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APG23
08/02/2023
Giornata mondiale di preghiera contro la tratta 2023
Sarà un gruppo di 15 giovani di organizzazioni internazionali di tutto il mondo (Caritas Internationalis, Movimento dei Focolari, Comunità Papa Giovanni XXIII, Talitha Kum, The Clewer Initiative, USMI Rete Anti-Tratta e WUCWO) a capitanare quest'anno l'8 febbraio la Giornata Mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone dal titolo "Camminare per la dignità".   Vedi la diretta   I giovani contro la tratta si raduneranno a Roma, dal 6 al 12 febbraio, per una settimana di networking e formazione insieme a 4 esperti di comunicazione. Obiettivo: promuovere iniziative e campagne sui social per sensibilizzare sui vissuti di violenza e le storie di riscatto e liberazione di bambini, adolescenti, donne e uomini vittime di sfruttamento sessuale e lavorativo. «Nel 2022, abbiamo visto l’aggravarsi di situazioni di crisi e l'inasprirsi delle conseguenze della pandemia nella vita sociale», spiegano i promotori della rete internazionale Thalità kum, tra cui anche la Comunità di don Benzi, in vista della memoria di Santa Bakhita, schiava sudanese divenuta suora canossiana e poi santa. «In questo contesto — continuano —, le persone vittime di tratta e i gruppi a rischio, sono aumentati, in particolare nell'industria della prostituzione indoor e in varie forme di sfruttamento sul web. Tra le cause lo sfruttamento delle vulnerabilità nei paesi con maggior instabilità politica per conflitti armati, violenze contro le donne, crisi climatico-ambientale ed economica e anche leggi insufficienti a proteggere le persone migranti, facili prede dei trafficanti. In questo contesto siamo chiamati a tenere viva la speranza, e i valori che orientano il nostro essere ed agire». Numerose le iniziative internazionali, nazionali e locali a cui parteciperanno i figli spirituali di don Oreste Benzi, sacerdote che dal 1996 iniziò ad impegnarsi per la fuga dalle reti criminali delle giovanissime donne albanesi e nigeriane. EVENTO ONLINE, 8/2/23: Dalle 9.30 maratona di preghiera e riflessione contro la tratta "Camminare per la dignità". Dalle ore 12.25 la Comunità Papa Giovanni XXIII parteciperà alla preghiera europea con testimonianze da Mechelen (Belgio), Lourdes (Francia), Brema (Germania) e da altre città italiane. Alle 13.25 momento conclusivo con intervento di Papa Francesco. A ROMA il 6/2/23: Veglia di preghiera ecumenica alle ore 19.15 Chiesa parrocchiale Santa Lucia, Via Santa Lucia, 5. In sinergia con alcune diocesi italiane, fra le altre, le seguenti iniziative: A MODENA il 3/2/23: Momento di riflessione alle ore 18 guidato da Associazione Papa Giovanni XXIII, Usmi, Caritas, Migrantes e Porta Aperta e a seguire Santa Messa concelebrata dal Vicario generale della Diocesi di Modena-Nonantola, don Giuliano Gazzetti, presso la Chiesa di San Vincenzo in Corso Canalgrande 75. Saranno ricordate anche Nicoleta, Arietta e Benedicta, tre giovani donne incontrate sui marciapiedi e uccise nel modenese da clienti senza scrupoli circa 4 anni fa; così i volontari delle unità di strada: «Nostre compagne di viaggio nella ricerca di relazioni di fiducia e di vie di libertà dallo sfruttamento, con le operatrici e i volontari della Unità di strada non vi dimenticheremo mai»! A VERONA l'8/2/23: Veglia di preghiera con corteo avviato alle ore 20.30 da Via Torricelli fino alla Parrocchia Madonna della fraternità, con interventi del Patriarca di Venezia Mons. Francesco Moraglia e il Vescovo di Verona Mons.Domenico Pompili. A PIACENZA il 18/2/23: ore 18.30 presso la Cattedrale (Piazza Duomo) Santa Messa presieduta dal Vescovo della Diocesi di Piacenza-Bobbio Mons. Adriano Cevolotto con il patrocinio del Comune di Piacenza. I NUMERI. Nel 2022, l'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ha assistito: 94 persone vittime di tratta: 62 femmine tra cui madri (totale figli: 20), 32 maschi. Età prevalente: 26-33 anni. Nazionalità prevalente nigeriana. 15 donne ex vittime di tratta a scopo sessuale (in prevalenza di origine nigeriana ma anche camerunense e ghanese), e supportate da Germania e Svezia in cooperazione con ONG locali, grazie al progetto europeo SISA 12 madri ex vittime di tratta con minori a carico (di origine nigeriana e albanese) col supporto del progetto Nuovi Percorsi in convenzione con Save the children - Italia E inoltre ha continuato in Italia l'attività di primo contatto per l'emersione delle vittime con: 21 unità di contatto in 10 Regioni (Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Umbria, Piemonte, Sardegna, Veneto) 3 unità di contatto per l'emersione di vittime di tratta al fine di accattonaggio e/o sfruttamento lavorativo in 3 Regioni (Liguria, Piemonte, Emilia Romagna) 4 team di primo contatto indoor in 4 Regioni (nelle province di Bari, Modena, Roma, Savona)   Scopri di più    
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04/02/2023
Luca Pieri. Con coraggio ha superato tante barriere
Pubblichiamo una lettera scritta da Luca Pieri, gravemente disabile ma papà e impegnato fortemente nel sociale con la Comunità Papa Giovanni XXIII, che si è spento il 31 gennaio 2023. Oggi a Bologna il funerale.   Se handicap vuol dire forza   Carissimo don Oreste, sono Luca Pieri, membro fin dagli anni '70 della Comunità Papa Giovanni XXIII della zona di Bologna. Ora che sono diventato babbo della piccola Bianca, data alla luce un mese fa da mia moglie Carla, con questa lettera voglio ripercorrere assieme a te la mia esperienza di disabile nel cammino vocazionale della nostra Comunità. Mi sembra importante incominciare dalla mia infanzia e adolescenza, quando ho iniziato faticosamente a scoprire la mia diversità. Alla nascita sono stato colpito da una lesione cerebrale che mi ha provocato la cosiddetta «tetraparesi spastica». Di quel primo periodo della mia vita ricordo poche cose, fra le quali vorrei citare i giochi con i miei fratelli, che mi hanno permesso un poco alla volta di acquisire esperienze positive malgrado le mie rilevanti disabilità motorie. Grazie anche al coraggio dei miei genitori che, contro gli usi di allora, hanno preferito farmi crescere in famiglia piuttosto che affidarmi a istituzioni specializzate; di tutto ciò devo renderne grazie a mio padre e a mia madre, ma soprattutto mi devo ricordare di rendere grazie a Dio, che ne dici? È evidente che fin da allora, però, i miei limiti hanno condizionato lo sviluppo della mia personalità, portandomi a essere molto introverso e riflessivo. Infatti mi colpivano molto le favole come «Il brutto anatroccolo» di Andersen, che chiaramente mi aiutavano a iniziare il faticoso e continuo lavoro di «assimilazione» delle mie facoltà, che andavo scoprendo nel corso dei trattamenti di fisiochinesiterapia. Questi ultimi li ho vissuti anche come un'esperienza di parziale abbandono della famiglia. Infatti ricordo ancora con una certa sofferenza quando andavo a Torre Pedrera all'ambulatorio del «Sol et Salus», mentre mio fratello maggiore andava a giocare sulla spiaggia. Pian piano ho iniziato a familiarizzare con la sofferenza, anche quella fisica derivante dai suddetti trattamenti riabilitativi. Ricordo ancora con un certo fastidio che allora tutti cercavano di propinarmi delle consolazioni religiose a buon mercato. Ma in quel periodo ho cominciato anche a scoprire il Vangelo. Ricordo in particolare la parabola dei talenti (Mt 25, 14-30): «Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento... Per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra... Avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri... E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti». Che cosa può dire questo passo del Vangelo a un bambino disabile? Per me è stato un grosso stimolo a non accontentarmi delle facili risposte consolatorie sul piano della fede, che allora vivevo più per tradizione familiare che per esperienza personale, e a impegnarmi a fondo negli studi. Infatti a scuola avevo dei buoni risultati. Il fermento del post-Concilio e degli anni 70 coincise con la mia crisi adolescenziale, sfociata in un rifiuto aperto dei trattamenti di fisioterapia, ormai fini a se stessi, e delle già citate risposte consolatorie della fede tradizionale. Quegli anni sono stati cruciali perché il Signore iniziava a mostrarmi che anche «il brutto anatroccolo» può avere un suo ruolo. In quegli anni mi sono avventurato alla ricerca dell'integrazione scolastica, prima al liceo e poi all'università, allo scopo di raggiungere una maggiore emancipazione sia dalla famiglia sia dagli ambienti sanitari «protetti». Fra le tante critiche ne ricordo una, di un ragazzo disabile, che mi diceva: «Cosa vai a cercare problemi? Sta' tranquillo, come me». Da un certo punto di vista, adesso come allora, non posso dargli torto; però che cos'è la crescita se non un cercare problemi? Poi stando vicino ai volontari del Centro di riabilitazione che frequentavo allora, mi sono gradualmente accostato alla nascente esperienza della Comunità Papa Giovanni XXIII. Ricordo di quegli anni il clima di sincera fraternità del primo «Campeggio spastici» a cui ho partecipato. Un altro momento per me fondamentale è stata la settimana di studi sull'handicap, svoltasi intorno al '75, se non ricordo male. Perché non farne altre, magari su temi più specifici? Ricordo poi i convegni organizzati dalla Comunità, in particolare quello internazionale sull'handicap, perché vi ho conosciuto Carla. Nacque subito una sincera amicizia durata più di un anno e sfociata nella scelta di iniziare il cammino insieme. Ricordo molto bene il primo colloquio che io e Carla abbiamo avuto con te e l'incoraggiamento inaspettato che abbiamo ricevuto. In quell'occasione ho colto meglio il significato di quella frase: «Non soffocate lo Spirito in voi»... Nel frattempo la Comunità ha maturato la propria vocazione, che ha preso corpo nello schema di vita. Vorrei farti alcune domande al riguardo della posizione di una persona disabile nei confronti della vocazione della nostra Comunità. Credo che le stesse domande possano valere in qualche misura anche per i genitori o i familiari di persone disabili. Che cosa significa per una persona disabile e per un suo familiare il secondo dei Cinque Punti dello schema di vita: «scegliere liberamente ciò che gli ultimi sono costretti a vivere per forza»? Cioè, se non capisco male, la proposta è quella di scegliere liberamente la propria disabilità; mi sembra un po' paradossale... Collegate a questo paradosso sorge un'altra questione: chi porta direttamente le conseguenze del peccato, chi è prigioniero, come può essere soggetto di liberazione per sé e per gli altri? Nella mia esperienza dell'Operazione Colomba i miei limiti fisici contribuiscono non poco a rendere credibile la nostra proposta di condivisione. Può essere questa la risposta alle domande precedenti? Cambiando completamente discorso, ti pongo un'altra domanda: l'impetuoso sviluppo negli ultimi anni della Papa Giovanni XXIII non rischia di andare a scapito della qualità della nostra testimonianza? Non è che ci siamo lasciati andare? Non è che ci siamo lasciati prendere la mano dal «mal della pietra», ovvero dalla frenesia di moltiplicare le strutture materiali a scapito della qualità dei rapporti comunitari? Forse provo semplicemente un pizzico di nostalgia per la piccola «comunità degli inizi»... Un fraterno saluto da chi in fondo resta sempre un po’ un «brutto anatroccolo».   Luca Pieri   Risponde Don Oreste Benzi   Carissimo Luca, se chi legge la tua lettera ti vedesse capirebbe come un «handicappato grave» è una persona con capacità specifiche, con un ruolo preciso, con una missione da compiere nell'umanità. La tua difficoltà dì parlare, l'impossibilità di camminare, di accudire da solo anche alle necessità più elementari mettono in risalto il tuo percorso scolastico dalla scuola elementare alle superiori, all'università alla laurea conquistata. Tu sei la dimostrazione vivente che si nasce con una difficoltà ma chi fa diventare handicappato è la società. Dalla tua vita risalta quanto è disumano collocare in istituto un handicappato con la giustificazione della gravità del suo limite. I tuoi genitori ti hanno accolto come dono e hanno dato tutta la loro vita perché fossi riconosciuto nella tua dignità di uomo e nelle tue capacità. Il loro impegno risalta in tutta la sua grandezza dal fatto che quando tu eri piccolo non c'erano le provvidenze dello Stato che ci sono oggi. Lo Stato invece di pagare strutture emarginate ed emarginanti per handicappati, costosissime, deve mettere in grado le famiglie o vere case famiglie per crescere i figli portatori di handicap. Collocare in istituto dei minori anziché dare loro un padre e una madre è un'ingiustizia, collocare in istituto gli handicappati è una crudeltà. Collocare in istituto dei bambini con l'Aids è un atto criminale. Bisogna insorgere contro queste oppressioni di innocenti: l'atto contro di loro è tanto più grave perché essi non possono difendersi. I tuoi genitori non solo ti hanno tenuto con loro, ma soprattutto nel loro amore, nel loro coraggio tu hai capito l'importanza della tua vita. Quanti ragazzi oggi, adolescenti, giovani con limitazioni come le tue, ma anche senza alcun impedimento si sentono il «brutto anatroccolo» per il solo fatto di essere in istituto, perché per loro non c'è posto nel cuore di nessuno. In molti di essi si scatena la ribellione e anche la perdita della fede molte volte, è causata dalla loro reclusione. Altri si rinchiudono in se stessi separandosi dagli altri con la disperazione nel cuore. Invece, come tu hai potuto constatare e constati, i nostri ragazzi handicappati gravissimi si trasformano e crescono nell'amore di chi li sceglie liberamente come veri figli. GII handicappati hanno una funzione stupenda che è quella di umanizzare l'uomo e di costringere la società a svilupparsi a misura d'uomo. Ogni passo in avanti fatto per i disabili è un passo avanti fatto per tutta l'umanità. «Là dove siamo noi lì anche loro»: nel lavoro, nella scuola, nella società. Ora la risposta alle tue domande: uno che nasce come disabile può ancor più di chi nasce senza limitazioni scegliere liberamente ciò che gli ultimi sono costretti a vivere per forza, perché conosce direttamente tutte le sofferenze ed umiliazioni connesse alla condizione di handicappato. Egli «sceglie» la propria condizione e dal di dentro lotta per al liberazione di tutti coloro che sono oppressi a causa della loro disabilità. Per questo motivo può mettere la propria spalla sotto la croce di chi porta le conseguenze di un peccato che non ha commesso lui, ma tutta l'umanità. Se la gente avesse visto come tu sei soggetto attivo di una nuova umanità nei campi di condivisione fra i profughi della Croazia, tutti capirebbero che gli handicappati sono i primi nella nuova rivoluzione della società della gratitudine, nella civiltà dell'amore. Don Oreste Benzi   Leggi l'articolo di semprenews.it  
APG23
03/02/2023
Nuova vita agli abiti, seconda possibilità  per le persone
6000 tonnellate di abiti usati raccolti a Bologna ogni anno; di questi il 15% diventa abito vintage, che si riusa; il 35% viene spedito in Africa a missioni; il 50% viene utilizzato in impianti di riciclo. Sono i numeri di AND Circular, il progetto per il riutilizzo dei vestiti avviato dalla cooperativa La Fraternità, che è diventata protagonista di questo servizio andato in onda su Rai1, al telegiornale delle 20.     La cooperativa sociale La FraternitaÌ€ ONLUS, promossa dall’Associazione ComunitaÌ€ Papa Giovanni XXIII, ha 25 sedi in Italia e a Bologna occupa piuÌ€ di 500 persone, il 44% di queste con fragilitaÌ€. Dal 2012 si occupa anche di dare vita nuova agli abiti usati dell’Area metropolitana bolognese, con il progetto A.N.D. (A new day) Circular che intercetta circa 6000 tonnellate di abiti usati ogni anno. Fra i vari punti vendita, il 17 dicembre 2022 ha aperto il nuovo AND Circurlar Hub in Via Emilia 297 a San Lazzaro di Savena (BO).  
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31/01/2023
Giuseppe Sabattini è tornato alla casa del Padre
«A nome della Comunità Papa Giovanni XXIII esprimo le più sentite condoglianze alla famiglia Sabattini per la salita in cielo di Giuseppe Sabattini, padre della beata Sandra. Siamo vicini alla famiglia e alla Diocesi di Rimini nella preghiera». È quanto dichiara Giovanni Paolo Ramonda, Presidente dell'associazione di Don Benzi, di cui Sandra era volontaria.
APG23
30/01/2023
In provincia di Sassari il nuovo centro diurno per la disabilità 
Venerdì 27 gennaio, in via Castelsardo 57 a Sorso (SS) è stato inaugurato il nuovo centro diurno denominato “il Granello di Senape” della Cooperativa San Damiano. «Questa nuova struttura apre nuove possibilità di formazione al lavoro in ambito, in modo particolare ma non esclusivo, agricolo e culinario per le persone con disabilità e/o con difficoltà comportamentali e relazionali e si inserisce in una più ampia riqualificazione degli spazi e dei servizi gestiti dalla stessa cooperativa orientati certamente ad una più attenta cura alla persone e al loro progetto di vita ma anche a dare un nuovo impulso al territorio e alle istituzioni poiché sfide complesse, come quelle dell’inclusione delle persone con disabilità», sostiene Antonello Spanu, presidente della Cooperativa. E continua: «Si affrontano con l’apporto e la responsabilità dell’intera Comunità. Per noi è importante dire al territorio: “ci siamo perché crediamo che una società più attenta alle persone con varie fragilità sia non solo più umana ma più giusta e capace di autentico sviluppo. Ci siamo per metterci ancora una volta al fianco delle persone con disabilità e lo loro famiglie perché crediamo che loro, con l’adeguato supporto e sostegno, possano essere soggetti attivi del cambiamento che auspichiamo dentro le comunità e i territori nei quali vivono”». Dopo il taglio del nastro, alle ore 16,30 la cooperativa ringrazia gli oltre 550 donatori che hanno partecipato alla raccolta fondi “metti il tuo mattone in questa impresa!” e il parroco don Luca ha benedetto il nuovo centro diurno.   Alle 17 si è tenuta la rappresentazione teatrale “Renaissance… un sogno che diventa realtà” a cura del gruppo teatro San Damiano che ha coinvolto persone con disabilità, operatori, volontari e giovani in servizio civile, diretto da Andrea Dessì dell’Associazione culturale “La Vope Bianca”, in collaborazione con i musicisti Gian Piero Tamponi al Violino e Giuseppe Fadda al Violoncello. 
Alla rappresentazione è seguito l’intervento della Cooperativa e delle istituzioni (del Sindaco Demelas, del consigliere Antonello Peru di Soggia Gavino presidente di confcooperative, di Rita Zucca referente per il terzo settore dell’IC di Sorso, Domenico Pascaretta responsabile per la Sardegna-Lazio-Campania della Comunità Papa Giovanni XXIII e Luca Miglietti coordinatore del Consorzio Condividere Papa Giovanni XXIII di cui la Cooperativa San Damiano fa parte. Alle ore 18, l’Arcivescovo metropolita di Sassari S.E. Mons. Gianfranco Saba ha presieduto la celebrazione concelebrata da don Luca, Parroco di San Pantaleo, Padre Danilo guardiano del convento dei frati di Sorso e don Guido Mangiapelo sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Mons. Saba nell’omelia, ha evidenziato che esperienze come queste della cooperativa sociale San Damiano che nascono dal basso, fuori dal frastuono di una competizione che tende solo alla contrapposizione, in modo non improvvisato ma dentro un cammino vissuto all’interno di una Comunità è un bene prezioso per il territorio e per la Chiesa che non può che portare frutti di bene.   Dopo la celebrazione un altro momento emozionante è stata la performance teatrale "Mariposa...Il gioco leggero delle farfalle" anche questa a cura del gruppo teatrale San Damiano con il prezioso apporto di Cecilia Concas, Angelo Spanu e la regia di Andrea Dessì. Al quale poi è seguita una ricca serata di musica e di festa grazie alla collaborazione di Giuseppe Canu, Carla Pisano e degli Ospiti d’onore gli Istentales, Maria Luisa Congiu, Soleandro e Cecilia Concas ai quali la cooperativa sociale rivolge la propria gratitudine.  
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23/01/2023
Il Trattato dell’ONU per la Proibizione delle Armi Nucleari compie 2 anni
A più di cinquant’anni dall’entrata in vigore del primo strumento di contenimento del riarmo, nel mondo ci sono ancora quasi 13.000 armi nucleari. Il nostro Paese, l’Italia, dove sono custodite attualmente ad Aviano (PN) e Ghedi (BS) circa 40 bombe nucleari, purtroppo non ha ancora ratificato il Trattato dell’ONU per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW), né ha partecipato come osservatore alla annuale Conferenza di monitoraggio della sua applicazione. La più grande struttura dell’ingiustizia è l’industria della guerra, in quanto è “denaro e tempo al servizio della divisione e della morte” (Papa Francesco) La Comunità Papa Giovanni XXIII è impegnata da anni con tanta parte della società civile ed opera nei confronti delle istituzioni a sostegno del Trattato con la Campagna civile per la messa al bando e ratifica del TPNW “Italia Ripensaci” e unita all'Appello del mondo cattolico ed ecumenico con la mobilitazione di oltre 50 movimenti e associazioni. Leggi l'appello del mondo cattolico per la messa al bando delle armi nuclari. Ricorre proprio in questi giorni il secondo anniversario dell’entrata in vigore dello storico nuovo accordo globale per la messa al bando delle armi nucleari ha, infatti, raggiunto il numero necessario di ratifiche ed è entrato in vigore il 22 gennaio 2021. La messa al bando di queste armi immorali e disumane, ai sensi del diritto internazionale, rappresenta un passo fondamentale sulla strada della loro eliminazione e per un futuro libero da testate atomiche. Per approfondire
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16/01/2023
Chiese cristiane unite in preghiera per la pace
Un minuto di silenzio, raccoglimento, meditazione e preghiera, alle ore 12, nei giorni dal 18 al 25 gennaio 2023, per chiedere la pace fra Russia e Ucraina, in tutti luoghi della terra in cui si combatte, e nel cuore di ogni uomo.  Anche la Comunità Papa Giovanni XXIII aderisce all'appello della Rete di Insieme per l’Europa di stringersi come chiese, nella settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, al fianco dei fratelli in Cristo che stanno vivendo la loro fede nei conflitti, al fianco dei popoli in guerra. In particolare la Rete esprime vicinanza alla Chiesa Battista, impegnata intensamente in molti modi a livello spirituale e materiale, per portare mezzi di sussistenza di base nei territori sconvolti dall'Ucraina. L'appello delle chiese evangeliche battiste Così scrive in un appello Giovanni Arcidiacono, Presidente delle chiese evangeliche battiste d'Italia: «Preghiamo per lodare il continuo provvedimento di Dio per coloro che servono fedelmente in prima linea nella guerra. Per lodare Dio per coloro che hanno incontrato Gesù nei mesi scorsi attraverso la testimonianza dei battisti in Ucraina e dintorni. Vi chiedo di pregare per coloro che continuano a provare a vivere la propria vita nonostante la costante incertezza su dove e quando i missili colpiranno. Pregare per il continuo sacrificio e il servizio da tutto il mondo in modo che ci siano risorse sufficienti per coloro che sono in Ucraina e nei Paesi vicini per servire durante il difficile inverno. Pregare che arrivi presto una pace giusta e che l'Ucraina possa continuare a ricostruire. Pregare per coloro in tutto il mondo che sentiranno la tensione delle interruzioni della catena di approvvigionamento e della carenza di energia durante i mesi freddi». Papa Francesco ai bambini: «Continuate a pregare per la pace»   La Comunità Papa Giovanni XXIII rimane unita nella preghiera per la pace, recitando il Santo Rosario insieme ai bambini e le famiglie ogni domenica sera. Lo stesso Papa Francesco, durante l'udienza concessa ai figli delle famiglie e case famiglia dell'associazione di Don Benzi il 14 gennaio ha ricordato: «Grazie a voi bambini e ragazzi che ogni domenica vi incontrate per pregare il rosario. Voglio dirvi che la vostra preghiera per la pace, anche se non sembra, Dio la ascolta. Noi crediamo che Dio dona la pace subito oggi, e che sta a noi accoglierla nella nostra vita. State sicuri che Dio ascolta la vostra preghiera e andate avanti». In supplica al fronte Pubblichiamo a nostra volta la preghiera di Maria, 16 anni, raccolta l'8 gennaio 2023 dai nostri volontari presenti a Mykolaiv: «Signore fai finire questa guerra con il pentimento dei nostri nemici, Signore: non ho che te, niente è impossibile per te. Solo tu puoi far finire questa guerra, solo tu hai potere su tutto ciò che è qui sulla Terra. Signore, ti chiediamo la fine di questa guerra il prima possibile. E ti chiediamo per il nostro nemico, Signore, non la morte loro, ma, al contrario, benedicili. Perdonali, abbi pietà, non sanno cosa stanno facendo, ti chiedo la loro salvezza. Non tener conto di ciò che fanno padre, ti chiedo che la guerra lasci questa terra. Che possiamo tornare a casa e ti chiedo di cambiare i loro cuori».  
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14/01/2023
Papa Francesco incontra i piccoli scartati dal mondo
Più di 800 bambini e ragazzi il 14 gennaio 2023 hanno incontrato Papa Francesco nel corso di un'udienza della Comunità Papa Giovanni XXIII a loro dedicata nell'Aula Paolo VI in Vaticano. Tanti i piccoli disabili, accolti nelle case famiglia di don Oreste Benzi, che hanno dialogato col Santo Padre. Un momento di festa in cui i piccoli “scartati” dalla società hanno portato un vento fresco di gioia e spontaneità. Leggilo su L'Osservatore Romano Leggilo su Avvenire Scarica la Rassegna stampa cartacea Scarica la Rassegna stampa online   Guarda i video!     «“Quel bambino o quella bambina ha dei problemi, però è sempre sorridente...”. Come mai? Perché si sente amato, amata, si sente accolto, accolta, così com’è. Il sorriso è un fiore che sboccia nel calore dell’amore» ha detto Papa Francesco rivolgendosi ai bambini, dopo essere arrivato in Aula Paolo VI a piedi con il solo ausilio di una stampella. «Grazie a don Oreste (Benzi) per aver dato vita alle case famiglia. - ha continuato il Santo Padre - La famiglia è il luogo dove curare tutti, sia le persone accolte che quelle accoglienti, perché è la risposta al bisogno innato di relazione che ha ogni persona». Infine si è rivolto ai bimbi che gli avevano scritto chiamandoli per nome. «E tu, Sara, che hai 13 anni e sei scappata dall’Iraq, custodisci nel cuore il tuo santo desiderio che ai bambini non venga rubata la loro infanzia». Tra i piccoli c'era anche Marianna Bergoglio, sette anni, idranencefala. Marianna Bergoglio fu abbandonata alla nascita in ospedale dopo gli esiti di una radiografia prima del parto che svelava una malformazione cerebrale. Per questo motivo l'ufficiale dell'anagrafe la registrò con il cognome Bergoglio rendendola “figlia adottiva” di Papa Francesco, Pastore che ama e accoglie come un padre i poveri, gli emarginati, i profughi e tutti gli scartati. Al fianco del Pontefice erano in tanti. Great, nigeriano di sei anni, tetraplegico costretto in carrozzina a causa di in incidente stradale, accompagnato da Emanuele, il suo fratello affidatario di 13 anni. Maria Chiara, 10 anni, che ha vissuto in Rwanda. Poi Jia Hui, sei anni, bimba di origine cinese con una patologia cromosomica che l'ha costretta spesso in ospedale, accompagnata da sua sorella affidataria Anna di 14 anni. Bianca, sette anni, in carrozzina, che sprigiona una positiva energia contagiosa. Laila, 12 anni, ha il papà che va spesso in Ucraina per aiutare le vittime. Tutte le settimane prega con gli altri bimbi per la fine della guerra, ma ancora non si vede la fine. Ha chiesto al Papa come rimanere fedeli nella preghiera. E Sara,13 anni, scappata dall’Iraq per evitare di diventare una sposa bambina di un adulto. Ha chiesto a Papa Francesco come si fa a dimenticare il passato più brutto. I bambini hanno consegnato al Papa un dono speciale: un libro con un centinaio di disegni e letterine che arrivano non solo da bambini italiani, ma anche da Cina, Thailandia, Francia, Bangladesh, Cile, Zambia. Ci sono disegni che rappresentano i bambini con le loro famiglie e case famiglia; altri che mostrano la paura della guerra; altri che ritraggono Papa Francesco come un super eroe. Tra gli scritti ci sono domande simpatiche e altre che sfiorano i temi teologici più importanti. Matteo dalla Tanzania chiede: «Caro Papa Francesco, come stai? Grazie perché preghi per me. Sei bravo a cucinare? Quando preghi sei felice?». Agostin Nardi dal Bangladesh scrive: «Da Gesù vorrei sapere quando ritorna per la seconda volta da noi. Al Papa chiederei quando viene la pace nel mondo, in che modo verrà». Marta dalla Thailandia chiede: «Come stai papa Francesco? Io vorrei chiederti, se noi non ci amiamo, come possiamo fare? Perché quando la famiglia ha problemi di amore allora tutto finisce».   Ecco le risposte del Papa. Scarica l'intervento di Papa Francesco in italiano. Scarica l'intervento di Papa Francesco in inglese. Scarica il saluto a Papa Francesco del Presidente Giovanni Paolo Ramonda    
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31/12/2022
Ringraziamo il Signore per il dono di Papa Benedetto XVI
«Da parte della grande famiglia sparsa in tutto il mondo nelle case famiglia con i piccoli ed i poveri della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi. Il pontificato di Papa Ratzinger ha dato, insieme a Giovanni Paolo II, il pieno riconoscimento ai carismi e alle nuove comunità come dono coessenziale alla gerarchia per annunciare Gesù nel mondo, fino alle estreme periferie. Assicuriamo abbondanti preghiere e lo affidiamo alla vergine Maria, donna della fede, via breve a Gesù, madre e fiducia nostra». È quanto dichiara Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII.    
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29/12/2022
A Chieti si festeggia l’ultimo con gli ultimi
Una festa aperta a tutti: sia a chi non può permettersi di pagare il tradizionale cenone, sia a chi non sa con chi festeggiarlo. La speciale festa dell'ultimo dell'anno si terrà presso la Capanna di Betlemme di Chieti, la casa di accoglienza per senza fissa dimora e famiglie disagiate gestita dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. Oltre agli ospiti della casa di accoglienza sono state invitate famiglie disagiate del territorio che farebbero fatica ad organizzare il cenone. Alla fine sarà consegnato un dono caldo e utile. «Vogliamo stare insieme a chi è solo anche durante le festività. - spiega Luca Fortunato, responsabile della casa di accoglienza di Chieti - Faremo una tavolata di 270 persone. Alle 18 andremo sulle strade ad incontrare le persone senzatetto per invitarli a venire a festeggiare con noi. Verrà con noi un gruppo di 65 ragazzi provenienti da tutta Italia che stanno passando le feste con noi. Con i giovani sperimenteremo la gioia che non viene dall'abuso di alcol o dallo sballo, ma che viene dal festeggiare insieme a chi è rimasto più indietro».  
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23/12/2022
110 persone liberate dalle dipendenze
Ci sarà anche Giuseppe fra le 110 persone che vedranno riconosciuto il proprio cammino di superamento delle dipendenze patologiche, concluso durante la pandemia all'interno delle comunità terapeutiche della Comunità Papa Giovanni XXIII. La prima festa del Riconoscimento venne celebrata da don Orenze Benzi nel 1995; quest'anno si ritorna a festeggiare in presenza, con un invito che è esteso ai genitori e ai familiari. Giuseppe, originario di una provincia del Veneto, oggi ha 26 anni. Aveva fumato il suo primo spinello a 17 anni anni, «Più che altro per divertirmi», racconta. A 20 anni aveva già provato tutte le sostanze che era riuscito a reperire sul mercato. A 22 anni aveva aggredito violentemente il padre. Nella Parrocchia della Resurrezione di Rimini, che fu del sacerdote riminese, il 26 dicembre alle 12 celebrerà l’Eucarestia Mons. Matteo Maria Zuppi, Presidente della CEI; seguirà un pranzo comunitario. I ragazzi che concluderanno ufficialmente il cammino quest’anno saranno 68 dall’Italia e 42 collegati in remoto dall’estero. «I miei genitori — racconta Giuseppe — erano separati; li vedevo litigare ma non riuscivo a dirgli "anche io ci sto male". La loro situazione mi aveva abituato a tenere le emozioni compresse dentro di me, ma non ritengo loro i responsabili del mio crollo», racconta. Ha dovuto poi lavorare molto su di sé in un cammino fatto di costanza ed impegno: «Una cosa che mi ha cambiato la vita in Comunità è stata l'esperienza di servizio alle persone disabili, e ancora oggi ripensare al loro sorriso mi commuove. Fu mia sorella ad avviarmi al recupero». Molte delle vittime di dipendenze si trovano alle prese con il problema della poli-assunzione: all’uso di sostanze si affianca sempre più spesso la dipendenza dal gioco d’azzardo, dall’alcol o altro. È il caso di Massimo che oggi ha 47 anni, e che dopo circa due anni vissuti in una Comunità dell'Emilia oggi lavora come falegname. «A 15 anni fumavo le prime canne e a 20 anni iniziai ad assumere cocaina. Ma ho scoperto poi, grazie all'aiuto dei professionisti, che il mio problema più grave era l'alcolismo. Nascondevo le bottiglie a mia moglie. Avevo equilibrato le droghe e l'alcool come su una bilancia, per riuscire a dormire in un certo periodo anche due o tre ore per notte». Il percorso di recupero all'interno delle realtà della Comunità Papa Giovanni XXIII dura in media 3 anni ed è costituito da 3 fasi: l’accoglienza, la comunità, il rientro. Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Papa Giovanni XXIII, spiega: «Le comunità terapeutiche rimangono strumenti fondamentali nei percorsi di recupero della persona. La politica continui a prestare attenzione a queste realtà che ogni giorno lavorano nel silenzio: riescono ad attivare percorsi di consapevolezza e aiutano le persone che vivono il dramma delle dipendenze a ritrovare un senso per la propria vita». Massimo oggi è diventato volontario in comunità al fianco dei nuovi arrivati. Giuseppe è iscritto all'Università, e così si rivolge alle giovani vittime: «Ad un certo punto ti pare sia impossibile riuscire a cambiare. Ma devi continuare a crederci. Chiedi aiuto; cerca di fare il più piccolo passo possibile verso una vita migliore».
APG23
23/12/2022
Per Natale prendiamo posto a tavola insieme agli ultimi
Il Natale è una festa da condividere e vivere insieme alle persone a cui si vuole bene, circondati dall’affetto della famiglia. E come ogni Natale, anche nella nostra grande famiglia apriamo le porte delle nostre case e Capanne di Betlemme a chi è solo e non ha nessuno, a chi vive per strada perché anche per loro è Natale. Una tavola imbandita, un regalo inatteso, il calore di una famiglia suscitano emozioni che scaldano il cuore a tante persone, compreso il nostro. Questa è la grande potenza della Comunità. Anche il nostro Responsabile Generale Giovanni Ramonda nel suo augurio scrive: “Guardo i miei fratelli, quello che fanno e il bene che producono in tante vite e mi dico che questa è un’onda che non può essere fermata, dobbiamo continuare ad essere presenti là dove c’è più bisogno di noi. Siamo chiamati a condividere quello che abbiamo e niente potrà impedirci di donare quello che siamo”. Il Natale insieme ai senza dimora di Rimini A Rimini la notte del 24 dicembre alle ore 22:30, viene celebrata la Santa messa di Natale nel piazzale della stazione intitolato a don Oreste Benzi, insieme alle persone senza fissa dimora. Un evento che ormai è diventato una tradizione per la Comunità, che ogni anno incontra le persone che dormono lì per portare loro amicizia, un gesto di attenzione, conforto e accoglienza. Mentre il 25 dicembre festeggiamo il Natale alla colonia Stella Maris pranzando insieme alle persone senza fissa dimora e gli accolti della Capanna di Betlemme, altre famiglie e volontari delle uscite di strada che trascorreranno tutto il periodo festivo insieme agli ultimi. Il pranzo di Natale nelle nostre Capanne di Betlemme di Chieti e Forlì A Chieti la Capanna di Betlemme apre le sue porte agli amici che vivono in strada per trascorrere insieme questi giorni di festa. “Posso stare con te?” è il nome che si è voluto dare ai vari momenti di condivisione da segnare nel calendario ed è quello che ripetono i nostri volontari alle persone senza dimora. Si inizia il 24 dicembre alle ore 18.00 con l’uscita in strada, con la celebrazione della Santa Messa seguita dalla cena. A Natale si torna a tavola per condividere il pranzo, proprio come si fa in famiglia, per festeggiare gustando del buon cibo e scartando regali. Nella Capanna di Betlemme di Forlì, la giornata della Vigilia inizia con la colazione insieme ai volontari e le persone in difficoltà che dormono lì e con lo scambio di piccoli regali. Mentre il 25 dicembre festeggiamo tutti insieme con il tradizionale pranzo di Natale. #FOTOGALLERY:Natale1# Gli altri eventi nelle città di Vicenza e Torino A Vicenza, l’Unità di Strada ha organizzato diversi momenti insieme alle persone senza dimora: il 22 dicembre alle 18:30 viene celebrata la Santa Messa sul sagrato della Chiesa di Santo Stefano. Il 28 dicembre siamo nella Capanna di Betlemme con l’adorazione eucaristica, insieme al gruppo Scout che in questi giorni di festa sperimenta la condivisione diretta con gli ultimi. Per concludere, il 6 gennaio è organizzato un torneo di calcio balilla per trascorrere un pomeriggio insieme a chiunque voglia partecipare. Infine, le feste si concludono a Torino, il 6 gennaio, presso la mensa dei Frati di Sant’Antonio dove i volontari della nostra mensa di strada organizzano un pranzo per festeggiare insieme l’Epifania. In questa occasione avviene lo scambio di doni a chi ogni settimana si rivolge a noi per aiuto e per un pasto: sacchi a pelo, scarpe, calze, cappelli, sciarpe, guanti. Un pomeriggio in compagnia, con karaoke e giochi, nel rispetto della normativa anti covid, per tornare a ritrovarci. L’albero dei desideri per grandi e piccini delle nostre case Ogni anno i bambini e le persone che accogliamo nelle nostre case, scrivono la loro letterina con i doni che sognano di ricevere per Natale. Questo è “l’Albero dei desideri”, l’iniziativa che dal 2011 viene portata avanti dai collaboratori di Lidl di tutta Italia, che esaudiscono i desideri di ognuno. Ogni dipendente Lidl sceglie con cura il dono, lo incarta e lo consegna nella Case Famiglie e ai nostri volontari delle unità di strada. Ad esempio, a Padova il 28 dicembre i dipendenti Lidl consegnano i loro regali alle persone senza fissa dimora: biancheria intima, prodotti per la cura della persona e l’igiene personale e anche coperte e sacchi a pelo per scaldare le notti più fredde. #FOTOGALLERY:Natale2# Il Natale nelle nostre missioni all’estero In questi giorni a Camiri, nel sud della Bolivia, il nostro volontario Claudio e i suoi ragazzi della comunità terapeutica “Renacer a la Vida”, stanno sfornando dei golosi panettoni nel laboratorio di terapia occupazionale. Ed è proprio nel lavoro e nella produzione dei panettoni che ogni ragazzo, riacquista la propria dignità e la fiducia persa. I panettoni prodotti sono venduti a offerta libera per sostenere la comunità stessa. Andreina, missionaria in Thailandia, ci racconta come trascorre il Natale tra i più poveri: insieme ai volontari si va negli slum del Paese ad incontrare le persone che vivono lì, portando loro conforto e aiuto. Insieme a loro anche tanti volontari, che partecipano ad alcuni campi di condivisione nelle festività natalizie. Anche a Bucarest, in Romania, il nostro volontario Beppe - partito in macchina da Torino con i suoi figli - e Filippo, un giovane casco bianche del servizio civile, trascorrono le festività insieme ai senza dimora. Ogni settimana escono in strada per incontrare chi ci vive: “Trascorriamo il Natale con i senzatetto di Bucarest, regaliamo loro un cappello e delle calze calde. Non è molto, ma il nostro vuole essere un gesto di vicinanza, per farli sentire meno soli. Molti non hanno mai avuto una famiglia. Oltre a incontrarli in strada, ogni sabato apriamo la nostra casa. Chi vuole può venire a farsi una doccia, a lavare i propri vestiti, a mangiare qualcosa e a pregare con noi. All’occorrenza tagliamo anche i capelli, perché condividere è anche e soprattutto questo: esserci.” #FOTOGALLERY:Natale3#
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