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APG23
10/03/2016
Contro la vendita di armi e l’intervento armato in Libia
L’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII si associa alla preoccupazione espressa dalla Rete Disarmo e da diversi soggetti della società civile e del mondo nonviolento di fronte alla prospettiva di un nuovo intervento militare in Libia, che vedrebbe un coinvolgimento diretto dell’Italia. «Si parla di un impiego significativo di un contingente militare, di agenti segreti con scopi poco chiari e della messa a disposizione di basi militari sul territorio italiano per l’utilizzo di droni», sottolinea Antonio De Filippis, responsabile di Operazione Colomba, corpo di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII.  E’ una posizione fortemente contraria che nasce dall’impegno quotidiano delle centinaia di giovani che, a partire dalle prime esperienze in ex Jugoslavia negli anni ‘90 fino ad oggi al fianco dei profughi siriani, operano con azioni nonviolente a difesa dei civili vittime delle guerre.  «Non certamente secondo lo stereotipo del “pacifismo vecchio stampo”, come lo ha etichettato con sufficienza l’ex presidente Giorgio Napolitano nel suo intervento di ieri al Senato. Napolitano si è permesso di etichettare i tanti giovani che ogni giorno e con costanza si impegnano a sostegno delle vittime e contro le guerre ed i mercanti di morte», continua De Filippis. «Ci sembra al contrario “fuori dal tempo” considerare un intervento militare come principale modalità di risoluzione dei conflitti internazionali. Non solo perché lo prescrive la nostra Costituzione, ma perché è sotto gli occhi di tutti come gli interventi in Nord Africa e in Medio Oriente degli ultimi anni abbiano contribuito unicamente ad incrementare le violenze, le uccisioni e i rischi per i civili », dichiara.  La Comunità Papa Giovanni XXIII chiede piuttosto di sospendere l’invio di armi italiane o prodotte in Italia a paesi coinvolti nei conflitti armati, fra cui l’Arabia Saudita.   A Rimini il 12 marzo alle ore 18 in Piazza Cavour le realtà del territorio impegnate sul tema della pace e della nonviolenza si ritroveranno per un momento animato. Nella piazza verrà proiettato, i silenzio, il filmato della distruzione della città di Homs, in Siria. Seguiranno la proiezione del videoclip musicale di Joan Baez "Dove sono finiti i fiori”, e la condivisione di brani e testimonianze per la pace.  Scarica il volantino dell'iniziativa. Vedi l'evento su Facebook.   A Bologna dalle 18 alle 20 ruoteranno in piazza i colori dell’arcobaleno; saranno circondati da cartelli con 3 ‘no’ alla violenza e 5 ‘si’ alla pace, illuminati dalle fiaccole. Attorno allo striscione del primo gennaio “Bologna in cammino per la pace” si svolgeranno giochi di luce, balli etnici e testimonianze. Vedi l'evento su Facebook.   A Boves(CN) parteciperemo all'incontro delle ore 21 all’Auditorium Borelli con Boushra Almutawakel, unica fotografa donna yemenita, proposta della Scuola di Pace di Boves. A Torino  appuntamento alle ore 18 in Piazza Castello per un'ora di silenzio, insieme a Movimento Internazionale della Riconciliazione, Movimento Nonviolento, Pax Christi.   Giovanni Ramonda, Responsabile Generale della Comunità, auspica che le esperienze di Rimini e Bologna possano essere riprese in tutte le maggiori città d’Italia: «Attiviamoci con iniziative pubbliche per fare sentire la voce di chi dice “No” con modalità nonviolente ad uno scenario che si promette carico di drammaticità. Le conseguenze di un intervento armato in Libia che vedesse anche l’Italia fra i promotori sarebbero devastanti».  
APG23
09/03/2016
Stati generali: convegno a Bologna sulle alternative al carcere
#oltrelesbarre Il magistrato Gherardo Colombo concluderà il 15 marzo l'evento di presentazione dei risultati del progetto internazionale “Reducing prison population: advanced tools of justice in Europe”. Il progetto, finanziato dal Programma dell’Unione Europea “Criminal Justice” e coordinato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, ha coinvolto in attività di studio e ricerca organizzazioni provenienti da Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Scozia, Romania, Lettonia. Sono state oggetto di indagine circa 70 diverse esperienze di alternative al carcere presenti nei paesi coinvolti, portando alla stesura delle «buone pratiche» europee e di un testo unico per la formazione degli operatori. Il 21 maggio 2015 i partner europei del progetto hanno potuto visitare a Rimini le Cec (Comunità educanti con i carcerati) che sono in sperimentazione in diverse regioni italiane da oltre10 anni, con 250 detenuti inseriti in percorsi alternativi. Durante il seminario verranno presentati i risparmi in termini economici che sarebbero possibili per lo stato estendendo il modello Cec. L’evento si terrà dalle ore 9.00 alle ore 13 del 15 marzo nella Sala dei Poeti di Palazzo Hercolani a Bologna, Strada Maggiore 45. Lidia De Leonardos, direttore della Casa Circondariale di Bari, porterà la proposta innovativa di una collaborazione fra pubblico e privato sociale nei percorsi riabilitativi, con la creazione di zone protette ed intermedie di congiunzione fra il carcere e l’esterno. Gherardo Colombo è stato il coordinatore del tavolo 12 sulle “Misure e sanzioni di comunità", istituito dal Ministro della Giustizia Andrea Orlando il 19 maggio scorso all'interno degli "Stati generali" del carcere: 18 commissioni erano state formate per indagare i problemi del sistema penitenziario italiano. In questi giorni tutti i contributi vengono presentati al Ministero, che ha promesso di avviare a breve una riforma dell'intero comparto. Gherardo Colombo spiega: «Le "misure di comunità” dovrebbero essere la prima risposta alla devianza; oggi le chiamiamo “pene alternative” perché la soluzione generale è quella del carcere, ma questo è un rapporto che proponiamo di rovesciare. I lavori del tavolo si sono occupati anche del come diffondere una cultura attraverso la quale tutto questo possa essere accolto dalla cittadinanza». Aprirà i lavori Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, che oggi lancia un appello «Nei prossimi 10 anni lavoriamo per svuotare le carceri, puntando al recupero delle capacità di chi ha sbagliato piuttosto che all’inasprimento delle pene. La certezza del recupero si ha nell'educazione e responsabilizzazione di chi ha commesso il reato; per questo invitiamo tutti a scrivere a statigenerali.consultazione@giustizia.it entro il 12 marzo chiedendo al Ministro Orlando di sostenere le Cec, Comunità educanti con i carcerati»    scarica il volantino  
APG23
01/03/2016
Accolti i profughi a Roma e difesi i loro diritti a Ginevra
lunedì 29 febbraio, mentre all’aeroporto di Roma Fiumicino i primi profughi siriani accompagnati da Operazione Colomba atterravano in Italia grazie al canale umanitario apertosi con il Libano, a Ginevra nella sala XX del Palazzo delle Nazioni Unite la dr.ssa Maria Mercedes Rossi - principale rappresentante dell’Apg23 all’ONU - presentava un intervento orale (al minuto 1:53:45) congiunto con altre 8 organizzazioni della Società civile portando la voce dei migranti e chiedendo con forza il rispetto dei loro diritti  umani. Ieri pomeriggio, infatti, durante un Pannello intitolato “Integrare i Diritti Umani ed il Diritto allo Sviluppo nell’implementazione dell’Agenda 2030 per uno Sviluppo Sostenibile” la rappresentante principale dell’Apg23 è intervenuta di fronte ai delegati dei 147 paesi dell’ONU per sottolineare come “In questa straordinaria epoca, dove più di 60 milioni di persone sono state forzate a lasciare il loro paese essenzialmente a causa di conflitti e persecuzioni, dove uno straordinario numero di rifugiati e migranti sono pronti ad imbarcarsi in viaggi pericolosi ed incerti per trovare asilo in un posto sicuro, l’intera comunità internazionale sta venendo meno all’obbligo e perdendo l’opportunità di rispondere al SDG n. 10 e ad altri impegni globali e consensuali.  L’Europa ed il resto del mondo, che ha gli strumenti e l’esperienza per rispondere a questa crisi, fino ad ora ha lasciato che compassione e solidarietà venissero prevaricate da interessi politici interni e paura.”   L’Agenda 2030 con i suoi 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile rappresenta un importante strumento internazionale che dovrebbe aiutare uno sviluppo integrale di tutti, perché nessuno sia lasciato indietro. Questa la speranza di molti, che si realizzerà solo con l’impegno di tutti.   
APG23
29/02/2016
Alla ricerca di dignità  e di sviluppo sostenibile per tutti
Un evento collaterale per celebrare il 30 ° Anniversario della Dichiarazione sul diritto allo sviluppo Organizzato dall'Ufficio dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani in collaborazione con l'Università per la Pace (UPEACE) incaricata dalle Nazioni Unite in Costa Rica e il Forum delle ONG di ispirazione cattolica. Per l’ufficio di Ginevra saranno 4 settimane di lavoro intenso…già a partire dal primo giorno  del Consiglio. Lunedì infatti la Dr.ssa Rossi è stata invitata a partecipare tra i relatori di un “evento parallelo” – side event organizzato dalla Sezione del Diritto allo Sviluppo dell’OHCHR (Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani)  per celebrare il 30 anniversario della Dichiarazione sul Diritto allo Sviluppo. Nell’evento che avrà come titolo: “In Search of Dignity and Sustainable Development for All – Alla Ricerca della Dignità e dello Sviluppo Sostenibile per Tutti”,  la dr.ssa Rossi tratterà del tema della promozione del diritto allo sviluppo come strumento di giustizia sociale portando l’esperienza sul campo dell’APG23 e dei suoi 20 anni di medico missionario in Zambia. Fin dall’apertura dell’ufficio di Ginevra nel 2009, il diritto allo sviluppo ha rappresentato una delle priorità; coordinando un gruppo di lavoro intero al Forum delle NGOs d’ispirazione cattolica, si è contribuito attivamente al lavoro del Gruppo Inter-governamentale per l’implementazione del Diritto allo Sviluppo sempre cercando di portare la voce dei poveri con cui condividiamo la vita e lottando per eliminare le cause che impediscono il loro sviluppo. Per saperne di più potete consultare la sessione dedicata all’argomento sul nostro sito…dove trovate anche tutti i contributi e documenti elaborati in questi anni. Obiettivi del side event Per riflettere su come rendere operativa la Dichiarazione sul diritto allo sviluppo creerà un ambiente favorevole per la realizzazione dell'Agenda 2030 Per riflettere su come l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile possa essere in grado di supportare la realizzazione del diritto allo sviluppo Per discutere i mezzi per integrare, rivendicare e costruire capacità sul diritto allo sviluppo tra le comunità locali, e programmi di ricerca e di formazione Programma Mr. Craig Mokhiber, capo del settore istanze di sviluppo, economico e sociali dell'OHCHR, introdurrà, presiederà e modererà la sessione. H. E. Mr. Zamir Akram, presidente-relatore del gruppo di lavoro sul diritto allo sviluppo ed ex rappresentante permanente del Pakistan presso le Nazioni Unite a Ginevra, '"Futuri passi verso il diritto allo sviluppo dopo l'adozione dell'Agenda 2030"; Dr. Mihir Kanade, Capo del Dipartimento di diritto internazionale e dei diritti umani e direttore del Centro per i diritti umani, Università per la Pace con mandato delle Nazioni Unite (UPEACE) in Costa Rica. 'Far progredire la pace, i diritti e il benessere: il diritto allo sviluppo come approccio agli SDGs. Dr. Priscilla Schwartz, Senior Lecturer in legge e direttore, energia e risorse naturali Programma Law, School of Business and Law, University of East London, UK, '"Potenziare il diritto allo sviluppo: l'energia sostenibile in un clima che cambia'; Dr. Maria Mercedes Rossi, rappresentante della Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII (APG23) presso le Nazioni Unite a Ginevra e Rappresentante del Forum delle ONG di ispirazione cattolica, 'Rivendicazione del diritto allo sviluppo per la giustizia sociale nello sviluppo'. Documentazione: Flyer Biografie degli oratori Abstracts
APG23
29/02/2016
Vendola e la compravendita dei bambini
«Ci spieghi, Vendola, cosa intende quando afferma: “Condivido con il mio compagno una scelta e un percorso che sono lontani anni luce dalla espressione 'utero in affitto'”». È il commento di Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, alla notizia riportata dai media sulla nascita di un «bimbo figlio di Nichi Vendola, del suo compagno trentottenne, l’italo canadese Ed Testa, e di una donna indonesiana con passaporto americano». «Ma se questa non è maternità surrogata, cos’è? – prosegue Ramonda –. Se è vero che la madre genetica sarebbe californiana mentre l’utero dovrebbe essere di "una donna di origine indonesiana residente negli Stati Uniti", quanto è stato pagato questo bambino? E da quale Giudice andrà Vendola tra qualche mese in Italia a farsi riconoscere padre, in barba allo stralcio della stepchild adoption? Sono passati anni luce da quando i giudici toglievano i bambini dalle false paternità. Ora stiamo assecondando solo le pretese degli adulti e le presentiamo come il “preminente interesse del minore”. Qual è l’interesse del minore? Quello di essere portato via da sua madre perché acquistato da signori facoltosi? Anche questa è tratta di esseri umani».    
APG23
27/02/2016
Lo sfruttamento delle donne: crimine mafioso che si può interrompere
Il Cristo vestito di bianco, gridando straziato dal dolore, mano e volto che si allungano verso il cielo, entra in scena sul sagrato della Chiesa di Santo Spirito in Sassia. Una giovanissima donna nigeriana, una delle tante vittime di tratta tra la folla presente alla Via Crucis vivente il 26 sera a Roma, col viso stravolto, continua a ripetere tra sé e sé «ma è vero?». Difficile spiegarle che quelle grida di dolore, e nelle successive stazioni, le accuse, le percosse, gli sputi, fino al momento della crocifissione non sono che una rappresentazione delle tappe della passione e morte di Gesù, devozione diffusa nella Chiesa cattolica dalla tradizione francescana. Difficile comprenderlo per chi quelle violenze le ha subìte davvero e, anche a distanza di tempo, le sente ancora sulla sua pelle e sente che la carne sanguinante di Cristo è stata anche la sua. Questa carne violata oggi come ieri è stata al centro della preghiera e della riflessione, tra danze, canti, letture evangeliche, rappresentazioni teatrali ed esibizione d’orchestra, di più di ottomila persone che hanno camminato lungo le vie della Capitale rispondendo all’invito fatto da Papa Francesco all’angelus di domenica scorsa a sostegno dell’evento promosso dall’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII a cui ha preso parte anche il vicario generale del Santo Padre, cardinal Agostino Vallini, portandone il saluto. Ma sono pure intervenuti, a testimonianza della comunione ecclesiale e del comune impegno per la liberazione delle schiave di oggi, don Fabio Rosini, direttore dell’Ufficio Vocazioni della Diocesi di Roma e ideatore del progetto “10 comandamenti”; Matteo Truffelli, presidente dell’Azione Cattolica; Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito; Raffaella De Marchis, del Cammino Neocatecumenale; suor Eugenia Bonetti, responsabile dell’Ufficio nazionale tratta dell’Usmi; padre Maurizio Botta, del cammino “I 5 passi”. Nell’ultima stazione, la scena che ha maggiormente commosso i presenti. Una donna appesa alla croce sul sagrato della Chiesa di Santa Maria in Valpolicella che ricorda le 50mila “donne crocifisse” in Italia di cui - secondo i dati del dossier più recente Piccoli schiavi invisibili sul fenomeno della tratta - più di un quarto sono minorenni, hanno tra i 13 e i 17 anni, sono adolescenti ignare del contesto prostituivo in cui saranno introdotte e dell’addestramento alla compravendita di sé a cui dovranno sottomettersi, in strada o al chiuso. Tra queste sono raddoppiate le donne nigeriane trafficate col flusso dei profughi, come denunciato anche dal report di Caritas ambrosiana. Crocifisse anche perché doppiamente costrette con la forza a consegnare il proprio corpo: dai loro trafficanti e dai loro clienti. Lo ha spiegato con chiarezza Padre Maurizio Botta, davanti alla sua Chiesa di Via Vittorio Emanuele rivolgendosi agli uomini che trattano, agli sfruttatori, ai mafiosi. «Convertitevi! Questa vita non vi darà gioia, potere e denaro. Il denaro che deriva da affari sporchi è denaro e potere insanguinato e non potrete portarlo nell'altra vita». E indirizzandosi ai clienti spesso adulti, papà di famiglia e anche delle nostre chiese ha richiamato fortemente al pentimento per non continuare ad essere complici di questo crimine mafioso che è lo sfruttamento sessuale delle donne. Anche don Fabio Rosini, dell’Ufficio vocazioni di Roma, parlando dei clienti ha precisato che «gli uomini che compiono queste violenze deturpano e rinnegano se stessi». Quando l’uomo è nel peccato non riesce più a guardare se stesso tantomeno riesce a vedere l’altro, ovvero la donna che sta sfruttando. E diventa inevitabilmente complice di quel sistema di corruzione e di mafia che è alla base dello sfruttamento della prostituzione, una mafia che non è solo rumena, albanese o nigeriana ma che s’intreccia con tanti uomini e donne corrotte in Italia. Per rompere questo muro di indifferenza, ha ricordato alla fine della Via Crucis il cardinal Vallini, occorre chiedere «perdono per i silenzi, per il disinteresse e anche per la sterile pietà che accompagna la vita di queste ragazze». Due vittime quasi bambine, sfuggite allo sfruttamento in strada e accolte dall’Associazione di don Benzi, con la benedizione e l’abbraccio del vicario, han trasformato l’ultima stazione della Via Crucis in una tappa di luce e di speranza. Così pure la donna crocifissa, nella rappresentazione vivente, all’interno della Chiesa di Santa Maria in Vallicella liberata da Cristo crocifisso e poi Risorto per la salvezza di tutti ma soprattutto per quanti portano la croce anche oggi, ha trasformato il suo dolore in danza e musica. Anche da questa mafia ci si può sottrarre, «se siamo in tanti ad ascoltare il grido delle vittime – ha spiegato Paolo Ramonda - e se diventiamo come dei goel, ridando loro libertà, dignità e gridando ai trafficanti e ai clienti di smetterla!»   (Irene Ciambezi) Sostieni la Comunità Papa Giovanni XXIII. Mettiamo fine a questa moderna schiavitù.
APG23
25/02/2016
Corridoio umanitario: lunedì 29 a Fiumicino arrivano 93 profughi siriani  
Lunedì 29 febbraio, da Beirut arriverà a Fiumicino il primo cospicuo gruppo di profughi siriani che, grazie ai corridoi umanitari, entrerà in tutta sicurezza e legalmente in Italia. Si tratta di 24 famiglie, 93 persone in tutto - di cui 41 minori - che in ragione della loro condizione di vulnerabilità hanno ottenuto un visto umanitario a territorialità limitata rilasciato dall’ambasciata italiana in Libano. La maggior parte delle famiglie proviene da Homs, città siriana ormai rasa al suolo. Altri da Idlib e Hama. Una volta in Italia saranno trasferiti in diverse località. I corridoi umanitari sono un progetto-pilota che nel quadro di un accordo raggiunto a metà dicembre tra Governo italiano, Comunità di Sant'Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI) e Tavola Valdese, prevede l’arrivo di un migliaio di persone in due anni non solo dal Libano, ma presto anche dal Marocco e dall’Etiopia. Al progetto ha collaborato anche la Comunità Papa Giovanni XXIII che da due anni è presente con i volontari di Operazione Colomba nel campo profughi libanese di Tel Abbas, da cui provengono alcuni dei profughi che lunedì arriveranno a Fiumicino.   Il blog esclusivo dei volontari che vivono nel campo da due anni: http://www.operazionecolomba.it/libanosiria.html   Per partecipare al briefing i giornalisti possono accreditarsi, inviando entro le ore 12.00 di venerdì 26 febbraio la richiesta con una copia del documento di identità all'Ufficio Stampa. L’appuntamento per il benvenuto e un briefing per la stampa è alle 11.45 al Terminal 5.  
APG23
25/02/2016
I carcerati donano a Papa Francesco il “Formaggio del Perdono”
«Non c’è santo senza un passato; e non c’è peccatore senza un futuro», l’ha ribadito più volte Papa Francesco ad Antonello Guadagni, il casaro del formaggio del Perdono, nell’udienza del 24 febbraio a Roma. Antonello ha incontrato il Papa per donargli una caciotta: «mi auguro che poi l’abbia mangiata, è buonissima», ci confida al ritorno. Con lui c’erano Primo Lazzari, il vicepresidente della Comunità Papa Giovanni XXIII (il presidente era impegnato nella casa famiglia S.Paolo di Cuneo, dove era ospite il Vescovo Piero del Bosco), il responsabile del progetto Cec (le Comunità educanti con i carcerati) Giorgio Pieri, e la moglie Loretta. Ad aspettarli fra la folla che affollava Piazza S.Pietro c’erano altri 200 fra volontari, detenuti in pena alternativa al carcere ed ex-detenuti. In udienza il Papa ha proseguito la catechesi sulla Misericordia, in particolare nei riguardi di ricchi e potenti: «Se si perde la dimensione del servizio, il potere si trasforma in arroganza e diventa dominio e sopraffazione. La misericordia può guarire le ferite e può cambiare la storia. Apri il tuo cuore alla misericordia!» Ma ai 4 fortunati che il Papa aveva invitato, tramite una missiva del Vescovo di Rimini Mons. Francesco Lambiasi, ad essergli più vicini sul lato destro del sagrato vaticano, Francesco ha rivolto parole personali. Antonello ha terminato di scontare la propria pena da più di 5 anni nell’azienda agricola “San Fecondino” di Saludecio(RN) dove produce il formaggio: «a me e Loretta scappava qualche lacrima, mentre Papa Francesco con poche parole ci mostrava il perdono di Dio. Io sentivo che non ero di fronte solamente ad un uomo. Da parte mia gli ho detto: “il formaggio è testimonianza della misericordia di Dio, che in me agisce attraverso i frutti del lavoro di Don Oreste Benzi. Da sempre Don Oreste prende quello che il mondo butta via e gli ridà vita, e così per me è stato”. Giorgio, vicino a me, si era imparato a memoria il suo discorso per raccontare in pochi minuti al Papa quello che facciamo. E lui era interessato, si è fermato con noi diversi minuti ad ascoltare». Papa Francesco ha ascoltato, la storia di 20 ragazzi che nell’azienda agricola stanno recuperando la propria vita attraverso un percorso alternativo, o successivo, al carcere (in Italia sono circa in 300), un centinaio di capi di bestiame fra cui le 42 vacche (nella foto) che producono il latte del formaggio del perdono, e manzi e vitelli. La storia di 80 ettari di terra coltivati in agricoltura biologica certificata per produrre il foraggio della loro alimentazione. 1000 litri di latte al giorno per 120 chili di formaggio vengono lavorati ogni lunedì, mercoledì e venerdì («gli altri giorni sono dedicati ai mercati, alle consegne e alle scartoffie»). «Facciamo tutto noi, è un formaggio talmente naturale da far sì di mantenere bene i doni che il Signore ci dà. La mente è strana, hai presente quando ti confessi? Poi dovresti essere in pareggio con il tuo passato, ma ti ritornano i sensi di colpa. Io sono cinque anni che ho finito con la giustizia, eppure resta ancora in qualche modo una spina dentro di me, in un fianco, a tenermi vigile. Ognuno in azienda ha un suo percorso, c’è chi coglie l’aspetto del perdono di sé di più, chi di meno. Alla fine resta una questione personale ritrovare dentro il cuore le motivazioni a diventare una persona migliore, e lasciarsi guidare dal buon Dio che riporta all’ovile». Giorgio Pieri ai margini di Piazza San Pietro l’ha raccontato a Tv2000: «Attraverso i nostri progetti educativi la recidiva di chi torna a commettere reati passa dal 70% delle carceri tradizionali, al 10%».  E a parte spiega (vedi l'infografica a seguire): «Se consideriamo almeno 200 € al giorno spesi per la detenzione tradizionale, con 10.000 posti che sarebbero già disponibili sin da subito in Italia tramite diverse associazioni come la nostra, con una retta di 40 euro al giorno (5 volte in meno delle carceri) un  avremmo un risparmio di circa 500 milioni per le casse dello Stato ogni anno». Nell’attesa che anche la politica se ne accorga, i fortunati sono gli amanti della buona cucina italiana: possono sostenere il progetto Cec abbinando ad un vassoio di formaggi del perdono assortiti (chiama Simona, 3440177724) il primo miele D.O.P. d’Italia (acquistabile qui): più di 50 persone fra detenuti, ex-detenuti e volontari gravitano attorno al primo produttore del miele, la cooperativa Il Pungiglione di Mulazzo(MS). Anche loro erano in piazza, per suggerire l’abbinamento culinario al Santo Padre.  Alla fine, mentre la piazza già si va svuotando (Primo Lazzari è restato sorpreso per l'affabilità del Santo Padre: «Francesco sa entrare nel cuore e nella vita delle persone; ho sentito il suo calore»), il Papa rimane ancora ad incontrare ognuno, a dedicare un po' del suo tempo a ciascuno fra la folla. In mancanza di una legge nazionale che stabilisca una retta per l'accoglienza dei detenuti in pena alternativa al carcere, il progetto Cec conta oggi ancora molto sulle donazioni dei simpatizzanti, è possibile contribuire con una donazione o con un contributo continuativo. (Marco Tassinari)
APG23
22/02/2016
carcere: detenuti in udienza dal Papa, portano il formaggio del perdono
Una caciotta del “Formaggio del perdono” sarà donata mercoledì mattina a Papa Francesco da Antonello Guadagni, casaro, ex-detenuto che ha svolto un percorso alternativo al carcere presso la Comunità Papa Giovanni XXIII. L'incontro avverrà al termine dell'Udienza generale in Piazza San Pietro, alla quale parteciperanno circa 200 tra detenuti e volontari della Comunità fondata da don Benzi impegnati nel recupero di chi ha commesso reati. «È un formaggio buono prodotto da persone che hanno fatto del male. Significa che chi ha compiuto del male può fare qualcosa di buono, del bene», spiega Giorgio Pieri, responsabile del progetto CEC, Comunità educante con i carcerati. E proprio su questa convinzione si basa il percorso rieducativo, che coinvolge oltre 250 detenuti, messo a punto dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. Ad accompagnare Antonello e Giorgio nell'incontro con Papa Francesco ci sarà mons. Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini, promotore, assieme alla Comunità, dell'“Università del perdono” giunta al quarto anno di attività per promuovere la cultura del perdono. «La misericordia indicata da Papa Francesco per il giubileo straordinario non è solo la via più giusta ma anche la più efficace – spiega Giorgio Pieri –. Il 75% di chi va in carcere, quando esce torna a commettere reati, mentre tra chi svolge il nostro percorso educativo la recidiva si abbassa al 10%. La vera sicurezza non è data da una giustizia vendicativa ma da una giustizia rieducativa che passa attraverso percorsi di recupero, perché un uomo recuperato non è più pericoloso; contiamo che il Papa possa riconoscere queste realtà come segni di una nuova umanità». Per maggiori informazioni: Le Comunità educanti con i carcerati Scarica le foto: Formaggio del perdono  
APG23
21/02/2016
Papa Francesco sostiene la Via Crucis “per le donne crocifisse”
Al termine dell'Angelus di oggi Papa Francesco ha rivolto «un pensiero particolare alla Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata dal Servo di Dio Don Oreste Benzi, che venerdì prossimo promuoverà per le strade di Roma una “Via crucis” di solidarietà e di preghiera per le donne vittime di tratta»(guarda il video). Parole che l'associazione – presente in piazza San Pietro con una delegazione – ha accolto con gratitudine. «Ringrazio di cuore Papa Francesco per il suo incoraggiamento – ha dichiarato Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII –. Conosciamo la sua sensibilità per il dramma delle donne e ragazzine vittime di sfruttamento e di violenza per alimentare il mercato della prostituzione, e confidiamo che anche grazie alle sue parole saremo in molti venerdì a scendere in strada lungo le vie di Roma a fianco di queste nostre figlie e sorelle». La “Via Crucis di solidarietà e preghiera per le giovani donne vittime di tratta, prostituzione coatta e violenza” organizzata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII in collaborazione con la Pastorale Vocazionale della Diocesi di Roma partirà Venerdì 26 febbraio alle ore 19,30 dalla Chiesa di Santo Spirito in Sassia e si snoderà lungo alcune vie della Capitale facendo tappa in sette “stazioni” dove si potranno ascoltare riflessioni e testimonianze delle vittime di questo mercato di esseri umani. Molte le adesioni già pervenute da parte di enti e personalità del mondo civile e religioso; leggi il comunicato stampa di presentazione dell'iniziativa.  
APG23
20/02/2016
Profughi siriani, come accoglierli
È atterrato a febbraio 2016 all'aeroporto di Fiumicino il primo aereo proveniente da Beirut: aveva a bordo 93 profughi siriani: 24 famiglie, con 41 minori, che sono entrate in Italia in maniera legale, fuggite dalla guerra senza dover mettere denaro nelle mani dei trafficanti e con un progetto di accoglienza già pianificato alle spalle. Iniziò così l'attuazione del primo progetto pilota relativo ai corridoi umanitari, grazie ad un accordo siglato da Governo italiano, Comunità di Sant'Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI) e Tavola Valdese.  Alla realizzazione del progetto ha collaborato anche la Comunità Papa Giovanni XXIII che da quattro anni è presente con i volontari di Operazione Colomba nel campo profughi libanese di Tel Abbas, da cui provengono molti dei profughi arrivati in Italia.   I profughi siriani arrivano in aereo Nel momento in cui sono entrati nella sala dell'areoporto di Fiumicino i primi profughi dei #corridoiumanitari italiani, sono scese anche le prime lacrime. Erano quelle dei volontari che da due anni hanno condiviso la vita con i bimbi e le famiglie del campo di Tel Abbas. Vedere questa gente fuggita dalla guerra ora in Italia, al sicuro, pare un miracolo. Forse potrà aprire strade nuove a livello europeo. Il saluto di Giovanni Ramonda è rivolto ai ragazzi (in tanti in sala) di Operazione Colomba.     Nel momento in cui sono entrati nella sala dell'areoporto di Fiumicino i primi profughi dei #corridoiumanitari italiani,... Pubblicato da Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII su Lunedì 29 febbraio 2016   Ben arrivati in Italia, il viaggio continua accompagnati dai volontari #apg23 #operazionecolomba #corridoiumanitari     Ben arrivati in Italia, il viaggio continua accompagnati dai volontari #apg23 #operazionecolomba #corridoiumanitari Pubblicato da Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII su Lunedì 29 febbraio 2016   I giovani che vivono nel campo profughi Da quattro anni la Comunità Papa Giovanni XXIII è presente con i volontari di Operazione Colomba nel campo profughi libanese di Tel Abbas, vivendo assieme ai profughi siriani nelle tende e con loro condividendo questo momento della partenza. Commossi i saluti dei volontari in Libano, e lacrime all'arrivo in Italia.   A Tel Abbas con i volontari di Operazione Colomba : dopo quasi 2 anni di condivisione con i profughi siriani domani partono da qui i primi 60, verso l'Italia. La speranza, una nuova vita, la Siria nel cuore.     A Tel Abbas con i volontari di Operazione Colomba : dopo quasi 2 anni di condivisione con i profughi siriani domani partono da qui i primi 60, verso l'Italia. La speranza, una nuova vita, la Siria nel cuore. Pubblicato da Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII su Sabato 27 febbraio 2016   Come accogliere i profughi siriani? Ogni mese, grazie agli accordi con il Ministero dell’Interno e con le Istituzioni nazionali e europee, un'area dell'areoporto di Fiumicino a Roma viene riservata all’atterraggio degli aerei che porteranno in salvo i profughi siriani dal Libano. Puoi segnalare la disponibilità di strutture, risorse, reti familiari ad Operazione Colomba, il corpo di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII. In varie parti d'Italia il sogno si è trasformato in realtà.   Sostieni l'accoglienza dei rifugiati Ma soprattutto, anche tu puoi fare la tua parte nel sostenere le accoglienze dei profughi siriani in Italia: i progetti di accoglienza sono per lo più autofinanziati attraverso le reti di parrocchie, associazioni, famiglie e singoli sul singolo territorio. Puoi fare una donazione per contribuire alle spese scolastiche, mediche dei bimbi; contribuire al vitto e all'alloggio dei profughi. Un grande grazie!        
APG23
19/02/2016
Prostituzione: a Roma con le donne crocifisse
«Per oltre un anno non ho mai visto la luce del sole, e dopo sono stata rivenduta e sono finita sulla strada. Ogni giorno ho subito percosse, torture e minacce. Se non portavo i soldi che mi chiedevano c’erano altre violenze. Ma di noi perché nessuno si interessa?» Questa è una delle migliaia di donne chiamate “prostitute” ma che sono vittime della tratta e della schiavitù di cui nessuno vuol parlare. «In questo periodo in cui la Chiesa vive la Quaresima, nell'Anno straordinario della misericordia voluto da Papa Francesco, vogliamo scendere in strada con le donne e le ragazzine che ogni giorno subiscono la violenza di sfruttatori e clienti – dichiara Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII – per elevare con loro un grido rivolto a Dio ma anche alle coscienze di tutti e in particolare di chi ha incarichi istituzionali, perché questo mercato di esseri umani venga fermato». Papa Francesco all'Angelus ringrazia la Comunità Papa Giovanni... Un pensiero particolare! #donnecrocifisse #PapaFrancesco Pubblicato da Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII su Domenica 21 febbraio 2016   I DATI In Italia si stima che siano tra 75.000 e 120.000 le vittime della prostituzione. Il 65% è in strada, il 37% è minorenne, tra i 13 e i 17 anni. Provengono da Nigeria (36%), Romania (22%), Albania (10,5%), Bulgaria (9%), Moldavia (7%), le restanti da Ucraina, Cina e altri paesi dell’Est. 9 milioni sono i clienti, con un giro d'affari di 90 milioni di euro al mese. La Comunità Papa Giovanni XXIII è impegnata a fianco delle vittime della prostituzione da 25 anni, ed ha liberato più di 7.000 donne da questa moderna forma di schiavitù. Attualmente sono accolte nelle strutture della Comunità Papa Giovanni XXIII circa 200 ragazze, mentre sono 21 le Unità di strada che escono ogni settimana in tutta Italia per incontrare queste donne e offrire loro una via d'uscita. LA VIA CRUCIS Partirà dalla chiesa di Santo Spirito in Sassia, alle 19,30 di venerdì 26 febbraio, la “Via Crucis di solidarietà e preghiera per le giovani donne vittime di tratta, prostituzione coatta e violenza” organizzata a Roma dalla Comunità Papa Giovanni XXIII in collaborazione con la Pastorale Vocazionale della Diocesi di Roma. Sette le “stazioni” previste, da Borgo Santo Spirito alla Chiesa Nuova, passando per Ponte Sant’Angelo, con altrettanti momenti di preghiera, meditazioni e testimonianze delle vittime salvate dalla tratta. «Sarà una via crucis vivente, molto coinvolgente – spiega don Aldo Buonaiuto, coordinatore dell'iniziativa – È prevista la partecipazione di attori e musicisti, sentiremo inoltre la testimonianza diretta di ragazze che hanno vissuto sulla propria pelle la condizione di vera schiavitù, che anche oggi esiste, nelle nostre città, anche se sembriamo non rendercene conto». Molte le adesioni finora arrivate, tra cui Diocesi di Roma, Unitalsi, Azione Cattolica Italiana, Rinnovamento nello Spirito Santo, Comunità Gesù Ama, Nuovi Orizzonti, Forum delle famiglie, Oratorium, Cisl. Tra i testimonial che interverranno figurano il cardinal Agostino Vallini, vicario generale del Papa; Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII; don Fabio Rosini, direttore dell'Ufficio Vocazioni “10 comandamenti”; Matteo Truffelli, presidente di Azione Cattolica; Salvatore Martinez, presidente di Rinnovamento nello Spirito; Giulietta Astiaso, del Cammino Neocatecumenale; suor Eugenia Bonetti, responsabile dell'Ufficio nazionale tratta dell'USMI; padre Maurizio Botta, de “I 5 passi”. Altre informazioni sono reperibili sul sito della Comunità Papa Giovanni XXIII antitratta.apg23.org e su donnecrocifisse.org  
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