APG23
11/07/2016
Sabato 9 luglio, Notte Bianca a Ozzano (BO): una caldissima e afosa serata d’estate. Esposizione di auto e motori, bancarelle, giostre e stand gastronomici… tutto secondo un copione tanto classico quanto collaudato.
Poi, nel parco, la cosa speciale che non ti aspetti e che dà al tutto un tocco diverso, più bello.
Parliamo di Respect Environment, il terzo dei Respect Days promossi dalla cooperativa sociale La Fraternità e dalla Comunità Papa Giovanni XXIII.
Sulla passerella protesa nel mezzo del parco con un sottofondo di immagini e suoni perfetti, a voler sottolineare l’attenzione prestata ad ogni dettaglio, sono sfilati ragazzi disabili, persone impegnate in un programma terapeutico, educatori della Cooperativa La Fraternità a fianco di studenti e studentesse dell’Accademia delle Belle Arti di Bologna
Gli abiti sono stati realizzati dagli studenti del corso di Fashion Design recuperando vestiti e materiali dismessi raccolti dalla Cooperativa Sociale La Fraternità.
Il risultato di questo mix, insolito e vincente, come ha spiegato Vanna Romualdi docente del corso, non ha avuto bisogno di essere commentato tanto era ben visibile agli occhi di tutti: abiti belli e originali, espressione di una creatività vivace, modelli disabili grintosi, sicuri di sé (anche vanitosi com’è giusto che sia se partecipi ad una sfilata di moda), nessun atteggiamento pietistico o compassionevole, studenti che si sono cimentati nella realizzazione di abiti “su misura” per persone a volte molto lontane dalle fatidica taglia 42, spesso non perfetti secondo i canoni della moda.
Un “su misura”, però, dato non solo dai centimetri di altezza e larghezza ma, soprattutto, dalla sintonia e dall’affetto scaturiti dalle relazioni tra gli studenti e i loro modelli.
Davvero un bell’esercizio di stile.
APG23
08/07/2016
Basterebbe un aiuto concreto alle mamme e alle coppie in difficoltà per salvare ogni anno decine di migliaia di bambini che oggi vengono abortiti. È quanto emerge dalla conferenza stampa in cui la Comunità Papa Giovanni XXIII ha presentato stamattina a Bologna i risultati dell'attività svolta nel 2015 a sostegno delle donne e coppie in difficoltà nel portare avanti una gravidanza.
Nicoletta Pasqualini, giornalista del mensile Sempre, ha introdotto la presentazione dei dati evidenziando che «sugli organi di informazione si sottolinea in questi mesi come l'Italia non garantisca sufficientemente il diritto all'aborto, ma noi oggi vogliamo cambiare prospettiva e affrontare un tema di cui poco si parla: il diritto di una mamma di far nascere il proprio figlio, senza subire condizionamenti dal datore di lavoro, dal partner, dai genitori, o senza trovarsi ad affrontare da sola mille difficoltà».
Sono state 499 le situazioni seguite dall'associazione nel corso dell'anno: nel 47% dei casi donne italiane, nel 53% straniere. Oltre la metà (55%) delle donne gestanti incontrate, stava valutando di abortire, ma due su tre, una volta che è stato offerto loro un aiuto, hanno scelto di tenere il bambino. Dato che sale al73%, dunque 3 casi su 4, se consideriamo i dati relativi all'Emilia Romagna, dove si concentra la maggior parte degli interventi dell'associazione in questo settore.
«Oggi il vero problema non è la libertà di abortire ma la libertà di accogliere il bambino che si porta in grembo – sottolinea Enrico Masini, responsabile del servizio Famiglia e Vita della Comunità –. Basta un attimo di incertezza della madre per avviare subito la procedura dell'aborto, magari d'urgenza se si è vicini al limite dei 90 giorni. Non c'è invece alcun aiuto pubblico nei confronti della donna che vuole portare avanti la gravidanza, vista come un lusso, la soddisfazione di un desiderio anziché un elemento fondamentale per la prosecuzione della nostra società, che il calo demografico sta mettendo in pericolo».
Dal report risulta che una donna su tre tra le gestanti che si sono rivolte all'associazione denuncia di aver subito pressioni per abortire, soprattutto da parte del partner.
«Nel corso del 2015 in Emilia Romagna sono aumentate del 17% le donne in difficoltà con la gravidanza che si sono rivolte alla Comunità per chiedere aiuto – ha spiegato Andrea Mazzi, coordinatore degli interventi sul territorio – ed è maggiore rispetto al dato nazionale l'invio da parte di realtà istituzionali come i consultori e i servizi sociali anche se si tratta di una goccia nell'oceano. Perché cambino le cose dobbiamo dare aiuti ma anche fare sensibilizzazione, considerando anche il fatto che l'attuale calo demografico avrà effetti devastanti».
Paola Dal Monte, referente del numero verde 800-035036 dedicato alle maternità difficili, ha spiegato che «la prima forma di aiuto è non lasciare la donna sola ma stabilire con lei una relazione di ascolto profondo». E ha letto in diretta un sms appena ricevuto: «Ciao Paola. A. ha compito un anno il 23 giugno. È la nostra gioia. Grazie per i vostri consigli». «Si parla di un bambino, la scelta è enorme - ha sottolineato Paola -. Non si può parlare di libertà se con questo termine si intende l'assoluta indifferenza. Se io rischio il lavoro o di essere lasciata dal compagno e nessuno mi aiuta, non sono libera di scegliere».
Toccante la testimonianza di Marta, 24 anni, ghanese, che parla tenendo in braccio il suo piccolo di 6 mesi: «Quando ero incinta il padre di B. ha detto che questo non era suo figlio, che lui era sposato con un'altra donna. Ho preso l'appuntamento per abortire ma l'ostetrica ha visto che ero in difficoltà e mi ha dato il numero di Silvia della Comunità Papa Giovanni XXIII. Ora abito presso il Centro aiuto vita, sto cercando lavoro. Quando sono triste guardo il mio bambino e divento felice».
«Un anno fa ci ha chiamato una ragazza di 20 anni dall'ospedale. Il papà voleva che abortisse - ha raccontato Primo Lazzari, vice responsabile generale della Comunità -. Mentre si avvicinava la data dell'aborto lei sentiva che non voleva farlo. Il nostro modo di operare è non lasciare soli, far sentire che insieme si può costruire un progetto di vita. Oggi quel bambino è nato e lei è ancora parte della nostra grande famiglia».
Dati e testimonianze aiutano ad uscire dai luoghi comuni, sottolineano gli esponenti dell'associazione.
«Di questi temi, come pure del seppellimento dei bambini aborti, non si parla - ha detto Paola dal Monte - invece al nostro numero verde arrivano anche richieste di donne che chiedono cosa fare con il loro piccolo espulso dopo un aborto spontaneo, che non si sentono di gettare via. Riconoscere un'azione come quella che facciamo aiutarebbe a far emergere questo dolore e a dare vere risposte di aiuto».
APG23
08/07/2016
Basterebbe un aiuto concreto alle mamme e alle coppie in difficoltà per salvare ogni anno decine di migliaia di bambini che oggi vengono abortiti. È quanto emerge dalla conferenza stampa in cui la Comunità Papa Giovanni XXIII ha presentato stamattina a Bologna i risultati dell'attività svolta nel 2015 a sostegno delle donne e coppie in difficoltà nel portare avanti una gravidanza.
Nicoletta Pasqualini, giornalista del mensile Sempre, ha introdotto la presentazione dei dati evidenziando che «sugli organi di informazione si sottolinea in questi mesi come l'Italia non garantisca sufficientemente il diritto all'aborto, ma noi oggi vogliamo cambiare prospettiva e affrontare un tema di cui poco si parla: il diritto di una mamma di far nascere il proprio figlio, senza subire condizionamenti dal datore di lavoro, dal partner, dai genitori, o senza trovarsi ad affrontare da sola mille difficoltà».
Sono state 499 le situazioni seguite dall'associazione nel corso dell'anno: nel 47% dei casi donne italiane, nel 53% straniere. Oltre la metà (55%) delle donne gestanti incontrate, stava valutando di abortire, ma due su tre, una volta che è stato offerto loro un aiuto, hanno scelto di tenere il bambino. Dato che sale al 73%, dunque 3 casi su 4, se consideriamo i dati relativi all'Emilia Romagna, dove si concentra la maggior parte degli interventi dell'associazione in questo settore.
«Oggi il vero problema non è la libertà di abortire ma la libertà di accogliere il bambino che si porta in grembo – sottolinea Enrico Masini, responsabile del servizio Famiglia e Vita della Comunità –. Basta un attimo di incertezza della madre per avviare subito la procedura dell'aborto, magari d'urgenza se si è vicini al limite dei 90 giorni. Non c'è invece alcun aiuto pubblico nei confronti della donna che vuole portare avanti la gravidanza, vista come un lusso, la soddisfazione di un desiderio anziché un elemento fondamentale per la prosecuzione della nostra società, che il calo demografico sta mettendo in pericolo».
Dal report risulta che una donna su tre tra le gestanti che si sono rivolte all'associazione denuncia di aver subito pressioni per abortire, soprattutto da parte del partner.
«Nel corso del 2015 in Emilia Romagna sono aumentate del 17% le donne in difficoltà con la gravidanza che si sono rivolte alla Comunità per chiedere aiuto – ha spiegato Andrea Mazzi, coordinatore degli interventi sul territorio – ed è maggiore rispetto al dato nazionale l'invio da parte di realtà istituzionali come i consultori e i servizi sociali anche se si tratta di una goccia nell'oceano. Perché cambino le cose dobbiamo dare aiuti ma anche fare sensibilizzazione, considerando anche il fatto che l'attuale calo demografico avrà effetti devastanti».
Paola Dal Monte, referente del numero verde 800-035036 dedicato alle maternità difficili, ha spiegato che «la prima forma di aiuto è non lasciare la donna sola ma stabilire con lei una relazione di ascolto profondo». E ha letto in diretta un sms appena ricevuto: "Ciao Paola. A. ha compito un anno il 23 giugno. E' a nostra gioia. Grazie per i vostri consigli". «Si parla di un bambino, la scelta è enorme - ha sottolineato Paola -. Non si può parlare di libertà se con questo termine si intende l'assoluta indifferenza. Se io rischio il lavoro o di essere lasciata dal compagno e nessuno mi aiuta, non sono libera di scegliere».
Toccante la testimonianza di Marta, 24 anni, ghanese, che parla tenendo in braccio il suo piccolo di 6 mesi: «Quando ero incinta il padre di B. ha detto che questo non era suo figlio, che lui era sposato con un'altra donna. Ho preso l'appuntamento per abortire ma l'ostetrica ha visto che ero in difficoltà e mi ha dato il numero di Silvia della Comunità Papa Giovanni XXIII. Ora abito presso il Centro aiuto vita, sto cercando lavoro. Quando sono triste guardo il mio bambino e divento felice».
«Un anno fa ci ha chiamato una ragazza di 20 anni dall'ospedale. Il papà voleva che abortisse - ha raccontato Primo Lazzari, vice responsabile generale della Comunità -. Mentre si avvicinava la data dell'aborto lei sentiva che non voleva farlo. Il nostro modo di operare è non lasciare soli, far sentire che insieme si può costruire un progetto di vita. Oggi quel bambino è nato e lei è ancora parte della nostra grande famiglia».
Dati e testimonianze aiutano ad uscire dai luoghi comuni, sottolineano gli esponenti dell'associazione.
«Di questi temi, come pure del seppellimento dei bambini aborti, non si parla - ha detto Paola dal Monte - invece al nostro numero verde arrivano anche richieste di donne che chiedono cosa fare con il loro piccolo espulso dopo un aborto spontaneo, che non si sentono di gettare via. Riconoscere un'azione come quella che facciamo aiutarebbe a far emergere questo dolore e a dare vere risposte di aiuto».
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APG23
08/07/2016
È in corso in questi giorni ad Atene il seminario internazionale Grecia, paradosso europeo, tra crisi e profughi, organizzato dalle Caritas italiana ed ellenica in collaborazione con gli organismi promotori della Campagna Una sola famiglia umana. Cibo per tutti, tra i quali vi è la Comunità Papa Giovanni XXIII. Il seminario offre un’occasione per puntare i riflettori sulla doppia crisi, quella economica e quella legata all’emergenza migrazioni, che sta affliggendo la Grecia con ripercussioni che riguardano l’intera Europa. Le testimonianze e le riflessioni si alternano alle proposte concrete per un cambiamento di rotta che superi la fase di stallo attuale e ridia slancio all’Europa unita, che oggi sembra aver perso la propria identità ma di cui c’è un forte ed urgente bisogno.
Il seminario è stato introdotto tra gli altri dal Cardinale Mons. Francesco Montenegro, presidente di Caritas Italiana, dal presidente della Conferenza Episcopale Greca, Mons. Papamanolis, e dall’arcivescovo di Atene Mons. Rossolatos.
Il cardinal Montenegro, nel ricordare la visita di Papa Francesco a Lampedusa l’8 luglio di tre anni fa, ha richiamato le parole con cui il Papa ha denunciato la “globalizzazione dell’indifferenza” esortandoci a non dimenticare l’umanità abbandonata che cerca scampo dalle guerre e dalla povertà estrema attraversando il Mar Mediterraneo con enormi rischi e sofferenze.
Il cardinal Montenegro ha inoltre invitato tutti gli organismi ecclesiali presenti al seminario a «formulare proposte rivoluzionarie affinché si possa realmente uscire dalla fase di crisi che l’Europa sta vivendo in questo periodo storico».
A questo appello ha risposto Giovanni Paolo Ramonda, il responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII intervenuto ieri durante la giornata di apertura di lavoro del seminario.
Ramonda ha ricordato che la Comunità Papa Giovanni XXIII è impegnata in molteplici azioni per fronteggiare l’emergenza immigrazione, un impegno avviato dal fondatore Don Oreste Benzi sin dagli anni ’90 nel contrastare il drammatico fenomeno della migrazione schiavizzata delle ragazze forzate a prostituirsi. La Comunità Papa Giovanni XXIII è oggi presente su molti fronti di questa emergenza, come a Reggio Calabria con la casa di accoglienza per i minori non accompagnati che ogni settimana continuano a sbarcare sulle coste del Sud Italia, o come ad Atene con la casa famiglia che accoglie famiglie di profughi in fuga dalle guerre, o come in Libano dove i volontari di Operazione Colomba (il corpo civile di pace della Comunità) vivono da tre anni insieme ai profughi del conflitto siriano.
Proprio dall’accoglienza e dalla condivisione di vita nascono risposte che aprono nuove strade, come quella dei corridoi umanitari, canali legali per la protezione umanitaria di chi fugge dai conflitti che la Comunità Papa Giovanni XXIII ha realizzato insieme alla Comunità di Sant’Egidio, alla Tavola Valdese e alla Federazione delle Chiese evangeliche, la cui esperienza va sostenuta ed ampliata.
Ramonda ha insistito sulla necessità di uscire dalla logica dell’emergenza. È urgente e indifferibile smettere di tamponare solo le emergenze e agire con proposte diverse sia cambiando le regole di un sistema economico che affama il mondo, sia rendendo possibili pace e sviluppo nei paesi di provenienza dei migranti e dei profughi. Occorre intervenire con più decisione e risorse sulle cause strutturali delle ingiustizie che costringono le persone ad avere la fuga come unica scelta. Occorre avviare ampie, rinnovate e più efficaci politiche di cooperazione internazionale per creare sviluppo e ridurre le disuguaglianze, investendo risorse adeguate ed utilizzandole al solo scopo di aiutare le persone ad essere protagoniste del proprio sviluppo.
Ramonda infine ha rilanciato la proposta della Comunità Papa Giovanni XXIII di creare un Ministero della Pace perché la pace sia davvero al centro della politica estera italiana ed europea, chiedendo un reale e deciso impegno per la fine della guerra in Siria e denunciando che «non si può più tacere di fronte allo scandalo della guerra e alla produzione e al traffico di armi».
Altrimenti, «a che cosa servono le istituzioni internazionali se non ascoltano la voce dei dannati della terra e non modificano radicalmente i comportamenti ed i sistemi che portano a guerre e povertà?»
APG23
07/07/2016
«Non ho parole. È stata una mazzata incredibile, un colpo fortissimo per tutti, stranieri e bengalesi». Così parla una nostra fonte in Bangladesh (anonima per motivi di sicurezza), dopo la strage di Dhaka. «Che mettessero una bomba in un locale, me lo potevo anche aspettare, anzi anch’io qualche volta, quando vado in giro me l’aspetto… ma una notte di torture, no… è inconcepibile. All’inizio si parlava di un attacco di protesta contro il governo, poi invece è emerso un altro scenario. Questa gente ha come obiettivo le minoranze e gli stranieri, attaccano i sacerdoti cristiani ma anche quelli indù. Adesso vedremo cosa farà il governo. Di certo dopo questo episodio aumenta il senso di paura e ho sentito già qualcuno che vuole rientrare in Italia, sicuramente per un periodo lungo, e poi non sa se tornerà qui. Chi resta vuole più sicurezza».
La Comunità Papa Giovanni XXIII è presente in Bangladesh dal ’99 e fin da subito si è messa a fianco dei più poveri ed emarginati, mai guardando la religione, ma solo la dignità e il bisogno di ognuno. Dopo l’uccisione di Cesare Tavella, cooperante a Dhaka, avvenuta lo scorso settembre, alcuni missionari stranieri presenti nel Paese sono stati messi sotto scorta dal governo bengalese.
George Kocherry, nunzio apostolico a Dhaka, dice in un’intervista a tg2000: «Viviamo in una situazione preoccupante. Abbiamo paura ma affidiamo tutto nelle mani di Dio. La nunziatura e tutta la Chiesa del Bangladesh manifesta un grande dolore per la morte degli italiani».
Mons. Patrick D’Rozario, arcivescovo di Dhaka, commenta: «Pensando alle loro vite ci siamo detti che il sangue versato non è mai invano. Io sono anche in contatto con gli altri leader religiosi, inclusi i leader della grande comunità islamica, abbiamo concordato che siamo una mente sola, non importa a che religione apparteniamo, affermiamo che uccidere non è mai una soluzione».
Nello sconforto e nell’incertezza generale, emergono alcuni segni di speranza, come testimonia la nostra fonte: «Un medico bengalese che collabora con alcune suore italiane è andato a casa loro e ha chiesto perdono per questo fatto tremendo. Lui è musulmano e ha voluto chiedere perdono. Questo mi ha dato speranza».
Leggi un approfondimento della Radio Vaticana
Leggi un articolo di AsiaNews
APG23
06/07/2016
Alla 32 sessione del Consiglio Dei Diritti Umani è stata adottata una risoluzione, proposta da Cuba, che al suo interno contiene la “Dichiarazione sul diritto alla pace" (qui il documento in inglese)
Noi dell’APG23 negli ultimi anni ci siamo battuti, assieme a molte altre NGOs nel mondo, perché il diritto alla pace venisse dichiarato formalmente come diritto umano all’interno del Consiglio dei Diritti Umani di Ginevra. Negli ultimi 4 anni abbiamo seguito i lavori del gruppo intergovernativo sul diritto alla pace cercando di fare pressione sugli Stati perché venisse riconosciuto come pre-condizione per il rispetto di tutti gli altri diritti umani.
Anche durante la 32° sessione del Consiglio, che si è appena conclusa, abbiamo proposto un intervento orale congiunto con altre due organizzazioni della Società Civile con l’obiettivo di richiamare l’attenzione di tutti i paesi sulla necessità e l’urgenza di proclamare solennemente il diritto umano alla pace. (video al minuto 20)
Il nostro intervento orale è stato subito ripreso anche dalla campagna di sensibilizzazione della NGO spagnola Paz sin fronteras / Peace without borders che ne ha postato un ampio stralcio ribadendo: “la necessità per le persone nel mondo che sono vittime di conflitti armati, violenza diretta, strutturale o culturale ed i cui diritti umani devo essere rispettati e protetti di avere una dichiarazione sul diritto alla pace che sia significativa, consensuale e rilevante e che possa avere un impatto concreto sulla vita di queste persone.”.
Proprio durante l’ultimo giorno dei lavori della 32 sessione dello HRC è stata discussa e votata quindi la risoluzione A/HRC/32/L.187 che conteneva come allegato una nuova “dichiarazione sul diritto alla pace”.
Una dichiarazione che durante i negoziati tra i paesi è stata progressivamente svuotata di molti elementi importanti, ma che, nonostante tutto, ha ancora il valore aggiunto di dichiarare il diritto alla pace come diritto umano definendolo nell’articolo 1 come il diritto “di ciascuno di godere della pace in modo che tutti i diritti umani siano promossi e protetti e lo sviluppo sia totalmente realizzato”
Con questa nuova dichiarazione adottata dal Consiglio dei Diritti Umani si completa il panorama delle dichiarazioni ONU sul Diritto alla Pace. E si chiarisce il carattere individuale e collettivo del diritto umano alla pace definendolo come una precondizione per il rispetto di tutti i diritti umani.
Durante la discussione che ha preceduto l’adozione della risoluzione 32/18, Cuba ha affermato, tra le altre cose che: “la Pace non è una utopia ma è un diritto umano di ogni individuo e di tutti i popoli” (documento in spagnolo) (video).e che essa rappresenta “una delle condizioni fondamentali per il rispetto di tutti i diritti umani ed in particolare per il rispetto del diritto supremo alla vita”.
Al contrario i Paesi Bassi (in nome di alcuni paesi dell’Unione Europea) ed il Regno Unito hanno preso la parola per affermare che non avrebbero votato la risoluzione contenente la Dichiarazione sul Diritto alla Pace. Gli argomenti per giustificare il voto contrario sono stati: la mancanza di un fondamento giuridico nel diritto internazionale, la mancanza di una definizione certa del concetto di “Pace” accettata a livello internazionale. Paradossale risulta poi l’ultima argomentazione espressa per giustificare il voto contrario: secondo i paesi occidentali “l’assenza di pace in un paese non può giustificare la violazione sistematica dei diritti umani nello stesso”. (video al minuto 9.44) A nostro avviso questo argomento contro il diritto umano alla pace è paradossale perché viene utilizzato dai paesi occidentali per salvaguardare il mercato delle armi e giustificare gli interventi armati nelle situazioni di conflitto in nome della sicurezza internazionale. Argomentazione paradossale perché la sicurezza internazionale viene contrapposta alla pace mentre ambedue assieme rappresentano uno dei tre pilastri fondamentali delle Nazioni Unite (assieme ai Diritti Umani ed allo Sviluppo).
La risoluzione / dichiarazione è stata quindi adottata ai voti e non è invece passata per consenso come secondo noi era auspicabile. Dei 47 paesi membri del Consiglio 34 hanno votato a favore; 9 si sono dichiarata contrari (Belgio, Francia, Germania, Olanda, Lettonia, Slovenia, Repubblica di Korea, Macedonia e Regno unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord) e 4 si sono astenuti (Albania, Svizzera, Georgia e Portogallo). Ora la risoluzione verrà portata all’Assemblea Generale di New York dove ogni paese si dovrà esprimere con un voto a favore o contro il diritto umano alla Pace.
APG23
05/07/2016
Alcuni ragazzi afghani e pakistani, ospitati presso la struttura di accoglienza Caritas di Santa Maria La Longa, da alcuni mesi hanno iniziato a frequentare il gruppo giovanile “La Banda del Colore” della Comunità Papa Giovanni XXIII. Momenti di gioco e attività agricole nell’orto sono occasioni di incontro fra due culture: la lettura del Vangelo e dei testi di Don Oreste Benzi si alternano, da diversi mesi e almeno una volta alla settimana, con il canto di inno alla pace intonato da un ragazzo afghano musulmano.
«Nelle cene insieme, dopo i primi timidi approcci dei richiedenti asilo alla cucina italiana, abbiamo iniziato ad invertire i ruoli. Ne è nata l’idea di una cena multietnica, che possa arricchire l’uno della cultura dell’altro», spiega Maria Grazia Scandariato fra gli organizzatori.
«Siamo però preoccupati per le strade che prenderanno questi ragazzi al termine del percorso di prima accoglienza», aggiunge.
venerdì 8 luglio 2016 alle 20.30, oltre un centinaio di persone sono attese per la cena multietnica in Bagnaria Arsa (UD), via Vaat 1
APG23
05/07/2016
Venerdì 8 luglio, ore 11, presso Istituto Veritatis Splendor, Bologna, Via Riva di Reno, 57
Presentazione del report annuale sugli interventi della Comunità Papa Giovanni XXIII a favore delle maternità difficili
In Italia nonostante i ripetuti allarmi sul pericolo denatalità e le sue gravi conseguenze economiche e sociali, continua il crollo delle nascite: solo 488 mila nel 2015 secondo l'ultimo rapporto Istat, 4.000 in meno rispetto al 2014 che già aveva raggiunto il livello minimo dall'Unità d'Italia.
Nel 2015 gli aborti a norma di legge sono stati, secondo i dati ufficiali, 97 mila. Dunque ogni 6 bambini concepiti, uno è stato volontariamente eliminato.
Perché questo avviene? Si tratta davvero di una scelta libera e inevitabile? Quali sono i condizionamenti e quali gli aiuti che possono far cambiare idea?
Nel corso della conferenza stampa la Comunità Papa Giovanni XXIII presenterà i risultati del proprio impegno a favore delle mamme e delle coppie in difficoltà, con dati nazionali ed un focus sull'Emilia Romagna.
Si ascolterà inoltre la testimonianza di una donna che ha vissuto l'aborto.
interverranno:
Primo Lazzari, vice responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII
Enrico Masini, responsabile generale del servizio Famiglia e Vita
Andrea Mazzi, coordinatore degli interventi in Emilia Romagna
Paola Dalmonte, referente del Numero verde per le mamme in difficoltà
Testimonianza, una donna che ha vissuto l'aborto
Modererà: Nicoletta Pasqualini, giornalista del mensile Sempre.
La struttura dispone di un parcheggio interno con posti limitati. All’esterno posteggi a pagamento. Segnaliamo anche il parcheggio multipiano poco distante.
APG23
04/07/2016
Progetto Restarter: gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna propongono, a partire da abiti usati, una sfilata di moda re-fashion.
Sabato 9 luglio alle ore 21, nell’ambito della Notte Bianca di Ozzano Emilia (BO), in viale 2 giugno, il programma prevede:
Dalla terra alla tavola: gustosi assaggi con frutta biologica a km. zero prodotta dei contadini del territorio per un cibo buono, pulito, giusto.
Sfilata di moda re-fashion: al culmine della Notte Bianca i capi d'abbigliamento sfilano in passerella indossati da ragazzi disabili, persone impegnate in un programma terapeutico, educatori e dipendenti della Cooperativa La Fraternità, studenti e studentesse dell'Accademia di Belle Arti.
L'evento Respect Environment conclude così i Respect days, ciclo di incontri dedicati al rispetto dell’ambiente, della diversità e della vita delle persone che la Cooperativa Sociale La Fraternità della Comunità Papa Giovanni XXIII ha promosso in provincia di Bologna nei mesi di giugno e di luglio 2016.
Il progetto, nell’edizione 2016, indaga il concetto “su misura” attraverso la presentazione di progetti tematici che sono stati curati da Vanna Romualdi docente dell’Accademia di Belle Arti di Bologna. I capi d'abbigliamento sono stati realizzati, a partire da abiti usati raccolti dalla Cooperativa Sociale La Fraternità, dagli studenti del corso triennale di Cultura Tessile / Fashion Design dell'Accademia.
Il termine Restarter suggerisce ripartenza; i progetti sono il frutto di una relazione nata fra i ragazzi della Cooperativa e gli studenti, che hanno potuto conoscerne desideri e storie di vita. Un video di documentazione di Mirko Giorgi, raccoglierà momenti significativi del progetto e della sfilata finale.
Nella presentazione al pubblico, accompagnati dalle immagini di Edoardo Festa e Corrado Zito e dalle tracce sonore di Ryan Ponseca, sfilano in passerella: Alessandra Asta, Dariya Belova, Eugenia Calosi, Katia El Quafiq, Haideé Espinoza, Micol Giovannini, Martina La Monica, Laura Majani, Simone Malavasi, Lian Meng, Laura Nin, Xue Qiao, Nadia Veleva, Leonie Wessel, Hou Yotong, Yan Yiming, Francesco Zamagni.
Per saperne di più: http://www.lafraternita.com/News/119-Respect_Days_2016.html
APG23
02/07/2016
«La nostra sfida è riuscire a dare dignità nel mondo del lavoro a persone che solitamente ne sono escluse». In occasione della giornata internazionale delle cooperative (2 luglio) abbiamo chiesto a Luca Miglietti di spiegarci l’universo cooperative della Papa Giovanni XXIII. Luca coordina, insieme ad Enzo Zerbini, il Consorzio “Condividere Papa Giovanni XXIII”, che sotto il suo ombrello raggruppa 15 cooperative sociali, che a loro volta gestiscono circa 70 unità locali in cui vengono svolte attività di assistenza o di inserimento lavorativo in tutta Italia.
«Le imprese “normali” di norma sono spinte dal mero profitto. Noi, oltre al bilancio economico e sociale, crediamo di avere un valore aggiunto: le persone che hanno fatto un percorso all’interno delle nostre cooperative, nel momento in cui recuperano le proprie potenzialità vengono, ove possibile, nuovamente inserite nel mondo lavorativo. Questo perché non facciamo né beneficienza né assistenza, ma sostegno alle persone in disagio affinché camminino con le proprie gambe» spiega Luca Miglietti. E continua: «Non facciamo assistenza e non riceviamo neppure assistenza: le nostre cooperative sociali stanno sul mercato come qualsiasi altra impresa privata. Siamo competitivi come gli altri imprenditori, in più nel nostro profitto c’è la valorizzazione della persona, e lì sta il nostro positivo bilancio sociale. Profitto e inclusione sociale non sono assolutamente due categorie incompatibili, le nostre cooperative ne sono dimostrazione.
Fin dall’entrata in vigore della legge n° 381 nel 1991 sulla Disciplina delle cooperative sociali l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ha promosso in tutto il territorio nazionale la nascita di cooperative sociali, sia di tipo assistenziale ed educativo (tipo A) sia di tipo occupazionale e lavorativo (tipo B).
Tutte le 15 cooperative ad oggi presenti appartengono al Consorzio “Condividere Papa Giovanni XXIII” che coordina, sostiene ed anima le attività delle cooperative, fa consulenze ed elabora strategie unitarie. Obiettivo di fondo del Consorzio è infatti completare quanto avviato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII per animare tutte le iniziative riguardanti il lavoro e l'inserimento in centri educativi delle persone considerate, per vari aspetti, le più povere della società».
Di seguito sono elencate le cooperative presenti nelle varie regioni italiane:
In Veneto hanno la sede legale tre cooperative: L’Eco, Rinascere e Il Calabrone. La prima si occupa di gestire tre centri diurni per persone disabili a Montecchio Maggiore, Dueville e Carmignano di Brenta, la seconda due Centri di Lavoro nel quale vengono assemblati componenti plastici in conto terzi a Montecchio e Carmignano, oltre che alcuni servizi cimiteriali e di taglio del verde e il negozio La Madre Terra nel quale vengono venduti prodotti biologici. Si sta avviando un’attività di acquisto e vendita di autoveicoli, grazie alle competenze messe a disposizione da un socio lavoratore. La cooperativa Il Calabrone svolge attività di assemblaggi leggeri ed elettromeccanici presso la sede di Legnago, gestisce degli appalti di manutenzione di aree verdi, di custodia di parcheggi, di disinfestazione, di manutenzione strade e di raccolta e vendita di abiti e accessori usati presso il negozio Tessuto Vissuto.
In Lombardia la cooperativa Il Calabrone, con sede a Cremona, nata come officina di carpenteria metallica leggera, ha sviluppato la propria attività di lavorazioni metalmeccaniche di precisione, acquisendo nuovi clienti e costruendo un nuovo capannone attiguo a quello esistente, adibendolo al taglio del materiale. Esegue lavori per conto terzi avvalendosi di macchine a controllo numerico (frese) ed attrezzatura complementare, oltre che di un reparto di saldatura e torneria.
In Piemonte la cooperativa Il Ramo, che si estende su tutto il territorio della Provincia di Cuneo, ha proseguito la propria attività di gestione di 3 Centri Diurni per persone disabili e di 1 Centro Diurno per persone anziane. In stretta sinergia con queste strutture autorizzate e convenzionate sono nate le attività di laboratorio agricolo, di laboratorio musicale e di piccoli assemblaggi per dare risposte sempre più puntuali alle richieste di inserimento di persone e famiglie in stato di bisogno. Gestisce una lavanderia industriale, un laboratorio di confezionamento di generi alimentari, la casa della Diocesi di Alba per esercizi spirituali di Altavilla, un ostello della gioventù, due negozi di abiti usati, oltre che svolgere il servizio di trasporto per conto di un Servizio Socio Assistenziale e le pulizie in alcune palestre comunali. Sempre nella provincia di Cuneo la cooperativa I Tesori della Terra produce yogurt e formaggi trasformando latte biologico. Ha uno spaccio interno ma i suoi prodotti si possono trovare anche su tutto il territorio nazionale grazie a grosse catene di supermercati. L’azienda opera anche come fattoria didattica e ospita scuole e gruppi facendo visitare il maneggio con una decina di cavalli e la stalla con circa 120 di bovini. La cooperativa Senza Confini con sede a San Damiano d’Asti svolge la lavorazione in conto terzi di cordini e tappi, gestisce le aree verdi della Città di Asti e un servizio di pulizie per conto della Coldiretti di Asti.
In Toscana la cooperativa Il Pungiglione (www.ilpungiglione.org) produce e commercializza miele, effettua la lavorazione della cera e produce arnie, oltre a vendere on line materiali e attrezzature utilizzati gli apicoltori.
In Emilia Romagna è presente la cooperativa Cieli e Terra Nuova che gestisce l’azienda agricola di San Facondino a Saludecio (RN), nella quale vengono coltivati 100 ettari di terreno, vengono allevate circa 100 animali tra mucche e vitelli per la produzione di carne e di latte, che viene trasformato in formaggi, e il Garden a Pietracuta di San Leo (PU), un vivaio nel quale vengono coltivate e vendute piante, fiori, prodotti e accessori per il giardinaggio.
La cooperativa La Fraternità ha la sede legale a Rimini, ma ha delle unità locali sparse sul territorio compreso tra Bologna e Assisi. A Bologna gestisce un centro diurno, un’azienda agricola, servizi di pulizia, assemblaggi e raccolta di abiti usati, a Rovigo un negozio di prodotti equo solidali, a Faenza un laboratorio formativo di avviamento al lavoro, a Forlì il Bar L’Urlo, a Rimini 4 Centri Diurni per persone disabili, una Scuola per l’Infanzia, un Centro di Raccolta di materiale usato, il laboratorio della Pietra Scartata e la Palestra “AG 23”, a Orciano di Pesaro un Centro Diurno, a Macerata un Centro di Educazione al lavoro, ad Assisi un’azienda agricola biologica, servizi di pulizie, un centro aggregativo e una bottega solidale.
In Sardegna la cooperativa San Damiano gestisce un Centro Diurno per persone disabili ed ha avviato alcune attività agricole per dare risposte più personalizzate ad alcuni ospiti del centro stesso.
In Calabria la cooperativa Rose Blu gestisce un Centro Diurno per persone disabili e il servizio di trasporto svolto in convenzione con alcuni Comuni.
In Sicilia la cooperativa Rò la Formichina porta avanti una falegnameria, l’attività di apicoltura e di produzione delle api regine e il Centro Diurno per persone disabili, proponendo loro attività fisiche, laboratori teatrali, realizzazione oggetti con materiale di recupero.
In questo variegato universo trovano spazio anche le 22 Comunità Terapeutiche con i loro centri di lavoro, tutte gestite dalla cooperativa “Comunità Papa Giovanni XXIII”. Le Comunità terapeutiche sono dislocate in Emilia Romagna, Piemonte, Veneto e Lombardia, e propongono percorsi di recupero fatti di incontri, supporti psicologici, attività ergoterapiche e ludico-sportive alle persone tossicodipendenti (guarda il video su Youtube).
APG23
30/06/2016
Per alcuni la scuola è finita, altri sono in attesa di interrogazioni o esami di maturità. Una corsa alle ultime correzioni, una letta alla “tesina”, un ripasso degli argomenti… in molte scuole italiane tantissimi studenti sono alla prese con prove da sostenere, prove di prestazione che generano preoccupazione e ansia. «Che voto prenderò? Sarà piaciuta? Mi premieranno per il mio sforzo?»… sono le tante domande che echeggiano tra i corridoi e riempiono l'aria di apprensione e trepidazione. Me li vedo che passeggiano nervosi nei corridoi, qualcuno esce a fumare una sigaretta, altri leggono e rileggono i loro appunti come se non ricordassero più niente... Come se da quel risultato dipendesse tutto il loro futuro.
Anche per me la scuola è finita: sono arrivata in quinta, scuola primaria, con la gioia e la serenità di aver fatto un bellissimo percorso insieme ai miei alunni. Sì, insieme alla mia classe sono cresciuta anch'io, cercando di capire i loro stati d'animo, accogliendoli nelle difficoltà, esortandoli a provare, gratificando anche i loro errori, credendo in loro stessi, nelle loro potenzialità che pian piano si sono trasformate in capacità. Sono cresciuti in responsabilità e autonomia, persone in grado di esprimere il loro pensiero senza ferire l'altro, capaci di organizzare un lavoro di gruppo, di gioire dei successi di un compagno, di condividere, di accettare i propri sbagli, di essere ironici, di accogliere.
È iniziato tutto cinque anni fa, in classe 1ª, proponendo ai genitori il Progetto della Scuola del Gratuito, un progetto pedagogico voluto fortemente da don Oreste Benzi della comunità Papa Giovanni XXIII. Egli fu profetico: per costruire la società del gratuito, era necessario partire dalla scuola. E così fece: radunò tanti insegnanti che stesero un progetto, ovvero il Manifesto della Scuola del Gratuito, che contiene al suo interno le linee guida per la sua realizzazione.
Cos'è la Scuola del Gratuito? È un modo diverso di vivere la scuola, dove ciò che conta è la persona in tutti i suoi aspetti, dove la didattica è attiva, dove si fa ricerca, dove si lavora insieme, dove il voto, mero risultato di una prestazione, viene eliminato per far posto ad una valutazione dialogica che coglie più in profondità lo studente, accompagnata da un'efficace autovalutazione. Autovalutazione emersa casualmente all'inizio della classe terza, quando Marco, serafico, a voce alta disse: «Lucy ho fatto un macello!». Questa fu l'occasione per iniziare un percorso di autovalutazione che ha portato i miei alunni a riflettere sui propri risultati, sui propri successi e insuccessi e di vivere le piccole sconfitte quotidiane come opportunità di miglioramento. Da allora, dopo un lavoro di gruppo, dopo un compito, ognuno scrive la sua valutazione in modo dialogico. E insieme al non-voto è cresciuta la curiosità, la voglia di conoscere, il desiderio di non fermarsi a ciò che appare, ma di approfondire gli argomenti, utilizzando materiali diversi e i loro stessi libri. È cresciuta l'autostima e anche la consapevolezza che per arrivare ad un obiettivo esiste la fatica, l'impegno e la determinazione.
Certo è che tutto ciò “cozza” contro la società in cui viviamo, dove emergono i risultati delle prestazioni, prevale l'individualismo, la competitività la fa da padrone e se uno che è “bravo” riesce a stare a galla in questo mare di nozioni, pensate a chi non riesce, pensate a coloro che sono più deboli, a quelli che vengono schiacciati da questo sistema e ai quali è preclusa ogni possibilità... che tristezza!
Ma la Scuola del Gratuito non si può ridurre ad una pedagogia per includere i più deboli: è in realtà un ribaltamento del modo di fare scuola che apre le menti racchiuse nello stretto recinto della competizione e del voto, che crea legami, rispetta le individualità, esalta i talenti di ciascuno, rende più autonomi e liberi. È una pedagogia che mette il sapere e la conoscenza al centro, non la misurazione del profitto. Nella Scuola del Gratuito non c'è differenza tra i “migliori” e i “peggiori”: ogni individualità è accresciuta al massimo, non esiste un vantaggio di partenza per quei ragazzi più adatti ad una scuola che privilegia solo alcuni saperi o capacità.
Per noi, noi della Scuola del Gratuito, noi che abbiamo lavorato insieme abbiamo visto che cambiare è possibile, come è possibile uscire dai cancelli di un cortile e aprirsi ad un mondo che è pieno di risorse, di incontri, di sguardi, di conoscenza. In questi anni, durante l'estate ho incontrato i miei alunni, insieme abbiamo letto dei libri, verificato qualche esercizio e soprattutto giocato insieme. Con le famiglie durante l'anno scolastico ci sono stati diversi appuntamenti, per noi non esisteva la cena di fine d'anno, ma le cene in corso d'anno. Non mi sono mai sentita prevaricata, il mio ruolo non è mai stato minacciato (sono le obiezioni che sento maggiormente): no, era chiaro per tutti chi ero io. Ma chi ero io? Semplicemente una persona che li ha accompagnati, non una che pensa di possedere il sapere, ma qualcuno che ha fatto con loro un pezzo di strada, un cammino lungo il sentiero della vita.
E proprio per questo, anche se nel mio registro dovevo scrivere un voto, ad ognuno di loro, alla fine del I° e del II° quadrimestre, scrivevo una lettera, nella quale esaltavo i punti di forza, mettevo in risalto i risultati e anche i limiti, così in modo semplice in modo dialogico, senza il giudizio, puntando sempre sul positivo, dimostrando che cambiare è possibile. Per loro la lettera era la vera scheda di valutazione, non quella ufficiale e l'aspettavano con gioia.
E l'aula? Un grande laboratorio mobile, con i banchi disposti ad isola per facilitare le attività e il dialogo, ma anche appoggiati alle pareti per lasciare lo spazio al movimento, alla musica, a guardare filmati. Banchi e sedie che magicamente tornavano ad isola dopo ogni attività, aule ordinate per andare incontro alla nostra collaboratrice. E la scuola? Lo stesso!! Corridoi, pareti, atrio, cortile... tutte occasioni di conoscenza. Del resto le linee guida per la certificazione delle competenze con la circolare ministeriale n.3 del 2 febbraio 2015, evidenziano la necessità di ripensare il modo di “fare scuola” integrando la didattica dei contenuti e dei saperi con modalità interattive e costruttive di apprendimento che consentano di “imparare facendo”.
Il mio sogno? Avere la libertà di fare scuola in modo libero, dando a tutti le stesse opportunità, che non significa essere tutti uguali, ma permettere ad ognuno di scoprire le proprie potenzialità e di metterle in pratica secondo le modalità congeniali di ognuno. Insegnare a “volare in alto”, perché... «non importa che si sappiano le stesse cose, che si abbiano le stesse regole, ma che ognuno riceva ciò che è necessario per fare emergere l’unicità della sua persona, per vivere bene con se stesso e con gli altri» (dal libro A scuola senza profitto).
Per saperne di più sulla Scuola del Gratuito,visitate la pagina FB
Scarica il Manifesto della Scuola del Gratuito
APG23
29/06/2016
UPDATE: LA SCANDEZA DEL BANDO E' STATA PROROGATA ALL'8 LUGLIO 2016! Ma il tempo non è molto, segnala questa pagina a tutti i tuoi amici su WhatsApp!
228 in Italia e 55 all’estero: questi sono i posti disponibili, messi a bando dall'associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. La scadenza per la presentazione delle domande per il servizio civile è il 30 giugno 2016 alle h 14:00. «E’ un‘ occasione per costruire la pace, come cittadini attivi e nonviolenti difendendo gli ultimi», spiega Nicola Lapenta, che li coordina.
Ogni anno il Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale promuove un bando per il servizio civile nazionale, della durata di 12 mesi, che è aperto ai ragazzi e alle ragazze di cittadinanza italiana o stranieri residenti con regolare permesso di soggiorno di età compresa tra i 18 e i 28 anni. L'ufficio nazionale per il servizio civile riconosce un rimborso di 433,80 euro per ogni mese in Italia e 15 euro giornalieri in più per ogni mese all'estero.
Non puà partecipare al bando chi ha riportato condanne penali; è possibile però presentare la domanda anche se si è già svolto servizio civile in misura alternativa alla leva, come obiettore di coscienza; ma non se si ha già svolto il servizio civile nazionale. Anche chi ha svolto il servizio militare può accedere al bando.
Se si hanno i requisiti e si è intenzionati a partire, è tempo di scegliere il progetto migliore per sé: sarà utile leggere attentamente tutti i progetti, ma è necessario - pena l'esclusione - sceglierne uno solo, e presentare la candidatura direttamente all'ente che propone quel progetto. Un colloquio di selezione aprirà la strada ad una graduatoria; l'anno di servizio civile prevederà poi anche un periodo di formazione.
La Comunità Papa Giovanni XXIII ha attivato un numero verde per fornire tutte le informazioni: 800.913.596. Per chi lo desidera è anche possibile fare un’esperienza preliminare di tre giorni nelle strutture dell’Associazione distribuite sul territorio nazionale.
In Italia infatti la Papa Giovanni ha numerose strutture di accoglienza, centri diurni, progetti sul territorio. Sono occasioni per educarsi ed educare alla pace, formarsi sotto l'aspetto professionale, civico e sociale. Tutto questo, attraverso la condivisione diretta, l'impegno con altri giovani, la nonviolenza.
All'estero si partecipa al servizio civile come Caschi Bianchi: la costruzione della pace e la difesa dei diritti umani trovano le fondamenta nella condivisione diretta con gli ultimi. E' possibile sperimentare la cooperazione internazionale, l'azione nonviolenta in contesti di conflitto o di impoverimento. Il tutto in diversi paesi del mondo.
Cerca il tuo progetto in Italia.
Cerca il tuo progetto nel mondo.
Per saperne di più: http://www.odcpace.org/new/index.php/progetti-scn-a-bando
Vedi la nota di proroga ufficiale