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APG23
04/09/2017
Torna dopo l’estate la prostituzione a Piacenza
Con la fine dell’estate l’osservatorio costituito dalle unità di strada contro la tratta della Comunità Papa Giovanni XXIII ha registrato a Piacenza il rientro progressivo delle donne che si prostituiscono sulle strade. «La città si ripopola, e tornano i clienti», spiega Romina Iurato, volontaria dell’unità che compie periodicamente uscite con altri giovani. «Quando usciamo in strada alla sera riusciamo ad incontrare una decina di donne (ne stimiamo circa 200 tra Piacenza e dintorni ). Si prostituiscono con continuità negli stessi luoghi, mentre dopo le ferie stanno arrivando le nuove vittime : quelle donne continuamente spostate di città in città perché non si radichino sul territorio», continua Romina. I volontari si trovano di fronte sempre più spesso ragazze nigeriane, adolescenti o poco più . L’unità anti-tratta è stata attivata a Piacenza tre anni fa; da allora sono 3 le donne che hanno accettato l’invito dei volontari ad abbandonare la strada: «È difficile che riescano ancora a fidarsi di qualcuno», spiega Romina. « Don Oreste Benzi , il nostro fondatore, ci ha lasciato 10 anni fa esatti. Rispetto ad allora sono diminuite le violenze fisiche rivolte alle ragazze, ma sono cambiate le modalità degli sfruttatori : sono meno violenti fisicamente ma più subdoli, ad esempio quando forniscono loro il telefonino o qualche soldo, per creare una forma di ricatto morale». Per rispondere all’invito di Papa Francesco di vivere “una Chiesa in uscita” volontari delle unità di strada provenienti da varie parti d’Italia si incontrano da oggi per tre giorni nella Casa Madre dei Padri Scalabriniani di Via Torta 14; alterneranno momenti di preghiera a momenti di incontro con gli emarginati. Questa sera dalle 21.30 un gruppo di volontari uscirà per incontrare le donne che si prostituiscono sulle strade della città. Per contrastare la tratta delle donne al fine di sfruttamento sessuale la Comunità di Don Benzi sostiene le proposte di legge, ispirate al modello svedese, che prevedono la punibilità del cliente . Per saperne di più: www.questoeilmiocorpo.org   Update:Leggi il bel reportage di Piacenza Online da cui è tratta la foto.  
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31/08/2017
Calcio, baseball, bocce: in 400 giocano per l’accoglienza
24 squadre di calcio composte da disabili e richiedenti asilo, 11 di bocce e 2 di baseball: saranno circa 400 i giovani coinvolti, nella sesta edizione del torneo sportivo di Fossano (CN) dedicato, a dieci anni dalla morte, al fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII Don Oreste Benzi.   Le gare si disputeranno domenica 3 settembre, dalle 9.15, nel villaggio sportivo Francesco Bongioanni, in zona S.Lucia a Fossano (CN).   Spiega Claudio Marro, coordinatore dell’evento per la Comunità Papa Giovanni XXIII:«Giocheremo per raccontare la bellezza della condivisione della vita con tutti. Per questo abbiamo fondato l'associazione sportiva Asd Sport Senza Barriere Apg23 - Onlus. Proponiamo al territorio un percorso di crescita nell’accoglienza di ogni diversità, raccogliendo il testimone che ci ha lasciato 10 anni fa Don Benzi».   La giornata avrà inizio alle 9,30 con le prime partite. Seguirà poi il pranzo alle 12, servito dalla Pro Loco del Salice (costo 5 €, prenotarsi al 348.2151852). Alle 14 verrà spazio alle testimonianze di due atleti, poi proseguirà il torneo fino alla finalissima delle 16.45. Concluderanno la giornata le premiazioni alle 17.30 e la celebrazione dell’Eucarestia alle 18. L'ingresso è libero.   Queste le categorie in gara:   - “Fuoriclasse”, torneo di calcio a 5 rivolto ad atleti con disabilità. Squadre partecipanti: Cooperativa “Armonia” Saluzzo, “Camminare Insieme” Fossano, Cooperativa "Il Ramo" S.Rocco di Bernezzo, Asd Pandha Torino, Ass.di volontariato "Le Nuvole" Savigliano, Torino Fd, Condividere SSB, “Amico Sport” Cuneo.   - “Interetnico”, torneo di calcio a 7 rivolto ai richiedenti asilo. Squadre partecipanti: Fossano, Narzole, Garessio, Trinità, Piasco, Sant’Anna di Boves, Farigliano (fraz. Mellea), Magliano Alpi, San Bernardo di Cervasca, Torino Fd.   - “Under 20”, torneo di calcio a 7 rivolto a giovani atleti. Squadre partecipanti: Fossano, Senegal, Bandito, Papa Giovanni XXIII, Vernante e Narzole.   Il torneo di baseball vedrà in campo squadre miste di persone con disabilità e ragazzi dai 12 ai 15 anni, grazie al supporto dell’Asd Baseball Fossano.  Il torneo di bocce è organizzato con la collaborazione della bocciofila di Centallo e la fossanese “Forti e Sani”.   Evento realizzato in collaborazione con Baseball Club Fossano, Pro Loco Salice, Parrocchia Salice, Centro di Accoglienza Padri Somaschi Narzole, C.S.I. Cuneo; con il contributo di: Regione Piemonte, BeneBanca, Società Olimpia, C.S.I. Cuneo; patrocinato da: Consorzio Socio-assistenziale Monviso Solidale, Comune di Fossano, Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo; si ringrazia: per le strutture Società Olimpia, per la comunicazione Andrea Silvestro.    Scarica la locandina: Torneo Don Oreste Benzi di Fossano (CN)
APG23
29/08/2017
Cosa succede in Colombia?
Nonostante il 24 novembre scorso sia stato firmato un nuovo Accordo di Pace tra il Governo colombiano e la guerriglia delle FARC-Ep e nonostante il 27 giugno scorso i gruppi paramilitari abbiano riconsegnato tutti i loro armamenti, la terra colombiana non vede ancora un’epoca di pace. Continua sempre più preoccupante l’espansione dei gruppi neo-paramilitari delle Autodefensas Gaitanistas de Colombia (AGC) nell’area di San Josè de Apartadò, proprio dove vive la Comunità di Pace sostenuta da Operazione Colomba, corpo nonviolento della Comunità Papa Giovanni XXIII. L’11 luglio circa 26 case del piccolo paesino di San Josè sono state marcate con le scritte «AGC yegamos para quedarnos» - «AGC siamo venuti per restare». Alcune di queste case sono ubicate a soli 40 metri dalla base di polizia e a soli 300 metri da una base militare. La settimana precedente nel villaggio La Cristalina sono stati visti 3 uomini armati in abiti civili segnare alcune abitazioni, la scuola e addirittura alcuni animali con la stessa scritta. E qual è stata la risposta istituzionale a queste provocazioni? È consistita nel far arrivare sul luogo il comandante della Brigata e della Polizia per commentare davanti alle telecamere di una TV locale che «nella zona è tutto tranquillo, la popolazione serena» e che «i bambini hanno continuato regolarmente le attività scolastiche». Il governo sembra proseguire indifferente di fronte alla drammatica realtà di San Josè de Apartadò nonostante siano giunte alle più alte cariche istituzionali varie lettere di denuncia e di profonda preoccupazione di organizzazioni nazionali e internazionali per la persistenza di questi gruppi armati illegali e la non implementazione da parte del governo del punto 3.4 dell’Accordo di Pace che prevede lo smantellamento di questi gruppi armati denominati come successori del paramilitarismo. È stato più volte riferito dai paramilitari alla popolazione civile che ora il nemico numero uno da annientare è la Comunità di Pace, una comunità che continua una eroica resistenza nonviolenta non solo al conflitto armato, ma anche al conflitto sociale che porta a disgregare qualsiasi realtà associativa e al conflitto economico che contrappone i contadini alle multinazionali interessate all'accaparramento delle risorse naturali. Di fronte a tutto questo la Comunità di Pace persevera nella sua scelta comunitaria, solidale, di lavoro e di proprietà collettiva delle terre, perché da soli si viene schiacciati, ma insieme si resiste e si vive, oltre che sopravvive, in questo difficilissimo contesto. #FOTOGALLERY:minacce# Operazione Colomba vive nella Comunità di Pace dal 2009, accompagnando quotidianamente i suoi membri e leader nei loro spostamenti e nelle loro attività, sia nel campo che in città. In particolare, nel mese di luglio quest'anno, i volontari sono stati impegnati nell’accompagnare i leader della Comunità di Pace soprattutto nei villaggi di Mulatos, Resbalosa, Esperanza e Porvenir dove è praticamente quasi stabile la presenza di gruppi neo paramilitari che sono riusciti, in brevissimo tempo, a sottomettere gran parte della popolazione civile della zona. Nuove minacce, alcune di morte, sono state proferite soprattutto contro 2 leader della Comunità di Pace e si sono registrati gravissimi furti che potrebbero essere associati all’intento di colpire questi contadini anche dal punto di vista economico. Nonostante tutto ciò la Comunità di Pace continua, instancabile e ferma sui suoi principi, il suo cammino nonviolento alla ricerca di una verità e di una giustizia che forse non vedrà mai, ma che sicuramente rappresentano l'unica meta umana ed etica a cui tendere in mezzo a tutta questa violenza ed ingiustizia. E la Comunità di Pace è in cammino ormai da oltre 20 anni...
APG23
25/08/2017
Terremoto Ischia: bimbo e famiglia trovano casa in comunità  terapeutica
Ora di cena. Un forte boato, 3, 4 secondi appena. La fuga in cortile, poi le urla, il panico. Nella notte, nel paesino di Forio a sud-ovest dell’isola di Ischia, hanno preferito dormire sulle brandine, nel salone della sala da pranzo, gli operatori e gli accolti della Comunità terapeutica per vittime delle dipendenze intitolata a Don Oreste Benzi. La casetta stà ad una decina di chilometri dall’epicentro del terremoto.    #Ischia pronti a collaborare x gli sfollati con ragazzi Comunità Terapeutica #apg23 dell'Isola che non ha subito danni.— Giovanni P. Ramonda (@paoloramonda) August 22, 2017     Il giorno dopo, i 6 ragazzi in percorso contano i danni (pochi) e si rimboccano le maniche. Alla Protezione civile segnalano subito la disponibilità per 7-8 posti letto, allestiti all’interno della piccola struttura di recupero. Ed è così che poche ore dopo arriva, accolto da operatori e ragazzi, J., 1 anno di vita. L'appartamento in cui viveva in affitto con la sua famiglia di origine domenicana adesso si trova in zona rossa.   Ma la vita quotidiana non consente tregue: ci sono la scossa, il silenzio ed i morti, ma papà e mamma devono andare al lavoro. Il settore alberghiero, nonostante la fuga dall’isola della maggior parte dei turisti, non si ferma. La mamma fa le pulizie, il papà è ai fornelli nella cucina di un hotel.    Le braccia dell’accoglienza si aprono: ci sono i fratelli e le sorelle maggiori di J. (che hanno dai 14 ai 22 anni), e gli operatori, che si danno da fare durante l’assenza dei genitori.    Fabio Donini è responsabile della struttura: «Abbiamo dato disponibilità anche per l’animazione dei bimbi fra gli sfollati, che sono circa 250. Ora insieme alla Diocesi di Ischia si valuterà il da farsi. L'isola è una piccola comunità di 6 comuni: una famiglia in cui si vive una grande generosità e un gran calore».    Insieme alla Caritas operatori ed accolti hanno aiutato ad allestire dei punti ristoro; adesso si stanno adoperando per tornare nell’appartamento in zona rossa a raccogliere gli omogeneizzati ed i vestitini del bambino.   #FOTOGALLERY:TI#   Barbara Rigoli, psicologa e psicoterapeuta della Comunità Papa Giovanni XXIII con esperienze nei terremoti di Assisi e di Norcia ha incontrato la ventina di persone che ha deciso di non abbandonare le proprie case: «Molti vogliono rimanere, darsi da fare e ricostruire. Ci raccontano tranqullamente del boato, del rumore sentito, delle case che ruotano come su sé stesse. Quello che ho notato fra loro è la rabbia. Dopo un terremoto la mente si offusca, si è irritabili, si dorme poco. Le difficoltà di coordinamento dei soccorsi che ci sono state dopo la scossa li hanno frastornati. Ma la rabbia in queste condizioni è una reazione piuttosto normale: le persone hanno bisogno di identificare un nemico, che permette loro di andare avanti». 
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24/08/2017
Centro Italia, 24 agosto: un anno dopo, un nuovo inizio
Il 24 agosto 2016, e poi ancora il 30 ottobre, sono date che hanno segnato la storia dell’Italia centrale: la terra ha tremato con violenza e in pochi istanti campanili, case, scuole, interi paesi sono crollati. Insieme ai muri è stata distrutta anche la vita delle persone che li abitavano, che chissà quando e chissà in che forma la potranno riavere indietro. Quelle date rimangono fisse nella memoria di tutti, sia di chi ha vissuto sulla propria pelle il terremoto, e poi l’inverno in cui la neve ha ricoperto le tende e l’estate torrida sotto i tetti di lamiera, sia di chi, da lontano, si è lasciato toccare da questa tragedia. Tra quelli che la notte del 24 agosto sono corsi in strada con quel che indossavano c’è una famiglia speciale. Ha un nome evocativo, “Nostra Signora della Pace”: è la Casa Famiglia della Papa Giovanni XXIII che dal 2001 viveva in una vecchia canonica a Tolentino. #FOTOGALLERY:1# Dopo la scossa del 24 agosto Valentino e Roberta, il papà e la mamma della casa famiglia, avevano scelto nonostante la preoccupazione di rimanere, dormendo tutti insieme al piano terra, in una stanza costruita in cemento armato - un po’ accampati, ma al sicuro. Poi, quando le scosse di assestamento si sono stabilizzate, la famiglia si è riappropriata pian piano della casa. Fino alla mattina del 30 ottobre, quando le pareti delle case di Tolentino hanno ricominciato a tremare. Roberta era in cucina a fare colazione insieme a Sirin, un occhio cieco e l’altro che vede appena, a Giuseppe, che è paraplegico ed è in carrozzina, e a Giacomo, che ha 77 anni ed è il nonno di tutti. Valentino si è precipitato in camera delle figlie Alessia e Ilaria e le ha riparate nel suo abbraccio sotto lo stipite della porta, mentre Federico non è riuscito a portare via dalla loro stanza in mansarda Giulio, che ha una paralisi cerebrale ed è rimasto pietrificato dalla paura. “Quando ci siamo sposati abbiamo scelto di aprire la porta della nostra casa”, dice Valentino. “Per 15 anni abbiamo accolto, e poi tutto d’un tratto ci siamo ritrovati ad essere accolti. Io e Roberta abbiamo una sola parola: andare avanti”. Abitano da allora nella casa Domus San Giuliano di Macerata, grazie alla disponibilità della Diocesi, insieme ad altre famiglie sfollate. Valentino e Roberta fanno di tutto per mantenere una parvenza di normalità e ogni giorno hanno accompagnato i cinque figli a scuola (tre sono naturali e due adottati, nati o incontrati tra la Bolivia, dove sono stati missionari per tre anni, e l’Italia) a Tolentino e Macerata. Giulio non ha mai saltato un allenamento: fa il portiere, il calcio è sempre stata la spinta più grande a mettersi in piedi e non potrebbe rinunciarvi per nulla al mondo - né i suoi compagni, che lo chiamano guerriero, potrebbero rinunciare a lui! #FOTOGALLERY:3# Certo non è stato un anno facile. Sono pigiati in poche stanze, in una casa di poco più di 70 metri quadrati e in cucina fanno fatica a sedersi tutti e dieci attorno al tavolo. Sirin ha perso i riferimenti che le erano famigliari e ci ha messo molto ad orientarsi in uno spazio così pieno di mobili. Giuseppe ha dovuto rinunciare a molta della sua autonomia, perché la casa è stretta e rialzata e non gli consente di muoversi con la carrozzina. Inoltre, tutti questi cambiamenti hanno turbato non poco nonno Giacomo, che ogni giorno, per un anno, ha preparato la borsa con le sue poche cose per tornare a casa. E adesso, finalmente, è quasi ora di prepararle davvero, le valige. Fin dal giorno del terremoto tutti si sono adoperati perché la Casa Famiglia “Nostra Signora della Pace” potesse tornare ad esprimere a pieno la propria vocazione. Perché i suoi abitanti potessero tornare ad avere una vita normale, anche se non in quella che era la loro casa. #FOTOGALLERY:2# Grazie al sostegno del Comune di Tolentino, che è sempre stato orgoglioso della loro presenza tra gli abitanti, della Diocesi, che pensa siano un segno importante, di tutta la Comunità e soprattutto di chi li ha sentiti raccontare la loro storia negli ultimi mesi e ha deciso di sostenerli, oggi sappiamo che prima della fine del 2017 inizieremo a costruire la nuova abitazione. Il lotto di terreno edificabile è stato acquistato; la casa è stata disegnata per essere adatta alle esigenze di Giulio, Sirin, Giacomo, Giuseppe e degli altri che busseranno alla sua porta. Sarà non solo priva di barriere architettoniche, ma anche all’avanguardia: prefabbricata e in legno, quindi antisismica, più economica rispetto ad una in muratura, più veloce da costruire ed ecosostenibile. Le aziende costruttrici hanno ricevuto il progetto e aspettiamo a breve i loro preventivi. Come tutti coloro che hanno vissuto il terremoto, Valentino, Roberta e i loro figli non potranno mai dimenticare le date in cui la terra ha tremato, perché è stata la loro casa a spaccarsi e la loro vita ad essere sconvolta. Ma se potranno riavere un luogo dove tornare ad essere la casa famiglia “Nostra Signora della Pace”, allora forse il 24 agosto e il 30 ottobre non porteranno con sé solo il ricordo vivissimo di una distruzione, ma anche quello di un nuovo inizio. Ricostruiamo insiema la Casa Famiglia di Valentino e Roberta.
APG23
25/07/2017
Giornata mondiale contro la tratta degli esseri umani, 30 luglio 2018
Due mani riunite a forma di cuore. Questo è il segno scelto che è stato scelto nel 2015 per celebrare la prima giornata di sostegno alle vittime del traffico degli esseri umani; per il 2017 l'invito a fotografare il proprio cuore e a condividerlo è rimasto valido, per far conoscere al maggior numero di persone possibile l'atrocità di un fenomeno oggi attivo più che mai. Si parla di 21 milioni di vittime di tratta nel mondo: persone che vengono rapite e vendute per lavoro nero, per la prostituzione, per guadagnare sulle speranze dei migranti in fuga o per traffico di organi. Il 30 luglio di ogni anno è stato scelto dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, su proposta in particolare dall'Ufficio per contro il crimine e la droga, per sensibilizzare l'opinione pubblica e sostenere le legislazioni degli stati che vanno nella direzione di arginare il fenomeno.  E anche nel 2018 #IGiveHope e #EndHumanTrafficking saranno gli hashtag che verranno utilizzati per rilanciare la campagna; ecco un video-tweet con cui il Parlamento Europeo ha lanciato la giornata contro la tratta quest'anno.     71% delle vittime del traffico di esseri umani sono donne e bambini. Fermiamo la tratta degli esseri umani! RT se sei d'accordo pic.twitter.com/Abd9Cb90MV — Parlamento europeo (@Europarl_IT) 30 luglio 2017   Anche Papa Francesco è intervenuto per denunciare il fenomeno della tratta, con queste parole pronunciate dopo la recita dell’Angelus, il 30 luglio 2017: «Sembra che ci siamo così abituati, da considerare la tratta una cosa normale. Desidero richiamare l’impegno di tutti affinché questa piaga aberrante, forma di schiavitù moderna, sia adeguatamente contrastata».    La tratta delle prostitute in Italia - il libro Come l'Italia sia coinvolta lo spiega Irene Ciambezi, nel suo libro Non Siamo in Vendita - schiave adolescenti sulla rotta libica. Nel 2013 sono arrivate in Italia - il libro cita i dati dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni - 5163 donne, mentre nel 2014 erano16.839. Tre volte tanto. Il 300% in più sono gli arrivi dalla Nigeria: 12.000 donne trafficate negli ultimi 2 anni secondo il Ministero degli Interni. I motivi della tratta? Il 59% delle vittime del traffico di esseri umani nel mondo viene venduto ai trafficanti di prostitute.Si parla spesso di prostitute per scelta: ma sono tre ragazzine, di 13, 15 e 17 anni, le protagoniste del libro di Irene Ciambezi. La loro storia vera parla di un vertice di inganni, umiliazioni, violenze e torture indicibili, che l'autrice ha messo nero su bianco, fin nei dettagli più scabrosi. I clienti delle prostitute italiane apprezzano molto le ragazzine e sono disposti a pagare di più per un rapporto con una minorenne. Se è incinta, tanto meglio.  «Si prostituiscono per libera scelta», è la giustificazione ricorrente utilizzata dai clienti per ripulirsi la coscienza, eppure non è così se non per una esigua minoranza di casi.     Come contrastare il traffico delle prostitute, a Milano come a Roma?   Al momento attuale è molto difficile intervenire sui trafficanti, che spesso agiscono indisturbati muovendo le leve della tratta degli esseri umani agendo da paesi africani privi di un controllo governativo, o anche in Italia ed in Europa protetti da una fitta rete di relazioni malavitose. Le forze dell'ordine con difficoltà riescono ad intervenire sui trafficanti: il titolo «Banda di trafficanti sgominata a Milano» racconta sostanzialmente una realtà in cui nel 99% dei casi non si riesce a far nulla.   Alcune legislazioni europee (quella svedese e quella francese ad esempio) hanno adottato strategie di contrasto al fenomeno scoraggiando la domanda: un semplice sistema di multe crescenti viene applicato ai clienti delle prostitute, e questo è si dimostrato sufficiente in pochi anni ad incidere positivamente contro il fenomeno della tratta. Nel cliente che viene sanzionato aumenta la consapevolezza dell'essere complice di essere un sistema di sfruttamento; nei paesi come l'Italia in cui la prostituzione è tollerata o considerata normale, cresce l'opinione diffusa che si tratti di un lavoro come un altro, aiutando di fatto il racket.. Per proporre anche in Italia un sistema di contrasto della tratta delle donne ispirato ai paesi del nord Europa, è stata presentata una proposta di legge; una cordata di sindacati, realtà associative ed enti pubblici ha attivato una raccolta di firme per sostenerla.      La prostituzione va legalizzata?   Grande visibilità hanno i movimenti che vorrebbero anche in Italia le prostitute con partita iva. Diverse inchieste giornalistiche e report istituzionali hanno dimostrato che il sistema del libero mercato, che porta ad un inevitabile abbassamento dei prezzi, favorisce in realtà lo sfruttamento delle donne e aumenta il numero di prostitute straniere, disposte a vendersi senza preservativo e ad un prezzo più basso. In Germania un'inchiesta della trasmissione Report di Rai3 ha mostrato donne che si prostituiscno con i figli nell'altra stanza, altre con il ciclo mestruale, costrette dai contratti di affitto che devono sottoscrivere con i locali hard a dover soddisfare le richieste di clienti che sono sempre più esigenti. La normativa italiana attuale tollera la presenza delle prostitute sulle strade (prostituirsi non è reato), dunque alcuni comuni corrono ai ripari come possono.     «Dove se ne va il concetto della dignità della donna?», si domanda Irene Ciambezi nel suo libro. Il fenomento della tratta delle donne nigeriane in Italia è l'emergenza del momento: per raccontarlo l'autrice di "Non siamo in vendita" percorrerà la provincia di Modena, dove è attiva nell'accoglienza di alcune ragazze sfuggite al racket. La prefazione del libro è di Claudia Koll, il ricavato delle vendite (acquistalo qui) sostiene le unità di strada contro la tratta della Comunità Papa Giovanni XXIII. Ecco le date del suo tour:   FINALE EMILIA (MO) 30 LUGLIO Testimonianza sul traffico di esseri umani e promozione della Campagna Antitratta Questo è il mio corpo dalle ore 19   6 AGOSTO MISANO ADRIATICO (RN) Testimonianza sul traffico di esseri umani e promozione del libro NON SIAMO IN VENDITA di Irene Ciambezi   27 AGOSTO dalle ore 10 alle 21.30 LIDO DEGLI ESTENSI (FE) Viale dei castagni, 2 Testimonianza sul traffico di esseri umani e promozione della Campagna Antitratta Questo è il mio corpo    MANTOVA 7 settembre     14 SETTEMBRE 2017 Fauglis (UD)  ore 20,30 QUESTO è IL MIO CORPO... uno sguardo sulla tratta e lo sfruttamento sessuale  Intervengono: Irene Ciambezi, mediatrice culturale e autrice del libro “Non siamo in vendita” e Stefania Montanier Referente del Servizio antitratta nel territorio di Padova e Udine, membri dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII   CARPI (MO): 16 novembre 2017 ore 21 Popoli in viaggio: incontrarsi, accogliersi, integrarsi Serata formativa su accoglienza rifugiati e tratta delle donne in collaborazione con Caritas di Carpi, Consulta per l'integrazione, Ufficio Migrantes   SAN FELICE SUL PANARO (MO): Giovedì 23 novembre 2017 ore 21 Incontro con l'autrice di NON SIAMO IN VENDITA in occasione della Giornata contro la violenza alle donne in collaborazione con Assessorato alle Politiche sociali e Agesci   MIRANDOLA (MO): Venerdì 24 novembre 2017, ore 18.30 Incontro con l'autrice di NON SIAMO IN VENDITA in occasione della Giornata contro la violenza alle donne presso il Foyer del Teatro Nuovo di Mirandola (MO) in collaborazione con Assessorato alle Politiche sociali e Associazione Donne in centro   CAMPOGALLIANO (MO): data da definire Incontro con l'autrice di NON SIAMO IN VENDITA in occasione della Giornata contro la violenza alle donne
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24/07/2017
Scuola: gli insegnanti dialogano sulla diversità 
Sabato 30 settembre e domenica 1 ottobre 2017 insegnanti e dirigenti scolastici sono invitati all'evento che  si terrà a Forlì:  per saperne di più: A scuola senza voti: quando la classe genera vita
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19/07/2017
Nonviolenza: 25 anni di Operazione Colomba
In 25 anni sono stati circa 2000 i volontari che hanno costituito una presenza nonviolenta volontaria in 17 situazioni di guerra o di conflitto nel mondo, nei progetti di Operazione Colomba. Il Corpo di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII è nato nell’estate del 1992 portando una presenza civile nelle zone di frontiera e nei campi profughi durante la guerra dei Balcani. E oggi è tempo di festeggiare. A Rimini si tiene ogni anno il Colomba-Raduno, meeting internazionale dei volontari da tutto il mondo. Per l'edizione 2017 invitati speciali sono stati i ragazzi che con i primi progetti hanno di fatto dato vita, come movimento spontaneo nonviolento, ad Operazione Colomba.   «Ricordo quando ad un passaggio a livello abbiamo visto un treno guasto che si fermava: siamo saliti per aiutare a ripararlo», ha ricordato Livio fra gli aneddoti di quel tempo. Ecco, dal minuto 8, il servizio del TGR regionale.    #FOTOGALLERY:Rad17#   «25 anni fa avevamo il sogno di fermare la guerra e costituire un’alternativa all’esercito; volevamo  diventare un movimento popolare composto da persone di tutte le età per entrare disarmati nei conflitti, comprenderli e non esserne vittime passive», racconta Alberto Capannini, responsabile del progetto nonviolento in Libano.         Diversi giovani italiani cominciarono a passare le proprie vacanze o le ferie dal lavoro in Croazia insieme ai profughi della guerra. Poi iniziò la presenza continuativa anche al fianco della parte serba e bosniaca.   «Adesso siamo usciti dalla fase della sperimentazione, siamo una realtà che esiste, con un metodo collaudato che c’è e che ha la sua efficacia. Condividiamo la vita con le vittime dei conflitti con uno stile sobrio e neutrale rispetto alle parti,  creando relazioni e ponti di pace», continua Alberto.     Nonviolenza, cosa significa? Ecco in questo articolo di Kurt Schock della Rutgers University un buon approccio alla teoria della nonviolenza; questa ne è una sintesi arbitraria: «La nonviolenza non è inattività, e non vuol dire evitare un conflitto. Nonviolenza non è una forma di negoziato o di compromesso. Un'azione nonviolenta intende proseguire un conflitto e deve essere distinta dai tentativi di risoluzione immediata di un conflitto. Con il termine azione nonviolenta si intente un processo attivo teso a creare una pressione politica, economica, sociale, emotiva o morale, tesa a modificare la realtà. La scelta nonviolenta comporta sempre un elemento di rischio per chi la attua». Ecco alcuni esempi di nonviolenza (come si scrive? NONVIOLENZA - Tutto attaccato!), applicata come strumento di lotta politica e come metodo di educazione democratica, attuata da Operazione Colomba.  In Palestina lo scorso anno i volontari di Operazione Colomba hanno denunciato le violazioni sulla popolazione civile: hanno contato 122 violenze e aggressioni compiute da coloni israeliani, 94 abusi e violenze operati dall'esercito e 21 dalla polizia. Telecamere alla mano hanno filmato tutto. E hanno supportato il Comitato Popolare delle Colline a sud di Hebron, che ha coordinato dimostrazioni nonviolente, manifestazioni di protesta, azioni collettive e dimostrative. Ad esempio quando si trattava di rivendicare il diritto al pascolo sulle proprie terre da parte dei pastori palestinesi. Attraversato l'oceano, in Colombia nel 2017 Operazione Colomba si è unita ai festeggiamenti per i 20 anni di resistenza della Comunità di Pace di San José de Apartadò, che è rimasta disarmata e neutrale rispetto al conflitto in corso. Dal 2009 i volontari abitano fra le case di argilla e bambù, proteggendole con la propria presenza di cittadini internazionali dalle incursioni di esercito e paramilitari. In Albania dal 2010 i volontari continuano a dare spazio al lavoro di ponte fra famiglie, e ad incontrare i nuclei familiari minacciati dalla vendetta delle faide. In Libano dal 2013 proteggono i profughi fuggiti dalla Siria dagli sgomberi e dalle incursioni dell’esercito. Grazie ai corridoi umanitari poi sono riusciti a portare in Italia le famiglie più fragili in fuga dalla guerra in Siria, evitando loro la traversata in mare. E poi (ecco la storia completa del Corpo di Pace) la Sierra Leone, in Kossovo, Timor Est, il Messico, la Cecenia, la Repubblica democratica del Congo, il Darfur. Da tutto il mondo storie "ordinarie" di interposizione nonviolenta nei conflitti.    Fra i volontari, c’è chi ha lasciato il proprio lavoro, c’è l’insegnante in pensione preoccupata per le sorti dei figli della guerra, c’è chi dedica le proprie ferie o la propria aspettativa, da poche settimane ad oltre un anno. Enrico spiega: «Nonviolenza è amare veramente un contesto, amare chi compie un’ingiustizia, ricordarsi che è un uomo ed iniziare un percorso al suo fianco. Vangelo allo stato puro. E credere che è possibile».    Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, li saluta con un videomessaggio e li invita a continuare:  «Sono giovani meravigliosi che donano alcuni pezzi della propria vita. Li ringrazio di cuore perché sono una presenza discreta, reale e concreta al fianco della popolazione civile. In tanti li seguiranno attratti dalla freschezza degli ideali e dalla radicalità di vita al fianco degli ultimi».            La nonviolenza è per i bambini? Quali strade concrete? Questa è una domanda che si pongono in tanti. Al Colomba Raduno i bimbi c'erano! Molti volontari partecipano con le famiglie: è possibile portare anche i bambini nelle tende, che vengono piantate ogni anno sul campo di S. Lorenzo in Correggiano a Rimini. Un centinaio di persone attive dall'Italia e dal mondo portano il proprio contributo e la propria testimonianza; bambini italiani e figli della guerra spesso sono stati nel mondo un'unica bandiera per una pace possibile.  «Invitiamo a rilanciare il più possibile l’appello per la pace scritto dai profughi siriani, e che chiede la creazione di zone umanitarie in Siria»,  è stato l’appello finale rilanciato a tutti i volontari di Operazione Colomba quest'anno.        
APG23
19/07/2017
Rimini, 22/23 luglio, Operazione Colomba celebra 25 anni in prima linea nelle guerre.
​Il 22-23 Luglio a Rimini, si tiene l’incontro dei volontari di Operazione Colomba, il Corpo nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII. Il Colombaraduno 2017 celebra quest’anno i 25 anni di attività nelle zone di guerra.  Nella due giorni presso la parrocchia di San Lorenzo in Correggiano, sede storica della formazione dei volontari - a qualche chilometro da Rimini – si terranno incontri, dibattiti e racconti, ma anche cibo, musica e tante storie per continuare a costruire insieme il futuro. Il Corpo di Pace di APG23 è nato nell’estate del 1992, nel pieno del conflitto bellico in ex-Jugoslavia, dall'intraprendenza di alcuni giovani romagnoli sostenuti da don Oreste Benzi , che ha sempre creduto nella potenzialità di questo progetto. «Portare la presenza di volontari civili, non armati, al fianco dei più poveri, nel cuore delle guerre. Da questa intuizione si è poi scoperto che il modello di intervento funziona: dove sono presenti i nostri volontari, allora la violenza si riduce e si favorisce il dialogo» commenta Giovanni Paolo Ramonda , Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII «Da allora siamo intervenuti nella maggior parte delle crisi belliche degli ultimi anni: dalla Cecenia al Congo, da Timor Est al Chiapas». In 25 anni la Comunità di don Benzi, tramite i progetti di Operazione Colomba è intervenuta in 17 situazioni di guerra o di conflitto nel mondo. Sono stati circa 2000 i volontari che sono partiti in questi anni per una presenza nonviolenta nei progetti di Operazione Colomba. Oggi Operazione Colomba è presente in Israele e Palestina, in Libano, in Albania ed in Colombia. Nel 2016 i volontari in Palestina hanno denunciato 122 violenze e aggressioni compiute da coloni ai danni dei civili, 94 abusi e violenze operati dall'esercito, 21 da parte della polizia. Hanno sostenuto le azioni nonviolente dei Comitati Popolari. In Colombia si sostiene la resistenza della Comunità di Pace di San José de Apartadò, rimasta disarmata e neutrale rispetto al conflitto in corso, proteggendola con una presenza internazionale dalle incursioni di esercito e paramilitari. In Albania i volontari hanno continuato a scortare disarmati i bambini e le loro famiglie minacciate dalla vendetta delle faide. In Libano hanno protetto i profughi fuggiti dalla Siria dagli sgomberi e dalle incursioni dell’esercito. Grazie ai corridoi umanitari, legali e sicuri, sono riusciti a portare in Italia le famiglie più fragili.  
APG23
14/07/2017
Per sanare le ferite degli abbandonati
Il 4 giugno appena trascorso è stato vissuto come un bellissimo momento di fraternità con grandi e piccini, anziani e adolescenti, giovani coppie e coppie più mature, prime fra tutte Laura e Maurizio Marighella e Cecilia e Gianfranco Zerbino che, con la benedizione di don Oreste Benzi, 10 anni fa, hanno dato il via alle due Case Famiglia di Busalla (GE). Queste 2 coppie, con i loro figli naturali, in quel momento si sono aperte all’accoglienza di nuovi figlioli non generati biologicamente, ma – per usare il linguaggio proprio di don Benzi – da rigenerare ogni giorno nell’amore. Si tratta di 2 Case Famiglia che abitano in una stessa struttura, ma in due appartamenti differenti, aiutandosi reciprocamente nella cura dei figli e condividendo la cappellina con la presenza del Santissimo Sacramento, dove si ritrovano ogni sera per un momento di preghiera insieme e per mettere insieme la vita con la vita. Una coppia di sposi che sperimenta la forza dell’amore, sa che tale amore è chiamato a sanare le ferite degli abbandonati, a instaurare la cultura dell’incontro, a lottare per la giustizia. La “Chiesa domestica” – come viene definita la famiglia nei documenti del Concilio Vaticano II - partecipa al mistero di unità e fecondità esistente tra Cristo e la Chiesa. La nostra Comunità ha sempre posto al centro di ogni sua attività la celebrazione eucaristica ed ha accolto con gioia l’invito di Giovanni Paolo II di fare dell’Eucaristia «il cuore delle Case Famiglia e di ogni altra attività sociale ed educativa». È proprio stando in ginocchio che la Casa Famiglia trova il fondamento della propria identità, traducendola poi nella dinamica dell’amore – dono, vissuto nella quotidianità. È così che cerchiamo di accogliere l’esortazione di Papa Francesco: «con la testimonianza e anche con la parola, le famiglie parlano di Gesù agli altri, trasmettono la fede, risvegliano il desiderio di Dio, e mostrano la bellezza del Vangelo e dello stile di vita che Gesù ci propone. Così i coniugi cristiani dipingono il grigio dello spazio pubblico riempiendolo con i colori della fraternità, della sensibilità sociale, della difesa delle persone fragili, della fede luminosa, della speranza attiva. La loro fecondità si allarga e si traduce in mille modi di rendere presente l’amore di Dio nella società». (Amoris Laetitia, 184) #FOTOGALLERY:BUSALLA# In questo momento di incontro, abbiamo ricordato il nostro amato fondatore don Oreste Benzi con delle videoproiezioni, anche per farlo conoscere a chi si è avvicinato da poco tempo a noi; Maurizio e Gianfranco hanno voluto ricordare nella preghiera uno per uno i figli accolti in questi dieci anni, che hanno raggiunto l’autonomia e non vivono più con loro. Abbiamo ascoltato con gioia anche la testimonianza di alcuni figlioli di etnie e religioni diverse, che hanno manifestato la loro benevolenza verso i genitori che li hanno accolti per amore di Cristo, ma senza imporre loro nessuna legge se non quella dell’amore vicendevole. Infatti lo dice Gesù, il segno dell’amore più alto è dare la vita, ma in realtà il genitore dà la vita goccia a goccia, momento per momento ai suoi figli. In conclusione, abbiamo elevato il grazie al Signore celebrando con gioia l’Eucaristia, presieduta dal parroco di Busalla don Gianni Guastavino, già presente 10 anni fa all’inaugurazione con don Oreste. Certamente non ci sentiamo perfetti, non ci sentiamo arrivati, né più belli di altre famiglie. Una cosa soltanto ci sta a cuore: che il dono di Grazia che ci è stato elargito con questa vocazione, non possiamo tenerlo per noi e allora, vogliamo condividerlo, giorno dopo giorno, 24 ore su 24 con i fratellini e le sorelline che il Signore, nella Sua infinita Misericordia, mette sul nostro cammino. Pregate per noi, perché sappiamo che questo tesoro che abbiamo è custodito in vasi di creta che spesso hanno anche delle crepe: i nostri limiti. Ma è proprio da lì, che Dio vuole fare passare il Suo Amore, dal Suo Cuore al cuore dei nostri piccoli. E, se vuole Dio, che così sia. Fotografie di Pietro Strada
APG23
14/07/2017
«La Chiesa o è missionaria, o non è».
Don Francesco Fiordaliso, sacerdote della diocesi di Livorno e membro della Comunità Papa Giovanni XXIII non ha dubbi: «nella Bibbia esiste solo la missione ad gentes, quindi la Chiesa o è missionaria, o non è». Le sue riflessioni sono state il fulcro dell’incontro di animazione missionaria svoltosi a Siena il 23-24 giugno scorsi. Al seminario, organizzato dal Servizio Missione e Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, hanno partecipato missionari e persone semplicemente interessate alla missione, alcuni in periodo di verifica vocazionale: singoli e giovani coppie, madri in attesa, famiglie con bambini. «La grande partecipazione all'incontro riflette il momento di grazia che stiamo vivendo nell’attuale, crescente desiderio della Comunità di rispondere alla chiamata di una chiesa in uscita» spiega Fabiola Bianchi, una delle organizzatrici dell’incontro, nonché missionaria in Grecia con tutta la famiglia. «Abbiamo organizzato questo momento proprio per dare la possibilità a tutti coloro che hanno nel cuore la missione ad gentes, di trovarsi, di esprimersi in una spensierata e gioiosa fraternità. È stato bello vedere qualcuno che è arrivato semplicemente per curiosità ed è andato via con il desiderio di missione nel cuore!» Particolarmente toccanti sono state le testimonianze dei missionari presenti. André Volon, apripista di diverse zone di missione con la Comunità Papa Giovanni XXIII, ha sottolineato che l'unico modo di stare con il povero sia quello di entrare in punta di piedi nella sua terra, lasciandoci accogliere da lui, senza la pretesa di avere qualcosa da portare, perché in realtà si parte per convertire una sola persona: noi stessi. Parole che nascono da una lunga permanenza in missione e in vari continenti, infatti André ha vissuto in Zambia, Brasile, Kenya, Israele, Haiti. Cosa spinge una persona a lasciare le sue sicurezze, il suo Paese, la propria cultura e partire? Qual è il modo giusto per vivere in missione? La solidarietà può essere una risposta adeguata ai grandi problemi che affliggono i Paesi poveri/impoveriti? Che relazione c’è tra i progetti di cooperazione e la condivisione con i più poveri? «Queste domande sono state il punto di partenza per riflettere insieme sulla missione, una chiamata radicale e totalizzante che invita a lasciare tutto perché solo Gesù possa regnare in noi, scoprendo di aver bisogno l'uno dell'altro, perché in realtà non c'è chi dà e chi riceve» racconta Fabiola. «Il messaggio che abbiamo ricevuto, oltre alla consapevolezza della rinascita della spinta missionaria all'interno della nostra Comunità, è il nuovo volto con il quale questa si sta delineando: le tante famiglie che si stanno avvicinando alla missione rivelano che i figli, anche affidati, non sono un ostacolo, bensì un punto di forza che avvalora una scelta responsabile e spregiudicata allo stesso tempo! Tra la trepidazione di chi è in partenza, l'entusiasmo di chi sta compiendo i primi passi nella vocazione, l’emozione di chi sente di custodire nel cuore la dolce urgenza di una chiamata che spinge a partire, ci siamo soffermati a riflettere sulla figura di don Oreste, mistico di strada, aiutati da Andrea Montuschi, autore del recente libro Ascoltando don Oreste Benzi e precedente animatore generale del servizio Missioni della Comunità». Montuschi, tra le altre cose, ha ricordato come don Oreste, lavorando insieme ad altri membri della Comunità per definire le linee guida della vocazione, abbia inserito una frase che a quel tempo sembrava un po’ campata per aria, visto che a quel tempo non esistevano ancora missionari della Comunità: «Viene stimato dono del Signore che dei membri della Comunità siano disponibili a lasciare anche la propria terra, per trasferirsi a vivere la propria vocazione in terra di missione». Parole che si sono realizzate nel 1985, quando il primo gruppo è partito per aprire la presenza missionaria in Zambia. Oggi la Comunità fondata da don Benzi è diventata una presenza internazionale, in quanto opera in più di 30 Paesi nei 5 continenti. L'incontro ha scosso molto, e ha creato sete di nuovi incontri, tanto che si sta già pensando a come dargli un seguito. Per chi fosse interessato a partecipare al prossimo incontro, può mandare una mail a: animazionemissionaria@apg23.org
APG23
13/07/2017
In ricordo di Vittorio Tadei
Vittorio Tadei, salito al cielo il 13 luglio di un anno fa, imprenditore riminese e grande amico di don Benzi, è stato un tenace sostenitore delle opere della Comunità Papa Giovanni XXIII. Uomo di grande fede, era profondamente impegnato a costruire il regno di Dio su questa terra e con le sue capacità e possibilità voleva davvero fare la differenza per i poveri che il Signore gli metteva sulla strada. Quando incontrava qualcuno che la pensava come lui, non guardava che etichetta avesse, o a che associazione appartenesse, ma gli si metteva al fianco rendendo possibili cose straordinarie che portavano una luce di speranza in tante vite spezzate dall’abbandono e dalla sofferenza. Della sua amicizia con don Oreste, Vittorio diceva: «sentendolo parlare (la prima volta che lo incontrai), respirai una speranza grande ed ebbi la percezione che per questo umile prete niente fosse impossibile perché, come ripeteva spesso “niente è impossibile a Dio”. Da allora siamo sempre stati amici: io sentivo che gli volevo bene e che lui voleva bene a me, ma sentivo anche, e mi piaceva, che lui voleva bene allo stesso modo a tutte le persone dalle più “importanti” alle più umili, ricchi o poveri, famosi o sconosciuti. Anzi, se aveva una predilezione era proprio per i più poveri fra i poveri, quelli che non voleva nessuno. Mi ha aiutato anche a fare bene l’imprenditore, dandomi la fiducia e la certezza che nella vita si è felici solo se si vive una “relazione profonda con Dio e che se agisci secondo Dio, lui ti è vicino”. E lo testimoniava con la propria vita: nonostante fosse sempre in mezzo a tanti problemi, anche gravi, era sempre sereno e contento». Nel ricordarlo con grande affetto e stima ci sono non solo i fratelli e le sorelle della Comunità, ma anche tutti i bambini, i giovani, le persone disabili, e tutti i poveri che, grazie alla sua gratuità e al suo senso di giustizia, hanno potuto avere una vita migliore. Grazie Vittorio #FOTOGALLERY:tadei# Giovanni Paolo Ramonda, successore di don Benzi alla guida della Comunità Papa Giovanni XXIII, ha voluto ricordarlo così: Tenere uniti Vangelo ed Economia non è facile, fare procedere sulla stessa barca famiglia, azienda, vita spirituale è un’impresa non indifferente. Fare tesoro dell’esperienza sempre guardando avanti, sapendo stare nel mondo ma avendo presente che siamo pellegrini, viandanti di passaggio è il logo che sceglierei per l’amico Vittorio Tadei. Vittorio è stato per la Comunità Papa Giovanni XXIII un dono, perché aiutava non in modo assistenzialista ma chiedendo conto di come venivano utilizzati i denari o le strutture che venivano dati. Sicuramente l’incontro con don Oreste Benzi è stato fondamentale, ma nella reciprocità. Penso che lo stesso fondatore della nostra Comunità abbia imparato molto da Vittorio nella capacità di gestire una grande famiglia spirituale ricca di opere, dalle case famiglie, alle comunità terapeutiche, ai progetti di sviluppo in Africa e America Latina, dalle cooperative sociali, alle gelaterie, dalle case di preghiera alle case di fraternità. Se dovessi scegliere una frase evangelica che sintetizza la vita di questo uomo discreto, concreto ma anche contemplativo e amante della Chiesa citerei il brano dove Gesù parla della parabola degli operai che vengono presi a tutte le ore: «Perché rimanete oziosi? Venite a lavorare nella mia vigna». Sì, Vittorio ha voluto dare la dignità di un lavoro che per la persona fosse impegno, responsabilità, gratuità. L’ha voluta donare soprattutto agli ultimi, a chi non aveva altre possibilità. Vittorio servo buono e fedele, amministratore dei doni di Dio ora contempla con tutti i santi la bellezza del volto misericordioso del Padre e sicuramente intercede per noi. Grazie Vittorio!
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