con i detenuti, e – dopo una prima parte della mattinata dedicata alla condivisione – discuteranno degli sviluppi del progetto Cec con gli operatori.
APG23
05/01/2016
A Bologna, Rimini, Cuneo, Padova le marce della pace per un impegno concreto per il 2016 che è appena iniziato. In tutta Italia iniziative di incontro fra religioni e chilometri percorsi insieme.
Da un paio di giorni la Svezia chiede i documenti a chi arriva dalla Danimarca; da ieri la Danimarca bypassa Schengen e ferma gli arrivi tedeschi; l’Italia non vuol esser da meno e promette controlli di benvenuto a chi arriva dalla Slovenia. Sirene chiamano all’urgenza di accogliere (a Milano il comune promette compensi fino a 400 euro alle famiglie che ospitano migranti), mentre i giornali acclamano alla paura d’invasione.
Il rischio più grande che ne deriva per tutti, è quello di rimanere indifferenti, l’ha ricordato Papa Francesco nella giornata della pace del primo gennaio: «Vinciamo l’indifferenza, conquistiamo la pace!», e gli ha fatto eco da Bologna Mons. Matteo Maria Zuppi: «Noi spesso con l’indifferenza pensiamo di essere a posto: "non ho fatto niente”, diciamo. Ma è proprio quello il problema: se noi per la pace non facciamo niente, facciamo del male». Il neo-nominato Arcivescovo l'ha detto rispondendo alle domande di un giornalista, mentre percorreva le vie della città degli Asinelli insieme ad altre mille e passa persone. Era il giorno 1, le bandiere della pace e, fra le altre, quelle di Operazione Colomba, coloravano la marcia organizzata in città dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. Erano presenti 35 associazioni e realtà del territorio, Romano Prodi con la moglie, il Sindaco Virginio Merola, i rappresentanti delle principali religioni. L’associazione di Don Oreste Benzi ha inaugurato, con iniziative in tutta Italia, un 2016 che sarà dedicato alla costruzione concreta della pace, e che culminerà con un momento pubblico durante la Tre Giorni generale di fine maggio.
Il contributo fondamentale di Bologna, oltre ad un percorso comune di città che può fare scuola, sono le parole di Yassine Lafram, il coordinatore della Comunità islamica: «Qui ci sono 25mila musulmani, vivono la città nella sua pienezza, e sono desiderosi di pace»; l’aveva annunciato in conferenza stampa Andrea Montuschi, responsabile della zona Emilia della Apg23: «Sulla parola pace possono convergere realtà, fedi e culture diverse», e così è stato.
Poco distante a Rimini, il comune romagnolo dove la Comunità è nata, marciavano fra la gente: l’Imam Murad Ayadi, massimo esponente della comunità islamica; Amina Ballabio, rappresentante dei giovani Musulmani d’Italia. Hanno portato la testimonianza di un Islam di dialogo e di pace. Una grande vela e uno slogan aprivano il corteo: “siamo tutti sulla stessa barca”. Giovani hanno creato momenti di animazione; altri ragazzi hanno presentato una dichiarazione di impegno comune: «Facciamo appello a tutti i giovani che ci ascoltano ad unirsi a noi; faremo per tutto il 2016 un cammino di impegno concreto».
A Padova è stata struggente la testimonianza di Ivette, fuggita dalla guerra della Repubblica Centroafricana ed arrivata legalmente in Italia grazie all’impegno dell’ambasciata italiana: «mia cugina è stata uccisa subito dopo aver partorito due gemelli, pochi giorni dopo sono morti anche loro per la mancanza del latte»; il nuovo Vescovo Claudio Cipolla apriva la marcia insieme ai bambini.
Più ad Ovest, il Responsabile Generale della Comunità ha portato il suo contributo durante la marcia di Boves nella provincia di Cuneo. Otto tappe che si inseriscono nella tradizione della scuola di pace cittadina, fondata la bellezza di 35 anni fa: «Costruire la pace vuol dire mettere la spalla sotto la croce del fratello, significa accogliere. Aprire le porte della propria casa e della propria famiglia senza delegare: siamo noi in prima persona a doverci mettere la faccia»!
E poi: «Condivisione è: dire a chi fabbrica le croci di smetterla di fabbricarle. Dire ai milioni di clienti che sfruttano ragazze che si prostituiscono sulle strade, molte di loro minorenni, di smetterla. Questa è pace. Questo è l’inizio. Ma non basta: impegniamoci! E’ l’augurio, per questo 2016, di non lasciare più soffrire nessuno da solo».
Il cammino della Comunità per costruire la pace prosegue nel 2016, nella proposta dei suoi Servizi generali, su tre ambiti: Io, Dio e le relazioni interpersonali; il cammino comunitario e di popolo; la dimensione mondiale e le sfide globali. Tutte porteranno ad un’azione concreta che si inserirà nel cammino dell’Anno Santo dedicato alla Misericordia e voluto da Papa Francesco.
Marco Tassinari
APG23
25/12/2015
Un augurio grande a tutti voi per questo santo Natale.
Che sia la festa del nostro sì alla Pace, alla nonviolenza, la festa della vita in cui rifiorisce la speranza.
Liberiamo il cuore dal peso di ogni rancore e insieme chiediamo al Signore il dono della Pace.
Che l'amore ci trasformi, Buon Natale
Paolo Ramonda
APG23
24/12/2015
95 ragazzi escono dalla dipendenza da droghe, alcol, gioco d’azzardo.
Anche quest’anno la Comunità Papa Giovanni XXIII si riunisce per la Festa del Riconoscimento, con una liturgia speciale per celebrare, il giorno di Santo Stefano, la rinascita dei tanti ragazzi che hanno concluso il programma terapeutico e sconfitto la droga. Una tradizione che quest’anno compie 20 anni: la prima messa del riconoscimento fu officiata da don Orenze Benzi nel lontano 1995. Quest’ anno ci sarà SE Monsignor Pietro Lagnese, vescovo di Ischia, alla chiesa della Resurrezione di Rimini in via della Gazzella 48, sabato 26 dicembre.
In 95 riceveranno il Riconoscimento (65 italiani che provengono in particolare da Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e Abruzzo e 30 dalle strutture di recupero all’estero, Croazia, Albania, Brasile, Bolivia, Cile e Argentina). L'85% di loro è di sesso maschile, ha più di 30 anni e una lunga storia di dipendenza da sostanze e vissuti tragici. La maggior parte di loro è entrata in Comunità soprattutto per dipendenza da eroina e cocaina, ma è in netta crescita l’utilizzo di droghe sintetiche l’abuso di alcol e una dipendenza attuale e spesso sottovalutata, quella dal gioco d’azzardo.
Il cammino di recupero nella Comunità Papa Giovanni XXIII mira a valorizzare pienamente la persona che è da subito inserita in un contesto familiare. Il percorso dura in media 3 anni ed è costituito da 3 fasi: l’accoglienza, la comunità, il rientro.
Al termine dell’ultima fase, quella del “rientro” alla vita sociale, la persona riceve il “riconoscimento”; è il punto di partenza di una nuova vita, una rinascita non solo per loro ma per le famiglie e per tutta la Comunità.
APG23
23/12/2015
Più di 2000 anni fa, dopo un lungo viaggio, Giuseppe e Maria si sentirono dire “qui, per voi, non c’è posto”.
Faceva freddo e il loro bambino stava per nascere. Non conoscevano Betlemme e non sapevano dove ripararsi.
Dopo aver bussato a tante porte trovarono una piccola capanna dove poterono ripararsi.
Oggi la storia si ripete. Ogni giorno, proprio accanto a noi, ci sono persone che vengono lasciate fuori, al freddo, come Maria e Giuseppe. Uomini rimasti senza casa e costretti a vivere per strada, ragazzi scappati dalle guerre, mamme sole con bambini piccolissimi, persone con gravi problemi di salute e non più autosufficienti: troppo spesso, vengono rifiutati.
“Per loro non c’è posto da nessuna parte ..”
“Nessun’altra struttura lo voleva ..”
Queste sono parole vere, pronunciate dai volontari delle Capanne di Betlemme della Papa Giovanni che, ogni giorno, accolgono le persone che non vuole nessuno a Bologna, Forlì, Chieti, Rimini, Milano.
Don Oreste ci ha insegnato a vedere la ricchezza nascosta in ogni persona e ad amare proprio le persone più deboli, a “volere” proprio le persone che gli altri non vogliono. Perchè le persone escluse, gli “ultimi”, non sono estranei ma nostri fratelli.
E chi chiuderebbe la porta in faccia a un fratello?
Luca Fortunato, che condivide la propria vita con le persone accolte nella Capanna di Betlemme di Chieti, ci ha raccontato una storia accaduta pochi giorni fa: “Anche quest’anno è successo di nuovo: per una coppia di giovani italiani con un figlio di 18 mesi non c'era posto da nessuna parte.
Dopo esser stati sfrattati sono finiti con il loro piccolo in un dormitorio per adulti e appena l’abbiamo saputo li abbiamo portati alla Capanna.
Come a Natale abbiamo accolto un piccolo tra i piccoli, offrendo a questa famiglia un posto sicuro. Grazie al calore e all’affetto dei nostri volontari la paura e lo smarrimento dei genitori del piccolo si sono trasformati in un grande sorriso. La festa di Natale alla Capanna quest’anno è cominciata un po’ prima e continuerà anche dopo il 25…perché per noi, ogni giorno è Natale”.
Auguri per un Natale che dura 365 giorni all'anno.
APG23
22/12/2015
Con l'avvicinarsi del Natale, Giovanni Ramonda, responsabile generale, porge gli auguri da parte di tutta la Comunità Papa Giovanni XXIII sottolineando alcuni punti dalle letture che raccontano la Nascita di Gesù. In nero il brano biblico.
I nonni di Gesù sono secondo la tradizione Gioacchino e Anna, genitori di Maria. L’evangelista Matteo fa risalire la genealogia di Gesù fino ad Abramo sottolineando la parentela con il Re Davide; l'evangelista Luca su questo sorvola spostando l'attenzione ad altro:
I genitori di Gesù sono Maria e Giuseppe. Maria è una piccola ragazza ebrea; sente la voce dell’angelo che gli parla. Dice che avrà un figlio per opera dello Spirito Santo. Giuseppe è il fidanzato di Maria, promesso sposo.
L’angelo a Giuseppe dice” non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Quello che è generato in lei è opera dello Spirito Santo. Già circa 700 anni prima di Cristo il profeta Isaia aveva predetto” la vergine concepirò e partorirà un figlio, a lui sarà dato il nome di Emmanuele, Dio con noi”.
L’angelo a Maria dice «Rallegrati piena di grazia, il Signore è con te. Non temere. Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra».
Maria risponde «Come avverrà questo? Non conosco uomo». Ma: «Eccomi sono la serva del Signore, avvenga per me secondo la tua Parola».
Gesù nasce a Betlemme di Giudea. Al tempo del re Erode, che regnò per 33 anni, il regno comprendeva la Giudea, l’Idumea, la Samaria, la Galilea, la Perea. Già il profeta Michea aveva detto «tu Betlemme terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città di Giuda, da te infatti uscirà un capo che sarà pastore del mio popolo Israele».
Lo deposero in una mangiatoia. Sotto Cesare Augusto c’è un censimento. Giuseppe e Maria salgono a Betlemme. Maria è incinta; proprio in quei giorni arrivano le doglie del parto. Dà alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolge in fasce perchè non c’è posto per loro nell’alloggio.
I primi che accorrono da Gesù sono i poveri: i pastori che vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. L’angelo dice loro: «Non temete, vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo. Oggi nella città di Davide è nato per voi un salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce adagiato in una mangiatoia».
I pastori andarono senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambini e glorificavano e lodavano Dio per tutto quello che avevano visto e udito come era stato detto loro.
Anche i magi accorrono da Gesù. Vengono da oriente a Gerusalemme, erano sapienti astrologi provenienti dalla Persia o dall’Arabia. Dicono: «Dov’è colui che è nato? il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la stella e siamo venuti ad adorarlo. Al vedere la stella provano una gioia grandissima e vedono il bambino con Maria sua madre, gli si prostrarono e lo adorarono. Poi aprono i loro scrigni e gli offrono in dono oro, incenso e mirra».
Erode restò turbato. Si informa sul luogo in cui deve nascere il Cristo; dice ai magi: «Andate ed informatevi accuratamente sul bambino, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere perché anche io venga ad adorarlo»
Un angelo appare a Giuseppe e gli dice: «alzati e prendi con te il bambino e sua madre fuggi in Egitto e resta là fino a che non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
Gesù si è fatto uomo “perché ha un cuore grande”, mi ha detto Stefano bimbo di 3 anni e mezzo. Ha scelto di essere povero e servo, sofferente per amarci del tutto, ha posto la sua tenda in mezzo a noi. Nella preghiera e nell’adorazione, nella lode e nella gioia, nella condivisione con i poveri, rimaniamo come popolo assidui nelle opere buone di misericordia. Possiamo vivere veramente il Natale.
Auguri di vero cuore.
Giovanni Ramonda
APG23
22/12/2015
SANTARCANGELO – “Insieme per vincere”: mai slogan è sembrato più appropriato. Vincere una competizione sportiva, ma soprattutto vincere i pregiudizi e abbattere le barriere che escludono i soggetti considerati più deboli. Uno slogan che nasce dal sodalizio tra la NTS Informatica Rimini basket e l'associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, tanto da far comparire sulle maglie dei granchi per la stagione sportiva 2015/16 il logo della Comunità fondata da Don Benzi.
In occasione del Natale, una rappresentanza della squadra biancorossa composta da Romano, Crotta, Chiera e Balic ha giocato una partita molto speciale assieme ai ragazzi della Papa Giovanni XXIII, scendendo in campo nella palestra Ag23 di Santarcangelo di Romagna, una struttura voluta dalla Comunità destinata ad essere usata da ragazzi “normodotati” e ragazzi con disabilità, diventata uno spazio di inclusione in cui quotidianamente lavorano gruppi misti con la passione per il basket. I ragazzi della NTS hanno giocato questa partita insieme a quelli dei centri diurni per disabili gravi dell’Apg23 in provincia di Rimini, Arcobaleno, Germoglio e Nodo.
«E’ la prima volta nella lunga storia del Basket Rimini – ha dichiarato Moreno Maresi, vice presidente dell’NTS – che si è pensato di unire i valori dello sport e della solidarietà. Sono orgoglioso di questa collaborazione, che oltre a dimostrare che il basket può essere giocato da chiunque, è per noi un impegno quotidiano, perché avvicina la società sempre più al territorio, valorizza delle potenzialità troppo spesso non considerate, quelle delle persone ai margini».
«Essere qui insieme è un segnale importantissimo – gli fanno eco i responsabili della Comunità Papa Giovanni XXIII – e segna un pezzo di storia del nostro territorio. Stiamo mettendo insieme dei valori non solo di solidarietà, ma percorsi educativi per i giovani e per tutta la società. Valori di sport, di solidarietà, di sostegno agli ultimi. Viviamo in una società complessa, che tende ad andare ad alta velocità e che purtroppo dimentica i tanti che non riescono a tenere il passo. Don Oreste Benzi diceva che una società che lascia indietro i più deboli è una società malata, senza futuro. Ecco perché grazie al rapporto tra queste due eccellenze della città c’è la possibilità non solo di far crescere bravi sportivi, ma soprattutto uomini completi. Ogni essere umano ha dignità e valore e nessun obiettivo, in quest’ottica, è irraggiungibile».
APG23
17/12/2015
La Comunità Papa Giovanni XXIII plaude alla sottoscrizione dell'accordo, avvenuta ieri a Roma, che porterà in Italia oltre 1000 persone vulnerabili da Libano, Etiopia e Marocco.
Rappresentanti della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, della Comunità di Sant'Egidio, del Viminale e della Farnesina hanno concordato la concessione dei visti, con costi che saranno interamente a carico delle due associazioni grazie ai ricavati dell'8 per mille.
Nel campo profughi di Tel Abbas, nel nord del Libano a pochi chilometri dalla Siria, si inizia a sperare. Da qui partiranno i primi 72 richiedenti asilo.
I Volontari di Operazione Colomba, corpo di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, vivono con loro in una tenda dal 2013; attraverso la condivisione quotidiana mediano le tensioni e si occupano dei bisogni di base.
Alberto Capannini, riminese con 3 figli, è responsabile del progetto: «Su quell'aereo saliranno per lo più famiglie di siriani. Ma loro ancora non ci credono, continuano a pensare soluzioni per scappare da qui. Dobbiamo fare in fretta: una donna ha partorito 10 giorni fa, divese sono incinte e ricevono ogni giorno minacce da parte dell'esercito libanese».
Giovanni Ramonda, Responsabile Generale della Comunità, da mesi sollecitava l'attivazione di un corridoio umanitario urgente: «Ho dormito con loro e visto di persona le condizioni in cui vivono; ho conosciuto un bambino diventato disabile probabilmente a causa di una malattia contratta qui al campo.
L'accordo porterà in Italia mamme incinte, bambini, disabili, che non avevano altra speranza se non l'affidarsi ai trafficanti di uomini. Finalmente il Governo italiano si impegna nel salvare vite umane, con un modello di intervento innovativo che è da esportare in tutta Europa. Far arrivare in Italia le persone che sarebbero altrimenti condannate a morire si può fare; e se salvarli è una questione economica, - come hanno testimoniato Sant'Egidio e Chiesa Valdese - i soldi si possono trovare»
Guarda la testimonianza:
APG23
13/12/2015
E’ passato un mese da quel venerdì 13 Novembre, definito da una parte dei terroristi "l'undici settembre della Francia".
La definizione che venne data da alcuni attentatori è stata poi adottata anche dalla comunicazione mediatica Francese.
In un primo tempo le scene, le testimonianze, le immagini più cruente venivano mostrate in tv in maniera ciclica quasi ossessiva. Il presidente francese François Hollande iniziò ad utilizzare il termine di “guerra", per definire la situazione politica. Chiese poteri speciali, che poi non gli furono conferiti in maniera definitiva. Reagì attaccando la Siria e si autoproclamò leader della coalizione anti terrorismo.
In Francia, la stampa di sinistra lo ha soprannominato nei giorni scorsi "John Wayne”, “sceriffo" francese.
Anche la libertà personale dei cittadini è stata ridotta: è stato vietato radunarsi in più di 2 persone di fronte ogni ufficio pubblico o attività pubblica, è stata sospesa la libertà di manifestare fino al 30 novembre scorso, sono stati intensificati i controlli dei documenti d'identità e dei permessi di soggiorno nei luoghi di passaggio come stazioni ferroviarie, pedaggi autostradali, aeroporti, sono state poste transenne a circondare le scuole dove vanno i nostri bimbi.
La metro di Parigi ha ottenuto in dotazione il metal detector in ogni stazione. Alcune aree del santuario di Lourdes sono state chiuse al pubblico. Ai passanti vengono distribuiti volantini.
Questa reazione di controlli a tappeto nei cittadini francesi ha generato un sentimento di sicurezza ritrovata; la ferita più grave provocata dagli attentati era stata proprio la sensazione diffusa di imprevedibilità del pericolo.
Noi, come stranieri italiani, fino ad ora, abbiamo avuto riservata una straordinaria attenzione da parte dello Stato francese, sia a livello economico che di servizi. Come famiglia abbiamo goduto degli stessi diritti dei cittadini di nazionalità francese.
La calma oggi sembra essere tornata, ma quello che rischia di saltare in aria è il patto sociale che è alla base della società francese. La politica di integrazione ed inclusione che ci accolse anni fa, sembra essere al capolinea.
Nei giorni scorsi sono stati espulsi 1000 sans papier, sono stati controllati più di 30.000 stranieri (e un italiano di 87 anni trovato senza documenti a Marsiglia è stato trattenuto i caserma per un'ora per accertare la sua identità), l'estrema destra ha ottenuto un risultato storico alle elezioni regionali della scorsa settimana conquistando il 41% dei voti.
Chi risente di questo aumento della tensione indubbiamente sono i nostri figli; sono vittime di un conflitto interiore dovuto al fatto che nella nostra casa famiglia vivono, fra gli accolti, anche tre musulmani. Questo conflitto, banalizzato a livello religioso, crea confusione. Noi mangiamo insieme tutti i giorni, preghiamo insieme, viviamo insieme; ci sosteniamo gli uni gli altri senza problemi. A scuola i ragazzi hanno amici arabo-musulmani. E il fatto di continuare a seguire le lezioni insieme sotto lo stesso tetto, e a giocare sotto lo stesso cielo; tutto questo rende questo conflitto, per tutti, senza senso.
APG23
11/12/2015
Il prossimo 14 dicembre al porto di Reggio Calabria verrà aperta una Porta Santa molto particolare, quella della Tenda Ministeriale per l’accoglienza agli sbarchi.
Da questa tenda sono passati i 40000 profughi arrivati nella città calabra, volti di bambini e bambine, donne, uomini, famiglie intere con le storie cariche di sofferenza, di torture, abusi, violenze di ogni tipo, ma anche un’umanità che, attraversato questo varco, riprendere a vivere e sperare. Una porta simbolica per un luogo concreto e fortemente vissuto, grazie all’impegno della Diocesi di Reggio Calabria - Bova, attraverso gli uffici Pastorali di Caritas, Migrantes, Missionario e le Associazioni che aderiscono al Coordinamento Diocesano Sbarchi (di cui la Comunità Papa Giovanni XXIII fa parte).
E’ una delle iniziative per celebrare l’anno Santo della Misericordia, «ed è stata naturale la scelta di una giornata vissuta lì dove la Diocesi è impegnata nelle azioni a favore dei bisognosi», fanno sapere gli organizzatori.
Alle ore 12.00 l’Arcivescovo Giuseppe Morosini presiede una celebrazione, alla presenza di Monsignor Giancarlo Perego (Direttore della Fondazione Migrantes della CEI) che si trova a Reggio per l’inaugurazione della Casa della Santissima Annunziata, progetto di accoglienza sostenuto dalla CEI attraverso la fondazione Migrantes.
L’inaugurazione della casa è prevista nel pomeriggio dello stesso giorno alle ore 15. La struttura, gestita dalla Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da Don Oreste Benzi, è dedicata all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Ufficialmente ha aperto le porte lo scorso mese di agosto e da allora ha ospitato una cinquantina di profughi. Oggi ci vivono 12 minori stranieri non accompagnati, tra cui due neonati.
Alle 15,30 seguirà una tavola rotonda nella quale si affronterà il tema dell’immigrazione, da diverse prospettive. A discuterne S. E. Monsignor Giuseppe Morosini, Arcivescovo di Reggio Calabria-Bova; Monsognor Giancarlo Perego, direttore Fondazione Migrantes CEI; il giornalista Paolo Lambruschi, caporedattore del quotidiano Avvenire; Danilo Feliciangeli e Chiara Bottazzi Referenti Caritas Italiana Grecia/Libano/Siria; Giovanni Ramonda, responsabile generale Comunità Papa Giovanni XXIII; Don. Antonino Pangallo Direttore Caritas Diocesi Reggio - Bova; Giovanni Fortugno, responsabile per l’immigrazione della Comunità Papa Giovanni XXIII.
Alle 18,30 la Giornata si concluderà presso il lungomare di Reggio Calabria dove la Comunità Papa Giovanni XXIII ha organizzato una fiaccolata per sensibilizzare e contrastare alla tratta degli esseri umani a scopo di prostituzione.
APG23
09/12/2015
Ora sono accolte in una Casa rifugio dell'Associazione Papa Giovanni XXIII
Hanno 13, 15 e 16 anni le tre adolescenti profughe che nei giorni scorsi sono scappate sotto gli occhi dei loro sfruttatori.
«Eravamo nella zona industriale di una città del Nord Italia», racconta Anna, operatrice dell'Unità di strada della Comunità Papa Giovanni XXIII. Nella zona ci sono circa una settantina di donne prostituite; la maggior parte di queste sembrano quasi bambine.
«Ci siamo avvicinati a tre di loro - continua la volontaria - che sembravano essere amiche, mentre parlavano con un giovane loro connazionale che tentava di dissuaderle dal restare in strada. Ad un tratto una ragazzina, tredicenne, ha preso la sua borsa e ha urlato alle altre: “Basta! Andiamo via: io quella donna non la voglio più pagare!”. Stavamo per risalire tutti sul pulmino, con le ragazze. Si sono avvicinati alcuni uomini nigeriani e magrebini, ci siamo sentiti controllati e in pericolo. E così in tutta fretta abbiamo messo in moto e siamo scappati via».
Ora le tre minorenni sono al sicuro in una Casa di protezione sociale. Inizieranno il loro programma di recupero, in collaborazione con le forze dell'ordine e i servizi sociali del territorio. Nella regione infatti l'Associazione è tra i partners del Progetto “In rete contro la tratta”, finalizzato all'accoglienza di donne e minori vittime di sfruttamento sessuale.
Per la Comunità Papa Giovanni XXIII non sono le prime adolescenti trafficate a trovare la libertà negli ultimi mesi; lo scorso agosto un'altra tredicenne era scappata dal racket subito dopo essere stata contattata dagli operatori di strada. L'allarme sulle profughe minorenni, destinate alla prostituzione coatta, arriva oggi soprattutto dal sud-Italia. Spesso sono le ragazze stesse a raccontare la propria Odissea, una volta accolte.
Dopo essere sbarcate in Sicilia e inviate ai Centri di accoglienza del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), le ragazzine ottengono facilmente un permesso per richiedenti asilo politico; subito dopo vengono prelevate direttamente negli stessi Centri di accoglienza dai loro sfruttatori, con cui erano già in contatto.
A Reggio Calabria, Apg23 inaugurerà lunedì 14 dicembre una struttura di prima accoglienza per i minori stranieri soli(la Casa della “Santissima Annunziata”), grazie ad un progetto sostenuto dalla Conferenza Episcopale italiana attraverso la fondazione Migrantes. Ad oggi vi sono accolti 12 minori stranieri non accompagnati tra cui due neonati. Alla sera con una fiaccolata Apg23 denuncerà pubblicamente il traffico delle bambine.
Poco lontano, nella Tenda Ministeriale allestita presso il porto di Reggio Calabria, Apg23 ha operato con circa 200 minori di sesso femminile, di cui 60 considerate a rischio di tratta e 10 accolte in contesto protetto.
Queste giovani – come specificato nel Dossier 2015 di Save the Children (Piccoli schiavi invisibili) - provengono prevalentemente da Nigeria, ma anche da Camerun, Mali, Eritrea e Somalia.
Dapprima sono ingannate con la promessa di un lavoro in Europa, da un uomo o una donna che chiamano “sponsor” o “trolley”, e che talvolta accompagnano personalmente le ragazze fino al paese di destinazione. Altre volte ne organizzano i passaggi di paese in paese.
Poi sono plagiate tramite stupri e magia nera (riti vodoo) per risarcire i 40.000 - 50.000 euro che si impegnano a pagare per il viaggio. Lungo il tragitto, sia in Niger che in Libia, subiscono violenze di gruppo, rapporti non protetti, aborti in condizioni igieniche pessime, spesso sotto gli occhi degli altri migranti.
Alcune di loro sono utilizzate come beni da baratto per l'incolumità del gruppo, quando occorre rabbonire i militari che minacciano coi fucili i convogli. Una volta sbarcate sulle nostre coste sono costrette a diventare ragazzine squillo.
Tra di loro circa un terzo sono minorenni (tra i 13 e i 17 anni), e vengono trafficate per soddisfare il mercato delle vergini adolescenti.
Si tratta di un commercio crudelissimo di cui sono clienti 50-60 enni - raccontano le accolte dalla Comunità Papa Giovanni XXIII - che fanno parte molto spesso di ricche élites sociali. Le giovanissime sono indotte all'abuso di droghe e alcool perchè non sfuggano alle violenze che le aspettano.
Poi sono spedite nei grandi bordelli d'Europa, in Germania, Austria, Olanda o avviate al turismo sessuale.
(Irene Ciambezi)
(foto di Marco Tassinari)
APG23
27/11/2015
IoValgoX3 è l’iniziativa della Comunità Papa Giovanni XXIII che animerà diverse piazze italiane, proprio in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, in collaborazione con le organizzazioni e le istituzioni del territorio. La giornata è stata voluta dal Programma di azione mondiale per le persone disabili adottato nel 1982 dall' Assemblea generale dell'ONU.
«Ognuno vale per gli altri, nonostante la fragilità, in quanto costruttore di vita, destinatario di una missione unica e insostituibile, cittadino attivo e protagonista della storia», diceva Don Oreste Benzi. Ognuno di noi, attraverso le relazioni con gli altri, cambia il luogo in cui vive. La società respira questi cambiamenti. In questo senso la giornata non significa "valgo molto” ma “per molti”: per me, per te e per l’intera comunità in cui viviamo. Perché la disabilità non è una fragilità da commiserare, ma una ricchezza da tutelare.