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APG23
24/05/2018
Forlì: da 42 paesi diversi in migliaia all’Assemblea della Papa Giovanni XXIII
I volontari di don Benzi si incontreranno a Forlì da venerdì 25 a domenica 27 maggio. Per l’Assemblea Internazionale della Comunità Papa Giovanni XXIII - al Palafiera di Forlì - sono attese migliaia di persone provenienti dai 40 paesi del mondo in cui l’APG23 è presente. «Sarà un incontro speciale perché quest'anno stiamo festeggiando 50 anni della Comunità. Vogliamo seguire l'invito di Papa Francesco che vuole una Chiesa animata da un dinamismo di uscita, da un permanente esodo, una Chiesa che deve dunque uscire da se stessa. E anche la Comunità Papa Giovanni XXIII intende essere una sorta di “ospedale da campo” del mondo – ha affermato Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità - Nel 1968 Don Benzi iniziò una sfida che oggi ci vede impegnati in 42 paesi nel mondo”. Le Messe saranno celebrate da Mons. Livio Corazza, Vescovo di Forlì, e da Mons. Douglas Regattieri, vescovo di Cesena. Ospite d'eccezione sarà don Ernest Simoni, il sacerdote che subì la persecuzione del regime comunista in Albania, scontando 28 anni di lavori forzati. Simoni continuò a celebrare la Messa di nascosto durante la prigionia, divenendo padre spirituale per molti carcerati del regime. L'anziano presule (90 anni), creato di recente Cardinale da Papa Francesco, celebrerà la Santa Messa sabato pomeriggio. Il ritrovo della Papa Giovanni è un'occasione unica in cui si possono incontrare tutti i piccoli, gli ultimi ed i poveri accolti nelle case famiglia in Italia e all'estero: bambini, disabili gravissimi, ex prostitute, ex carcerati, senza fissa dimora, profughi, sordomuti. La Comunità Papa Giovanni XXIII opera nel vasto mondo dell’emarginazione e della povertà dal 1968. Vive come “un’unica famiglia spirituale” composta da persone di diversa età e stato di vita che si impegnano a condividere direttamente la vita con gli ultimi, facendosi carico della loro situazione. L’amore ai fratelli conduce a cercare di rimuovere le cause che provocano il loro bisogno. Per raggiungere questo obiettivo la Comunità ha dato vita ad oltre 500 case e realtà in tutto il mondo, diversificando le modalità di accoglienza in base alle necessità dei poveri che incontra. La Casa Famiglia è la prima innovativa modalità di accoglienza nata nel 1973 dall’intuizione di don Oreste Benzi. Si tratta di famiglie dove coppie di sposi o single diventano padre e madre, fratello e sorella di persone con disabilità, minori in difficoltà, persone con problemi psichici e di dipendenza, vittime di tratta, ex detenuti. Attraverso la scelta di condividere con loro la vita, direttamente, quotidianamente e continuativamente, si realizzano legami che sanano alla radice l’emarginazione, la solitudine e l’abbandono. Ciascuno si sente importante ed utile per gli altri e viene stimolato ad avere a cuore tutti e ciascuno. Dal carisma della Comunità sono nati, e da essa sono promossi, 35 enti giuridici nel mondo, tra cui: 15 Cooperative Sociali riunite nel “Consorzio Condividere Papa Giovanni XXIII”; numerosi centri di lavoro e attività commerciali come un editore, alberghi e gelaterie; la ONG “Condivisione fra i popoli”, che gestisce progetti di sviluppo all’estero.
APG23
24/05/2018
Paolo Cevoli all’Assemblea annuale della Comunità  Papa Giovanni XXIII
Dal 25 al 27 maggio, Forlì si è illuminata  di colori: per tre giorni si sono rincorse in un arcobaleno le maglie di 3000 fra membri e volontari;  sono accorsi da tutto il mondo giovani ed anziani, poveri e potenti, disabili atletici e donne riscattate, ci sono stati proprio tutti al raduno annuale internazionale della Comunità Papa Giovanni XXIII. Protagonisti sono stati loro: la luce nelle stanze era quella dei sorrisi, della gioia dei più poveri ed emarginati della società, intenti a percorrere le case di una nuova società. È la città del gratuito, come l'ha più volte annunciata Don Oreste Benzi, per tre giorni si è realizzata allestita fra i corridoi ed i padiglioni della città romagnola. Il tema che guiderà il cammino Apg23 Nelle conclusioni il Presidente Giovanni Paolo Ramonda ha indicato la strada per il cammino della Comunità per il prossimo anno: «La vita interiore, il lavoro interiore come fondamento del nostro cammino». In particolare il percorso sarà incentrato sarà sull'amore a Cristo Povero e Servo, scoperto nell'ascolto della Parola di Dio e nella vita sacramentale. La meditazione su quello che è il pilastro della Vocazione della Comunità Papa Giovanni XXIII aiuterà i membri nel continuare a tenere aperte le porte delle proprie case all'accoglienza.   È stata poi del comico Paolo Cevoli di Zelig una piacevole sopresa.     Nel fitto calendario sono emerse le proposte per i volontari più giovani che si sono incontrati per percorrere insieme le tappe di preparazione al Sinodo.  Sabato nel pomeriggio l'Eucarestia è stata celebrata dal Vescovo di Forlì, Livio Corazza: «Grazie Signore a nome della comunità cristiana per quello che avete fatto e che la Comunità Papa Giovanni XXIII continua a fare. Don Oreste andò a cercare coloro che altri scartavano o sfruttavano; quanti avrebbero avuto il suo coraggio, trovando proprio nella famiglia una risorsa»? La benededizione finale è affidata a Douglas Regattieri, vescovo di Cesena e Sarsina, al termine della messa domenicale.    
APG23
22/05/2018
Legge 194: 40 anni di interruzioni di gravidanza
La legge 194 del 22 maggio 1978 non è una legge sull'aborto; o almeno non solo. Lo si capisce giaÌ€ dal titolo: Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria di gravidanza. A volte, basterebbe applicarla correttamente. «La legge sull'aborto è iniqua, come ogni legge che permette l'uccisione di un essere umano, quali la pena di morte e l'interruzione dell'idratazione e alimentazione per le persone in cosiddetto stato vegetativo. Da 40 anni nessuno si è più preoccupato non solo dei bimbi ma neppure delle donne. Fu invocata per la liberazione della donna ma dietro a questi slogan si celava l'inganno. Don Benzi diceva che l'aborto provoca sempre due vittime: il bimbo mortalmente, la mamma per sempre». È quanto dichiara Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, in merito alla Legge 194 di cui ricorre il 40° anniversario. Aborto: il racconto delle donne Di seguito una delle testimonianze raccontate nel libro Indesiderate di Andrea Mazzi. «Credo che diventare mamma sia la cosa più bella di questo mondo ma io purtroppo ci ho rinunciato. Quando ho scoperto di essere incinta ero davvero felice perché finalmente potevo realizzare il mio sogno: stringere tra le mie braccia mio figlio. Però alcune situazioni mi hanno portata a fare la mia scelta: portare avanti la mia gravidanza e mettermi contro tutti, compreso i miei genitori, o rinunciare. In quel momento non sapevo cosa fare, non sapevo cosa scegliere e soprattutto non sapevo quale fosse la cosa più giusta da fare in quel momento. Ho passato dei giorni bruttissimi, piangendo e sperando che quella che stavo per prendere fosse la decisione più giusta. Nei primi giorni non avevo ancora maturato la possibilità di diventare mamma e infatti odiavo quel bambino che dentro di me si stava formando, perché dovevo decidere sulla sua vita. Ma il mio odio si è trasformato in amore quando l’ho visto per la prima volta in ecografia. La gioia che ho provato quando il dottore mi ha detto “Questo è il tuo bambino” è stata enorme e non penso di riuscire a spiegare con le parole quello che si prova, perché sono emozioni forti, perché senti il suo cuoricino che batte, perché lo vedi e perché capisci che dentro di te si sta formando una nuova vita, una vita che io ho deciso di non far nascere. Ma questa mia felicità momentanea si è convertita in pianto; non era giusto far morire una creatura così piccola e indifesa così desiderosa di venire al mondo. Ero da sola, non sapevo cosa fare, ero molto confusa e solo una persona ha cercato di farmi riflettere su ciò che stavo facendo e convincermi a non farlo. Ma ormai la mia decisione l’avevo fatta e armata di molto coraggio mi sono presentata per l’intervento. Anche quel giorno piangevo, mi sono chiesta se era giusto ma non ho saputo darmi la risposta. Dopo l’intervento credevo di stare meglio. Ormai era tutto finito, non c’era più nulla di cui preoccuparsi, ma invece non è stato così. È dopo che è cominciata la mia sofferenza. Mi sono sentita vuota, mi sono odiata per quello che avevo fatto, avevo preso la mia decisione con il massimo egoismo di questo mondo, non ascoltando nessuno e non pensando al bambino che in tutta questa storia era l’unico innocente. È passato circa un mese, ma l’immagine di mio figlio continua a tormentarmi, come se mi dicesse: “Mamma perché non mi hai fatto nascere?” E anch’io continuo a chiedermi perché non l’ho fatto nascere; ma questa volta una risposta l’ho trovata: sono stata egoista e ho pensato ai miei interessi. Ho chiesto perdono a mio figlio e continuo a farlo tutti i giorni. Spero che mi abbia perdonato, che non mi odi come ho fatto io con lui e che continui a starmi vicino sempre. Solo adesso che non c’è più lo sento mio più che mai, come una cosa che mi appartiene e che non andrà mai via, perché io non lo voglio dimenticare, anzi nel mio cuore ci sarà sempre spazio per un suo ricordo. Nessuno può capire il mio dolore, quello che provo non solo in questo momento ma sempre; nessuno può mai capire cosa significhi rinunciare a un figlio. Ho deciso di raccontare la mia storia per far capire a chi vive la mia stessa situazione, di pensarci bene prima di andare avanti perché la sofferenza che si prova dopo è immensa e nessuno può colmarla, né l’amore del compagno, né l’affetto degli amici. Parlarne con qualcuno può aiutare a sentirsi meglio, meno in colpa ed è quello che io non ho fatto e che sto facendo adesso perché mi aiuta a vivere più serena e per questo voglio ringraziare una persona che pur non conoscendo è fantastica e mi sta aiutando ad essere meno triste e più forte, ma anche una persona che ancora adesso continua ad ascoltarmi, a consigliarmi e a farmi capire che la vita va avanti. Grazie di cuore, se non vi avessi conosciuti non avrei avuto la forza di reagire. E a voi future mamme, non siate egoiste come me, pensate alla decisione che prenderete perché vi segnerà la vita e vi porterà un immenso dolore. Vostro figlio non chiede di essere messo al mondo, ma non chiede neppure di non nascere; la vita di vostro figlio è più importante del giudizio della gente; perché il giudizio con il tempo scompare ma l’amore e la gioia che il vostro bimbo vi darà sarà per sempre e mai nessuno potrà portarla via» In marcia per difendere la vita Una delegazione della comunità Papa Giovanni XXIII ha partecipato sabato 19 maggio a Roma all'VIII edizione nazionale della marcia per la vita per dire il suo SI alla vita dal suo inizio col concepimento alla morte naturale. Migliaia i partecipanti di diverse realtà italiane e internazionali hanno camminato con vari striscioni e slogan a favore della vita. Moltissime le famiglie  con bambini piccoli e grandi per dire che il SI alla vita passa dal SI di una mamma e di un papà.   #FOTOGALLERY:marcia# Storia della legge 194 Nei primi anni ’70 si iniziarono a diffondere dicerie secondo cui in Italia avvenivano da 2 a 4 milioni di aborti clandestini all’anno, con 20-25 mila donne che ne morivano ogni 365 giorni. Si trattava in realtà, si sarebbe scoperto poi, di numeri totalmente infondati. Dall’unico studio fatto in quegli anni emerse che non potevano essere piuÌ€ di 100 mila gli aborti clandestini, numero piuÌ€ proporzionato a cioÌ€ che poi realmente sarebbe emerso con la legalizzazione. Eppure il dato costituì una bandiera importante per i sostenitori di un percorso per la legalizzazione dell'interruzione volontaria di gravidanza.   Legge 194: l'aborto diventa una questione sanitaria «Credo che diventare mamma sia la cosa più bella di questo mondo ma io purtroppo ci ho rinunciato». Teresa, che ancora porta nel cuore l'ecografia del suo bambino mai nato, racconta il suo tormento. E poi c’è Rossella, che stava per recarsi ad abortire ma che ha deciso di tenere suo figlio, dopo aver visto una trasmissione in tv. Ne ha raccolto i vissuti Andrea Mazzi, obiettore di coscienza alle spese militari ed abortive, a quarant’anni nel 2018 dall’entrata in vigore della legge 194 del 1978 sulla “tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza”. Dal 2010 Mazzi rifiuta di pagare la parte di tasse che finanziano gli aborti, ed è impegnato in ricorsi contro le cartelle esattoriali: «Non voglio finanziare — spiega — la morte dei miei simili pagata con i miei soldi». il libro sull'aborto Le storie ed insegnamenti di centinaia di mamme, che Mazzi ha incontrato in un ventennio di attivismo, sono raccolti nel suo nuovo libro, Indesiderate (234 pagine, Ed.Sempre Comunicazione). Il libro si propone come punto di riferimento non ideologico sull’aborto. Mazzi mette in luce, con esempi, i risultati dell’applicazione in alcuni casi, e della mancata applicazione in altri, dei principi della legge 194. Un intero capitolo risponde alle domande tipiche che si pongono le gestanti in difficoltà; l'analisi sull'induzione all’aborto punta il dito contro il partner, ma anche sulle difficoltà di molte donne nel coniugare famiglia e lavoro.   #FOTOGALLERY:vita# «Le cronache di questi giorni ci dicono che il mondo del lavoro si manifesta sempre più come luogo pericoloso per le mamme, dove si intensificano scelte e comportamenti di vera e propria discriminazione verso le donne incinte e con bimbi piccoli», scrive Mazzi. Lucia Bellaspiga, inviata di Avvenire, ha curato la prefazione: «Questo libro indispensabile non propina opinioni ma racconta i fatti. EÌ€ grazie all’ignoranza dei fatti che un Paese civile come il nostro puoÌ€ serenamente uccidere in silenzio centomila bambini ogni anno, in modo legale e dunque lecito». Andrea Mazzi, modenese, eÌ€ sposato, ha due figli e di professione fa l’ingegnere. Attivo fin da giovane sui temi della pace e dell’impegno a favore dei poveri nel Sud del mondo, dal 1991 eÌ€ membro della ComunitaÌ€ Papa Giovanni XXIII e dal 2000 ha iniziato ad incontrare le donne che si trovano in difficoltaÌ€ a causa della gravidanza.
APG23
21/05/2018
Aborto: Ramonda (Apg23), 40 anni di inganni, mai nessun aiuto a donne e bambini
«La legge sull'aborto è iniqua, come ogni legge che permette l'uccisione di un essere umano, quali la pena di morte e l'interruzione dell'idratazione e alimentazione per le persone in cosiddetto stato vegetativo. Da 40 anni nessuno si è più preoccupato non solo dei bimbi ma neppure delle donne. Fu invocata per la liberazione della donna ma dietro a questi slogan si celava l'inganno. Don Benzi diceva che l'aborto provoca sempre due vittime: il bimbo mortalmente, la mamma per sempre».   E' quanto dichiara Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, in merito alla Legge 194 di cui ricorre il 40° anniversario.   «Una delle emergenze odierne è l'incontrollata diffusione di pillole spacciate come contraccettive ma che hanno effetti abortivi. Molti giovani cadono in questo tranello, ignari delle pericolose conseguenze. - continua Ramonda - L'Italia ha bisogno di aiuti alle gestanti, oggi sempre più sole e spinte a disfarsi del figlio da una società abortista: lavoro, aiuti economici e materiali, protezione da chi le vuole far abortire»   «Ricordo il caso di Marcellina, una ragazza madre con una lieve insufficienza mentale. - conclude Ramonda - Per tre volte le consigliarono di abortire ma lei diede alla luce quattro figli, tutti andati in adozione. Qualche anno fa, una delle figlie, dopo un'interminabile ricerca, arrivò a trovare sua madre. Voleva dirle grazie per il dono della vita».   La Comunità Papa Giovanni XXIII dal 1997 opera al fianco delle donne che vivono una maternità difficile. Le gestanti sono accompagnate al fine di rimuovere le cause che le porterebbero ad abortire.
APG23
15/05/2018
Non solo nella Giornata delle Famiglie #iosonofamiglia
Figli che non somigliano per nulla ai genitori, fratelli e sorelle che non parlano la stessa lingua: questa sì, che è una famiglia! Per essere più precisi: questa sì che è una casa famiglia! La prima è stata “inventata” 45 anni fa da don Oreste Benzi, che ne ha fatto l’espressione più tipica della sua Comunità Papa Giovanni XXIII. Le case famiglia Apg23 sono, infatti, uniche nel loro genere: il loro tratto distintivo, che le differenzia da tutto ciò che negli ultimi anni – dalla chiusura degli istituti – è stato definito con l’appellativo “casa famiglia”, è la presenza costante, 24 ore su 24, di vere mamme e veri papà, che mettono la loro vita e la loro stessa famiglia al servizio di chi ha bisogno di averne una. Prima di ogni altra cosa, le case famiglia Apg23 sono famiglie, variegate e multiformi come solo le vere famiglie sanno essere. È su questo che punta la nuova campagna di comunicazione e raccolta fondi sulle case famiglia lanciata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, che in #iosonofamiglia sintetizza il carattere, fortemente identitario e totalizzante, di una scelta di vita e l’unicità dell’approccio umano e spirituale di Apg23. In concomitanza con la Giornata Mondiale della Famiglia e in occasione del cinquantesimo dalla fondazione della Comunità, per lanciare questa nuova campagna lo scorso 12 maggio ben 50 case famiglia, dal Piemonte alla Sicilia, hanno aperto le loro porte a chiunque volesse vedere come si vive in queste realtà, dove chi ha perso tutto trova la cura che solo una vera famiglia sa dare. In totale oggi, solo in Italia, sono 201 le case famiglia (nel mondo ne sono nate altre 50), e nel 2017 hanno accolto 1.283 persone di tutte le età e provenienze. La dichiarazione #iosonofamiglia si adatta a ciascuna di loro ed è tanto semplice quanto spiazzante, perché definisce una realtà che non si avvicina affatto all’idea di “casa famiglia” generalmente condivisa dalla collettività. Eppure «solo una casa in cui la convivenza è imperniata su una relazione affettiva è una vera casa famiglia, come don Oreste l’ha intesa e voluta» precisa Giovanni Paolo Ramonda. «Non solo bambini, ma anche ragazzi che escono dalle dipendenze, ex carcerati, ragazze strappate alla vita di strada, anziani soli: accogliamo tutti, perché ciascuno possa ritrovare in questa famiglia il ruolo più congeniale, diventando figlio, fratello, nonno, zio, per sempre». La nuova campagna di comunicazione e raccolta fondi sottolinea come le case famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII siano semplicemente famiglie, aperte però ad accogliere chiunque abbia bisogno. Ecco perché non dobbiamo aspettarci di trovare delle somiglianze tra genitori e figli. Ecco perché non dobbiamo sorprenderci di incontrare fratelli che non parlano la stessa lingua. Ed ecco perché possiamo essere certi di trovare, nelle case famiglia di Apg23, quell’amore che non scaturisce dal legame di sangue, ma dal desiderio di mettersi al servizio di chi, da solo, non può farcela.  
APG23
10/05/2018
12 maggio, Open Day delle Case famiglia
50 famiglie di 50 città diverse, presenti in 35 Province, di 15 Regioni: le case famiglia di don Benzi aprono le loro porte in tutta Italia. Sabato 12 maggio, in occasione del 50° anniversario della fondazione della Comunità Papa Giovanni XXIII ed in concomitanza con la Giornata Mondiale della Famiglia indetta dalle Nazioni Unite, si terrà il primo open day delle case famiglia, il modello più autentico e rappresentativo dello stile di accoglienza della Papa Giovanni. Dalle 15:00 alle 19:00, 50 case famiglia, dalla Sicilia al Piemonte, apriranno le porte a chiunque voglia conoscere e capire come si vive in queste realtà. Non strutture residenziali ma strutture affettive. Case dove non ci sono operatori e utenti ma papà e mamme che mettono la loro vita totalmente a servizio di chi ha bisogno di essere accolto, 24 ore su 24, 365 giorni all'anno. Non un’occupazione lavorativa quindi, fatta da operatori specializzati, ma una scelta di vita, in risposta ad una vocazione, quella della Papa Giovanni, ed alla convinzione che ogni persona ha diritto ad una famiglia in cui crescere e vivere, a qualsiasi età. «Don Oreste Benzi è stato l'inventore delle case famiglia e solo una casa in cui la convivenza è imperniata su un'intensa e incondizionata relazione affettiva è una vera casa famiglia, come don Benzi l’ha intesa e voluta». Commenta Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, nonché papà di casa famiglia, dove vive assieme alla moglie Tiziana. «Da 50 anni, in Italia ed in 40 Paesi del mondo, apriamo le nostre porte e diamo una famiglia a chi non ce l'ha - continua Ramonda - Non solo bambini, ma anche adulti, ragazzi che escono dalle dipendenze, ex prostitute, senza fissa dimora. Insomma tutti. La famiglia è il luogo dove curiamo non solo i nostri accolti, ma anche noi stessi. Perché è la risposta al bisogno innato di relazione che abbiamo». L'open day arriva nell’anno in cui la Comunità celebra i 50 anni dalla sua fondazione, avvenuta nel 1968, e sceglie la vicinanza con la Giornata Mondiale della Famiglia, indetta il 15 maggio dall’ONU, per celebrare la peculiarità del suo modello di accoglienza e lanciare la campagna sulle case famiglia con l’hashtag #iosonofamiglia. In Italia sono presenti 201 case famiglia della Papa Giovanni, che accolgono 1.283 persone di tutte le età e di tutte le provenienze. Altre 50 sono le case famiglia nate all'estero. Famiglie in cui tutti si sentono a casa, e che in occasione dell’open day, chiunque può conoscere e incontrare, anche dietro l’angolo. «Nonostante don Benzi le abbia ideate già all'inizio degli anni Settanta, purtroppo il quadro legislativo in Italia in merito alla realtà delle case famiglia è oggi ancora confuso e cambia da regione a regione – conclude Ramonda – Spesso si usa impropriamente il nome “casa famiglia” per definire strutture residenziali che non hanno nulla di simile ad una famiglia. Con questa iniziativa intendiamo anche sollecitare i legislatori a dare norme chiare ai genitori che vogliono farsi famiglia con il prossimo». Cerca la Casa Famiglia più vicina a te e vieni a trovarci, ti aspettiamo. Scopri dove >  
APG23
09/05/2018
12 maggio, il primo open day delle Case famiglia della Comunità  di don Benzi
50 famiglie di 50 città diverse, presenti in 35 Province, di 15 Regioni: le case famiglia di don Benzi aprono le loro porte in tutta Italia. Sabato 12 maggio, in occasione del 50° anniversario della fondazione della Comunità Papa Giovanni XXIII ed in concomitanza con la Giornata Mondiale della Famiglia indetta dalle Nazioni Unite, si terrà il primo open day delle case famiglia, il modello più autentico e rappresentativo dello stile di accoglienza della Papa Giovanni. Dalle 15:00 alle 19:00, 50 case famiglia, dalla Sicilia al Piemonte, apriranno le porte a chiunque voglia conoscere e capire come si vive in queste realtà. Non strutture residenziali ma strutture affettive. Case dove non ci sono operatori e utenti ma papà e mamme che mettono la loro vita totalmente a servizio di chi ha bisogno di essere accolto, 24 ore su 24, 365 giorni all'anno. Non un’occupazione lavorativa quindi, fatta da operatori specializzati, ma una scelta di vita, in risposta ad una vocazione, quella della Papa Giovanni, ed alla convinzione che ogni persona ha diritto ad una famiglia in cui crescere e vivere, a qualsiasi età. «Don Oreste Benzi è stato l'inventore delle case famiglia e solo una casa in cui la convivenza è imperniata su un'intensa e incondizionata relazione affettiva è una vera casa famiglia, come don Benzi l’ha intesa e voluta». Commenta Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, nonché papà di casa famiglia, dove vive assieme alla moglie Tiziana. «Da 50 anni, in Italia ed in 40 Paesi del mondo, apriamo le nostre porte e diamo una famiglia a chi non ce l'ha - continua Ramonda - Non solo bambini, ma anche adulti, ragazzi che escono dalle dipendenze, ex prostitute, senza fissa dimora. Insomma tutti. La famiglia è il luogo dove curiamo non solo i nostri accolti, ma anche noi stessi. Perché è la risposta al bisogno innato di relazione che abbiamo». L'open day arriva nell’anno in cui la Comunità celebra i 50 anni dalla sua fondazione, avvenuta nel 1968, e sceglie la vicinanza con la Giornata Mondiale della Famiglia, indetta il 15 maggio dall’ONU, per celebrare la peculiarità del suo modello di accoglienza e lanciare la campagna sulle case famiglia con l’hashtag #iosonofamiglia. In Italia sono presenti 201 case famiglia della Papa Giovanni, che accolgono 1.283 persone di tutte le età e di tutte le provenienze. Altre 50 sono le case famiglia nate all'estero. Famiglie in cui tutti si sentono a casa, e che in occasione dell’open day, chiunque può conoscere e incontrare, anche dietro l’angolo. «Nonostante don Benzi le abbia ideate già all'inizio degli anni Settanta, purtroppo il quadro legislativo in Italia in merito alla realtà delle case famiglia è oggi ancora confuso e cambia da regione a regione – conclude Ramonda – Spesso si usa impropriamente il nome “casa famiglia” per definire strutture residenziali che non hanno nulla di simile ad una famiglia. Con questa iniziativa intendiamo anche sollecitare i legislatori a dare norme chiare ai genitori che vogliono farsi famiglia con il prossimo».   Hanno dato disponibilità case famiglia delle province di: Ancona Barletta-Andria-Trani Bologna Brescia Cagliari Campobasso Catania Catanzaro Cesena Cremona Cuneo Forlì L'Aquila Lecce Lucca Macerata Mantova Massa-Carrara Modena Napoli Padova Perugia Pesaro-Urbino Pescara Piacenza Pisa Ravenna Reggio Emilia Rimini Sassari Siena Udine Varese Verona Vicenza   Vedi l'elenco completo delle case famiglia che aderiscono con gli indirizzi : https://www.dropbox.com/sh/y2i3t77jv97pwv9/AADnI_jhAD48lwkhxj6cE5aya?dl=0 Le case famiglia apg23: http://www.casafamiglia.apg23.org/    
APG23
03/05/2018
Siria, profughi e Comunità  di Don Benzi presentano proposta di pace ai deputati europei
Stamane, giovedì 3 maggio, la Comunità Papa Giovanni XXIII ha presentato una proposta di pace per la Siria presso il Parlamento Europeo a Bruxelles. Una delegazione di volontari della Comunità di don Benzi, insieme ad un rappresentante dei profughi siriani, Sheik Abdo, hanno incontrato un gruppo di europarlamentari tra cui Cecile Kyenge, Silvia Costa, Elly Schlein. Alle eurodeputate è stato chiesto sia di facilitare la diplomazia per la promozione di questa soluzione, sia di monitorare affichè siano garantiti i diritti fondamentali degli attivisti siriani. «Noi siriani profughi in Libano, non abbiamo altra possibilità di vita che la creazione di una Zona di Sicurezza in Siria - ha affermato Sheik Abdo - perché in Libano non è possibile rimanere, mentre in Europa non è possibile andare». La Proposta di Pace è stata scritta da un gruppo di siriani che vivono nei campi profughi del Libano in una situazione disperata. Scappati dalla violenza, con alle spalle un Paese distrutto e davanti nessuna soluzione. In essa si chiede il ritorno dei profughi in Siria, in Zone Umanitarie, sotto la protezione internazionale, dove siano garantite la sanità e l’istruzione. Un modello che i volontari della Papa Giovanni hanno già sperimentato con successo in Colombia. «E’ una Proposta che viene da chi è costretto ad immaginare un domani, ad uscire dalla spirale della violenza. Queste persone non intendono morire lentamente in silenzio, ma cercano una soluzione concreta, alternativa, nonviolenta al conflitto». Questo il commento di Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII. La Comunità Papa Giovanni XXIII opera dal 1992 nelle zone di conflitto attraverso Operazione Colomba. Un Corpo Civile di Pace formato da volontari che vivono nelle zone di guerra con una modalità nonviolenta e neutrale. Dal 2013 è presente presso il campo profughi di Tel Abbas, nel nord del Libano. Scarica le foto ed il testo completo: proposta di pace Noi Siriani
APG23
02/05/2018
Sandra Sabattini dichiarata venerabile
«È incredibile, sembra proprio il profilo spirituale di Sandra, come se stesse parlando di lei!». Così reagiscono le amiche di Sandra Sabattini alla pubblicazione della nuova esortazione apostolica di papa Francesco, la “Gaudete et exsultate”, dedicata alla «chiamata alla santità nel mondo contemporaneo». In effetti chi ha conosciuto Sandra Sabattini, la giovane riminese morta a 23 anni travolta da un’auto, riconosce in lei le «caratteristiche della santità nel mondo attuale» indicate da Francesco nel capitolo quarto: sopportazione, pazienza e mitezza, gioia e senso dell’umorismo, audacia e fervore, tutte vissute in un cammino comunitario, in cui Sandra era pienamente immersa. Ma più ancora colpisce il titolo di quel paragrafo contenuto nel capitolo quarto, “I santi della porta accanto”, che coincide perfettamente con il titolo della recente biografia uscita su Sandra, “La santa della porta accanto”, scritta dalla teologa Laila Lucci.     La figura di Sandra Sabattini è stata recentemente ricordata nel Pre sinodo dei giovani, che nel proprio sito la indica tra i testimoni. Ora questa esortazione apostolica rende la sua figura ancora più attuale per chi cerca punti di riferimento in quella «chiamata alla santità che – sottolinea Francesco – il Signore fa ad ognuno di noi».   Le virtù di Sandra Le virtù eroiche di Sandra Sabattini sono state recentemente riconosciute dalla Chiesa. La notizia è stata resa pubblica dal Bollettino della Santa Sede in cui si informava che «il 6 marzo 2018, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in udienza Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Angelo Amato, S.D.B., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi» e che «durante l’Udienza, il Sommo Pontefice ha autorizzato la Congregazione a promulgare i Decreti riguardanti», oltre al riconoscimento dei miracoli attribuiti a Papa Paolo VI e a mons. Oscar Romero, anche «le virtù eroiche della Serva di Dio Alessandra Sabattini, Laica; nata il 19 agosto 1961 a Riccione (Italia) e morta a Bologna (Italia) il 2 maggio 1984». La notizia è stata accolta con grande gioia dalla Comunità Papa Giovanni XXIII di cui Sandra Sabattini faceva parte.   «Sandra ci indica una via della condivisione con i poveri vissuta nella quotidianità e nel silenzio – commenta Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII –. Una via possibile a tutti, non però in maniera isolata ma comunitaria, e questo è un grande segno per tutta la Chiesa». Ascolta l'intervista andata in onda su Radio Vaticana. Eroica nella quotidianità Le “virtù eroiche” riconosciute a Sandra Sabattini – che ora può essere pregata e invocata pubblicamente in quanto “venerabile” –  sono le tre teologali – fede, speranza, carità – e le quattro cardinali – prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. In realtà lei è stata definita una «santa del quotidiano» in quanto non ha compiuto atti straordinari ma ha saputo vivere con straordinaria semplicità e fede la quotidianità, come ha evidenziato la recente biografia in due volumi “La santa della porta accanto” curata dalla teologa Laila Lucci (Sempre Comunicazione) con la prefazione del vescovo di Rimini Francesco Lambiasi. Una vita breve ma intensa Sandra nasce il 19 agosto del 1961 a Riccione. All’età di 12 anni incontra don Oreste Benzi e, affascinata dal suo carisma, diviene una sua discepola spirituale entrando poi a far parte della Comunità Papa Giovanni XXIII da lui fondata. Finito il Liceo scientifico si iscrive alla facoltà di Medicina a Bologna, dividendo il suo tempo tra lo studio e una intensa presenza accanto ai poveri ed emarginati. La mattina del 29 aprile 1984, all’età di 23 anni, mentre scende dall’auto per partecipare ad incontro comunitario con il fidanzato Guido Rossi e un amico, viene travolta da un’altra auto e morirà tre giorni dopo all’ospedale Bellaria di Bologna. Il cammino spirituale È lo stesso don Oreste Benzi a voler far emergere, dopo la sua morte, il profondo cammino spirituale compiuto da Sandra e documentato con appunti che lei era solita annotare fin dall’età di 10 anni. Note che hanno permesso la pubblicazione del “Diario di Sandra” giunto ormai alla quarta edizione.   Ascolta cosa dice di Sandra Sabattini don Oreste Benzi #FOTOGALLERY:sandra# La causa di beatificazione Il 27 settembre 2006 viene avviata la Causa di canonizzazione a livello diocesano, conclusa il 6 dicembre 2008. Nel 2015 è inviata all’attenzione della Congregazione per le cause dei santi la “Positio”, un documento di 550 pagine – come ci aveva riferito il vicepostulatore mons. Fausto Lanfranchi ­– che ha proprio la funzione di mettere in rilievo l’eroicità delle virtù di Sandra sulla base delle testimonianze e della documentazione raccolta durante il processo. Ora il Decreto autorizzato da Papa Francesco conferma la venerabilità di Sandra. Nel frattempo è stata fatta pervenire alla Congregazione dei santi anche la documentazione relativa alla guarigione straordinaria di Stefano Vitali, ex presidente della Provincia di Rimini, avvenuta nel 2007 dopo aver chiesto l’intercessione di Sandra Sabattini Sarà il riconoscimento di questo evento come scientificamente inspiegabile a far fare il prossimo passo in avanti nella causa di beatificazione. Altre informazioni sono contenute nella pagina del sito dedicata a Sandra Sabattini
APG23
27/04/2018
Il Vescovo di Rimini ricorda Sandra Sabattini
Il Vescovo di Rimini, Mons. Francesco Lambiasi, presiederà una Santa Messa in memoria di Sandra Sabattini, nel 34°anniversario del suo dies natalis, il giorno della sua prematura morte, il primo come Venerabile. L'appuntamento è per mercoledì 2 maggio, alle 18:30, presso la Parrocchia di San Girolamo, in viale Principe Amedeo 65, a Rimini. «Sarà un'occasione per condividere la gioia per il recente riconoscimento della Venerabilità di Sandra, una vera discepola di don Benzi - commenta Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII – Desideriamo che la testimonianza di Sandra sia sempre più conosciuta come un esempio di Santità» Lo scorso 6 marzo 2018 Papa Francesco ha riconosciuto le virtù eroiche della Serva di Dio Alessandra Sabattini. Inoltre nella recente Esortazione Apostolica Gaudete ex Exsultate si traccia un profilo di santità che richiama la figura della giovane fidanzata riminese discepola spirituale di don Oreste Benzi. In particolare colpisce il titolo di un paragrafo contenuto nel capitolo quarto, “I santi della porta accanto”, che coincide perfettamente con il titolo della recente biografia uscita su Sandra, La santa della porta accanto. Sandra Sabattini, giovane riminese, laica, discepola di don Benzi, è morta tragicamente il 2 maggio 1984, a soli 22 anni, mentre si stava recando ad un incontro della Comunità Papa Giovanni XXIII di cui faceva parte. È stato proprio don Benzi a cogliere, fin da subito, il suo «animo profondo e semplice, contemplativo e razionale, immerso in una fede profonda», leggendo le riflessioni che lei annotava su foglietti, diari scolastici, bigliettini, all'insaputa di tutti. Un tesoro che il sacerdote ha voluto raccogliere e pubblicare ad un anno dalla sua morte, in un diario. Scarica il volantino  
APG23
24/04/2018
Riccione: una casa del Comune intitolata a don Benzi
«Ogni passo in avanti per i deboli, per gli ultimi, è un passo in avanti per tutta l’umanità». Con questa frase incisa sulla targa affissa alla casa del custode adiacente alla Residenza Comunale, l’Amministrazione di Riccione (RN) ha voluto onorare il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, don Oreste Benzi: un segno tangibile dell’affetto che la popolazione romagnola nutre per il sacerdote. Alla cerimonia del 24 aprile hanno partecipato il vescovo di Rimini mons. Francesco Lambiasi, il sindaco Renata Tosi, don Antonio Moro, parroco di San Martino, i sacerdoti della zona pastorale e i rappresentanti della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da ora la casa del custode è intitolata ufficialmente al sacerdote, fondatore nel 1968 della Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, che da anni gestisce, in comodato gratuito, l’uso dello stabile. Lo scorso 25 marzo la Giunta Comunale aveva rinnovato la convenzione con l’associazione, della durata di 4 anni, per la gestione di varie attività di accoglienza di minori o disagio sociale o forme di affido temporaneo. Una casa famiglia, luogo di accoglienza e ascolto di tante situazioni di bisogno del territorio. Un piccolo grande luogo di diffusione della cultura della condivisione con i più poveri, da sempre cara a don Oreste. A pochi mesi dal decennale della sua scomparsa (don Oreste è nato il 7 settembre 1925 e morto il 2 novembre 2007) e a 50 anni dalla fondazione della Comunità, l’amministrazione comunale ha appositamente individuato un luogo simbolo dell’accoglienza che fosse, non solo una semplice targa o cartello, ma un luogo fisico, reale come la casa del custode comunale e che testimoniasse, come accade ogni giorno, l’azione inarrestabile di don Oreste al dialogo e all’aiuto profondo verso gli ultimi. Per il sindaco Renata Tosi «Don Oreste con la fondazione della Comunità Papa Giovanni XXIII e l’inarrestabile tenacia nel condurre battaglie a favore dei poveri, dei senzatetto e dei più deboli, ha piantato un seme che oggi ha dato grandi frutti. Non solo nella presenza capillare in varie parti del mondo del suo progetto associativo, ma anche nel desiderio di chi amministra di cercarlo nei nostri cuori e nelle nostre menti. La casa del custode a fianco del Comune, frequentato quotidianamente dai cittadini, testimonia concretamente la presenza e il messaggio di amore, fede e volontà combattiva di aiuto e dell’altro. Un messaggio che, a distanza di anni dalla sua scomparsa, spero possa arrivare dentro ognuno di noi, un luogo fisico che già sprigiona il suo indimenticato sorriso».
APG23
23/04/2018
Una Casa per quelli che nessuno vuole
Ex tossici, ex alcolisti, affetti da patologia psichiatrica: tutte persone che di solito nessuno vuol vedere in giro per il paese, perché spesso dormono sulle panchine, non si lavano, disturbano "la quiete pubblica"… Ecco, proprio queste persone vengono accolte nella Casa di accoglienza “Piccoli passi”, a Valdagno (VI). Beppe Longo, responsabile di questa struttura spiega: «La casa era partita con l’idea di dare una mano a quelle persone che escono dal carcere alla vigilia di natale o vicino ad altre festività, per dar loro un posto dove stare, senza ricadere subito nella delinquenza dovuta all’assenza di altre opportunità». In questi anni sono stati accolti alcuni richiedenti asilo, ragazze uscite dalla strada, carcerati e carcerate in pena alternativa, persone tossicodipendenti (in collaborazione con la comunità terapeutica gestita dalla Apg23 a Lonigo), senza fissa dimora, persone in stato d'indigenza. Una parte delle offerte dell’8x1000 della Diocesi di Vicenza sono state donate proprio alla Casa “Piccoli Passi” per poter acquistare un automezzo, collocare la canna fumaria della termo-cucina e sistemare una strada dissestata adiacente alla struttura. #FOTOGALLERY:passi# «La Casa è stata aperta nel 2009 e attualmente sono ospiti 9 persone, più un volontario», continua Beppe Longo. «Oltre a collaborare attivamente con i Servizi Sociali del territorio (Comuni, Serd; CSM, parrocchie), la Casa ha svolto, in alcuni casi, servizio di pronta accoglienza per quelle situazioni di marginalità o disagio sociale segnalate dalla cittadinanza. Le persone che accogliamo hanno bisogno di accompagnamento, sostegno, relazioni che offrano loro un senso di appartenenza in un contesto protettivo e di contenimento. Per ogni persona accolta è previsto un progetto personalizzato che cerca di far recuperare nel tempo, per quanto possibile, l’autonomia. Un'autonomia intesa come gestione dei tempi e degli spazi di vita in un ambiente meno tutelante. Per questo motivo è stato aperto un appartamento protetto a Valdagno, sempre collegato educativamente alla casa di accoglienza». Ascoltando le parole di Beppe, sorge una domanda: le persone accolte, che hanno grosse ferite e problematiche serie, riescono a convivere in pace tra loro? «Io penso che in questa Casa si possa ascoltare la “sinfonia della vita”» racconta Beppe. «Alcuni strumenti, se suonano da soli, hanno un suono che sembra sgraziato, ma se li metti insieme, prende vita una sinfonia. Succede così anche con queste persone. Quelli che accogliamo vivono come tante piccole isole, che però insieme formano un arcipelago. Nella vita di tutti i giorni, magari ognuno pensa ai fatti suoi, ma quando arriva la tempesta, il fatto di essere vicini aiuta: tra di loro questi poveri fanno barriera, si sostengono». Adiacente alla casa di accoglienza c'è un'area pic-nic attrezzata, che viene spesso usata nel periodo estivo da gruppi scout, gruppi parrocchiali e famiglie. Durante le belle giornate di primavera, perché non provare a trascorrere una domenica in mezzo alla natura, con quelli che non vuole nessuno? Per info: 0445410901 oppure: 340.6277106
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