Tutte le news
APG23
12/08/2016
Papa Francesco in visita a sorpresa dalle ex prostitute
Un incontro straordinario e sorprendente tra Papa Francesco e 20 giovani ragazze liberate dalla schiavitù della tratta e della prostituzione. È stata quella di oggi pomeriggio una visita a sorpresa fatta in una casa a Roma di pronta accoglienza dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi. Il cuore di pastore misericordioso del Santo Padre ha abbracciato le lacrime di gioia di queste donne che hanno sperimentato ogni tipo di violenza. Il Papa si è messo in ascolto dei loro drammi in occasione di questo Anno Santo.  La comunità attraverso il Responsabile Generale Giovanni Ramonda ha presentato al Pontefice la campagna antitratta Questo è il mio corpo per fermare l'ignobile domanda dei clienti e del racket della prostituzione.   In 25 anni il nostro Servizio Antitratta ha visto uscire dalla strada e accolte oltre 7000 ragazze recuperate e in tutto il territorio nazionale siamo presenti con 21 unità di strada. Attualmente ne abbiamo circa 400 in programma di protezione. Come diceva don Oreste «nessuna donna nasce prostituta, ma c'è sempre qualcuno che ce la fa diventare».   Il video di TV2000.
APG23
12/08/2016
Una tournée speciale
Estate, tempo di tournée. Anche la compagnia teatrale della Comunità Papa Giovanni XXIII (Zona Sud) è partita per portare lo spettacolo "I colori del viaggio" come ogni compagnia teatrale che si rispetti. Certo, forse in luoghi un pochino particolari, dove il pubblico è un tantino "ristretto", ma sicuramente molto attento ed accogliente. Stiamo parlando dei ragazzi detenuti del carcere di Trepunti (Giarre, Catania) e del carcere minorile di Acireale dove abbiamo trovato molta attenzione forse anche perché tra loro è presente chi ha vissuto la stessa drammatica esperienza della protagonista. Lo spettacolo narra infatti di Barh che ha dovuto attraversare un lungo e pericoloso viaggio per giungere in Italia. "I colori del viaggio" è ispirato ad una storia vera e Mohamed al termine dello spettacolo ci ha raccontato il suo viaggio così: «Voi siete stati bravi ed avete aggiunto poesia al racconto, ma non a tutti è andata bene come a Barh, che è riuscita ad arrivare grazie alla sua mamma che l'ha protetta, molti amici miei sono morti in mare o nel deserto». Al carcere di Acireale, dove lo spettacolo è stato presentato il 28 luglio, diversi ragazzi del pubblico forse non hanno capito le parole poiché il racconto è in italiano, ma la loro attenzione e gli occhi rossi di qualcuno ci hanno trasmesso che hanno colto il nostro messaggio, eccome se hanno colto! Ora la nostra tournée continua, siamo stati scritturati in altre carceri, e noi andremo! Andremo con la compagnia al completo formata da bambini e adulti, disabili e non, in una grande festa di colori dove la diversità è ricchezza.  
APG23
11/08/2016
Tutti a bordo di Nave Italia!
Olbia, 26 luglio. Un veliero attende, ormeggiato alla banchina del molo Brin. I due alberi si vedono da lontano, e richiamano alcuni gruppi, che giungono alla spicciolata, pronti a salpare per un’avventura che forse neppure sognavano di vivere: cinque giorni di navigazione in mare aperto, su Nave Italia, il brigantino più grande del mondo. Grazie alla fondazione Tender to Nave Italia, adolescenti delle case famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII e adulti inseriti nel Centro Diurno “Girasole” della cooperativa sociale San Damiano hanno potuto avvicinarsi al mondo della navigazione, entrando a far parte dell’equipaggio insieme con i marinai. Due mondi molto lontani, così, si sono avvicinati, si sono incontrati ed hanno donato qualcosa di sé l’uno all’altro. Giornate scandite da attività condivise, dalle pulizie delle cabine e degli spazi comuni ai momenti di conoscenza della nave, dall’apprendimento dei principali nodi al confronto su tematiche inerenti i diritti umani. #FOTOGALLERY:naveit# Momento più atteso delle giornate era il bagno in alto mare, a cui ha partecipato anche un ragazzino affetto da gravissima disabilità e divenuto in breve la mascotte del gruppo. L’evento più emozionante è stata l’apertura delle vele, durante la traversata dalla Sardegna all’Isola d’Elba. Non sono mancati i momenti di convivialità improvvisata, con canti e balli, o la pesca. Tutto ha contribuito a creare lo spirito di squadra, aiutando a superare le difficoltà di condividere spazi ristretti e mansioni e regole non abituali. Il viaggio si è concluso, dopo una sosta nella baia di Lerici, al porto di La Spezia. Con un misto di emozioni si sono scambiati gli abbracci, i saluti. È ripartita la navigazione sulla terra, fra i mille impegni del quotidiano, in Sardegna, Piemonte, Romagna; nel cuore, ben vive, la gioia e la gratitudine per un’esperienza davvero indimenticabile. Foto di Daniele Tappari, Fabio Gallo e Simone Pozzati
APG23
08/08/2016
Portami a casa! La vita di don Benzi diventa teatro
Prosa e musica dal vivo lunedì 8 Agosto con lo spettacolo PORTAMI A CASA sulla figura di don Oreste Benzi, a cura dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, presso la piazza Giovanni Pascoli di Viserba di Rimini. Una serata di testimonianza in arte, proposto nell’ambito dei “Lunedì di Viserba”, rassegna ricca di appuntamenti organizzati dalla parrocchia viserbese, che nelle scorse settimane ha visto la partecipazione di Ernesto Oliviero, Monsignor Bettazzi ed altri interventi di testimoni significativi del nostro tempo. Lo spettacolo PORTAMI A CASA che gli artisti della Comunità di Piccola Piazza d’Arti stanno portando in giro per l’Italia, è nato proprio per continuare a dare voce a don Oreste, sottolineando l’urgenza di dover “ripartire dagli ultimi” per poter costruire nuovi mondi vitali, come era solito dire lui. «Portami a casa», è l’accorato appello rivolto a don Oreste da un giovane in difficoltà che non voleva più essere solo e fa da titolo a questa proposta artistica. Due attori e un gruppo di musicisti ripercorrono le tappe e gli incontri più significativi che hanno segnato il cammino di don Oreste Benzi e dato il via ad una vita di condivisione. Un viaggio musicale che tocca la cultura popolare, balcanica, brasiliana, lo spiritual e il cantautorato d’autore. Una contaminazione tra musiche, video e parole per raccontare la bellezza e la forza del cammino di un vero “prete migrante”, sempre in cerca di quelli che "faticano a tenere" il passo, perché come era solito dire lui «dobbiamo vedere i fatti, se no la gente si sente tradita». Da segnare in agenda la replica dello stesso spettacolo in data 9 Settembre ore 21 a Sogliano (Provincia Forlì-Cesena) in occasione della festa parrocchiale. #FOTOGALLERY:teatro1# Per gli artisti di Piccola Piazza d’Arti è stata sicuramente un’estate ricca di eventi e incontri anche attraverso le repliche di un’altra produzione del gruppo, lo spettacolo di teatro-ragazzi DOVE LO BUTTO? sul tema dell’accoglienza raccontata ai bambini. Uno spettacolo allegro che tenta di spiegare in parole semplici cosa sia la Casa Famiglia, un luogo «sognato da una specie di Principe felice moderno che aveva sempre la smania di aprire la porta sempre a tutti» - come dice Ciro, uno dei protagonisti dello spettacolo. Il personaggio di Ciro, ingenuo, curioso, e a modo suo idealista, si contrappone con la figura scientifica, chiusa in se stessa ed egoista della signora Rizzo. Due modi di vedere, dunque la stessa realtà che prende come spunto il tema dei rifiuti, per accennare al tema sociale delle persone considerate “rifiuto” dalla nostra società. Nel presentare da parte di Ciro la Casa Famiglia come “cassonetto speciale” in cui le persone un po’ rotte o svantaggiate vengono raccolte/accolte e aiutate a rimettere insieme i “cocci” della propria vita, viene sottolineata la bellezza di un atteggiamento accogliente e il ruolo insostituibile della condivisione in cui anche chi è più debole può essere dono per l’altro. Tante le repliche di questo spettacolo durante il mese di Luglio presso l’Hotel Royal a Cattolica, presso la piazza di San Giovanni in Marignano (RN), al momento sono già diverse le repliche fissate per la ripresa delle attività catechistiche nelle diocesi del territorio romagnolo ma con delle puntatine già fissate in territorio veneto e piemontese. E ancora tanti i progetti e le date in fase di definizione per il prossimo autunno e inverno. Insomma ogni stagione è quella giusta per dire che la solidarietà non va mai in vacanza; la vita di condivisione è già di per sé uno spettacolo e merita di essere raccontata in tutti i modi con la vita in primis, con testimonianze, ma anche con la musica, con la prosa, che si fanno anch’esse racconto e annuncio! Gli artisti e amici della Comunità Papa Giovanni XXIII col nome di compagnia Piccola Piazza d’Arti sono: Davide Bianchini, Federico Lapa, Daniele Torri, Sara Soldati, Enea Bollini, Michele Parma, Paolo Summaria, Marco Brambini ed Emanuela Frisoni. Continuate a seguirci sul sito www.arte.apg23.org e su facebook Piccola Piazza d'Arti-Rimini perché stiamo preparando un bellissimo progetto musicale che avrà il suo epilogo i prossimi mesi. Continuate a seguirci e vi sveleremo di che si tratta! (foto nella PhotoGallery di Thomas Monticelli)
APG23
04/08/2016
Oltre le sbarre: indovina chi viene a cena
Saranno circa 180 le persone che si siederanno attorno ad una tavolata tutta speciale, ospitati dalla Casa Madre della Riconciliazione: domenica 7 agosto infatti si festeggiano i primi 5 anni di questa realtà che fa parte del Progetto CEC (Comunità Educante per Carcerati) insieme all’altra casa che si chiama Madre del Perdono, che invece opera già dal 2004. In questo tempo sono state più di 200 le persone accolte in pena alternativa al carcere: un ottimo motivo per fare festa… e quale modo migliore, se non quello di gustare formaggi, salumi e altri prodotti che vengono direttamente dalla campagna circostante? Ecco allora che durante la cena verranno serviti: l’antipasto del perdono (con formaggi prodotti in loco), tagliatelle (fatte in casa, ovviamente) al ragù, continuando con piadina e salsiccia (di vitello) e squacquerone (un formaggio tipicamente romagnolo, anch’esso prodotto in loco), per finire con una crostata alla ricotta: tutto rigorosamente a km zero, in quanto il latte con cui si producono i formaggi e la carne utilizzata derivano dalle bestie allevate con amore proprio dai carcerati. La cena “Oltre le sbarre” è un appuntamento non solo buono da gustare, ma che fa bene anche allo spirito, perché con il ricavato delle offerte raccolte si acquisterà un furgone che serve all’azienda agricola (se sei interessato a partecipare alla cena, puoi prenotare chiamando il numero 344 0177724, oppure via mail: sanfacondino@apg23.org). La Casa Madre della Riconciliazione è inserita all’interno della cooperativa Cieli e Terra Nuova, un’azienda agricola nata oltre trent’anni fa dall’intuito di don Oreste Benzi e della Comunità Papa Giovanni XXIII per essere una risposta concreta ai problemi di emarginazione sociale. Oggi la Casa ospita circa 20 carcerati che contribuiscono, attraverso il loro lavoro, al buon andamento della cooperativa. L’obiettivo è progredire ogni giorno di più verso l’armonia con l’ambiente che ci circonda, con la creazione di prodotti biologici e anche far sì che il nome “Cieli e Terra nuova” diventi ogni giorno più vero e concreto. Visita anche il sito Facebook Il Formaggio del Perdono
APG23
02/08/2016
Un popolo giovane, nel cuore della Chiesa
Un fiume in piena di tanti colori e nazionalità diverse lungo le vie dove è vissuto, e divenuto Vescovo poi Pontefice, San Giovanni Paolo II. In primis sventolavano le bandiere polacche, numerosissime tra i pellegrini ma soprattutto tra i volontari che hanno organizzato e accompagnato i giovani negli eventi della Gmg 2016. Seconda presenza più numerosa quella degli italiani, oltre 100.000, e a seguire i francesi e gli spagnoli. Quasi due milioni i giovani dai 16 anni in su che non hanno avuto paura di radunarsi nell'Europa oggi costantemente segnata da atti terroristici inaspettati e crudeli. La Polonia era pronta ad accoglierli avendo dispiegato oltre 20.000 poliziotti e 1.500 agenti di frontiera in 285 posti di controllo lungo i confini, numerosissimi agenti in borghese e centinaia di cani addestrati nella ricerca di esplosivi. Un paese “blindato” per motivi di sicurezza da una parte e un Papa “senza frontiere” dall'altra. La risposta alla paura del terrorismo: «Incendiate il paese con l'amore e il coraggio»! Già il Cardinale Bagnasco nella celebrazione di mercoledì scorso al Santuario della Divina Misericordia, dove è custodito il quadro di Gesù misericordioso così come appararve a Suor Faustina Kowalska, dove tutti i giovani italiani sono stati invitati al passaggio della Porta Santa, ha ricordato senza mezzi termini che questo è il tempo di scegliere decisamente la via della pace in alternativa al rischio di chiudersi, dopo l'assassinio del sacerdote di Ruen. «Di fronte agli avvenimenti atroci di questi tempi, alla barbarie e alle violenze, cari giovani la risposta siete voi! Il vostro non è un entusiasmo del momento ma noi crediamo che voi siete una forza permanente! Gesù Cristo è l'unica soluzione per la nostra Europa e per il mondo intero! Quando tornerete a casa, incendiate il nostro paese con l'amore, la pace, la testimonianza di fede, senza paura, con coraggio! E non dimenticate di ringraziare sempre i vostri sacerdoti che sono con voi tutti i giorni!». La Comunità Papa Giovanni XXIII alla Gmg insieme agli amici disabili Riecheggiano le parole di don Oreste Benzi: «Siate incendiari nell'amore e non pompieri», negli animi dei giovani della Papa Giovanni XXIII arrivati in Polonia con vescovi, sacerdoti, coetanei di parrocchie, movimenti e associazioni della propria diocesi. Sono un centinaio, riconoscibili dalla presenza degli amici disabili, da una condivisione stretta, come ricordava don Oreste, «là dove siamo noi, anche loro», nonostante la pioggia, i chilometri da percorrere ogni giorno, le masse stipate sui tram. La scelta di essere popolo giovane in cammino nel cuore della Chiesa è più forte dei disagi. «Nemmeno la differenza della lingua alla Gmg è stata un ostacolo – spiega Paola, 17 anni di Catania, piena di commozione ed entusiasmo. Siamo qui tutti per lo stesso motivo e questo ci dà una forza incredibile!». #FOTOGALLERY:gmg2016# I giovani dell'Apg23 sono partiti da Sicilia, Puglia, Marche, Toscana, Emilia, Romagna, Piemonte ma anche da Brasile e Germania. Hanno ricordato il fondatore anche nelle parole del primo discorso di Papa Francesco nel Parco di Blonia, quando ha ricordato con una semplicità disarmante che «Gesù è vivo! È sempre con noi. Facciamo un bell'applauso al Signore!». Ha sostenuto il loro pellegrinaggio anche Giovanni Ramonda, Presidente dell'Apg23 che venerdì pomeriggio ha incontrato i diversi gruppi a Casa Italia, sede operativa della Pastorale giovanile italiana nonché luogo di incontro, amicizia e preghiera. Dopo la S. Messa, celebrata da Padre Luciano del Minas Gerais (nel sud del Brasile), Ramonda ha esortato i giovani a mettersi in ascolto delle parole del Papa e dei segni di comunione della Gmg. «Cercate in questi giorni di rispondere a questa domanda: “Dov'è il mio tesoro?” perchè lì sarà anche il vostro cuore! In Polonia state imparando a costruire ponti di pace sull'esempio di Giovanni Paolo II e allora col vostro aiuto apriremo proprio qui una casa dei giovani, una casa della pace!». I giovani dell'Emilia Romagna a Cracovia, inieme a Mons. Matteo Zuppi, vescovo di Bologna Anche Mons. Zuppi, “prete dei poveri” alla Gmg parla di pace e perdono Ai giovani dell'Emilia-Romagna, Mons. Matteo Zuppi, vescovo di Bologna, ricordando le vittime di Auschwitz ma anche la testimonianza di chi è sopravvissuto alla strage di Montesole a Marzabotto (Bologna), ha ripetuto che l'unica via per difendere la nostra libertà è perdonare e aprire le porte della canoniche a tutti senza paura, spiegando anche il coraggio del prete di Ruen, fino alla morte, aperto al dialogo tra cristiani e musulmani perchè tutti figli dello stesso Dio. Alessandro di Modena, 18 anni, è rimasto colpito dalla sfida lanciata dal vescovo di Bologna. «Perdonare è difficile ma noi dobbiamo stare dalla parte delle vittime e spezzare la spirale della violenza, costruendo ogni giorno legami di pace – ci ha incoraggiato il Vescovo. «Apriamo le nostre parrocchie – ha detto mons. Zuppi - i nostri oratori anche a chi non è cattolico. Non facciamo il gioco di chi vuole incutere terrore o di chi incita continuamente all'odio per farci chiudere in noi stessi. È la logica della misericordia che può cambiare le cose  non quella della vendetta!». #FOTOGALLERY:gmg2016a# «Per costruire la pace, bisogna lasciare il divano!» Papa Francesco ha voluto valorizzare l'arte, la musica, lo sport in modo moderno al passo dei giovani in ogni evento, dalla Via Crucis alla Veglia di sabato al Campus Misericordiae. Ma il suo messaggio ai giovani è diretto, senza peli sulla lingua. Quanto bene ha fatto ai giovani lo ha ricordato Silvia, educatrice toscana. «La paura ha un'anima gemella, la paralisi – ha detto il Pontefice. Nella vita ci costa  molto riconoscerla. Eppure tanti giovani credono che per essere felici abbiamo bisogno di un bel divano per stare sul computer, sui videogiochi, sul cellulare, chiusi in casa. Così abbiamo giovani già in pensione, sempre negativi, imbambolati, addormentati mentre altri decidono per noi il futuro. Per difendere la nostra libertà e la nostra dignità, è ora di cambiare il divano con un paio di scarpe. Gesù è un Gesù del rischio! Andate per le strade, seguendo la pazzia del nostro Dio che ci invita ad essere attori politici, animatori sociali, a vivere la multiculturalità, ad incontrare l'affamato, il povero, il profugo... Il mondo oggi ha bisogno di giocatori titolari, non di riserve. Per costruire ponti di pace, dobbiamo giocarcela in pienezza la vita! Dio crede in noi, conta su di noi ed è il nostro tifoso più irriducibile!».
APG23
01/08/2016
La forza dirompente della diversità 
La pioggia ha ritardato ma non ha spento l’Illuminata, il 14 luglio, manifestazione che l'anno scorso ha radunato 700mila persone a Cuneo. Così, mezz'ora dopo l'ora stabilita, il sindaco Federico Borgna ed il testimonial Arturo Brachetti hanno premuto il pulsante che lanciava sul maxi schermo il videoclip di apertura con Non mi piacciono le serate, sigla ufficiale della manifestazione andata avanti fino al 24 luglio. #FOTOGALLERY:illuminata16# Un video trascinante nel quale alcuni artisti con handicap intellettivo giocano su un binomio, il buio che scatena la paura primordiale al contrario della luce dalla quale siamo attratti. Essi fanno parte di Una nota in più, band nata 11 anni fa dall'incontro della scuola di musica “La scala del re” di Marco Biaritz con la Comunità Papa Giovanni XXIII. Il sindaco, anche lui protagonista del video, aveva incontrato la Band nell'ambito del progetto IO VALGO, promosso dalla Comunità stessa e, racconta la sua segretaria, «per giorni non ha smesso di canticchiare la canzone riferita all'irresistibile tentazione di Giancarla di rompere le collane». «Mantenendo quella musica – racconta lo staff organizzativo della Band – abbiamo adattato il testo all'evento e coinvolgendo le scuole nella registrazione dei cori è nata la canzone. Su invito del comitato promotore dell'Illuminata abbiamo realizzato con il regista Luciano Pontolillo il videoclip, che per 10 sere ha aperto e chiuso lo stupefacente spettacolo di 300.000 luci danzanti a tempo di musica. L’ultimo giorno è stato il momento dell’emozionante concerto live di Una nota in più con tutta la band al completo. Quando si dice la ricchezza della diversità! 
APG23
30/07/2016
Il futuro di pace comincia oggi
Il weekend del 23 e 24 luglio si è svolto a Scopeto (Sasso Marconi, BO) l'annuale Colombaraduno, momento per ritrovarsi, conoscersi, condividere per i volontari di Operazione Colomba e tutti gli interessati ai temi trattati. Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, è presente con volontari 24 ore su 24 oggi in Palestina ed Israele, in Colombia, in Albania, nei campi profughi siriani in Libano. Il Colombaraduno è sempre un momento attento alle presenze all'estero come a temi riguardanti il contesto italiano. In cerchio, nelle modalità di dialogo e condivisione che ci accompagnano in ogni contesto, abbiamo affrontato il tema delle migrazioni. Ad aprire e moderare il dibattito Laila Simoncelli, avvocato esperta di diritti umani e membro di comunità, che ci invita a non abbandonare le modalità della Colomba nel suo essere balsamo per le ferite aperte in intere comunità dalla violenza di guerre e conflitti. Laila ci guida a dare spazio ad un'altra presenza, quella in Italia di chi si trova in prima linea nelle strategie d'accoglienza messe in atto nelle città e di chi si trova volontariamente a condividere e monitorare la quotidianità nei luoghi di frontiera sempre più chiusi a chi vuole attraversarli. Ascoltare storie vissute da operatori presenti nel settore, da volontari ma anche da migranti costretti a cercare rifugio in Italia stimola domande e condivisione di opinioni nei presenti, apertura alla costruzione di un pensiero riguardo una realtà importante e costringente. La mattina della domenica ci spostiamo di centinaia di chilometri per ascoltare gli ultimi sviluppi e le prospettive future nelle presenze di Operazione Colomba, voci portateci dai referenti dei progetti presenti in Italia ma anche dai volontari sul posto in collegamento web. In seguito a tre attentati contro i suoi civili tra giugno e luglio, il governo israeliano ha adottato sui Palestinesi una politica di “punizioni collettive” che si è tradotta nella revoca dei permessi concessi per pregare nella Città Sacra di Gerusalemme e nella chiusura totale degli accessi alla città di Yatta. Isolare Yatta significa privare più di centomila palestinesi, provenienti dalle comunità vicine in cui è presente da 12 anni Operazione Colomba, della possibilità di accedere ad ospedali, scuole e servizi. Sempre più efficaci i viaggi esplorativi effettuati nel nord della Palestina al fine di conoscere ed accompagnare anche quelle comunità rurali sotto occupazione israeliana, nel sogno di aprire un giorno un'ulteriore presenza di protezione e condivisione. Dalla Colombia una riflessione sugli ultimi avvenimenti. Il 23 giugno è stato firmato il terzo punto degli Accordi di Pace, in corso all'Avana dal 2012 tra le FARC e il Governo colombiano, relativo al cessate il fuoco bilaterale e definitivo. Un passo storico e importante verso la firma definitiva degli accordi che, quando sarà siglata, comporterà l'entrata in vigore effettiva di tutti i punti stabiliti nell'agenda. Ma tanti, troppi, sono ancora i dubbi e i timori che restano su questi Accordi di Pace che, secondo alcuni ottimisti, dovrebbero portare alla fine del conflitto più lungo dell'America Latina. Dubbi soprattutto su come verranno applicati gli accordi raggiunti, ma anche su come sarà possibile parlare per la Colombia di pace e post conflitto, se gli altri gruppi guerriglieri attivi in Colombia, oltre alle Farc, non sono stati inclusi al tavolo delle trattative, e lo stato non si decide ad affrontare una volta per tutte, in maniera seria, il problema del paramilitarismo. Uno dei rischi maggiori sarà che i territori, e gli spazi di illegalità, lasciati liberi dalle FARC vengano immediatamente presi e occupati da altri attori armati e per la popolazione civile poco o nulla cambierà. Se non che lo Stato, potendo sbandierare di fronte alla comunità internazionale la fine del conflitto, avrà più occasioni per fare affari con le multinazionali e le imprese straniere e promuovere il turismo in Colombia. Dal Libano giungono racconti di una paura in aumento: episodi terroristici hanno avuto ripercussioni soprattutto sui siriani che vivono nei campi profughi e che sono stati oggetto di arresti da parte dell'esercito libanese. Sono anche aumentati i controlli da parte delle forze dell'ordine, limitando ulteriormente la libertà di movimento dei rifugiati. Tra le attività dei volontari di Operazione Colomba c'è stato dunque anche un lavoro di raccolta delle testimonianze di coloro che hanno subito ingiustizie nell'ambito di queste azioni. I volontari in Albania sono impegnati nell'annuale campo estivo che ha luogo nella regione montuosa di Tropoja, teatro di diversi episodi di vendetta di sangue. Il gruppo di volontari impegnati nella 5° edizione del campo vede quest'anno diversi albanesi insieme alle colombe. Il campo estivo è un importante evento di coinvolgimento di donne, uomini, adolescenti e bambini dei villaggi circostanti in attività ludico-ricreative contenenti riflessioni sul tema della Pace e della Riconciliazione. Contemporaneamente, i volontari di Operazione Colomba hanno la possibilità di far visita alle famiglie vittime del fenomeno delle vendette di sangue, presenti nell'area. Anche quest'anno il campo vede la presenza di Padre Gianfranco, missionario della Consolata, esperto nei percorsi di perdono e superamento della rabbia. Di grande valore al Colombaraduno i momenti informali di relazione, divertimento, scambio per i volontari sugli ultimi periodi trascorsi nei progetti e conoscenza per chi ancora deve partire. Il ritrovo annuale è inoltre occasione per ricordarci l'importanza di continuare a farci portavoce delle storie che condividiamo all'estero e portare sempre più persone in Italia a farsi ascoltatori attivi e coinvolti per un futuro di pace e risoluzione nonviolenta dei conflitti. Dalla casetta sulla collina di Scopeto partono due inviti: il weekend di meditazione e spiritualità che si svolgerà proprio lì in ottobre, occasione per nutrire il nostro cammino di nonviolenza, e la formazione per i volontari di breve periodo che vorrebbero dare disponibilità per la prima volta, che si svolgerà in settembre a Rimini. Per saperne di più: www.operazionecolomba.it
APG23
29/07/2016
Il sogno dalla Polonia: «Una casa di accoglienza gestita da giovani»
«Papa Francesco ci invita ad avere coraggio e passare dalle parole ai fatti. Per questo vorremmo aprire proprio qui in Polonia una casa di accoglienza per i poveri ed emarginati». È il desiderio espresso dai cento giovani della Comunità Papa Giovanni XXIII arrivati nei giorni scorsi alla Giornata mondiale della gioventù dall'Italia e altri Paesi del mondo, che oggi sono stati raggiunti dal responsabile generale dell'associazione, Giovanni Ramonda. «È bello vedere questo entusiasmo, questa voglia di cambiare il mondo mettendosi in gioco personalmente» ha dichiarato Ramonda. «Ci attiveremo subito per tradurre questo sogno in realtà. Sarebbe bello che questa GMG lasciasse un segno concreto in questa terra natale di Giovanni Paolo II, il Papa che ha riconosciuto e confermato il carisma della nostra Comunità, che consiste proprio nel condividere la vita con i più poveri ed emarginati».  
APG23
27/07/2016
Trovare ristoro all’ombra della croce
Che cosa leggere quest’anno all’ombra del fresco abete della vallata alpina o sotto l’ombrellone della “stessa spiaggia stesso mare”? L’ultimo di Harry Potter? Un giallo-poliziesco italiano? Un’analisi politica di Travaglio o di Vespa? Un saggio sul mio tema preferito? Perché non pensare invece ad una scelta trasgressiva? Un libro che abbia in copertina una delle parole più tabù che si possano sentire… no, non “sesso”, quella non è più tabù; nemmeno “casta” ha più una grande portata sensazionalistica, inflazionata come tutti i neologismi che finivano con “-poli”, tangentopoli, parentopoli, affittopoli. La parola è “croce”, scandalo inossidabile degli ultimi 2000 anni. La sua croce, la nostra guarigione è l’ottavo libro che chiude il cerchio della collana di spiritualità di don Oreste Benzi edita negli ultimi due anni da Sempre Comunicazione. Chiude non a caso con questa piccola perla. Sottotitolo: Il mistero dell’espiazione, un tema diventato via via sempre più presente nelle meditazioni di don Oreste Benzi. Espiazione: una parola scomoda e fastidiosa talvolta anche per i credenti, che in queste pagine viene ricollocata al centro dell’esperienza cristiana, nella sua funzione più piena di partecipazione alla vita di Gesù, che chiama alla gioia di un amore infinito. Non è un libro per bigotto-vittimistici quindi, ma un testo che con l’arguto argomentare dell’“apostolo della carità” riporta al centro il Cristo: «Chi salva è Cristo Signore, ma egli ci chiede di partecipare con lui al suo amore offerto». Nei tragici fatti di cronaca che ogni giorno interpellano, in cui ci si sente impotenti, sballottati tra il vittimismo, il fatalismo, e la sindrome di Rambo, forse può far bene leggere e meditare che «La redenzione del mondo cioè la sua salvezza, – scrive Giovanni Ramonda nella prefazione –  non può avvenire se non attraverso l’amore e questo crocifisso, passaggio indispensabile per risorgere come dono del Padre. Non ci sono scorciatoie magiche. C’è sempre bisogno di qualcuno che paga per un altro. Mettere la spalla sotto la croce di chi soffre, diventa lo stile di vita degli uomini e delle donne di buona volontà attratte dall’Amore». E sentirsi così, anche in vacanza, parte di un progetto più grande.               Per acquistarlo: clicca qui 
APG23
25/07/2016
Legalizzare la cannabis: l’interesse di pochi a danno di molti
La Camera dei Deputati ha avviato, dopo le discussioni nelle commissioni Giustizia e Affari Sociali, il dibattito sull’ipotesi di legalizzazione della vendita della marijuana. Circa 2000 emendamenti sono stati presentati dai parlamentari che sono contrari alla regolamentazione, con un unico obiettivo: rimandare il dibattito a settembre, quando un tema così delicato potrà essere affrontato con i tempi più opportuni. Il mondo del contrasto alle dipendenze però è sul piede di guerra, con tutte le maggiori realtà mobilitate per dire il proprio ’no’ alla cannabis legale.   «Legalizzare la vendita della cannabis aumenterebbe la domanda: la norma diventerebbe cultura. E la cultura fa la storia, soprattutto fra i giovani. La cannabis già oggi crea dipendenza e porta allo sfascio delle famiglie», è la dichiarazione che Giovanni Ramonda, responsabile Generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, ha rilasciato nei giorni scorsi a Radio Vaticana.   Già l'anno scorso, alla presentazione della proposta di legge, aveva incalzato «È incredibile che di fronte a giovani che chiedono opportunità abitative, di studio e di lavoro per costruirsi un futuro, i nostri parlamentari si trovino uniti nel rendere legale l’uso di droghe», e anche «Proporre che lo Stato legalizzi e tragga profitto dall’uso di droghe, per poi finanziare percorsi di recupero è perversione ideologica».   Sullo stesso fronte della barricata (vedi l'articolo di Avvenire) sono la Federazione delle comunità terapeutiche, e (con un video realizzato dai ragazzi vittime di dipendenze stessi e con un comunicato) San Patrignano.   Per fare un po’ di chiarezza sul tema la Papa Giovanni, che in Italia accoglie circa 600 persone inserite in programmi di recupero dalle dipendenze, ha steso una riflessione in 7 punti. Eccola:   La cannabis crea dipendenza La cannabis è dannosa per la salute Legalizzare la cannabis ne aumenta la domanda Legalizzare la cannabis crea commistione fra “uso ricreativo” ed uso medico Legalizzare la cannabis non permette la repressione delle organizzazioni criminali Legalizzare la cannabis non aumenta le entrate statali Legalizzare la cannabis non consente di controllare la percentuale del principio attivo   Come dimostra ad esempio l’esperienza recente dello stato del Colorado, dove una proposta di regolamentazione analoga è stata approvata nel 2012, i danni sociali delle dipendenze vanno contrastati con la prevenzione, con la riduzione dell’emarginazione e del disagio, piuttosto che con la vendita libera.      La diretta della conferenza stampa alla Camera L'intervista a Giovanni Ramonda di Rai1 (Inizio 1:34:27)        
APG23
21/07/2016
Lo sbarco è tragico ma Fatima, 14 anni, si salva
Fatima: sguardo spaesato, ossa spossate, una lacrima sospesa, tanta diffidenza. «Guarda, questa è la tua nuova stanza», le dicono, ma l’italiano non lo sa. 14 anni, somala, in bocca il gusto dell’acqua salata mista a benzina. Era stata picchiata più volte in Libia prima della tragica traversata. A Reggio Calabria, nella casa di prima accoglienza per minori stranieri non accompagnati della Papa Giovanni XXIII, Fatima arriva subito dopo lo sbarco. La prima notte non riesce a dormire: «teme di essere violentata». La sorella di Fatima, 17 anni, è rimasta intrappolata nella nave ed è morta.   Appena può Fatima chiama a casa; vuole annunciare alla mamma che lei è ancora viva, che è riuscita a sopravvivere, che la sorella no, di lei non si sa più nulla. Ma la mamma, ironia della sorte, le risponde: «C’è stato un incidente stradale, mia cara, anche tuo fratello qui ci ha lasciato». Ironia della sorte numero due: a Fatima ora spetta il riconoscimento del corpo della sorella: appena si sarà ripresa dovrà prendere l’album con le foto dei 45 cadaveri arrivati il 29 maggio 2016 a Reggio Calabria, e cercare di riconoscerne il sorriso bluastro.   La nave Vega della Marina Militare italiana aveva raccolto in mare i corpi senza vita di 36 donne, 6 uomini e 3 bambini fra cui un neonato. «Stiamo cercando di ricostruire per ognuna delle vittime un pezzo della loro storia, in modo da metterla sulla tomba: i cadaveri adesso sono contrassegnati con un numero, ma noi vogliamo scrivere chi sono e da dove vengono», continua a spiegare Giovanni Fortugno, responsabile della casa. «Aiutiamo i 629 sopravvissuti a riconoscere i corpi dei loro familiari».   La casa di prima accoglienza in questo momento ospita, oltre a Fatima, una mamma eritrea con la sua bimba, tre adolescenti nigeriane fra i 14 e i 17 anni, 2 bimbi egiziani di 10 e 12 anni, due ragazzini della Nuova Guinea e del Gambia rispettivamente di 12 e 13 anni. Non si sa più nulla di due ragazzini di 13 e 14 anni fuggiti dall’Eritrea e rimasti qui per oltre un anno, e di altre due ragazzine nigeriane: sono fuggiti sognando il Nord Europa come molti connazionali, negli ultimi mesi.    Intanto in città, nel quartiere Archi, il centro di prima accoglienza (nella foto) è al collasso: circa duecento ragazzi hanno protestato con forza per denunciare le condizioni di vita degradanti in cui, molti di loro anche da diversi mesi, vivono all'interno del centro.   Anche a loro si rivolge l'operato della Diocesi di Reggio Calabria - Bova: con l'attività quotidiana del Comitato diocesano per l'emergenza sbarchi, e da oggi anche con il progetto Filoxenia che darà una casa a 63 minori migranti per i prossimi 6 mesi.   Giovanni Fortugno è fra i coordinatori del progetto diocesano, e nel racconto entra nel personale: «Io ho avuto due momenti particolari che hanno cambiato la mia vita: il primo è stato nel 2010, quando sono uscito dal coma; per rielaborare chi ero e cosa volevo fare ho avuto bisogno di molto tempo. Il secondo è stato il 29 maggio 2016. I corpi deturpati spostati nei sacchi per fare loro il prelievo del dna, l’odore della morte, il frigorifero di 17 metri portato per raccogliere le salme: difficimente cancellerò tutto questo dalla mia vita».   Il 3 giugno di ogni anno, in ricordo del giorno della sepoltura dei corpi (nella foto), sarà per Reggio Calabria Giornata dell’Accoglienza: è stato dedicato alla memoria delle vittime del mare dalle istituzioni, dalle associazioni e dalla comunità cristiana locale.   «In città abbiamo costituito il Comitato diocesano per l’emergenza sbarchi:  come Chiesa ci sentiamo protagonisti in tutti i sensi, guidati dal nostro Vescovo, Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, che è in trincea insieme a noi.  Siamo nel tendone sulla banchina del porto, e ci adoperiamo per l’accoglienza a livello nazionale. Alcune realtà ecclesiali sono fra le prime promotrici dei corridoi umanitari per i richiedenti asilo. Siamo operatori nell’accoglienza, siamo al fianco dei familiari delle vittime. C’è una Chiesa che sta rivivendo oggi la sua chiamata originale, che moltiplica i pani ed i pesci del miracolo della condivisione», continua Fortugno.   Il Coordinamento diocesano di Reggio Calabria, unica esperienza in Italia, fornisce durante gli sbarchi la prima assistenza ed il supporto umano, al fianco del personale medico e delle forze dell’ordine. I volontari condividono il dolore nei giorni immediatamente successivi con le comunità musulmane della città. «Ho 52 anni - continua Fortugno - e ogni volta nella vita, quando mi è capitato di pensare di aver già visto tanto, il Signore mi ha portato ad affrontare situazioni sempre più grosse ed importanti. La prima domanda che mi è scattata dentro subito dopo l’ultima tragedia è stata: come Comunità Papa Giovanni XXIII, stiamo facendo abbastanza?»   E l’ultimo pensiero è per il mondo laico e la società civile: «Sono andato personalmente a ringraziare quei marinai che hanno rischiato la vita per caricare sulla nave Vega 600 persone. La Marina Militare sta salvando, nel silenzio, migliaia di vite umane; c’è un’Italia impegnata e silenziosa. Come Paese possiamo riconvertire le caserme, investire risorse umane e professionalità, proporre percorsi di inserimento lavorativo di almeno un anno che diano sbocchi in un contesto europeo. Con i 6 miliardi di euro che diamo alla Turchia per i respingimenti, potremmo attuare come Italia e come Europa un progetto di accoglienza serio e programmato»
1 82 83 84 85 86 106