Tutte le news
APG23
16/10/2018
Economia solidale: l’alternativa possibile
Un convegno per parlare dell’economia solidale, che rispetta la dignità delle persone e anche il pianeta. Da quasi un anno 7 organizzazioni (tra cui la Apg23) lavorano insieme per arrivare a proporre nuovi modelli economici alternativi: si incontreranno a Castelgandolfo dal 2 al 4 novembre 2018 per fare il punto della situazione. Il nostro mondo affronta una crisi ecologica e sociale: i cambiamenti climatici e l'aumento della disuguaglianza sono alimentati da strutture economiche ingiuste, politiche a breve termine e pratiche obsolete, eppure esistono in tutto il mondo persone e organizzazioni che lavorano instancabilmente per cambiare le regole e chiedere giustizia. Ma se da soli si può fare qualcosa, insieme si può fare molto di più, ed è così che da fine settembre 2017, sette organizzazioni, fra cui la Comunità Papa Giovanni XXIII, hanno iniziato a lavorare per raccogliere idee e buone pratiche di modelli economici alternativi orientati allo sviluppo umano integrale e alla sostenibilità, e per farle conoscere, in progetto bellissimo, ambizioso, che è stata chiamata Prophetic Economy. Il luogo del convegno è Castelgandolfo, nei pressi di Roma, dove dal 2 al 4 novembre prossimo organizzazioni, movimenti e persone cercheranno strade possibili per la transizione verso un'economia al servizio delle persone, del pianeta e del futuro, con particolare attenzione ai più poveri. Le sfide dell'economia solidale Ecco la sfida: essere come la voce dei profeti, che instancabilmente si levava contro le ingiustizie ed i potenti; intraprendere un cammino, tutti insieme, che possa dare una risposta al grido della terra e dei poveri. Con un desiderio particolare: avvicinare i change-makers e trovare nuove vie di collaborazione, imparare gli uni degli altri, trovare nuove vie per lavorare insieme, capire insieme come agire a livello macro, dare un potente messaggio di speranza soprattutto a coloro che oggi sono vittime dell’ingiustizia sociale e ambientale. Come ci ha ben dimostrato Papa Francesco nella sua enciclica Laudato Si’, il grido della terra ferita e devastata è lo stesso grido dei poveri: «Oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (LS 49). Per partire al meglio, è fondamentale non escludere il pensiero, la visione e il lavoro delle generazioni più giovani: per questo bambini e ragazzi saranno presenti con un programma speciale per loro, alternato a momenti di condivisione intergenerazionale. «Nei Paesi che dovrebbero produrre i maggiori cambiamenti di abitudini di consumo, i giovani hanno una nuova sensibilità ecologica e uno spirito generoso, e alcuni di loro lottano in modo ammirevole per la difesa dell’ambiente, ma sono cresciuti in un contesto di altissimo consumo e di benessere che rende difficile la maturazione di altre abitudini. Per questo ci troviamo davanti ad una sfida educativa» (LS 209). Questo convegno è solo la prima tappa di un percorso dove tutti coloro che guidano la transizione verso un mondo diverso possano incontrarsi. Iscriviti al Convegno
APG23
16/10/2018
Lo sport promuove i diritti umani
Il Consiglio per i Diritti Umani, svoltosi a Ginevra dal 1° al 3 ottobre scorso, ha stabilito che il Social Forum 2018 avrebbe avuto come argomento la «possibilità di utilizzare lo sport e l'ideale olimpico per promuovere i diritti umani per tutti e rafforzare il loro rispetto universale». Nella scelta di questo tema, il Consiglio ha sottolineato come «lo sport e l'ideale olimpico continuino ad essere utilizzati per la promozione e il rafforzamento del rispetto universale dei diritti umani. Gli eventi basati sullo sport creano un'opportunità per numerosi atleti e sportivi di schierarsi per i diritti umani, combattendo il razzismo, promuovendo l'uguaglianza di genere, garantendo inclusione e accessibilità alle persone con disabilità. […] Come linguaggio universale, lo sport può svolgere un ruolo importante nel rispetto, nella protezione e nell'adempimento di tutti i diritti umani per ciascuno». Anche l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII (APG23) ha partecipato ai tre giorni di lavoro del Social Forum 2018, intervenendo durante i lavori per portare a conoscenza degli Stati e della società civile il proprio impegno nel mondo per la condivisione, l’uguaglianza, la pace e lo sviluppo. In particolare, durante i commenti generali nel primo giorno di apertura del Forum, abbiamo sottolineato quanto sia importante riflettere sullo sport come mezzo per promuovere i diritti umani. (video, al minuto 1:14:04). Ricordando ancora una volta il 70esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, abbiamo messo in luce alcune situazioni in cui lo sport e l’ideale olimpico possono contribuire al soddisfacimento di quei diritti di cui ogni essere umano non dovrebbe mai essere privato. Ad esempio, in situazioni di discriminazione nei confronti dei disabili, lo sport può ridurre l’esclusione, sia trasformando i comportamenti della comunità circostante, sia favorendo le interazioni tra persone con e senza disabilità. Lo sport infatti aiuta le persone disabili a diventare più forti sia fisicamente sia psicologicamente, apportando risultati vantaggiosi per il loro diritto alla salute. Nel ringraziare gli organizzatori e tutti i partecipanti del Forum, abbiamo spiegato che l’APG23 ha istituito diversi progetti in tutto il mondo per i giovani, che includono anche la promozione degli sport e che avremmo esposto negli interventi successivi. #FOTOGALLERY:sportONU# Durante il secondo giorno del Forum, nell’ambito del pannello intitolato “Celebrating Diversity: Inclusivity, Equality, Non-Discrimination in Sports: the Case of Football” (Celebrare la diversità, l’inclusione, l’eguaglianza e la non discriminazione negli sport: il caso del calcio), l’APG23 è intervenuta, ricordando che per i bambini lo sport e i giochi sono un modo per «esercitare ed imparare la solidarietà, l’inclusione e la risoluzione pacifica dei conflitti – tutti modi per costruire una società più rispettosa dei diritti umani» (Documento e video, al minuto 00.52.40). È stato portato come esempio il progetto Cicetekelo, avviato a Ndola, in Zambia nel 1997. Uno dei modi per aiutare i bambini e i ragazzi coinvolti nel progetto infatti è stato lo sport, ed in particolare il calcio. Il calcio ha permesso a coloro che lavorano con Cicetekelo di conoscere i ragazzi, di poter parlare e giocare con loro, di poter condividere esperienze ed emozioni. «All’inizio non avevamo una squadra di calcio e anche il campo era in condizioni pessime; ma in questo sport non importa il colore della pelle, quello che importa è che ci siano due squadre e una palla, il resto non conta». Cicetekelo è cresciuto, tanto che si è formata una vera e propria squadra, che partecipa ai tornei – e li vince. Questo è un esempio virtuoso di come lo sport possa realmente unire le persone, nel rispetto reciproco e nell’integrità. Il progetto in Zambia, però, non si è occupato solo di calcio. Infatti, come abbiamo menzionato nel nostro terzo intervento, a proposito del pannello intitolato “Youth, children and future generations” (Giovani, bambini e future generazioni), Cicetekelo offre ai ragazzi ospitati la possibilità di giocare a pallavolo, tennis, basket ed altri sport di squadra. (Documento e video al minuto 00.50.00). Questi giochi offrono due vantaggi: dare ai ragazzi delle regole da seguire e allo stesso tempo permettere ai giovani di divertirsi, legare tra di loro e lavorare insieme ad un unico obiettivo. Tutto ciò diventerà rilevante anche per il futuro, poiché insegna loro l’impegno, il sacrificio, il rispetto verso l’altro – che sia il compagno di squadra, l’allenatore o l’avversario. Queste, e tante altre testimonianze che abbiamo sentito nel corso del Social Forum, ci aiutano ogni giorno a capire quanto lo sport e l’ideale olimpico, se tradotti e declinati nella maniera corretta, possano essere veicolo per il rispetto di diritti umani inalienabili e per l’implementazione del diritto allo sviluppo. Per concludere, vorrei citare il pensiero di un famoso scrittore, giornalista e pacifista italiano: «Sinora si è agito all’insegna del motto olimpico “citius, altius, fortius” (più veloce, più alto, più forte), che meglio di ogni altra sintesi rappresenta la quintessenza dello spirito della nostra civiltà, dove l’agonismo e la competizione non sono la mobilitazione sportiva di occasioni di festa, bensì la norma quotidiana e onnipervadente. Se non si radica una concezione alternativa, che potremmo forse sintetizzare, al contrario, in “lentius, profundius, suavius” (più lento, più profondo, più dolce), e se non si cerca in quella prospettiva il nuovo benessere, nessun singolo provvedimento, per quanto razionale, sarà al riparo dall’essere ostinatamente osteggiato, eluso o semplicemente disatteso». (Alexander Langer, da Il viaggiatore leggero. Scritti 1961-1995, Sellerio, Palermo 2011)
APG23
09/10/2018
Salute Mentale: in Veneto sempre più difficile l’accoglienza in casa-famiglia
Il 10 ottobre si celebra la Giornata Mondiale della Salute Mentale. Promossa dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla Federazione Mondiale della Salute Mentale, la giornata intende richiamare l’attenzione sui disturbi mentali e sugli effetti che producono sulla vita delle persone. In occasione dell’edizione 2018, dedicata ai più giovani (Young people and mental health in a changing world), la Comunità Papa Giovanni XXIII lancia un appello per quanto accade nella Regione Veneto: «In nome della razionalizzazione delle risorse viviamo grosse difficoltà nel proseguire l’accoglienza di giovani con disabilità grave, al compimento del diciottesimo anno d’età: la sempre maggiore suddivisione delle competenze fra comparto sanitario e comparto sociale determina spesso l’inserimento di questi ragazzi in strutture sanitarie», spiega Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII. Al raggiungimento dei 18 anni scattano in alcune situazioni l'interruzione del pagamento delle rette da parte delle Ausl, e l'indicazione di trasferire gli accolti dalle case-famiglia alle strutture sanitarie. È capitato che le Ausl abbiano imposto di inserire persone con disabilità o problemi di salute mentale in struttura sanitaria anche dopo 30 anni di accoglienza in una casa-famiglia, dove l’accolto ha vissuto gran parte della propria esistenza accompagnato da una vera mamma e da un vero papà. Sottolinea Ramonda: «In una Regione Veneto che è sempre stata all’avanguardia dal punto di vista socio-sanitario fa riflettere il fatto che succedano tali cose senza che si tenga conto del progetto di vita delle persone coinvolte, per di più con il marcato aggravio di costi che l'inserimento in strutture sanitarie comporta per le casse dell’Ente pubblico. Chiediamo alla Regione un confronto per individuare possibili soluzioni al problema». La Comunità ha organizzato un convegno regionale il 9 novembre a Padova, Oltre la Gabbia del disagio, per presentare come la casa-famiglia multiutenza sia una risposta integrata al bisogno di cura e relazione. Per informazioni: 347.2628969.
APG23
09/10/2018
Un Ministero della Pace in ogni Stato
«Come on, let's make peace». How many times have we said or heard this phrase? "Making peace" is a simple expression that explains that peace is first and foremost a concrete action that changes the world. Even Pope Francis reminds us often, inviting us to ask "the wisdom to make peace in the small things of every day, but pointing to the horizon of all humanity" (homily to S. Marta 08/09/16). This is why we must educate ourselves to this "making" and create the conditions for "making peace" at local and international level. With this in mind, the Geneva office of the APG23 in recent years has always sought to promote peace and the human right to peace within the United Nations, strongly supporting the adoption in 2016 of the Declaration on human rights "of every individual to enjoy peace" (A / RES / 71/189). We also did it at the last Human Rights Council in Geneva, organizing a round table on the occasion of the International Day of Peace (September 21), launching the proposal to create a Ministry of Peace in every State of the world .   Starting from the prophetic thought of Don Oreste Benzi according to which: "for centuries men have organized the war, while today has come the time to organize peace " and from the reflections born within the Italian campaign for the Ministry of Peace, we proposed to all states the creation of a Ministry of Peace - a control room for actions at national and international level that promote and defend peace as well as respect for all human rights. Those who can not enjoy human rights and fundamental freedoms do not live in peace. The multitudes of men and women, families and single children who migrate from poor countries and in war to rich and peaceful countries are a constant demonstration of this. This is why it is important today more than ever that peace becomes a reality for all. The dream can become reality, as Giovanni Paolo Ramonda told us that, opening the meeting, he told how in Italy, in the 80s, conscientious objection to military service was also a dream that, thanks to many young people who believed in it to the end, it became a reality. And how it is time to change course, to make a U-turn by introducing policies of disarmament and peace that first of all help us to disarm ourselves against the other, to arrive at a "politics to the service of peace". The topic of conscientious objection was then taken up by Michael Wiener of the Office of the High Commissioner for Human Rights. Also Giulia Zurlini Panza (researcher and volunteer of Operation Colomba) during the meeting, reminded us that: "if the victims choose the path of hatred and revenge, they adopt a destructive approach to conflict management and end up transforming themselves into executioners. If, on the other hand, they have the possibility to choose non-violent modality, the victims adopt the constructive approach of conflict management leaving their position of oppression". David Fernandez Pujana - ambassador of the University of Peace of Costa Rica - and prof. Carmen Parra of the University Abat Oliba (Spain) UNESCO Chair, then recalled the importance of peace education because, as Gandhi said: "There is no road that leads to peace; peace is the way ". At the event, we of the APG23 office in Geneva, we presented the publication Calling for Ministries of Peace, written thanks to the precious work of two girls (Serena Viscardi and Manuela Sportelli) in international civil service, illustrating reasons for creating many Ministries of Peace in the world, one in every nation. The Ministry of Peace is an innovative response to the need for safety and well-being of our societies. It will build non-violent alternatives to armed defense, promote new forms of security and coexistence, preventing wars and conflicts through the realization of a positive and sustainable peace creating both the way to a better world where human rights are protected and guaranteed for all. The Ministry of Peace already exists: here's where Some countries have already established the Ministry of Peace: in addition to Costa Rica, which has long chosen to convert military spending to education, health and development by creating the ministry of "justice and peace", including the Solomon Islands, the South-Sudan and Nepal have created their own Ministry of Peace. Recently the Republic of San Marino has also chosen this route. The Ministry would make peace a reality for all, nationally and internationally. Applying the principles of adaptability, subsidiarity, inclusive participation, transparency and transversality, the Ministry of Peace would promote respect for all human rights, the culture of peace and the promotion of peace policies, the prevention of conflicts and violence and mechanisms of reconciliation and peaceful resolution.
APG23
03/10/2018
Il Presidente Mattarella a Rimini per il 50° della Comunità  Papa Giovanni XXIII
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sarà alle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, che si terranno il 7 Dicembre 2018 presso il Palacongressi di Rimini. L'arrivo del Presidente è previsto per il mattino. Si recherà dapprima in visita presso una delle case-famiglia dell'Associazione. A seguire, sarà ospite alla convention della Comunità. «Accogliere il Capo dello Stato sarà motivo di grande gioia e onore e lo ringraziamo per aver risposto all’invito — ha dichiarato Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità — È un riconoscimento all'infinita opera di Don Benzi, salito al cielo nel 2007, ed al lavoro proseguito in questi anni dai membri dell’associazione donati completamente a condividere la vita con i più deboli e gli emarginati, con case famiglia e comunità di accoglienza in 42 Paesi del mondo».  
APG23
03/10/2018
Poveri in festa: da tutto il Veneto per l’anniversario della Comunità  Papa Giovanni XXIII
Persone migranti, disabili, senza fissa dimora, insieme a donne vittime di tratta ai fini della prostituzione ed adolescenti accolti nelle case famiglia. Con loro i fratelli, naturali o acquisiti, i volontari, e poi una mamma ed un papà: in 500 accorreranno da tutto il Veneto alla Festa della Condivisione della Comunità Papa Giovanni XXIII. L'appuntamento è per sabato 6 ottobre a Vicenza, nell'Istituto San Gaetano di via Mora 12. L’evento celebra i 40 anni dalla fondazione della prima casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII in Veneto ed i 50 anni dalla nascita dell'associazione. Saranno presenti i rappresentanti degli enti locali (sindaci, assessori, ma anche assistenti sociali); con loro l’Associazione fondata da Don Oreste Benzi a Rimini nel ’68 ha costruito la propria storia in Regione. Si alterneranno mostre fotografiche e testimonianze; momenti di intrattenimento per i bambini, musica, spettacoli teatrali, concerti e tanto altro, fino alla mezzanotte. Alle 17 la celebrazione dell'Eucarestia sarà presieduta dal vescovo di Vicenza Beniamino Pizziol. Spiega Ugo Ceron, Responsabile della zona Veneto Ovest della Comunità Papa Giovanni XXIII: «In un momento storico in cui eÌ€ sempre piuÌ€ difficile parlare di accoglienza, di aiuto a chi eÌ€ in difficoltaÌ€, di sostenibilitaÌ€ dell’azione sociale, ci saranno moltissimi spunti per la riflessione ed il confronto. Le testimonianze di mamme e papà delle case-famiglia complementari e multiutenza saranno occasione per sollecitare le istituzioni ad un pieno riconoscimento della loro metodologia educativa ». Il tema verrà approfondito il 9 novembre a Padova con il convegno Oltre la gabbia del disagio. Come la casa famiglia multiutenza è una risposta integrata al bisogno di cura e relazione. I NUMERI Sono 43 le case-famiglia o di accoglienza della Comunità in Veneto (29 le case-famiglia) e 1 comunità per vittime delle dipendenze: nel 2017 hanno accolto 231 persone fra cui 87 minori. 81 famiglie affidatarie costituite attorno alle realtà della Comunità Papa Giovanni XXIII hanno ospitato altri 83 minori, allontanati da sistuazioni di degrado e violenza; 92 persone con disabilità sono state inserite nelle 4 cooperative sociali, che contano altri 90 persone fra soci e dipendenti. Circa 200 persone disabili partecipano con 200 volontari ai campi di condivisione estivi. Con 5 unità di strada circa 40 volontari incontrano con continuità homeless e donne costrette alla prostituzione. Scarica la cartella stampa ed il volantino
APG23
03/10/2018
Poveri in festa: da tutto il Veneto per l’anniversario della Comunità  Papa Giovanni XXIII
Persone migranti, disabili, senza fissa dimora, insieme a donne vittime di tratta ai fini della prostituzione ed adolescenti accolti nelle case famiglia. Con loro i fratelli, naturali o acquisiti, i volontari, e poi una mamma ed un papà: in 500 accorreranno da tutto il Veneto alla Festa della Condivisione della Comunità Papa Giovanni XXIII. L'appuntamento è per sabato 6 ottobre a Vicenza, nell'Istituto San Gaetano di via Mora 12. L’evento celebra i 40 anni dalla fondazione della prima casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII in Veneto ed i 50 anni dalla nascita dell'associazione. Saranno presenti i rappresentanti degli enti locali (sindaci, assessori, ma anche assistenti sociali); con loro l’Associazione fondata da Don Oreste Benzi a Rimini nel ’68 ha costruito la propria storia in Regione. Si alterneranno mostre fotografiche e testimonianze; momenti di intrattenimento per i bambini, musica, spettacoli teatrali, concerti e tanto altro, fino alla mezzanotte. Alle 17 la celebrazione dell'Eucarestia sarà presieduta dal vescovo di Vicenza Beniamino Pizziol. Spiega Ugo Ceron, Responsabile della zona Veneto Ovest della Comunità Papa Giovanni XXIII: «In un momento storico in cui eÌ€ sempre piuÌ€ difficile parlare di accoglienza, di aiuto a chi eÌ€ in difficoltaÌ€, di sostenibilitaÌ€ dell’azione sociale, ci saranno moltissimi spunti per la riflessione ed il confronto. Le testimonianze di mamme e papà delle case-famiglia complementari e multiutenza saranno occasione per sollecitare le istituzioni ad un pieno riconoscimento della loro metodologia educativa ». Il terma verrà approfondito il 9 novembre a Padova con il convegno Oltre la gabbia del disagio. Come la casa famiglia multiutenza è una risposta integrata al bisogno di cura e relazione.   I NUMERI Sono 43 le case-famiglia o di accoglienza della Comunità in Veneto e 1 comunità per vittime delle dipendenze: hanno accolto in un anno 87 minori e 144 adulti. 81 famiglie affidatarie costituite attorno alle realtà della Comunità Papa Giovanni XXIII hanno ospitato altri 83 minori, allontanati da sistuazioni di degrado e violenza; 140 persone con disabilità sono inserite nelle 3 cooperative sociali; circa 200 persone disabili partecipano con 200 volontari ai campi di condivisione estivi. Con 5 unità di strada circa 40 volontari incontrano con continuità homeless e prostitute. Scarica la cartella stampa ed il volantino 
APG23
01/10/2018
Giornata mondiale del sordo: «Insieme per andare controcorrente»
In occasione del 60° Anniversario della Giornata mondiale delle persone sorde, Papa Francesco ha detto in un suo messaggio: «Siamo chiamati insieme ad andare contro corrente, lottando anzitutto perché sia sempre tutelato il diritto di ogni uomo e ogni donna a una vita dignitosa». Anche in questo caso, le famiglie sono protagoniste del rinnovamento della mentalità e dello stile di vita (Gabriella Ceraso – Citta del Vaticano - Vatican News) Ogni anno l’ultima settimana del mese di settembre  si celebra la Giornata Mondiale delle persone sorde, in occasione della quale si cerca di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, i politici, le autorità per le politiche per migliorare la qualità di vita e per una migliore inclusione della comunità sorda nel mondo, attraverso eventi e festeggiati organizzati da piccole associazioni, dai famigliari e persino dalla WFD (World Federation of Deaf), responsabile di portare avanti il lavoro a livello politico nelle alte sfere. Il lavoro di tutti cerca di rispondere alle domande delle persone sorde ed incrementare la realizzazione e l'applicazione dei loro diritti ovunque nel mondo. La Comunità Papa Giovanni XXIII presente in diversi Paesi nel mondo e si impegna attraverso diverse azioni, tra cui la collaborazione con Enti Ecclesiali, Pubblici, Cooperative di servizi, per un lavoro di sinergia allo scopo di superare l'emarginazione delle persone sorde. (Patricio Castillo, responsabile ambito pastorale sordi per la Comunità Papa Giovanni XXIII) Il Senato riconosce la Lingua Italiana dei Segni BREAKING NEWS 3 ottobre 2017. Oggi è una data storica per le persone sorde. Finalmente, dopo quasi 4 anni dall'avvio dell'iter legislativo, nella 888ª Seduta pubblica il Senato della Repubblica ha approvato il testo del Disegno di Legge sul riconoscimento della Lingua dei Segni Italiana. Dopo una intensa discussione nella quale hanno preso la parola diversi Senatori, l'Assemblea ha approvato, con un nuovo titolo, il DDL n. 302 sull'inclusione sociale delle persone sorde, il superamento delle barriere comunicative e il riconoscimento della Lingua dei segni Italiana. Il testo passa ora alla Camera dei deputati.    Ce l'abbiamo fatta! Dopo 20 anni di attesa Senato riconosce la lingua dei segni italiana! Ora a @Montecitorio. Piena inclusione con la #LIS! pic.twitter.com/CJp9l3XIev — Ente Nazionale Sordi (@EnsOnlus) October 3, 2017     La Giornata Mondiale dei Sordi (GMS) si festeggia ogni anno l'ultima settimana di settembre in tutto il mondo.  In diversi Paesi vengono organizzati alcuni eventi per sensibilizzare e promuovere i diritti delle persone sorde. La Comunità Papa Giovanni XXIII ha aderito al corteo che si è svolto a Padova il 30 settembre 2017. Per il prossimo apputamento si parla nel 2018 di una marcia a Miano o in Sicilia.    A Padova la Giornata Mondiale delle persone sorde 2017 Per un giorno siamo uguali a voi. Il cuore di 6000 persone ribolle d'azzurro lungo le strade della città di Padova, proprio qui dove è nato l'Ente nazionale dei Sordi. Il lungo corteo per la Giornata Mondiale delle persone Sorde 2017 è ricco di canti silenziosi, di parole urlate di nascosto, di segni movimenti e balli che coinvolgono donne uomini e soprattutto tanti bimbi; adolescenti per un attimo si guardano e si scoprono uguali, risate e foto di gruppo si rincorrono in quella che è una bellissima giornata di sole. Si, perché è soprattutto l'emarginazione quella che temono le persone sorde. Il linguaggio, la parola, diventa un limite alle relazioni umane, che senza un gesto d'attenzione da parte di tutti, può sembrare impossibile da superare. In piazza incontriamo Barbara, oltre che sorda ipovedente. Lei ci racconta l'imporanza di sostenere, tutti insieme, la LIS, la Lingua delle persone sorde.      È proprio il tema della piena inclusione, attraverso la lingua dei segni, al centro della Giornata mondiale del sordo 2017. Palloncini colorati e slogan chiedono pari opportunità di lavoro, educazione bilingue per i bimbi sordi, piena partecipazione alla vita sociale e politica del paese.  E noi con loro.  #FOTOGALLERY:GMS2017# La testimonianza dalla GMS2017 Il lungo corteo per la Giornata Mondiale dei sordi 2017 si è snodato da Piazza Eremitani a Padova e attraversando le vie del centro storico è arrivato nella Piazza del Duomo dove si sono susseguite performance di artisti sordi e testimonianze. Mi sono alzata alla 4 e 45 del mattino per partecipare  alla manifestazione che si teneva a Padova:  “La giornata Mondiale dei sordi” .  Sono  partita in pulmino da Rimini, eravamo in 8, quattro udenti e quattro sordi, per me era la prima esperienza di questo genere, dopo che ,l’anno scorso,  avevo partecipato a qualche incontro di sensibilizzazione  tenuto dall’amico Patricio , interprete LIS e  da Michele, amico sordo.  Al corso ho imparato qualcosa della loro meravigliosa  lingua dei segni e qualcosa sulle difficoltà che deve affrontare un sordo nella vita di tutti i giorni. Io suono le percussioni e allora, naturalmente , ho portato con me un paio di tamburi:  di una marcia, di una manifestazione si trattava e io a manifestare ci vado con i tamburi.  All’arrivo a Padova sono rimasta colpita dalle migliaia di mani che “parlavano” , dalle migliaia di gesti e di sguardi, perché guardare è fondamentale per capire e dal grande desiderio di comunicare.  Ho preso il mio tamburo e ho cominciato a marciare,  suonando con gli amici che mi accompagnavano.  Il tamburo serviva ad attirare l’attenzione degli udenti , pensavo, ed invece è stata la grande attenzione dei sordi quella che ho avuto.  Mi fermavano per chiedermi:  “Sei sorda?”, “Sei udente?” e ancora, increduli, per dirmi che avevano sentito lo strumento  e indicavano il petto, la pancia, perché lì sentivano le vibrazioni.  Avevamo tutti un bel palloncino azzurro che è diventato lo strumento  per “sentire”, ci poggiavano sopra le mani  e allora i colpi sul tamburo diventavano chiaramente percepibili. E’ stato bellissimo e toccante vedere i loro visi increduli e divertiti.: qualcuno ha anche ballato! Qualcuno invece , con lo sguardo un po’ severo mi ha chiesto cosa ci facessi lì con un tamburo, tanto non lo avrebbero potuto sentire ed io con i pochi gesti limitati che conosco e con l’aiuto degli amici , a spiegare che serviva  per attirare l’attenzione degli udenti su questa marcia altrimenti silenziosa. Alcuni tra loro, con lo sguardo rassegnato,  mi hanno risposto: “Ma cosa vuoi che gli interessi, se ne fregano!” Porterò nel cuore questa  toccante esperienza che mi ha resa più attenta e consapevole  verso un mondo sconosciuto e a volte invisibile agli occhi di noi udenti.   Ieri eravamo SEIMILA alla marcia silenziosa per la Giornata Mondiale del #Sordo! Ecco cos'è successo alla #GMS2017 👉 https://t.co/5a9Y9AKbQ1 pic.twitter.com/b245YG4b4i — Ente Nazionale Sordi (@EnsOnlus) October 1, 2017   Giornata mondiale dei Sordi: un impegno politico La Comunità Papa Giovanni XXIII è impegnata a sostenere le persone sorde nei loro diritti e dignità. Per fare questo è intensa la collaborazione con l’Ente Nazionale Sordi (di cui quest’anno si celebrano gli 85 anni di attività) e con altre associazioni ed enti. L’obiettivo comune è di rimuovere le cause che creano l’emarginazione delle persone sorde, non solo in Italia, ma anche in Cile, Brasile, Bangladesh, Francia, Repubblica di San Marino. Ad esempio, in questo ultimo periodo, la Comunità Papa Giovanni XXIII è impegnata nell’elaborazione della nuova legge-quadro della Repubblica di S. Marino sulla disabilità, in particolare per il riconoscimento del LIS (lingua italiana dei segni). È anche attiva nel partecipare ad un tavolo di lavoro della Commissione ONU per la disabilità nella Repubblica di San Marino. Giornata Nazionale dei Sordi 2016 Nel 2016 la Comunità Papa Giovanni XXIII ha partecipato con una delegazione alla marcia nazionale svoltasi a Roma. «Sarà nostra cura continuare a promuovere i diritti culturali e linguistici delle persone appartenenti alla comunità sorda internazionale», scrive all'Ens Patricio Castillo, animatore per l'ambito persone sorde e loro famiglie della Comunità Papa Giovanni XXIII. La Comunità continua così il suo impegno, che dal 2003 la vede mobilitata al fianco delle persone sorde; dal 2015 in particolare è attiva per il riconoscimento della Lis, la Lingua italiana dei Segni. «La scarsa diffusione della lingua dei segni emargina ed esclude le persone sorde dall'accesso a qualsiasi tipo di informazione, e preclude loro la possibilità di una piena integrazione in società», spiega Patricio Castillo. #FOTOGALLERY:GMS2016# Proprio per sensibilizzare l'opinione pubblica su questo tema, la Comunità organizza periodicamente degli open-day dedicati proprio alla lingua dei segni.   Marco Tassinari, Chiara Bonetto
APG23
29/09/2018
Barbara missionaria a Gerusalemme
«Quando ho scelto l’appartenenza alla Comunità ho chiesto quale fosse il luogo in cui spendermi: è arrivata questa proposta, di aprire una casa-famiglia a Gerusalemme. Il mio si è stato immediato, quando ho sentito: “Gerusalemme”, mi si è aperto il cuore. Pensavo di non essere assolutamente degna della Città Santa. In 8 mesi dalla partenza il rapporto con il Signore sta crescendo tantissimo. Siamo alla frontiera: viviamo con i figli degli immigrati filippini.  La relazione con loro è è molto difficile; sono bambini feriti, che ti  respingono. Ma in casa stiamo ottendendo dei grandi risultati, e adesso ti lascio perchè stiamo andando tutti a fare da mangiare»!   Come in famiglia. Barbara Branchetti, forlivese di 39 anni, ha lavorato per 10 anni come infermiera in medicina d’urgenza. Adesso sta chiedendo il secondo anno di aspettativa.    «Da quando nel 2012 sono stata in Bangladesh ho sempre avuto una grande passione per la missione. Inizialmente avevo il sogno dell’Africa, eppure la Papa Giovanni ha scelto per me l’Asia».    «Nel mio primo viaggio, in Bangladesh, ho conosciuto una ragazza che abitava in un villaggio, gravemente malata. Quando l’ho incontrata non aveva nulla, viveva in una capanna sdraiata su uno stuoino. Aveva una grande gioa nel cuore, una luce pazzesca, un sorriso meraviglioso e io in lei ho visto qualcosa in più: ricordo bene che mentre tornavo a casa da quest’esperienza, ritornando al nostro villaggio, c’era fango a terra, pioveva. E io provavo una gioia immensa nel cuore, una gioia incredibile, indicibile, che non avevo mai trovato in tutta la mia vita. Io in quel momento ho capito che nella mia vita volevo sentirmi sempre così, che avrei dovuto fare qualcosa che mi avesse fatto rimanere sempre in quella gioia. Dopo due anni di apparente normalità in Italia, nel 2014 sono ritornata in Bangladesh. E da quel giorno ho iniziato a conoscere diverse persone, che mi hanno fatto scoprire la bellezza della mia nuova vocazione. Mi sono innamorata sempre di più dell’emarginazione. Oggi ne sono più consapevole: sono sensibile e colpita dalle situazioni in cui ci sono persone che non vuole nessuno, che tutti scansano e che nessuno metterebbe mai in casa propria».   E così Barbara è stata mandata a Gerusalemme. A febbraio 2018 sono iniziati ad arrivare i primi bambini, prima in 3 solo di giorno. Nel tempo hanno iniziato a fermarsi anche di giorno, per disegnare o cucinare qualcosa con l’infermiera di Forlì. Hanno iniziato a fermarsi alla notte. Hanno iniziato ad avvicinarsi altri bambini, qualche giorno, qualche settimana, di giorno e poi alla sera; adesso sono in 5 in pianta stabile. Adesso la affianca Emanuele Ferraro, volontario che era di stanza a Chieti.   La casa non sorge in un luogo centrale della città, non è sotto ai riflettori dei media e non cerca le relazioni che contano.  Nel vicariato di San Giacomo abita la minoranza dei cattolici di lingua ebraica. Il vicariato è impegnato all’interno del Patriarcato Latino nella pastorale e nella cura dei migranti;   L'inaugurazione della casa famiglia a Gerusalemme   Antonio de Filippis è il responsabile del progetto: «Il vicariato di San Giacomo è nato da un gruppo di ebrei convertiti al cattolicesimo e si è poi arricchito con l’arrivo di molti migranti, che non parlano l’arabo: dunque siamo qui in Israele a fare Chiesa con la minoranza cattolica di lingua ebraica. Viviamo un’importante esperienza di identità israeliana, che ci aiuta come cattolici nel recupero delle interpretazioni ebraiche dell’antico testamento. Da qui possiamo gioire dell’incontro silenzioso fra due identità, una Chiesa discreta che su 4 parrocchie promuove l’incontro».   #FOTOGALLERY:CASAFAMIGLIA#   «Per noi è estremamente significativo aprirci all’accoglienza dei più poveri proprio nella terra di Gesù, che dei poveri è stato amico», ha spiegato in occasione dell’inaugurazione, il 28 settembre, Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità di Don Benzi.   Al taglio del nastro è stato presente anche Mons Pierbattista Pizzaballa, Amministratore Apostolico del Patriarcato Latino della Città Santa, che ha ringraziato tutti i presenti: «Grazie alla Comunità Papa Giovanni XXIII che ha creduto nel progetto di aprire una casa famiglia a Gerusalemme. Questi sono missionari un po' pazzerelli... Ho conosciuto il fondatore della Comunità, don Oreste Benzi che era ancora più pazzerello. Io sono francescano. Anche il nostro fondatore era pazzerello»…     Partire per la missione   Dal 26 ottobre in provincia di Ravenna la Comunità organizza una 3 giorni di spiritualità per chi è interessato a partire per la missione. Seguirà la pubblicazione delle date dei prossimi corsi missionari. Per informazioni: animazionemissionaria@apg23.org - 345-0905800 (Fabiola)   Puoi sostenere le missioni apg23 qui: Dona ora!  
APG23
28/09/2018
A Gerusalemme la nuova casa-famiglia per i figli dei migranti
Si inaugura oggi pomeriggio a Gerusalemme, nel Vicariato di San Giacomo dei cattolici di lingua ebraica in Israele, la prima casa-famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII in Terra Santa. «Per noi è estremamente significativo aprirci all’accoglienza dei più poveri proprio nella terra di Gesù, che dei poveri è stato amico», spiega Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità di Don Benzi. Sarà presente l’Amministratore apostolico del Patriarcato Latino della Città Santa, il francescano Pierbattista Pizzaballa, accompagnato dal Vicario Padre Rafic Nahra e dall’ex Vicario Padre David Neuhaus, che hanno fortemente voluto il progetto. Spiega Antonio de Filippis, responsabile del progetto per la Comunità Papa Giovanni XXIII: «Il vicariato di San Giacomo è nato da un gruppo di ebrei convertiti al cattolicesimo e si è poi arricchito con l’arrivo di molti migranti, che non parlano l’arabo: dunque siamo qui in Israele a fare Chiesa con la minoranza cattolica di lingua ebraica. È un’importante esperienza di identità israeliana, che ci aiuta come cattolici nel recupero delle interpretazioni ebraiche dell’antico testamento. Gioiamo dell’incontro silenzioso fra due identità, una Chiesa discreta che su 4 parrocchie promuove l’incontro». Il Vicariato di San Giacomo è impegnato all’interno del Patriarcato latino nella pastorale e nella cura dei migranti; all’interno di questo impegno si inserisce il varo della nuova casa-famiglia, il cui progetto è in sperimentazione ormai da febbraio. Dai 3 bambini filippini inseriti solo durante il giorno, figli di immigrati, si è arrivati all’accoglienza a tempo pieno di 5 minori. «La relazione con questi bambini è molto difficile, sono bambini feriti», spiega Barbara Branchetti, mamma della casa famiglia. Infermiera di 39 anni di Forlì, Barbara ha conosciuto la Comunità Papa Giovanni XXIII nel 2012 grazie ad un corso missionario: «Ho chiesto un altro anno di aspettativa all’Azienda Ospedaliera in cui lavoravo, nel reparto di medicina d’urgenza. Dopo due esperienze di missione ho accettato con entusiasmo la proposta di venire a Gerusalemme: porto ancora dentro di me una ragazza gravemente malata e poverissima conosciuta in Bangladesh: grazie a lei ho incontrato Gesù e ho capito che la mia vita sarebbe stata sempre accanto ai più poveri». Scarica le foto
APG23
26/09/2018
Distinzione tra “Comunità  Papa Giovanni XXIII” e “Centro Sociale Papa Giovanni XXIII”
Si precisa che il “Centro Sociale Papa Giovanni XXIII” fondato da don Ercole Artoni nel 1977 a Reggio Emilia non ha alcun rapporto giuridico, né attività comuni e condivise con l'associazione “Comunità Papa Giovanni XXIII”, ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, fondata a Rimini da don Oreste Benzi nel 1968 e attualmente guidata da Giovanni Paolo Ramonda. La presenta nota si rende necessaria a seguito della notizia apparsa su diverse fonti di stampa che riportano dell'arresto di don Ercole Artoni, sacerdote incardinato nella Diocesi di Reggio Emilia. Già in passato le due realtà sono state confuse nella comunicazione a causa della somiglianza del nome. Per informazioni: Sito web “Comunità Papa Giovanni XXIII” di don Oreste Benzi: www.apg23.org Sito web “Centro Sociale Papa Giovanni XXIII” di don Ercole Artoni: www.libera-mente.org
APG23
25/09/2018
Diritti umani: un nuovo alto commissario all’ONU
Il 39esimo Consiglio dei Diritti Umani, che si svolge dal 10 al 28 settembre 2018, ha segnato l’inizio del mandato nella nuova High Commissioner for human rights, Michelle Bachelet. Nata e cresciuta a Santiago del Cile, laureata in medicina, tra le varie cariche che ha ricoperto, spiccano quella di presidente del Cile - due volte, dal 2006 al 2010 e dal 2014 al 2018 - di Ministro della Sanità (2000-2002) e di Ministro della Difesa nazionale (2002-2004). All’interno delle Nazioni Unite era stata precedentemente Direttore esecutivo dell’Ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerement femminile (2010-2013). Nel suo discorso di presentazione al Consiglio, tenutosi lunedì 10 e martedì 11 settembre 2018 nella Room XX del Palais de Nations a Ginevra (testo integrale del discorso), la Bachelet ricorda prima di tutto che «i bisogni e i diritti delle vittime delle violazioni dei diritti umani dovrebbero essere sempre la principale priorità del nostro lavoro. I diritti umani esprimono lo scopo centrale delle Nazioni Unite: possiamo ottenere pace, sicurezza e sviluppo sostenibile per tutte le società solo promuovendo la dignità e l’uguaglianza di tutti gli esseri umani». Il nuovo Alto Commissario riconosce le sfide e il lungo lavoro che il Consiglio dovrà affrontare; nel chiedere aiuto e collaborazione a tutti gli Stati, assicurando che saranno sempre ascoltati e comprendendo i difficili equilibri e le diverse posizioni, non esita a sottolineare che le sue priorità saranno rivolte alla promozione dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali. Qualsiasi forma di violenza o discriminazione connessa a sesso, religione, lingua, etnia o disabilità deve essere combattuta dal Consiglio e da tutti i suoi partecipanti. Non dimentica di elencare le sfide e le ingiustizie presenti nel mondo, dalla critica situazione dei milioni di rifugiati e migranti, alla mortalità materna e infantile, alla povertà, il cambiamento climatico, la mancanza di risorse fondamentali. La Bachelet ricorda ai membri del Consiglio la sua piena disponibilità all’ascolto e alla collaborazione; a loro domanda di continuare a garantire i diritti umani per tutti, riprendendo situazioni difficili presenti in diversi Stati del mondo e chiedendo che vengano risolte tramite il lavoro continuo e il mutuo rispetto tra gli organi del Consiglio e dei Paesi partecipanti. Per concludere il suo discorso, la neo Alto Commissario lancia la sua sfida, di «assicurare che insieme possiamo accrescere diritti civili, politici, economici, sociali e culturali per tutti, accanto al diritto allo sviluppo, e perciò assicurare la pace e lo sviluppo sostenibile in tutto il mondo». Come APG23, insieme agli Stati e alle altre ONG che prendono parte al Consiglio, abbiamo avuto la possibilità di dialogare con lei e rispondere alle dichiarazioni della signora Bachelet (video del nostro intervento, a partire dal minuto 00:37:24). Nel nostro statement , le abbiamo ricordato che il 2018 segna il settantesimo anniversario della Dichiarazione dei Diritti Umani - un anno importante, nel quale poter affrontare nuove sfide e prendere nuove posizioni. Ci troviamo in un momento in cui «lo spazio per la società civile all’interno delle Nazioni Unite si sta restringendo; in cui i difensori dei diritti umani affrontano ostilità e repressioni dai governi di tutto il mondo a causa del loro impegno con i meccanismi dei diritti umani; in cui il populismo, il razzismo e la xenofobia stanno crescendo». Abbiamo invitato quindi l’Alto Commissario a denunciare la violazione di tutti i diritti ed a continuare a difendere chi non può farlo da solo, chi è debole ed emarginato. In particolare, auspicando un aperto dialogo e una reciproca collaborazione con la signora Bachelet e tutto il suo ufficio, continueremo a lavorare affinché vengano riconosciuti a tutti i diritti allo sviluppo e alla pace, promuovendo sempre la dignità di tutte le persone soprattutto quelle più deboli e marginalizzate.
1 49 50 51 52 53 106