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APG23
20/09/2016
Volontario è bello!
Dal lunedì al venerdì la sveglia suona all'alba, scatto come una molla e inizio a correre - il sabato e la domenica invece testa sotto il cuscino e silenzio ovattato.. quasi sempre. Fanno eccezione il compleanno di mia madre, la partenza per le vacanze e Un Pasto al Giorno. I primi due avete capito, l'ultimo se ancora dopo 8 anni non sapete cos'è ve lo spiego io, perché questa volta non potete perderlo. Si punta la sveglia, sia sabato che domenica, perché bisogna arrivare presto in piazza - ma tanto qualcuno arriverà con le brioches - per montare il banchetto, farlo bello con i manifesti, inventarsi un modo di disporre i pacchetti di pasta... poteva mancare la pasta in un'occasione così? La giornata inizia davvero quando la piazza si anima. La gente del sabato mattina sono gli anziani e le massaie con la borsa della spesa, poi il pomeriggio arrivano i ragazzi e le coppiette; la domenica le famiglie con i cani al guinzaglio e i vestiti della messa: vuoi che nella sporta non ci sia lo spazio per la pasta, vuoi che il #ricettario non faccia gola, vuoi che non ci sia il tempo per una buonazione? Una pozzanghera come un piatto: vuoi che non guardino? «La dignità riparte da qui»: vuoi che non se lo chiedano? E allora tu consegni, mostri, spieghi, e soprattutto sorridi e ringrazi anche per il contributo più piccolo, anche solo per l'attenzione, perché fa bene al cuore vedere che la gente ci sta. La fame nel mondo la conoscono tutti, non piace a nessuno, è impossibile sconfiggerla, ma è bello pensare di regalare #unpastoalgiorno a chi non con ce l'ha e di portare a casa in cambio un pacchetto di pasta: è un po' come mangiare insieme. Per te che sei volontario è ancora più bello, perché porti via non solo la soddisfazione di aver fatto una buonazione, ma soprattutto di aver aiutato la gente a farla. Magari proprio quelli che a vederli non si direbbe, e non lo direbbero nemmeno loro se tu non li avvicinassi con le mani aperte. Quindi, se sei di Milano, Bologna, Padova, Verona, Vicenza, Modena o Cuneo, il 29 e 30 ottobre punta la sveglia, perché c'è una #piazza che ti aspetta. Manda una mail all'indirizzo unpastoalgiorno@apg23.org entro il 1 ottobre e ti rincontatteremo. #Daicistai?
APG23
19/09/2016
A Genova il 26° Congresso Eucaristico
Si è tenuto dal 15 al 18 settembre 2016 a Genova il XXVI Congresso eucaristico nazionale. L’Eucaristia sorgente della missione è il titolo di questo importante appuntamento che ha riunito vescovi e delegati diocesani, sacerdoti e laici, da tutta Italia e accompagnerà il cammino nelle diocesi in questi ultimi mesi dell’anno giubilare indetto da papa Francesco. Come ha sottolineato Giovanni Paolo Ramonda, che ha partecipato all'evento, l'Eucarestia è la fonte da cui fare il pieno d'amore quando si è gomito a gomito con gli ultimi. «Nell’indimenticabile udienza che san Giovanni Paolo II ci diede nel 2004 ci disse infatti “Fate dell’Eucarestia il cuore delle vostre case famiglie”. Da quando sono nate – ha spiegato il presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII - è lì che attingiamo la forza e la gioia per condividere 24 ore su 24, sette giorni su sette, tutte le settimane dell’anno. Per questo don Oreste Benzi ci ripeteva che "per stare in piedi bisogna stare in ginocchio e che per stare del tutto con i poveri bisogna stare del tutto con il Signore”». Tre sono gli ambiti in cui è più urgente che la centralità dell'Eucarestia ridia vitalità alla fede e spazio allo Spirito: la famiglia nella ricostruzione di legami che sappiano guardare all'esempio della famiglia di Nazareth, gli ambienti del quotidiano scuola e lavoro e i luoghi della carità dove testimoniare con coraggio la misericordia e la pace dono di Gesù nell'Eucarestia. La notizia su Radio Vaticana La notizia su TV2000
APG23
16/09/2016
Consegnato a Renzi un piano antiprostituzione
Il 14 settembre il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha concluso la giornata dedicata alla “Provincia Granda”, (la visita alle eccellenze italiane del cuneese) con un incontro pubblico al teatro Toselli di Cuneo. Qui il presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, Giovanni Paolo Ramonda, gli ha consegnato il “piano antitratta” della Comunità, il documento-base della campagna Questo è il mio corpo. Questo è il mio corpo è una campagna per la liberazione delle vittime di tratta e sfruttamento, promossa dalla Comunità Papa Giovanni XXIII con la collaborazione di un cartello di associazioni.  Da 30 anni la Comunità si batte al fianco delle ragazze vittime di prostituzione trattata, per costruire con e per loro una vita dignitosa. Solo in Italia si stima che siano tra le 75.000 e 120000. Nell'esperienza delle unità di strada, operatori, volontari, nella vita che passa nelle case di accoglienza, sembra chiaro che l'unico modo che si ha per combattere questa schiavitù è colpire la domanda, ovvero il cliente. Molte legislazioni europee già lo fanno (è il cosiddetto modello nordico), la più recente è quella francese di aprile 2016. La campagna propone delle azioni per chiedere al Parlamento e al governo italiani una legge che sanzioni il cliente, in particolare appoggia la proposta di legge Bini (Atto Camera 3890 "Modifica all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, concernente l'introduzione di sanzioni per chi si avvale delle prestazioni sessuali di soggetti che esercitano la prostituzione"). Giovanni Paolo Ramonda è fiducioso: «Siamo sicuri che il Parlamento accoglierà questa nostra istanza, comprendendo che la prostituzione è una violazione dei diritti umani e una lesione della dignità della donna».
APG23
14/09/2016
Il convento ospiterà  gli emarginati
Aprirà le porte in maniera ufficiale venerdì 16 settembre alle ore 16 la Casa Famiglia Manuela, che sorgerà nell’ex convento dei Cappuccini di Campli (TE) in Via dei Cappuccini 14, gestito dai francescani. Accoglierà bambini abbandonati e disabili, e risponderà alle richieste del territorio. Almeno 100-150 persone sono attese all’inaugurazione. «Noi siamo casa famiglia da 19 anni; abbiamo sempre dato e continueremo a farlo», spiega Claudia Zappasodi, da 20 anni membro della Comunità Papa Giovanni XXIII e mamma della casa famiglia. Con il marito Gioacchino Bruni la coppia di San Benedetto del Tronto(AP) sin dal 1998 ha aperto le porte di casa all’accoglienza di bambini disabili, prima a Grottammare (AP) e poi a Vasto(CH). La diocesi di Teramo-Atri e i frati hanno reso possibile l’apertura della casa famiglia, contribuendo alla ristrutturazione e alla messa a norma di circa due terzi dei locali dell’ex convento, che erano chiusi da circa 5 anni. Spiega Claudia Zappasodi: «Qui a Campli ci aspettavano, tutti volevano mantenere il convento a servizio dei più poveri, come aveva insegnato san Francesco. Tutta la famiglia francescana si è attivata per permettere la nostra presenza, con l’impegno delle persone del Terz'ordine e dei ragazzi della Gifra; si sono attivati gli scout e la parrocchia. Ora aiutano noi e i nostri ragazzi ad inserirsi nel territorio e ci affiancano nelle necessità di ogni giorno». #FOTOGALLERY:casafamiglia# Alle ore 16 la Santa Messa sarà celebrata dal Vescovo Michele Seccia; poi alle 17 seguirà la benedizione della casa; saranno presenti: il responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII Giovanni Ramonda; il ministro dei frati Cappuccini d’Abruzzo Padre Nicola Galasso; il Parroco di Campli Don Giovanni Stoop; le autorità civili.  Concluderà la giornata il rinfresco con porchetta offerto da alcune famiglie del territorio.
APG23
14/09/2016
Vi scrivo dalla Russia
Bologna, venerdì 5 agosto 2016 Siamo in nove all'aeroporto di Bologna in attesa del volo, destinazione Astrakhan, Russia. Il gruppo non è proprio al completo, dato che quest'estate ci siamo preparati in dieci. Portiamo comunque con noi anche chi non ha potuto partire! Se oggi siamo qui, zaini in spalla, Pane Quotidiano alla mano e adrenalina in corpo, lo dobbiamo all'unanime “sì” dal quale tutto ha avuto inizio: il “sì” dei missionari che vivono in Russia, disponibili ad accoglierci fraternamente e a raccogliere con noi la sfida del primo esperimento di Campo fuori le Mura in Russia, e il nostro “sì” a questa proposta alternativa per le vacanze estive! Astrakhan, Sabato 6 Agosto Dopo ore di viaggio e attesa, finalmente muoviamo i primi passi sulle strade di Astrakhan. Che il cammino abbia inizio! Astrakhan, Domenica 7 agosto La celebrazione della domenica nella piccola, ma molto viva, parrocchia di Astrakhan è per noi la prima vera occasione di incontro con la comunità cattolica del luogo. Al rinfresco offerto dalla parrocchia ci seguono con curiosità i ragazzi africani, studenti dell'università di Astrakhan. Con loro non serve saper parlare il russo, si può comunicare in inglese, in francese o in portoghese! È anche attraverso i loro volti che la società di Astrakhan si presenta a noi fin da subito in tutta la sua multietnicità. Una volta rotto il ghiaccio, lo scambio si fa presto vivo e rilassato e tra una battuta e l'altra entriamo in contatto anche con le loro fatiche; quelle di giovani che, per potersi garantire un'istruzione universitaria, vivono molto lontani dai loro Paesi, immersi in una cultura molto distante dalla loro e con parecchie difficoltà di integrazione e di relazione. Incoraggiati dalla piacevole atmosfera, decidiamo di passare un pomeriggio di svago con loro e con i bimbi della casafamiglia in una spiaggetta in riva al fiume. E, dato il caldo torrido... come non concedersi un tuffo nel Volga? #FOTOGALLERY:spiaggia# Astrakhan, Lunedì 8 agosto Dopo i primi due giorni trascorsi insieme ad Astrakhan, ci dividiamo in due gruppetti per motivi logistici: 4 persone rimangono ad Astrakhan, dove si spenderanno tra Casa Famiglia e unità di strada, mentre 5 persone partono per Elista, dove li attendono Casa Famiglia e Centro Diurno. Da questo momento si entra nel vivo del campo! Elista, martedì 9 agosto Dopo un viaggio di 4 ore nella steppa, a bordo di una poco confortevole marshrutka, il panorama che si presenta al gruppo partito per primo è completamente diverso da quello lasciato alle spalle, sembra di essere approdati addirittura in un altro Paese! I monumenti del centro, le case e i tratti così marcatamente orientali delle persone, ricordano più la Cina che la Russia! In effetti, la Repubblica autonoma della Calmucchia è una regione peculiare all'interno della Federazione e si discosta parecchio dall'idea che abbiamo del "mondo russo". Qui la popolazione è in prevalenza di etnia mongola e il buddhismo è la religione prevalente. Tutte queste scoperte non fanno che aumentare la curiosità e la voglia di addentrarsi nella conoscenza della nuova realtà. E poiché vivere la pace significa anche accostarsi con rispetto alle altre fedi e costruire ponti, anche nella semplicità di un incontro conoscitivo, decidiamo di fare visita al tempio buddhista della città, il più grande d'Europa. Ringraziamo la guida del tempio e i monaci per averci accolti e accompagnati con grande disponibilità e generosità! Elista, mercoledì 10 agosto Ad Elista, la presenza ortodossa è sicuramente minoritaria, se comparata con il resto del territorio della Federazione. La chiesa della città non manca comunque di aprire per noi le sue porte: il pastore anche qui ci accoglie con grande calore e si dimostra molto disponibile a fornire spiegazioni e chiarimenti alle nostre curiosità e perplessità. La fraternità respirata in quell'occasione è sicuramente un ricordo da custodire con gratitudine e speranza, se consideriamo che i rapporti tra Chiesa cattolica e ortodossa sono tutt'altro che semplici in Russia! #FOTOGALLERY:elista# Elista, giovedì 11 agosto Entrando ora nel vivo delle attività della missione a cui abbiamo preso parte, un assaggio del Centro Diurno per ragazzi con disabilità. La pace prende vita nel semplice tenersi per mano, correre, ballare, giocare; si trova nella spensieratezza di un momento di divertimento insieme che rende noi stessi e gli altri liberi di essere, fosse anche soltanto per il tempo di un gioco o di una canzone. È lo spirito su cui si fonda l'accoglienza offerta dal centro diurno di Elista: il "difetto" non è motivo di preclusione o di esclusione, ma occasione per trovare strade alternative per esprimere i propri talenti, le proprie capacità e la propria personalità, attraverso le attività ricreative e il lavoro manuale. Elista, venerdì 12 agosto Durante lo svolgersi del campo, abbiamo goduto dell'allegra presenza dei bambini, oltre a quella delle ragazze che frequentano il Centro Diurno quotidianamente durante tutto l'anno. I membri della Comunità Papa Giovanni XXIII che hanno scelto la vita della missione si impegnano affinché le ragazze qui trovino ogni giorno un clima famigliare e di amicizia, ma anche delle guide pronte ad accompagnarle nella realizzazione delle varie attività. È bastato partecipare alla vita del Centro Diurno per qualche giorno perché capissimo quanto sia importante l'attività di una struttura come questa in una realtà in cui la disabilità è ancora emarginata e poco accettata a livello sociale. Qui tutti hanno l'opportunità di esprimersi, lavorare, imparare, intessere relazioni sociali e di amicizia. Tuttavia, come sottolinea Don Tonino Bello: «La pace richiede lotta, sofferenza, tenacia. Esige alti costi di incomprensione e di sacrificio». Portare avanti una missione come questa non è compito facile in un contesto tendenzialmente diffidente nei confronti dello straniero, a maggior ragione se appartenente ad un'altra fede religiosa. Durante i preziosi confronti a proposito di esperienze e scelte di vita, i missionari ci spiegano: «Siamo costantemente controllati. Sappiamo che ci viene concesso di operare soltanto perché siamo una realtà molto piccola, se comparata a molte altre missioni nel mondo, e dunque diamo poco fastidio». Al termine della prima settimana e, dunque, a metà del nostro campo, il gruppo finalmente si riunisce per trascorrere il weekend insieme ad Elista! #FOTOGALLERY:strada# Elista, 13-14 agosto Nei momenti di preghiera e condivisione, ci raccontiamo le esperienze che stiamo vivendo nelle due realtà, senza nasconderci qualche fatica dovuta alla separazione dei due gruppetti. Mentre condividiamo emozioni e vissuti, ci lasciamo stuzzicare dall'idea di fare uno strappo alla regola e stravolgere il programma che avevamo stabilito prima della partenza: il gruppo che ha passato la prima settimana ad Astrakhan, continuerà la propria esperienza ad Astrakhan e lo stesso varrà per il gruppo di Elista. Le relazioni che stanno nascendo e il fatto di esserci già ambientati nelle due rispettive realtà ci sembrano un motivo più che valido per fare di questa proposta una decisione condivisa. Non ci resta allora che goderci i preziosi momenti insieme che questo fine settimana ci regala: la preghiera nella steppa; l'attesa del tramonto, immersi in un silenzio quasi irreale, insieme ai ragazzi della Casa Famiglia; e poi l'allegro e sgolato botta e risposta tra canzoni italiane e russe, sotto il cielo coperto ma suggestivo della steppa; le messe in doppia lingua nella piccola parrocchia di Elista… Tra le cose che ci hanno colpito, sicuramente ricordiamo i viaggi dei sacerdoti di Astrakhan: durante la temporanea assenza del parroco di Elista hanno affrontato viaggi di più di 300 km per garantire la celebrazione domenicale ai pochissimi fedeli della città. Astrahan, 15-16 agosto Spostiamoci ora ad Astrakhan, partendo dall'unità di strada. Nel nostro cuore si fa strada questa frase: «Dio ama chi dona con gioia!» e anche questo pensiero di don Oreste Benzi: «Il peccato del tuo fratello diventa un'occasione per amarlo di più, per cercarlo. Il suo difetto, il suo limite, segna l'inizio della tua responsabilità». Non ci può essere giustizia senza perdono, né perdono senza giustizia. Il perdono non c'è se non c'è misericordia. La misericordia non può nascere se non da chi si sente peccatore. La consapevolezza del fatto che noi per primi abbiamo bisogno di perdono, ci pone in una condizione di responsabilità nel momento in cui entriamo in relazione con l'altro. La relazione implica sempre una responsabilità. Una tra le nostre maggiori responsabilità di fronte alla comunità è l'impegno personale nella rimozione delle cause di emarginazione. È l'impegno che vediamo incarnato nei missionari in Russia, che hanno scelto di vivere e praticare la pace, anche passando attraverso le fatiche e i sacrifici che una scelta di vita coraggiosa come questa comporta. Alcuni operatori di pace prestano il loro prezioso servizio in sedi ufficiali e riconosciute a livello internazionale. Ci sono poi altri operatori di pace, coloro che, per loro vocazione specifica, scelgono di fare "diplomazia di strada", come i nostri missionari di Astrakhan e Volgograd, che insieme a giovani e volontari del posto, incontrano i senza fissa dimora per strada. L'unità di strada, in Russia come in Italia, non ha il mero scopo di offrire un panino e un bicchiere di tè a chi vive per strada. Il vero fine è quello di andare alla ricerca del povero per riconoscergli la sacra dignità che gli spetta di diritto, donargli accoglienza, vicinanza e l'opportunità di una relazione fraterna. Nell'incontro col povero, incontriamo Dio, la sua tenerezza e la sua misericordia. I poveri si fanno carico anche dei nostri peccati, anche dei nostri limiti e di tutto ciò che in noi è non-amore. Nel corso del nostro cammino, alcuni di noi vengono invitati a fare visita a Shura, una signora di Astrakhan che beneficia del sostegno dell'adozione a distanza. Qui, come ad Elista e a Volgograd, sono tante le famiglie e le persone sole sostenute dai contributi inviati dall'Italia. #FOTOGALLERY:animazione# Astrakhan, 17-18 agosto Dopo l'unità di strada, eccoci alle prese con animazione e pesca insieme ai bimbi della Casa Famiglia! Il nostro campo si avvia alla sua fase conclusiva che ci vede tutti di nuovo riuniti ad Astrakhan! Con una buona dose di stanchezza, ci prepariamo a vivere gli ultimi momenti... Anche un black-out elettrico può diventare una buona occasione per lodare Dio sotto le stelle e ringraziarlo perché in assenza di luci artificiali la bellezza del creato è più chiara alla nostra vista! E c'è chi, in quei momenti di preziosa fraternità, già maturava nel cuore l'idea di prolungare la sua permanenza in Russia oltre il campo… Carolina, 19 anni, di Rimini, a settembre inizierà a frequentare la facoltà di Psicologia. Inizialmente era indecisa sulla partenza... ma ora che ha visto e ha toccato con mano, ha deciso di fermarsi per altre due settimane! Le chiediamo di spiegarci il perché della sua decisione. «Penso che queste siano le esperienze che più definiscono e formano una persona, penso che occorra far tesoro di tutto ciò che si vede e si sente, per tornare più ricchi di prima. Non sono solo queste due settimane, ma sarà anche il primo giorno in cui si tocca di nuovo casa e il giorno dopo e il mese dopo, insomma difficilmente le emozioni provate ti abbandonano. Penso che siano opportunità da cogliere al volo, per questo ho deciso di prolungare la mia esperienza per altre due settimane. Queste emozioni, questi sorrisi e questi "grazie" così sinceri non sono mai abbastanza!».
APG23
09/09/2016
A Crema una camminata per i senza dimora
Il nostro primo incontro con Fabio fu un disastro: aveva vissuto in strada, era stato in carcere, era scappato dalla sua città ed era ormai abituato solo a mentire. Ci raccontò un sacco di bugie. Ma tra le menzogne traspariva la sua voglia di cambiare, di risollevarsi e così lo accogliemmo alla Capanna di Betlemme di Milano. Piano piano, oltre alle fragilità, tirò fuori anche tutte le sue potenzialità. In casa era lui che trascinava gli altri ragazzi sia nei momenti di divertimento che in quelli più seri e riflessivi. Queste sue abilità lo aiutarono a trovare presto un lavoro. Fabio sentì di aver trovato qualcuno che gli voleva bene. Ma doveva ancora finire di scontare la sua pena in carcere, così, dopo 6 mesi, lasciò la Capanna. Lo incontrammo di nuovo solo molto tempo dopo. Ripartimmo da dove eravamo rimasti. Questa volta lo accogliemmo alla Capanna di Betlemme di Spino d’Adda, in provincia di Crema, dove avremmo potuto aiutarlo con un progetto più duraturo, di ritorno all’autonomia. Poi un incidente e una frattura alla spalla. Fabio perse il lavoro, la speranza. Sentiva di non aver saputo creare relazioni significative con nessuno per tutta la sua vita. Non riuscì a riemergere da questo dolore e a dicembre 2015 si tolse la vita. Gli amici della Capanna, ormai la sua unica famiglia, oggi vogliono far conoscere la sua storia, perché la vita di Fabio è anche la vita di tanti altri, che forse non hanno nemmeno mai trovato qualcuno che li amasse e si preoccupasse per loro. Per questo domenica 18 settembre a Spino d’Adda, dalla Capanna di Betlemme che è stata casa e famiglia per Fabio negli ultimi mesi, partirà una camminata non competitiva per camminare insieme e conoscere, passo dopo passo, le storie di chi viene considerato “invisibile”. Riscoprirli come persone, con la loro dignità e i loro diritti: ad avere una casa e persone che ti vogliono bene, ad avere cibo e l’opportunità di cambiare vita. La quota di partecipazione alla camminata sarà infatti destinata al sostegno della Capanna di Betlemme di Spino d’Adda, per continuare a garantire accoglienza e sostegno alle persone accolte. All’arrivo della camminata, di nuovo alla Capanna di Betlemme di Spino d’Adda, la giornata non finisce. Per chi vuole, si può restare per un pranzo al sacco nel giardino della Capanna e per la Santa Messa in ricordo di Fabio. Per avere maggiori informazioni segui la camminata su Facebook ! Per iscrizioni - presso Segreteria APG23 Crema | Via Battaglia di Lepanto 10 - Marta Lazzari - tel 349 3875513  - Duilio D'Ambrosio - tel 333 7287993
APG23
07/09/2016
Paramilitari ai volontari italiani: «Siamo venuti per restare»
Il 6 settembre volontari italiani di Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, si sono recati nel villaggio di Arenas Altas (regione di Antioquia) in Colombia a seguito dell'allarme lanciato dagli abitanti dell'area per la presenza di un folto gruppo di paramilitari. Volontari internazionali, tra i quali membri di Operazione Colomba, come richiesto hanno accompagnato sul luogo una commissione della Comunità di Pace di San Josè di Apartadò, per monitorare la situazione, raccogliere le testimonianze della popolazione civile e chiedere al gruppo armato di allontanarsi dai terreni di proprietà della Comunità. Durante l'accompagnamento e il monitoraggio dell'area, hanno incontrato un gruppo di 10 paramilitari. Alla richiesta di andarsene e allontanarsi dal villaggio per non esporre la popolazione civile al rischio di scontri armati, i paramilitari, che sulle divise portavano il logo “AGC” (Autodefensas Gaetanista de Colombia), hanno risposto: «Non vogliamo fare del male alla gente, ma la gente si deve abituare alla nostra presenza perché noi siamo venuti per prendere il controllo del territorio che lasceranno le FARC. Siamo disposti a combattere con altri gruppi armati per il territorio». «Destano enormi preoccupazioni queste dichiarazioni da parte dei gruppi paramilitari incontrati dai nostri volontari, soprattutto alla luce della recente conclusione dei negoziati sugli Accordi di Pace, terminati lo scorso 24 agosto all'Avana», commenta Antonio Da Filippis, responsabile di Operazione Colomba, che continua: «Purtroppo già da tempo, proprio in relazione agli Accordi di Pace, stiamo assistendo sul campo a un grande movimento di gruppi armati interessati a contendersi il controllo del territorio e degli spazi che verranno "lasciati liberi dalle FARC" come dicono loro. Questo significa che la popolazione civile si troverà nuovamente in mezzo a violenze, intimidazioni e scontri armati se non ci sarà un impegno immediato da parte delle autorità competenti per evitarlo». Già la mattina del 5 settembre, come denunciato in un comunicato della Comunità di Pace due gruppi di paramilitari con armi lunghe sono entrati nel villaggio di Arenas Altas, mentre i bambini erano a scuola. La loro presenza ha terrorizzato i bambini e spaventato le famiglie che hanno dato subito l'allarme. Il gruppo armato prima di allontanarsi ha comunicato agli abitanti del villaggio: «Vi dovete abituare alla nostra presenza perché siamo venuti per restare». Gli uomini armati sono poi usciti dal villaggio per unirsi, presumibilmente, al resto del gruppo, circa 150 uomini, accampati sul monte di fronte al villaggio.   Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, è presente in quell'area della Colombia, con un progetto di accompagnamento dei civili della Comunità di Pace di San José de Apartadò, dal 2009.
APG23
06/09/2016
La strada NON è la mia casa
Partirà da Località Madonna del Bosco a Spino d'Adda (CR) la camminata non competitiva per raccogliere fondi a favore della Capanna di Betlemme, realtà di accoglienza per senza fissa dimora. «Ci sono poveri che non vengono a noi, dobbiamo andarli a cercare», soleva dire Don Oreste Benzi, e sull'onda di queste parole, nel 1987, è stata aperta a Rimini la prima Capanna di Betlemme per quelle persone che chiamiamo "gli invisibili". Oggi sono 10 tra Italia ed estero e solo nell'anno 2015 hanno accolto 1.454 persone. Le Capanne di Betlemme non offrono solo riparo per la notte, ma puntano al reinserimento sociale degli accolti: sono fondamentali in questo percorso l'instaurarsi di relazioni affettive e la costruzione di progetti individualizzati. In Lombardia sono presenti 2 Capanne: una a Milano, che garantisce pronta accoglienza serale e notturna, e una a Spino d'Adda (CR). Domenica 18 settembre 2016 la Comunità Papa Giovanni XXIII promuove la camminata non competitiva "La strada NON è la mia casa", con l'obiettivo di sensibilizzare e raccogliere fondi a favore della Capanna di Betlemme di Spino d'Adda, realtà di accoglienza per senza dimora presente sul territorio lombardo dall'ottobre del 2014. Il tracciato si snoda lungo un percorso ad anello della lunghezza di 7 km; all'arrivo, i partecipanti alla camminata sono invitati a restare nel giardino della Capanna per condividere insieme un pranzo al sacco e la Santa Messa in ricordo di Fabio, ragazzo accolto proprio alla Capanna e scomparso lo scorso anno. L'offerta per la partecipazione alla camminata è di 6 euro o di 8 euro per ricevere anche la t-shirt in ricordo della giornata.   Scarica la cartella stampa
APG23
06/09/2016
Un Pasto al giorno: rinvio doveroso, ma non pensiamo all’annullamento
In questi giorni sono stati molti i pensieri che hanno attraversato la Comunità circa l'evento di piazza Un Pasto al Giorno previsto, come ogni anno, per il mese di settembre. «Cosa è più opportuno, corretto e rispettoso fare dopo il sisma che ha sconvolto il centro Italia?», ci siamo chiesti. Le considerazioni, sono molteplici e ci hanno aiutato a riflettere e a prendere una decisione. Ecco perché, per rispetto nei confronti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle che hanno perso tutto, anche la vita, con il sisma, crediamo sia più opportuno rimandare il nostro evento al mese successivo: sabato 29 e domenica 30 ottobre, a pochi giorni dal 9° anniversario dalla morte di Don Oreste. Un mese in più non cancella il dolore e la tragedia, ma speriamo che nelle prossime settimane chi è rimasto senza casa possa ricevere una sistemazione dignitosa. Come Comunità, abbiamo già dato ufficialmente disponibilità ai Vescovi di Marche, Umbria, Lazio e delle zone limitrofe per accogliere chi è rimasto senza una casa. La nuova casa famiglia di Spoleto, che è stata inaugurata il 3 settembre, è aperta per chi ha bisogno di un luogo in cui vivere. Questa è la chiamata che ci è propria, quella dell’accoglienza. In questo momento, in cui i soccorsi stanno ancora lavorando e la macchina della solidarietà rischia di muoversi scomposta sull’onda dell’emotività, questo è quello che possiamo fare. Vedremo poi, a emergenza finita, come potremo essere di aiuto alle persone colpite. Questo rinvio arriva alla luce del fatto che, come è giusto che sia in momenti come questo, vi siano delle priorità anche emotive che sentiamo di dover rispettare.  Responsabilmente, dunque, abbiamo deciso di lasciare spazio alle raccolte fondi in favore delle popolazioni colpite, prima tra tutti la colletta promossa dalla CEI nelle chiese italiane domenica 18 settembre. Tuttavia non possiamo scordare che ci sono persone che muoiono di fame in tutto il mondo e che hanno bisogno di mangiare. Ogni giorno. Ecco perché Un Pasto al Giorno non può fermarsi e non si fermerà! Il nostro evento garantisce un pasto al giorno per un anno intero a tante persone in tutto il mondo, ed è un momento fondamentale per permetterci di continuare ad aiutarle. È come quando in famiglia arriva un altro figlio: il nostro amore non si trasferisce dall'uno all’altro, ma si moltiplica...

 In questi giorni abbiamo assistito ad un grande moto di solidarietà proveniente da tutti gli italiani nei confronti dei terremotati e confidiamo che, tutti quelli che hanno 'aperto' il proprio cuore ora, possano lasciarlo aperto e fare spazio anche ai tanti altri che nel mondo hanno ancora bisogno di aiuto.

 Segui Un Pasto al Giorno su facebook e su www.unpastoalgiorno.org.  Ti aspettiamo il 29 e 30 ottobre in piazza per Un Pasto al Giorno!
APG23
05/09/2016
La terra trema, loro accolgono
«Auguro a tutti i membri della Comunità Papa Giovanni XXIII di avere una vista buona per scoprire in ogni persona che bussa alla vostra porta l'immagine di Dio, la sua presenza d'amore». Con queste parole, pronunciate sabato 3 settembre in occasione dell'inaugurazione della Casa Famiglia di Castellocchio (PG), Mons. Renato Boccardo, vescovo della diocesi di Spoleto-Norcia ha voluto incoraggiare Daniele Reggini e Anna Mammola, responsabili della neonata struttura di accoglienza in Umbria. Mentre la terra continua a tremare – a causa dello sciame sismico che consta fino ad oggi di oltre 3.000 scosse da quel tragico 24 agosto che sconquassò le province confinanti di Umbria, Marche e Lazio – anche i due giovani coniugi hanno dato disponibilità ad accogliere gli sfollati nella Casa Famiglia donata dalla diocesi, che in precedenza era casa di accoglienza della Caritas di Spoleto. Dopo tre anni di lavori, in quella zona collinare di 10 ettari si sono sviluppati anche l'oliveto, il frutteto, l'orto, l'allevamento di maiali e pecore che dà agli ospiti della Casa Famiglia la possibilità di vivere il recupero della propria dignità, attraverso il lavoro della terra e la cura degli animali. Ma continuare la condivisione di vita in 12 e aprirsi anche ai terremotati è possibile non tanto perche si è specialisti dell'accoglienza quanto perché – ha spiegato Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Papa Giovanni – «attingiamo la forza ogni giorno dall'Eucarestia. Gesù è il centro delle nostre famiglie: solo se facciamo un "pieno d'amore" possiamo poi essere dono per i poveri!». #FOTOGALLERY:spoleto# Al centro della Casa Famiglia che non a caso è stata chiamata Ain Karim – nome tratto dal vangelo della Visitazione – ha spiegato Anna Mammola - «in cui Maria visita la cugina Elisabetta andando in tutta fretta tra le montagne per lodare le meraviglie compiute da Dio col Magnificat» - c'è infatti la cappellina abbellita dalle abilità di falegname di Daniele e dallo spirito missionario di Anna. Qui con i propri accolti si fermano a pregare ogni giorno e trovano il coraggio di accogliere anche chi a 40 km di distanza ha perso tutto e, come gli altri membri della Comunità Papa Giovanni XXIII della provincia di Perugia, di affrontare le criticità di questo imprevedibile sisma. Nell'area umbra infatti, anche se non si sono registrati crolli di abitazioni, i danni provocati a Norcia e in numerose frazioni perugine hanno determinato l'aumento del numero degli sfollati, più di 1.000 per la maggior parte anziani che non potranno rientrare nelle loro case totalmente inagibili quindi da demolire. Ingegneri della Protezione civile regionale e tecnici comunali in questi giorni stanno effettuando celermente controlli su tutti gli edifici pubblici e in particolare sulle scuole di prossima apertura, predisponendo già in alcuni comuni un avvio di anno scolastico – il 12 settembre - dentro a palestre, caserme o container.
APG23
02/09/2016
Missionario fra i giovani alcolisti, muore in Bolivia
Ci sono persone che dal loro sguardo capisci che hanno l’Infinito dentro di loro e che in esso trovano pace ed energia per essere strumenti profondamente efficaci nella costruzione del Regno Dio mentre apparentemente sembrano insignificanti… Giovanni Forasacco è una di queste persone! Dopo i trent’anni lascia il suo lavoro per dimostrare che un’alternativa al nostro sistema è possibile. Spende molte delle sue energie come operatore di pace nel M.I.R., e nella campagna per l’obiezione fiscale alle spese militari. Amante della terra e del suo ecosistema, per molti anni si dedica alla coltivazione biologica, facendo parte della cooperativa “Le Valli” di san Germano dei Berici. Ma non si sente soddisfatto: la sua conformità a Gesù non l’avverte piena. Conoscendo ed entrando a far parte della Comunità Papa Giovanni XXIII comprende che il suo amore per il creato può coniugarsi con l’amore ai piccoli, ai poveri, agli ultimi, i privilegiati di Gesù! Senza farsi problemi o scrupoli parte missionario per la Bolivia a 54 anni per andare a vivere in piena foresta Amazzonica, nella regione dell’Alto Beni, insieme ad un gruppo di alcolisti per accompagnarli nel loro recupero, persone ormai senza speranza, la cui unica possibilità di sopravvivere era allontanarsi così tanto dalle tentazioni da isolarsi nella giungla. Insieme a loro coltiva banane, caffè, riso, ed annuncia la parola di Gesù traducendo loro “Pane Quotidiano”, il bimestrale con la parola di Dio di ogni giorno e le meditazioni di don Oreste Benzi. Ma soprattutto li ascolta, li sostiene, ed ancor più comprende le loro miserie, li perdona, sa essere veramente misericordioso. Le condizioni di vita in quel posto sono estremamente difficili: caldo umido, miriadi di insetti che ti tormentano tutto il giorno, povertà estrema (edifici senza porte e senza finestre, come letti dei pagliericci). Nessun altro missionario è riuscito a stare lì a lungo, mentre Giovanni sembra aver trovato il suo paradiso, il suo habitat perfetto, donando tutte le sue energie a quegli uomini distrutti dall’alcool e da una vita di stenti. Dopo ben 5 anni di vita in questo angolo sperduto nella foresta amazzonica, ritorna in Italia e tutti riconoscono che è felice: i suoi occhi sono luminosi, il suo sorriso raggiante. Con l’aiuto di donazioni dall’Italia e con dei progetti dell’Unione Europea, da gran lavoratore riesce a costruire un nuovo capannone dove poter vivere più dignitosamente, con una cucina e una mensa degne di questo nome, con i letti con dei materassi di gommapiuma. In maggio di quest’anno rientra in Italia per reperire ancora fondi per continuare questi lavori e il suo viso esprime una serenità che pesca nell’Infinito il suo segreto. E Dio, infinito nell’amore, vede che la missione di Giovanni su questa terra può concludersi e qualcun altro può continuare il suo lavoro: lo chiama a sé il 29 agosto scorso mentre sta lavorando la sua amata terra, a 63 anni. Ora vive pienamente in Dio, l’Eterno presente e l’Infinitamente semplice, e gusta la comunione e l’armonia che con ogni suo piccolo gesto ha cercato di realizzare. Giovanni, aveva lasciato detto agli altri missionari che, in caso di morte, voleva essere sepolto di fronte alla cappella di quella piccola comunità di persone ferite, accanto ad un giovane ospite morto qualche anno fa, Lucio, ragazzo con disagio mentale che aveva scelto Giovanni come sua figura paterna: un ultimo segno di condivisione in quella terra andina. Giovanni viveva nell’atteggiamento del mite secondo una definizione di don Oreste Benzi: «Il mite è colui che sa che la verità e la giustizia di Dio sono fatte per il cuore umano e in forza dell'azione dello Spirito Santo trionferanno». Qualche grammo di lievito è qualcosa di insignificante, eppure può far fermentare e lievitare una massa notevole di farina mescolata con l’acqua. Giovanni si può paragonare davvero a qualche grammo di lievito: la sua esistenza vissuta senza nessun proclamo ma nella più vera concretezza, la sua unione con Dio celebrata nell’attimo presente e nella profondità della sua interiorità, l’amore per il creato che si trasformava in profondo rispetto per l’ambiente, il vivere totalmente nell’essenzialità (tutti ce lo ricordiamo sempre a cavallo della sua bicicletta nei suoi spostamenti in Italia) e negli ultimi nove anni nella piena povertà, il diventare ultimo con gli ultimi, legandosi totalmente alle persone in programma terapeutico con tutte le loro miserie e con tutte le loro ricchezze, ha fermentato la piccola massa di persone con cui è venuto in contatto facendo scorgere la scintilla d’Infinito che dimorava in lui  e che diffondeva tramite la sua semplicità.  Foto di gruppo in Alto Beni Arturo Mottola, missionario della Papa Giovanni XXIII in Argentina e Bolivia-Yacuiba, ricorda così Giovanni, che aveva conosciuto bene: «Ho ancora dentro di me le parole di Roberto Vittori (Responsabile di Zona di Vicenza da cui era originario Giovanni) quando mi chiese di accoglierlo in missione in Bolivia di cui ero Responsabile: “Arturo, ho proprio una persona che vedrai ti aiuterà tantissimo in Alto Beni... è un lavoratore, ma pieno di fede! Sta facendo il PVV (periodo di verifica vocazionale), ma è proprio bravo”. Bastò davvero poco per capire che era proprio così. Dal nostro primo incontro mi resi conto di quanto Giovanni fosse una persona semplice, umile e ricco di valori evangelici. Austero con se stesso ma con cun uore grande per gli altri e soprattutto con i poveri, con i giovani ex-alcolisti in programma terapeutico, con cui condivideva giorno dopo giorno la vita quotidiana nella semplicità e nel nascondimento. Grande uomo di preghiera e sempre pieno di quel desiderio dell'incontro con Gesù che era davvero la colonna vertebrale della vocazione che Iddio gli aveva dato. Davvero Giovanni è stato un grande dono perché ha messo la sua spalla sotto la croce di quei tanti poveri che ha incontrato nella sua vita Missionaria e di Comunità».   
APG23
02/09/2016
Fertility day: famiglie senza bambini
«Spiace che il Piano nazionale per la fertilità proposto dal Ministro Lorenzin abbia suscitato le solite polemiche ideologiche anziché un confronto serio sul tema della denatalità». Così interviene Giovanni Ramonda sul dibattito in corso in merito alla campagna di comunicazione lanciata dal Ministero della Salute, che vede al centro il Fertility day previsto per il 22 settembre. «Come Comunità Papa Giovanni XXIII ci occupiamo da sempre di bambini senza famiglia, ma da un paio d'anni abbiamo lanciato l'allarme per le famiglie senza bambini, che vuol dire senza futuro per tutti – prosegue Ramonda – . Una società senza figli è una società triste, con adulti ripiegati su se stessi. Il nostro fondatore don Oreste Benzi diceva che “ogni bimbo che nasce è il sorriso di Dio sull'umanità”». «Non bastano però degli slogan – conclude Ramonda –, occorrono misure concrete che attribuiscano alla maternità un valore sociale ed economico. Per questo noi abbiamo proposto al Governo Renzi con una petizione on line di dare una sorta di stipendio alle mamme fino al terzo anno di vita del bambino. Un modo efficace per ridare fiducia e rilanciare anche l'economia. Siamo disponibili ad incontrare il Governo per spiegare nel dettaglio la nostra proposta». (nella foto: presentazione a Bologna nel 2015 della proposta di uno stipendio alle mamme)
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