APG23
07/02/2018
«Ritenere che la prostituzione possa essere definito un diritto costituzionale appare come una bestemmia giuridica. Rimaniamo sconcertati di fronte all'idea che si possa sostenere che prostituirsi porti al “pieno sviluppo della persona umana”, come sancito dall'art. 3 della nostra Costituzione».
E' quanto afferma Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità di don Benzi (nella foto), il sacerdote che per primo in Italia ha lottato contro il sistema prostitutivo. Ramonda è intervenuto in merito alla decisione della Corte d'appello di Bari di ritenere fondata l'eccezione in tal senso sollevata in un processo, trasmettendola alla Corte Costituzionale.
«La legge Merlin va aggiornata alla luce del nuovo contesto sociale, ma sempre nella stessa direzione di tutela delle persone, in particolare delle donne. E' necessario ricordare che l'Italia ha ratificato la Convenzione ONU del '49 in cui si stabilisce che “la prostituzione ed il male che l'accompagna sono incompatibili con la dignità umana”». E aggiunge Ramonda: «Oggi la priorità è liberare le schiave; abolire la legge Merlin vorrebbe dire rinunciare ai pochi mezzi che abbiamo per contrastare la tratta delle donne».
La Comunità Papa Giovanni XXIII promuove, insieme ad un cartello di associazioni, Questo è il mio Corpo, campagna di liberazione delle vittime della tratta e della prostituzione. La proposta, ispirata al modello nordico, ha l'obiettivo di ridurre sensibilmente il fenomeno colpendo la domanda e multando i clienti delle prostitute.
APG23
06/02/2018
Verona, giovedì 8 febbraio 2018, Tempio Votivo ore 20.30
Giovedì 8 febbraio alle ore 20.40 Telepace trasmetterà in diretta dalla parrocchia del Tempio Votivo di Verona “Migrazione senza tratta. Sì alla libertà, no alla schiavitù” , in occasione della quarta Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di esseri umani.
Sonia (nome di fantasia), era stata venduta dalla mamma in Nigeria all’età di 5 anni. Dopo anni di abusi e violenze subiti ha deciso di scappare, poco più che adolescente, per l’Italia, dove è stata costretta per anni dal racket a vendersi come prostituta. All’età di 20 anni, salvata dalle Forze dell’ordine, è oggi ospite di una casa protetta della Comunità Papa Giovanni XXIII ed è finalmente libera di raccontare, per la prima volta, la propria storia. Lo farà a Verona, nel piazzale stazione, l’8 febbraio alle ore 20.30 .
A 60 anni, il 20 febbraio, dall’approvazione della Legge Merlin contro le case chiuse, Il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia presiederà la veglia “Migrazione senza tratta. Sì alla libertà, no alla schiavitù”, in memoria di Santa Bakhita, schiava bambina sudanese proclamata Santa nel 2000.
Fra le testimonianze ci saranno anche quella di Gennaro Giudetti, giovane volontario durante le stragi dei migranti nel Mediterraneo, e la voce di un giovane siriano arrivato con un corridoio umanitario.
Saranno presenti:
Francesco Moraglia, patriarca di Venezia
Giuseppe Zenti, vescovo di Verona
Beniamino Pizziol, vescovo di Vicenza
Pierantonio Pavanello, vescovo di Adria - Rovigo
Ugo Ceron, responsabile per il Veneto della Comunità Papa Giovanni XXIII
L’evento proseguirà poi all’interno del Tempio Votivo. La conclusione è prevista intorno alle 22,30. L'iniziativa è organizzata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII in collaborazione con le Suore Canossiane di Verona, Centro di pastorale adolescenti e giovani della Diocesi di Verona, Fondazione Cattolica Assicurazioni. Hanno aderito: Forum delle Associazioni Familiari del Veneto, Famiglie per l'Accoglienza, Caritas Nord-Est, Movimento dei Focolari Italia, Cisl Veneto.
L'evento è collegato alla campagna nazionale Questo è il mio corpo ; la raccolta firme riconosce il cliente fra i responsabili dello sfruttamento delle donne ai fini dello sfruttamento sessuale.
Spiega Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII: «La prostituzione è una violazione della dignità fondamentale della donna ed una violenza di genere. Questa ragazze, per la maggioranza, arrivano da paesi di degrado ed estrema povertà; vengono vendute dalla famiglia, ingannate. Ecco il motivo per cui non si può pensare di risolvere il problema della tratta degli esseri umani ai fini dello sfruttamento sessuale legalizzando riesumando soluzioni obsolete come quella delle case chiuse».
Prima dell’evento sarà possibile incontrare i protagonisti della serata.
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Cartella stampa: intervista a Ramonda 2018, foto e video dall'edizione 2017
APG23
05/02/2018
Arrivano per la prima volta i dati reali sullo spreco alimentare nelle nostre case, calcolato su un campione di 400 famiglie: tra ciò che rimane nel piatto, che va a male nel frigorifero e che scade nella dispensa, ogni italiano butta nella spazzatura circa 100 grammi di cibo al giorno. In un anno, 37 kg pro-capite, per un valore di 250 euro (DATI PROGETTO REDUCE – DIARI DI FAMIGLIA).
Un costo significativo, dunque, che va a gravare sul bilancio delle nostre famiglie. Ma lo spreco, oltre ad essere un problema economico, è anche moralmente inaccettabile in un mondo in cui ¼ del cibo che viene buttato via potrebbe sfamare milioni di persone che soffrono la fame.
Forse non ci abbiamo mai pensato, ma la fame e il spreco sono le due facce della stessa medaglia – o, per dirla con le parole di Papa Francesco: “Il cibo che buttiamo via è come se lo avessimo rubato dalla mensa di chi è povero, di chi ha fame”. Certo, non è possibile impacchettare ciò che giace nel cassetto del frigorifero o sta per scadere nella dispensa e spedirlo a chi non ha da mangiare, ma abbiamo il dovere di agire. Come?
Promuovendo una cultura che riconosca la nostra condizione privilegiata e che punti ad un uso più misurato e consapevole del cibo. Compiendo piccoli gesti quotidiani, che devono diventare buone abitudini, per evitare gli sprechi, di qualsiasi natura essi siano. E tenendo bene a mente che, per qualcuno, riutilizzare ciò che altri avanzano o buttano è una questione di sopravvivenza.
In Zambia la gente dei compound compra nei retrobottega dei macellai le ossa dei maiali, le zampe e le teste delle galline: non possono permettersi altro per preparare il brodo da accompagnare alle verdure stufate e all’inshima, la polenta di mais. In Cile i più poveri tra i poveri raccolgono dai banchi del mercato le foglie di lattuga, i ciuffi di carote, i pomodori troppo maturi: sono gli ingredienti con cui cucinano la zuppa, spesso l’unico pasto della giornata. Senza andare così lontano, sono sempre di più gli italiani che contano sulle mense popolari e sui pacchi alimentari – non solo le persone senza fissa dimora, ma anche i nostri vicini di casa.
Il libro #IOSPRECOZERO nasce proprio da qui: dal bisogno di affermare che la dignità di chi è meno fortunato di noi passa anche dal trattare con rispetto ciò che abbiamo, senza sprecarlo. E dalla convinzione che ciascuno di noi possa fare la sua parte per cambiare le cose, partendo da quei gesti che compiamo senza nemmeno pensarci e supportato dai giusti strumenti. Ad esempio, le ricette proposte da #IOSPRECOZERO recuperano proprio quegli ingredienti che maggiormente buttiamo via (latticini, frutta e verdura, prodotti da forno) e spiegano come portarli in tavola oppure utilizzarli in modo alternativo.
#IOSPRECOZERO, che è stato pensato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII a sostegno della campagna Un Pasto al Giorno, parte dallo spreco di cibo per invitare tutti a restituire il giusto valore alle cose della vita – gli oggetti che possediamo, le risorse che impieghiamo, il tempo che abbiamo a disposizione. Perché se sprecare significa, letteralmente, “mandare in malora”, allora il rischio è quello di buttare via il futuro di ciascuno di noi.
APG23
01/02/2018
«La novità della vita e la gioia che essa genera sono possibili solo grazie all’agire divino», sono «dono di Dio», ma anche «compito affidato all'uomo, perché ne richiedono la responsabilità».
Lo sottolineano i vescovi italiani nel Messaggio per la quarantesima Giornata nazionale per la Vita del 4 febbraio 2018. «La grazia della gioia è il frutto di una vita vissuta nella consapevolezza di essere figli che si consegnano con fiducia e si lasciano 'formare' dall’amore di Dio Padre». Ed è anche «l’esito di un’esistenza cristica, abitata dallo stesso sentire di Gesù».
E proprio “il Vangelo della vita, gioia per il mondo” è il titolo dell’evento che si terrà a Rimini in occasione della Giornata nazionale per la Vita. Nella centrale piazza Tre Martiri, sabato 3 febbraio a partire dalle 15,30, ci sarà una festa con danze, testimonianze e canti per celebrare il dono della vita.
L’evento è promosso da Associazione di Comunità, Associazione Medici Cattolici, Azione Cattolica, Centro di Aiuto alla Vita, Comunità Papa Giovanni XXIII, Difendere la Vita con Maria, Famiglie per l'Accoglienza, Forum Associazioni Familiari, Movimento per la Vita, Rinnovamento nello Spirito Santo, Ufficio Diocesano per la Pastorale Familiare.
«I segni di una cultura chiusa all’incontro», ha più volte detto Papa Francesco, «gridano nella ricerca esasperata di interessi personali o di parte, nelle aggressioni contro le donne, nell’indifferenza verso i poveri e i migranti, nelle violenze contro la vita dei bambini sin dal concepimento e degli anziani segnati da un’estrema fragilità. ll mondo di oggi ha bisogno invece della gioia che viene dalla presenza di Dio e si aspetta dai cristiani l’annuncio della Buona Notizia per vincere la cultura della tristezza e dell’individualismo, che mina le basi di ogni relazione».
(in caso di maltempo l’evento si terrà in Sala Manzoni – Via 4 Novembre, 35)
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APG23
29/01/2018
Ricorre l'8 febbraio la quarta giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di esseri umani in memoria di Santa Bakhita, schiava sudanese proclamata Santa nel 2000.
Sabato 10 febbraio 2018 alle 17 a Piacenza partirà da Via Malta la fiaccolata “Migrazione senza tratta”, che vuole ricordare i 21 milioni di vittime della schiavitù moderna nel mondo. Si stima che siano fra le 75.000 e le 120.000 in Italia le donne vittime di tratta ai fini della prostituzione.
L'evento si concluderà con la celebrazione dell'Eucarestia in Cattedrale, da parte del vescovo Gianni Ambrosio.
Durante il cammino verranno letti alcuni brani dal libro “Non siamo in vendita, schiave adolescenti lungo la rotta libica. Storie di sopravissute” di Irene Ciambezi. All’interno della cattedrale una mostra fotografica racconterà la vita di don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, associazione che è attiva in città con unità di strada contro la prostituzione e la tratta.
Aderiscono la Consulta delle Aggregazioni laicali della Diocesi di Piacenza — Bobbio; Cisl; con il patrocinio del Comune di Piacenza.
L'evento è collegato alla campagna nazionale Questo è il mio corpo: la rraccolta firme riconosce il cliente fra i responsabili dello sfruttamento delle donne ai fini dello sfruttamento sessuale.
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APG23
24/01/2018
Don Girolamo Flamigni (a destra nella foto), conosciuto anche come Don Mino, classe '32, era originario di Predappio in provincia di Forlì. Ha conosciuto don Oreste Benzi all’inizio degli anni sessanta. «Avevo sentito parlare di lui — ha raccontato nel 2009 in un'intervista al mensile Sempre — quando ero rettore del Seminario di Bertinoro –. L'avevo chiamato per tenere gli esercizi spirituali ai ragazzini delle scuole medie. Mi aveva colpito come Don Benzi riusciva a catturare la loro attenzione, a suscitare il loro entusiasmo. Colsi giaÌ€ in quel primo incontro quella sua caratteristica particolare per cui, pur parlando a tutti, sembrava rivolgersi a ciascuno a tu per tu».
Fu lo stesso Don Oreste a chiedergli di essere il suo confessore. «Una volta, per non mancare alla confessione, tornoÌ€ dalla Tanzania e ripartiÌ€ la sera stessa per lo Zambia»!, ha raccontato Don Mino al mensile Sempre.
«Oggi so come faccio ad amare il mio Dio: gli do la mia vita», è l'invito rivolto ai fedeli da Don Mino in questa sua meditazione che è stata registrata durante una 3 giorni di spiritualità.
Nella notte fra il 23 e il 24 gennaio 2018 Don Mino si è riunito in cielo a Don Oreste Benzi (leggi l'articolo su ForliToday). Lo stesso Don Mino, diventato parroco nella Parrocchia di San Paolo a Forlì (per i suoi 60 anni di sacerdozio nel 2015 la chiesa era gremita), è riuscito a parlare al cuore dei suoi fedeli, come dimostrano le centinaia di messaggi che sin da subito sono iniziati a diffondersi via WhatsApp e sulla rete.
La messa esequiale sarà presieduta da Mons. Lino Pizzi venerdì 26 gennaio alle ore 15 nella Cattedrale di Forlì; partenza alle ore 14.30 dalla Parrocchia di San Paolo.
Il saluto della Comunità Papa Giovanni XXIII
Giovani Paolo Ramonda, che oggi è il Presidente della Papa Giovanni XXIII, ha conosciuto don Mino quasi per caso, durante un incontro di preghiera a Fossano, in provincia di Cuneo. È stato proprio Don Girolamo a parlargli per la prima volta di Don Oreste Benzi e a fargli incontrare la Comunità: «Il suo sorriso umile e sincero ci ha accompagnato sempre in questi 50 anni di Comunità Papa Giovanni XXIII. Da parte mia va a Don Girolamo un grazie particolare, perché devo a lui l'incontro con la Comunità Papa Giovanni XXIII. Sacerdote, confessore di don Oreste, era un innamorato di Dio e amico dei poveri: Don Mino ha insegnato a noi tutti il valore della preghiera e dell’importanza della Parola di Dio. Oggi abbiamo un santo in più in Paradiso; don Mino intercede per noi, per la Chiesa e per il bene dell’umanità».
È stato sempre accompagnato dai parrocchiani
Racconta Marinella Mussolini: «Negli ultimi due anni pian pianino l’abbiamo accompagnato, con un gruppo della parrocchia e di varie associazioni. E ci siamo turnati giorno e notte in questo ultimo periodo per non lasciarlo mai da solo».
Marinella collabora con la segreteria della Comunità Papa Giovanni XXIII per la Romagna. Ha assistito don Girolamo in una struttura della cooperativa Paolo Babini, che Don Mino aveva fondato: «Si è spento in una casa famiglia intestata a Don Amedeo Pasini, un prete che è cresciuto insieme a lui, morto qualche anno fa. Insieme avevano costruito la parrocchia di San Paolo, e insieme ci hanno aiutato come Comunità Papa Giovanni XXIII ad aprire la comunità terapeutica di Fornò per persone affette da dipendenze. Entrambi si sono spesi tanto per i poveri».
«È rimasto lucido fino all’ultimo — aggiunge —, distribuendo grandi sorrisi quando non riusciva più a parlare. Era sereno, desiderava moltissimo arrivare lassù. È sempre stato generoso anche nella malattia, a 85 anni è sempre rimasto raggiante».
Messaggi a Don Girolamo Flamigni, dai tuoi fedeli
Un grande Grazie al Signore per il dono che è stato per tutti noi e per don Oreste . Immagino la gioia dell'abbraccio tra loro due in Paradiso..
Grazie Don Mino per quello che sei stato , e non solo per noi , nel annunciare Cristo Signore con coraggio e con passione viva. Preghiamo perché Dio Padre abbia misericordia e possa fare festa insieme a tutti i santi
Grazie per tutto ciò che ci hai insegnato e scusa se negli ultimi. Non ti sono stato vicino mi dispiace moltissimo
Grazie per avermi sostenuto e guidato nel mio cammino spirituale in parrocchia . Dom Mino e Don Oreste pregate per noi
Grazie Don Mino per la tua presenza tra noi, sei stato per noi esempio del Vangelo vissuto e incarnato!! Grazie perché ci hai sostenuto e accompagnato nel nostro cammino al matrimonio!! Ci mancherai!!
#FOTOGALLERY:DONMINO#
Pur nel silenzio e in umiltà il Signore si è servito di don Mino per far conoscere a Paolo Ramonda la comunità Papa Giovanni e oggi abbiamo il responsabile generale anche grazie a lui. È stato confessore di don Oreste. Una volta il don mi ha detto di don Mino: non ho mai conosciuto un uomo con una fede così grande! Anche io sono in comunità grazie a lui. Un grande grazie al Signore!
Ciao Don Mino
Don Amedeo mi ha riaperto gli occhi, tu mi hai accompagnato ogni giorno e mi hai fatto scoprire la Comunità e la vocazione; Don Oreste mi ha accolto nella sua famiglia. Mi sento davvero di dover ringraziare per questi doni che da oggi ci aiuteranno da lassù a mani congiunte. Ciao Don Mino
Grazie don Mino per la tua presenza nella nostra famiglia
vogliamo ricordarlo così, ci hai insegnato che il perdono è una grazia, che quando eri nel momento di sconforto sentivi bussare alla porta e dicevo "Chi è? " era Don Mino che era venuto a trovarci e a confessarci.Grazie Don
Grazie don Mino per la tua semplicità evangelica, la tua fede, il tuo amore ai poveri. Con don Oreste pregate per la Chiesa e la Comunità.
Caro don Mino,porterò nel mio cuore il tuo sorriso,la tua pacatezza e la tua umiltà! Grazie di ⤠x essere sempre stato vicino alla comunità!
Grazie d.Mino carissimo x essermi stato vicino... Il mio cammino in
Casa famiglia, la consacrazione e il perdono !!
Oggi stesso ti penso in paradiso...buon viaggioðŸ™
Ricordo ancora il colloquio avuto con te al ritorno dalla Campigna era un mese che ero in comunità le tue parole sono state una profezia.
Ti voglio bene ciao Don
Ora sei già con Don Oreste e Don Amedeo, i tuoi fratelli speciali, non hai mai avuto paura della morte perché la tua fede era come la roccia, e ne hai sempre parlato con occhi che brillavano quasi pregustassi l’incontro con il padre. Continua ad amarci come hai sempre fatto. Ciao Don Mino
Grazie don mino che ci hai amatiðŸ™ðŸ»
Mi sento di ringraziare in modo particolare don Mino perché mi ha indirizzata da giovane nel cammino con i poveri..e per la grande testimonianza che è stato per la zona di Forlì e per la città di Forlì come pioniere nella condivisione con gli ultimi. Che il Signore lo accolga nel suo caldo abbraccio desiderato tanto dal suo cuore! ðŸ™
Voleva il suono Delle campane a festa il giorno della sua salita al cielo. Mio caro Don Mino mio caro
Don Mino coi suoi: "Fidati..., fidati" e "Una santa fregatura", mi è stato stimolo importante per superare tanti momenti faticosi. Grato rimpiango.
APG23
16/01/2018
Dal 15 al 22 gennaio il Papa farà una visita pastorale in Cile e Perù. Gianni Casadei, romagnolo, è missionario in Cile dal 1996 (la Comunità di don Benzi arriva nel Paese andino nel 1994) ed è il responsabile della zona Los Andes che comprende Cile e Argentina. Abbiamo rivolto a Gianni alcune domande, per comprendere meglio l’importanza della visita del Santo Padre nel continente latinoamericano.
Secondo te qual è l'importanza del viaggio del papa in Cile? Quali sono le aspettative del popolo cileno rispetto a questa visita di Papa Francesco?
Purtroppo in Cile oggi ci sono molte disaccordi per la venuta del Papa, ci saranno proteste ma anche feste, però per noi cattolici c’è la speranza di aprire nuovi dialoghi rispetto al tema della ristrutturazione anche del mondo ecclesiastico, che ha vissuto momenti difficili dovuti ai problemi della pedofilia. Poi ci aspettiamo un’apertura maggiore della società verso la cultura indigena e sulla problematica dell’immigrazione, della povertà, dell’uguaglianza e dei diritti umani.
Come Comunità Papa Giovanni andrete ad incontrare il Papa? Parteciperete a qualche momento della sua visita?
Sì, come Comunità Papa Giovanni XXIII, insieme ai nostri “piccoli” manderemo alcune persone in delegazione: disabili, ragazzi della comunità terapeutica e di altre realtà di condivisione per partecipare all’eucarestia organizzata il giorno 16 gennaio alle 10:00 a Santiago al “Parque O'Higgins”. L’attesa sarà animata con canti e preghiera, visto che l’entrata è alle 05:00 di mattina. Ci evidenzieremo con una maglietta creata appositamente per questo evento. Io, assieme a mia moglie Gabriela Castillo, come rappresentante dell’APG23, saremo invitati dal Nunzio Apostolico Mons. Ivo Scapolo alla Nunziatura a porgere un saluto personale a Papa Francesco, dove doneremo un piccolo ricordo come Comunità e chiederemo al Santo Padre una benedizione per alcune medagliette per poi darla ad ogni fratello di comunità della zona de los Andes.
#FOTOGALLERY:chile#
La Comunità Papa Giovanni XXIII è presente in Cile dal 1994, condividendo la vita con i più emarginati e indifesi. Uno dei punti più importanti è l'impegno per rimuovere le cause che creano l'ingiustizia strutturale. In questi anni quali sono stati i passi compiuti dalla Comunità in questo senso?
Oggi la Comunità è impegnata nel far conoscere la sua specifica vocazione, sia negli ambiti statali sia della Chiesa. Molte persone sono attratte dal nostro stile di vita, perché cerchiamo di intervenire in modo concreto in diversi ambiti (infanzia, immigrazione, tossicodipendenti, persone con handicap, e persone della strada) attraverso i progetti e grazie alla gelateria “GigiBontà” che oggi è anche un modo per far conoscere la APG23. Promuoviamo anche campagne, come “Un Pasto al Giorno” e partecipiamo ai momenti di dialogo per promuovere il diritto della vita, ecc.
Il Cile oggi: quali sono secondo te le problematiche più urgenti, le piaghe aperte della società cilena?
Innanzitutto penso al tema della salute: ci sono problemi di efficienza, equità e mancanza di solidarietà. In Cile c'è un'importante disuguaglianza nel finanziamento della salute tra il settore pubblico e privato e tra i ricchi e poveri della popolazione. Anche il tema dell’educazione è quanto mai scottante. Una delle riforme di Pinochet è stata quella di organizzare l'istruzione con criteri commerciali a scopo di lucro. Poi c’è il mondo del lavoro: siamo ancora lontani da poter offrire a tutti un lavoro dignitoso. L'occupazione in Cile è non protetta, nel senso che predomina il lavoro precario e di bassa qualità, con i suoi molteplici effetti negativi sulla salute professionale, stabilità occupazionale, bassi salari. Un’altra problematica è quella che riguarda il popolo Mapuche. Il 25 agosto scorso, il Comitato per l'eliminazione della discriminazione razziale dell'ONU, ha raccomandato che lo Stato del Cile prenda «le misure necessarie per accelerare il processo di restituzione delle terre ancestrali alle popolazioni indigene e stabilire un meccanismo specifico per riconoscere i diritti delle popolazioni indigene su terre e risorse naturali». Anche la disuguaglianza sociale è una piaga aperta: negli ultimi venti anni il Cile ha avuto una solida crescita economica che si è manifestata in un raddoppio del reddito pro capite e una notevole riduzione della povertà assoluta. Tuttavia, persistono disuguaglianze e livelli di reddito inaccettabili e qualità della vita.
Quali sono invece i punti di forza della cultura e della società cilena?
I punti di forza del nostro paese in questo momento sono principalmente il fatto che sta avanzando nell'uguaglianza dei diritti tra uomini e donne, riducendo la discriminazione contro le donne in diversi settori della società. La società è sempre più sensibile per l'arte e la cultura, che vengono promosse sia nelle scuole che nei comuni e in altri casi di raggruppamento sociale.
APG23
11/01/2018
A 10 anni dalla scomparsa di Don Oreste Benzi, da molti ricordato come il “prete dalla tonaca lisa”, 12 eventi distribuiti nell'anno ricordano in Sicilia e Calabria il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII. Occasioni di riflessione e di proposta di buone prassi, approfondiscono l'attualità del pensiero del sacerdote riminese.
Prossimo appuntamento sarà il 17 gennaio 2018, dalle 16 alle 19 a Catanzaro, nei locali della Parrocchia santa Maria della Pace in via della Resistenza.
Alla presenza di Vincenzo Bertolone Arcivescovo di Catanzaro-Squillace e Presidente della Conferenza Episcopale Calabra, titolo dell'iniziativa sarà “ Dignità della Persona: tutte le volte che cadrai ti solleverò ”. Seguirà la testimonianza di Don Aristide Raimondi, Parroco di Librino e membro della Comunità Papa Giovanni XXIII. Concluderà Giovanni Paolo Ramonda, Presidente dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII.
Spiega Ramonda, che dal 2008 ha raccolto l’eredità di don Benzi: «Il percorso fa tappa in due terre – Sicilia e la Calabria – che più di altre rischiano di rimanere soffocate da povertà, fuga dei giovani, disabili che non trovano risposta nelle politiche sociali al bisogno di vita dignitosa. Don Oreste ha dedicato tutta la propria vita a loro e alla tutela dei diritti degli emarginati e degli ultimi, insegnandoci che “la devozione senza la rivoluzione non basta”».
Prossime tappe saranno Palermo, Siracusa, Locri, Caltagirone, Scicli, Lamezia Terme, Reggio Calabria, Trapani e Acireale.
CHI ERA DON ORESTE BENZI: Giovane sacerdote nato nel 1925 nell'Italia martoriata del dopoguerra, spende la propria vita a favore degli ultimi e propone ai giovani « Un incontro simpatico con Cristo ». Nel 1968 con un gruppetto di ragazzi e alcuni altri sacerdoti dà vita all’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, che conta oggi oltre 400 case famiglia e realtà di accoglienza in tutto il mondo. È il primo in Italia a lottare contro la cultura della prostituzione e a denunciare la tratta delle donne; con la sua lunga tonaca scura ed il rosario in mano negli anni '70 ed '80 incontra le donne vittime del racket proponendo loro la liberazione immediata e l’inizio di una vita nuova.
Oggi sono 10 in Sicilia e 6 in Calabria le case famiglia e realtà di accoglienza della Comunità, cui si aggiungono 1 cooperativa sociale, 2 centri diurni per le persone con disabilità, famiglie affidatarie ed unità di strada contro l'emarginazione.
Ufficio stampa: Marco Tassinari, 328.1187801
Scarica le locandine: https://www.dropbox.com/sh/wpsr6mqzxq7g6c0/AADy024U_ykQnNOEezzasWZba?dl=0
APG23
30/12/2017
UPDATE: Il Viceministro agli Affari Esteri Mario Giro in una nota prende posizione da parte del Governo italiano: «Auspico che il governo colombiano ponga al più presto un argine a queste violenze perché sia preservato il processo di pace».
I volontari di Operazione Colomba, il Corpo di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, sono stati testimoni di un attacco armato in Colombia. E' successo la mattina del 29 Dicembre, alle 10:15 ora locale, presso la Comunità di Pace di San José de Apartadò, in Colombia.
Quattro uomini armati appartenenti a gruppi neoparamilitari hanno cercato di assassinare il leader della Comunità di Pace, Germàn Graciano Posso. Da anni la Comunità di Pace di San Josè ha scelto di non partecipare in nessun modo, diretto o indiretto, ad un conflitto armato che sta provocando profughi e vittime. I volontari italiani di Operazione Colomba proteggono, con la loro presenza, le persone che vivono nella Comunità di Pace.
«Si tratta di un attacco preannunciato. Nelle ultime settimane le minacce ai membri della Comunità di Pace si sono intensificati» commenta Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità di Don Benzi. «Ribadiamo la necessità di un deciso intervento da parte dello Stato colombiano e della Comunità internazionale per fermare e smantellare i gruppi neoparamilitari, condizione necessaria per arrivare alla Pace. — continua Ramonda — Proprio la settimana scorsa abbiamo lanciato la proposta che il prossimo Governo Italiano istituisca un Ministero della Pace: una scelta che favorirebbe esperienze come quella di Operazione Colomba per la promozione concreta della Pace».
I paramilitari hanno cercato di rinchiudere in una stanza diversi membri della Comunità presenti, minacciandoli di morte con le loro armi. Questi sono riusciti a disarmarli e a immobilizzarne due. Nella colluttazione sono rimasti leggermente feriti i due aggressori, German e altri membri della Comunità. I due uomini sono sati trattenuti in attesa dell’arrivo della Defensoria del Pueblo, organo istituzionale con lo scopo di monitorare e tutelare i Diritti Umani.
Nel comunicato divulgato, la Comunità di Pace di San Josè riferisce di aver interloquito con il Vicepresidente della Repubblica Colombiana, General Óscar Naranjo, il quale “ha promesso di esaminare l'enorme complicità della Forza Pubblica presente nella regione” che è, secondo la Comunità di Pace, “il fattore chiave della grande libertà di azione con la quale i paramilitari si muovono nella zona”.
APG23
29/12/2017
I senza fissa dimora della stazione Pescara, alle ore 19 dell’ultimo giorno dell’anno, riceveranno una visita inaspettata. I volontari della Capanna di Betlemme di Chieti verranno insieme a giovani da tutta la provincia per invitare specialmente chi non può permettersi di pagare: li accompagneranno a Chieti al cenone di fine 2017.
Alle 19.45 l’appuntamento sarà nella Chiesa di Santa Maria della Civitella a Chieti per la Santa Messa, per proseguire poi con i festeggiamenti alle 21 nel vicino ex chiostro delle suore Osoline, in via G.Ravizza 107 a Chieti. Circa 300 posti sono già prenotati per fare festa insieme agli emarginati dalla società.
La Capanna di Betlemme è uno stile di accoglienza per i senza fissa dimora ideato da Don Oreste Benzi, in cui persone comuni condividono 24 ore al giorno la vita con i più poveri. L’esperienza è stata avviata a Chieti dalla Comunità Papa Giovanni XXIII nel 2015.
«Festeggeremo con persone e famiglie del territorio che non possono permettersi una cena ed una festa; ci saranno due piste da ballo, con musica da discoteca e con cover di cantautori. Una sala per giochi da tavolo permetterà di socializzare a chi non ama ballare», spiega Luca Fortunato, che vive nella Capanna di Betlemme insieme ai suoi 60 accolti. E aggiunge: «Festeggeremo insieme: l’indifferenza verso chi è povero e solo uccide la dignità della persona, mentre l’amicizia e la condivisione restituiscono loro la vita».
Il primo giorno del 2018, alla sera, i festeggiamenti proseguiranno nella stazione di Pescara con i giovani che porteranno pizza, bevande e chitarre.
Per informazioni ed adesioni è disponibile il numero WhatsApp 347.7524671
Scarica il volantino e scopri le altre iniziative in tutta Italia: Campi di volontariato
APG23
28/12/2017
Il 20 dicembre di ogni anno ricorre l’International Human Solidarity Day dichiarato con una risoluzione del 22 dicembre 2005 (A/RES/60/209). È uno dei tanti International Days stabiliti dall’Assemblea Generale dell’ONU negli anni.
Qui potete trovare l’elenco completo di tutti gli international days ONU: http://www.un.org/en/sections/observances/international-days/
Uno dei tanti, è vero… Giusto due giorni prima (il 18 dicembre) viene celebrata la giornata internazionale dei migranti, e solo qualche giorno prima (il 10 dicembre) la giornata internazionale dei diritti umani. Uno dai tanti ed anche l’ultimo. L’ultimo international day ONU di ogni anno. Un po’ come, ultimo tra gli ultimi, è anche il diritto umano di Solidarietà Internazionale.
Un diritto umano che promuoviamo e difendiamo nell’ufficio di Ginevra e un po’ in tutta la vita della Comunità. Perché il rispetto della persona e della sua dignità passa proprio dal rispetto dei suoi diritti umani e dalla piena realizzazione del suo diritto umano allo sviluppo. Perché crediamo che le ingiustizie vadano combattute ogni giorno stando accanto al povero ma anche combattendo le cause profonde che le generano. Perché l’ingiustizia che il povero subisce è anche la nostra ingiustizia e non possiamo non lottare per rimuovere quei fattori che la producono. Perché come scrive Francesco Gesualdi su Avvenire, ricordando le parole del suo maestro don Milani: «È evidente che oggi bisogna con una mano manovrare le leve profonde (politica, sindacato, scuola) e con l’altra le leve piccine ma immediate dell’elemosina».
Perché come diceva sempre il nostro caro don Oreste Benzi bisogna portare avanti non solo una solidarietà post-factum ma soprattutto una solidarietà ante-factum che rimuove le cause profonde della vulnerabilità di tanti paesi e popolazioni. E qui a Ginevra abbiamo proprio insistito su questo concetto tanto che ora è stato recepito dall’Esperto Indipendente sui diritti umani e la solidarietà internazionale ed è entrato nella bozza di dichiarazione del diritto di solidarietà internazionale con la terminologia di solidarietà preventiva (vedi l’Art. 2 lett. a-A/HRC/35/35).
Don Oreste ripeteva spesso: «Non diamo per carità quello che è dovuto per giustizia». Per questo la solidarietà non può rimanere solo un principio di cui ci ricordiamo solo magari sotto le feste, ma deve distillarsi in un diritto umano. Perché la Carità - da sola - non basta. Deve accompagnarsi alla Giustizia. Perché «il diritto alla solidarietà internazionale è il diritto umano in base al quale ogni individuo e ogni popolo, su una base di eguaglianza e non discriminazione, ha il diritto di partecipare significativamente, di contribuire e di beneficiare di un ordine internazionale e sociale in cui tutti i diritti umani e le libertà fondamentali possono essere pienamente realizzate».[1]. Che detto in questo modo suona più che mai complicato… ma significa semplicemente che siamo un’unica famiglia umana e la difficoltà del mio fratello e della mia sorella, anche se lontani da me, anche se diversi da me, mi interpellano.
[1] Riferimento all’art. 3 – definizione del diritto di solidarietà internazionale Annex to A/HRC/35/35 - http://ap.ohchr.org/documents/dpage_e.aspx?si=A/HRC/35/35
APG23
26/12/2017
Come ogni anno abbiamo festeggiato insieme ai nostri amici di strada il pranzo del Natale e siamo stati circa 100 persone, compresa qualche famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII. Il pranzo si è svolto alle ore 13.00 del 25 dicembre presso la Colonia Stella Maris e oltre al mangiare, le famiglie hanno animato il pomeriggio con una tombola con premi per tutti e per tutte le età –erano presenti circa 15 bambini e ragazzi. Alla fine come tradizione è arrivato Babbo Natale che ha chiamato ognuno dei presenti e ha consegnato loro il regalo personalizzato preparato dai volontari. In questa mega festa si sono aggregate anche 2 case di profughi della zona di Rimini (una per minori non accompagnati e una per neo maggiorenni).
Nel 1987 nasceva la Capanna di Betlemme, grazie ad una provocazione di Don Oreste Benzi: «Ci sono poveri che non ci vengono a cercare, siamo noi che dobbiamo andare a cercare loro…». E ancora oggi i volontari vanno in stazione tutte le sere (compreso Natale, Pasqua, Capodanno, con neve, pioggia, etc.) facendo accoglienza e vivendo insieme a chi sta in strada. E cercando di creare ogni sera un ambiente familiare, si incontrano tante storie. Quest'anno compiamo 30 anni e la Capanna si è ormai trasformata da prima accoglienza (circa 10 posti) a famiglia per qualcuno. Alla Capanna tutti i giorni dovrebbero essere una festa, tutti i giorni dovrebbe essere Natale, come quando arriva il 25 dicembre ogni anno: perché si celebra la venuta di Gesù in ognuno di noi.
Don Oreste spiegava così il nome dato alla struttura che ospita gli homeless: «Ci chiedemmo “Come la chiamiamo?”. Io ho pensato che duemila anni fa altre tre persone cercavano un alloggio per passare la notte ma ovunque bussavano ricevevano la stessa risposta: “non c'è posto, non c'è posto!” Essi si rifugiarono in una grotta, in una capanna diciamo oggi, vicino a Betlemme, poco lontano da Gerusalemme, dove persone e animali vivevano assieme, c'era anche una mangiatoia. Chi erano quei tre? Maria, Giuseppe e il bambino nel seno materno che stava per nascere, Gesù. E allora decidemmo di chiamare quella casa colonica "Capanna di Betlemme"».