APG23
22/09/2015
“Quel morto di fame di mio fratello” è un' “invettiva” che diventa una missione: aprire le porte della propria casa e della propria famiglia alle persone emarginate dalla società per far sì che diventino fratelli, sorelle, figli, senza scadenza.
“Sto morendo di fame”. A chi non è capitato di dirlo, magari perché il pranzo era troppo leggero o la cena in ritardo? Ma lo si dice con leggerezza, senza rendersi conto che per troppe persone è una realtà quotidiana.
Ogni giorno, nei centri nutrizionali della Comunità in Zambia e in Tanzania, arrivano bimbi malnutriti, piccoli e fragili in braccio alle loro mamme. Respirano a fatica, a malapena camminano, spesso non hanno neanche la forza di stare in piedi.
Ma la fame non è solo quella che prende allo stomaco e uccide lontano. C’è una fame “umana”, tutto intorno a noi, che non vediamo perchè colpisce chi è troppo in basso per essere notato. E’ la fame di affetto, di attenzione, di relazione, che tormenta il cuore delle persone senza fissa dimora che abitano i marciapiedi delle nostre città.
Franco, padre e nonno, è rimasto senza lavoro e aspetta da anni la pensione in strada. La cosa peggiore, racconta, è non sapere se tutto questo finirà mai: “E’ questo che ti distrugge. La solitudine e la totale mancanza di una prospettiva, a lungo andare, fanno morire la speranza e ti lasciano solo tanta voglia di bere, e di non pensarci”.
Quella della fame, in tutte le sue forme, è una realtà che i membri e i volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII conoscono bene, perché la “vivono” costantemente. Chi soffre, solo e dimenticato, non è un estraneo ma un fratello. Ed è solo condividendo la vita e quello che c’è da mangiare, anche se poco, che si può veramente mettere fine alle ingiustizie. “Quel morto di fame di mio fratello” è un' “invettiva” che diventa una missione: aprire le porte della propria casa e della propria famiglia alle persone emarginate dalla società per far sì che diventino fratelli, sorelle, figli, senza scadenza.
Salvare i fratelli dalla povertà e dalle ingiustizie sarà possibile il 26 e 27 settembre durante l’evento “Aggiungi un pasto a tavola”, quando la Comunità scenderà in piazza per scuotere le coscienze e raccogliere i fondi necessari a dare ‘Un pasto al giorno’ ai 41.000 fratelli che ogni giorno siedono alla nostra tavola in Italia e in 35 Paesi (per trovare la postazione più vicina visita il sito www.unpastoalgiorno.org)
Gli ultimi, i poveri che vivono nell’indifferenza, ci chiedono di non arrenderci “finché gli ultimi non saranno i primi”. Il 26 e il 27 settembre vieni in piazza con Aggiungi un pasto a tavola, perché *ognuno di noi ha la possibilità di costruire la giustizia con piccoli gesti. Questo è uno di quelli!
APG23
18/09/2015
Diciotto regioni, 400 città, 1.000 postazioni, 3.000 volontari per dare almeno ‘Un pasto al giorno’ alle oltre 41.000 persone che ogni giorno siedono alla tavola della Comunità Papa Giovanni XXIII in Italia e in 35 Paesi del Mondo.
Nel trentennale della prima esperienza di missione in Zambia (1985), da quella ‘Casa Famiglia’ cresciuta grazie alla dedizione e alla tenacia dei missionari e dei volontari, che da lì non se ne sono più andati, la Papa Giovanni torna sabato 26 e domenica 27 settembre con ‘Aggiungi un Pasto a Tavola’.
L’iniziativa, giunta alla settima edizione, si svolgerà anche nelle parrocchie della Diocesi, in concomitanza con altre 400 città italiane e in 10 paesi esteri: Svizzera, Germania, Olanda, Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo, Russia, Bolivia e Cile.
Salvare i fratelli dalla povertà e dalle ingiustizie, garantendo almeno un pasto al giorno alle oltre 41.000 persone che quotidianamente siedono alla tavola della Papa Giovanni nelle oltre 500 case e realtà di accoglienza in Italia e nel mondo, sarà possibile il 26 e 27 settembre, lasciando una donazione alle postazioni dell’iniziativa (per trovare la più vicina basta consultare il sito www.unpastoalgiorno.org).
In cambio della donazione libera, i volontari consegneranno una confezione di pasta, donata anche quest’anno dall’azienda Divella. La pasta non è una scelta casuale. Infatti, ricevuto il pacco di pasta, si potrà scegliere di lasciarlo ai volontari della Papa Giovanni. In questo modo verrà immediatamente destinato ad associazioni italiane vicine ai più poveri o inserito nei pacchi alimentari destinati alle famiglie in difficoltà.
Mentre Expo 2015 porta avanti grandi temi universali come la lotta alla fame nel mondo, allo spreco alimentare e la sostenibilità ambientale, la Papa Giovanni, nata grazie a Don Oreste Benzi nel 1968, vuole cercare di essere quel grimaldello capace di aprire le menti, scuotere le coscienze e sensibilizzare ai problemi legati all’ingiustizia della morte per fame che affliggono ancora oggi – nel 2015 – oltre 800 milioni di persone nel mondo.
L’elemento che contraddistingue la Papa Giovanni è la condivisione diretta di vita. I membri e volontari della Papa Giovanni aprono le porte della propria casa e della propria vita per accogliere e condividere la quotidianità con i più poveri, i più deboli, coloro che comunemente definiamo emarginati, gli ultimi della società. Che così diventano fratelli e sorelle, figli, membri di una stessa famiglia, senza scadenza, realizzando il grande progetto del suo fondatore: essere famiglia di chi non ce l’ha, la dimensione più concreta e reale della condivisione di vita.
Lotta alla fame nel mondo? Sì, piatto dopo piatto, salvando un fratello e una sorella per volta. “Mio fratello non siede alla mensa dei poveri, ma alla mia stessa tavola. E se non c’è abbastanza cibo per entrambi, dividiamo quel poco che c’è” sottolinea Giovanni Ramonda, Responsabile generale della Papa Giovanni. “Vedere nel povero, nell’emarginato un nostro fratello, che non ha nessuna colpa della sua condizione ma è vittima di un’ingiustizia, deve essere un imperativo per tutti noi, ed è questo il messaggio principale che vogliamo ribadire con questo evento. Nessuno lascerebbe un fratello da solo”.
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I numeri delle scorse edizioni
APG23
16/09/2015
Sabato 26 e domenica 27 settembre saremo in 400 città italiane e in 10 Paesi esteri con Aggiungi un pasto a tavola per sensibilizzare sul tema della morte per fame.
Tra le tante ingiustizie che flagellano il mondo c’è la fame, che uccide silenziosamente e colpisce più di 800 milioni di persone nel mondo. Soprattutto bambini, i più fragili e vulnerabili.
E’ una tragedia che si consuma sotto gli occhi di tutti, sempre più vicina a noi. Sono sempre di più le persone italiane che a causa della perdita del lavoro o per problemi di salute o familiari, finiscono a vivere in strada, sui marciapiedi delle nostre città. Persone che fino a poco tempo prima avevano una vita normale e che all’improvviso si trovano ad aver perso tutto, soprattutto la speranza.
Non vogliamo lasciarli soli, perché chi soffre non è un estraneo ma un fratello da accogliere in famiglia e da far sedere alla propria tavola, condividendo con lui la vita di tutti i giorni. E davanti alla sofferenza di un fratello, non possiamo voltarci dall’altra parte.
Ecco perché, anche quest’anno, la Comunità Papa Giovanni XXIII vuole alzare la voce per scuotere le coscienze e riportare l’attenzione su un’emergenza spesso sottovalutata.
Sabato 26 e domenica 27 settembre saremo in 400 città italiane, dal Trentino alla Sicilia, e in 10 Paesi esteri con Aggiungi un pasto a tavola, l'evento della campagna Un Pasto al Giorno, per raccogliere fondi indispensabili per garantire il fabbisogno alimentare delle realtà di accoglienza della Comunità in Italia e in oltre 30 Paesi nel mondo. Per il settimo anno consecutivo, oltre 3000 volontari, in più di 800 piazze e chiese di tutta Italia, proporranno di compiere un gesto concreto di solidarietà.
Con un piccolo contributo riceverai un pacco di pasta – donata dall’azienda Divella – e aiuterai la Papa Giovanni a mettere a tavola, ogni giorno più di 41.000 persone accolte nelle proprie case. La pasta che non verrà distribuita, o che sceglierai di lasciare al banchetto, si trasformerà da subito in un aiuto concreto perché sarà donata alle mense per i senza fissa dimora e alle associazioni del territorio che assistono le famiglie in difficoltà.
Don Oreste diceva che le ingiustizie non vanno sussurrate, ma gridate. E noi non smetteremo di farlo finché anche l’ultimo fratello non sarà salvo. E tu, cosa saresti disposto a fare per un fratello?
Vieni in piazza con noi, dai ci stai?
Per maggiori infomazioni visita unpastoalgiorno.apg23.org
APG23
15/09/2015
«I campioni del mondo non sempre arrivano primi. Ci sono “campioni” in giro per il mondo che arrivano sempre ultimi e a volte non possono neanche correre. Eppure hanno risorse che non immaginiamo e vincono ogni giorno la gara della vita».
È questo il messaggio che l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII Condivisione fra i popoli ha portato al Misano World Circuit Marco Simoncelli dall’11 al 13 settembre scorsi, in occasione del Gran Premio di San Marino.
Grazie alla partnership siglata con il circuito, l’Associazione ha avuto la grande opportunità di allestire uno stand informativo al suo interno ospitando anche Pier Paolo Bianchi, tre volte campione del mondo, e la sua Morbidelli 125 del '76.
Una presenza importante, che ha promosso la visibilità dell’Associazione e delle attività realizzate nelle missioni all’estero.
Migliaia sono stati i volantini distribuiti ai tifosi sia italiani che stranieri accorsi per assistere alla gara: un piccolo seme per riflettere e non voltarsi dall’altra parte, anche in un’occasione di svago e di divertimento.
Un grazie speciale agli organizzatori dell’evento che hanno reso possibile questa incredibile avventura ed alle persone incontrate, con la speranza che possa nascere una collaborazione duratura nel tempo.
APG23
14/09/2015
I ragazzi si sono impegnati da luglio a settembre in Georgia, Romania, Olanda, Albania
«Essere a contatto con persone ferite perchè senza dimora a causa della crisi oppure discriminate per la diversità culturale non è quel che si dice proprio una vacanza. Ma è un'avventura affascinante e spero di aver dato inizio ad un cambiamento col mio semplice servizio».
Ecco un frammento del diario di bordo di Alessandro, diciassettenne emiliano, che ha partecipato ad uno dei campi fuorilemur@, promossi dal Servizio condivisione giovani in Europa.
Oltre 100 giovani si sono impegnati da luglio a settembre in Georgia, Romania, Olanda, Albania, paesi in cui sono già attive numerose case-famiglia e pronte accoglienza dell'Associazione Papa Giovanni XXIII e che in estate rinvigoriscono le forze attraverso la presenza vitale di “giovani di frontiera” ovvero di chi sceglie di andare incontro alle periferie esistenziali.
In Georgia, il gruppo capitanato da Marinella Baldassari, ha vissuto quindici giorni «tra i bimbi della baraccopoli di Batumi con 1500 piccole stanze, di legno e latte, ospitanti famiglie molto numerose da solo un anno con luce e acqua due ore al giorno. “Qui nessuno è straniero" è ciò che ci piacerebbe lasciare scritto perchè ci sentiamo davvero a casa».
In Olanda una delle esperienze più significative: la condivisione con i rom sopravvissuti alle deportazioni naziste e oggi di nuovo dispersi nei campi organizzati dallo stato olandese, dividendone le famiglie.
«Quello che ci ha messo più alla prova? Il giorno trascorso al campo rom di Boxtel - spiega Carmela Di Punzio, animatrice dei giovani in Olanda - dove abbiamo avuto l’ardire di costruire una edicola votiva alla Beata Vergine Maria restando in preghiera tutti zuppi sotto una pioggia scrosciante. Ma pare che la pioggia, secondo la cultura rom, sia la benedizione di Dio agli uomini!».
«Negli orfanotrofi di Bucarest, - raccontano i giovani volontari rientrati a fine agosto dalla Romania con don Federico Pedrana – abbiamo organizzato attività di animazione con i bambini senza genitori per i quali un solo sorriso vale molto di più di tante parole. Un'altra equipe invece ha vissuto la condivisione in un quartiere di zingari, mettendosi in ascolto dei più giovani. Dio fa miracoli: preghiera, giovani e poveri insieme diventano un'esplosione unica per tutti!».
Anche i giovani sparsi nelle città europee hanno seguito il tema dell'anno dal titolo Vitamina C: per il corpo, per il cuore, favorisce la condivisione, come i coetanei impegnati dal sud al nord d'Italia nei campi di servizio con disabili, profughi, minori del carcere, ex tossicodipendenti, vittime di tratta: insieme a chi una vacanza rischia di non viverla.
Un'occasione di ricarica sul tema della qualità delle relazioni e degli affetti che è stata d'impatto in quelle terre d'Europa dove, ha ricordato di recente Papa Francesco, «persistono troppe situazioni in cui gli esseri umani sono trattati come oggetti, dei quali si può programmare la configurazione e l’utilità, e che possono essere buttati via se non servono più».
Il 19 e 20 settembre a Crema ci sarà l'incontro nazionale dei giovani della Comunità.
(Irene Ciambezi)
APG23
12/09/2015
Uno sforzo senza precedenti è richiesto alla Comunità Papa Giovanni XXIII in Italia e nel mondo.
210 profughi sono accolti in convenzione coi prefetti; 600 stranieri vivono nelle accoglienze per adulti, nelle famiglie e nelle case famiglia, nelle parrocchie, nelle Capanne di Betlemme dei senza fissa dimora, sono dislocati nelle comunità terapeutiche, nelle foresterie. O sono affiancati dai volontari nelle accoglienze di secondo livello per il reinserimento in società.
Dal fronte: in Zona Sud la casa di accoglienza per minori stranieri non accompagnati di Reggio Calabria (i genitori di questi bimbi talvolta son morti in mare) in questi giorni è allietata dalla presenza di un bebè: è nato il figlio di due minorenni nigeriani, richiedenti asilo e sbarcati qui da poco più di un mese. Lei, la mamma, era stata rapita in Libia e il marito aveva lavorato per pagarle il riscatto prima di abbracciarla salendo sul barcone. E’ una storia di speranza fra le circa 50.000 (ma il blog di Gabriele Del Grande che conta le morti in mare è fermo ormai da un anno) che non lo sono più.
Sul fronte interno la morte può arrivare per asfissia in un container. Alcuni volontari di Operazione Colomba, corpo di pace della Papa Giovanni, sono in viaggio in Serbia e in Macedonia, sulla via dei profughi. A Llojane, ultimo villaggio macedone prima della Serbia, hanno trovato una frontiera chiusa e presidiata da poliziotti ben armati; riescono a ricostruire il tragitto dei migranti attraverso un varco a Tabanovoce, con una staffetta che porta al campo profughi di Prescevo. Chi scappa ha nel cuore l'Ungheria, e poi l'Europa. I volontari scoprono treni della speranza, tassisti improvvisati. Una mamma è in fuga sulla sedia a rotelle per le ferite del viaggio, accompagnata dal marito e dalla sua bimba. Ecco il bel reportage.
Più a Est, una delegazione della Comunità è arrivata nei giorni scorsi ai confini con la Siria, da dove molti di queste persone hanno iniziato, o stanno per iniziare, la fuga. In Libano, fra le tende dei profughi, il Responsabile Generale Giovanni Ramonda ha incontrato le famiglie, disposte a tutto pur di cercare sopravvivenza. Un bimbo è diventato disabile per le malattie contratte al campo; in un campo a Tel Abbas Ramonda conta 350 persone da salvare e lancia un appello urgente alle nostre (nostre: mia, tua) coscienze:«Qui ci sono famiglie intere che non hanno via d’uscita: in Siria finirebbero nelle mani dell'Is, in Libano l’esercito li caccia. Saranno costretti ad affidarsi ai trafficanti. Noi faremo tutto il possibile perché possano venire in Europa in maniera legale. Noi come Comunità siamo disponibili ad accoglierle».
Valle di Castelgomberto, Vicenza. Arrivano distorte le urla di dolore dei migranti, strumentalizzate dalla propaganda politica, e la gente ci casca: il parroco aveva deciso di mettere a disposizione della Comunità Papa Giovanni XXIII la vecchia canonica dismessa per 6 accoglienze, e aveva deciso di convocare un'assemblea nella chiesa per parlarne. Risultato: un gruppo su Facebook ha portato oltre 200 persone a contestare il prete, il dibattito è finito presto in pasto alla stampa nazionale. «Siamo preoccupati per cosa succederà dopo - sono le maggiori lamentele della gente -, dove andranno gli immigrati? Cosa faranno se non verranno riconosciuti come rifugiati? E chi interviene se rubano o ammazzano? Noi non ci sentiremo più liberi di lasciar uscire i nostri figli da soli per strada».
Quest'anno in Europa sono arrivate 437 mila richieste di asilo politico; ne erano arrivate 269 mila nel 2014. Ogni richiesta, un richiedente (i numeri sono quelli dal settimanale Vita). In Italia abbiamo 254 richiedenti asilo ogni 100.000 abitanti, contro i 676 della Germania, i 2359 della Svezia (dati forniti dall'Alta commissione per i rifugiati delle Nazioni Unite): i fortunati che riescono a non farsi prendere le impronte digitali da noi si affrettano a scappare verso il Nord.
Siamo un paese di transito; le accoglienze dei richiedenti asilo in Italia sono per lo più temporanee.
Poi ci sono le storie come quella di Ikosas, fuggito dalla Nigeria, arrivato in Italia l'anno scorso e ospitato come richiedente asilo nell'Hotel Royal della Papa Giovanni XXIII a Cattolica: «E’ bravissimo - dice Giorgio Pollastri il gestore dell’albergo -, lo vorremmo tenere qui: lavora da noi come barman con un contratto di lavoro regolare. Ma il 15 dicembre saprà come andrà la sua domanda di asilo, quale sarà il suo futuro, se potrà rifarsi una vita o se dovrà ritornare indietro».
Per contribuire alle accoglienze: link.
(Marco Tassinari)
APG23
10/09/2015
Lunedì 14 settembre alle ore 11.30 le testate sono invitate nella Casa giovani di via Battaglia di Lepanto nr. 10 a Crema (presso l'Housing sociale del quartiere Sabbioni) per la presentazione di:
• Congrosso 2015, Vitamina C, per il corpo, per la mente, per il cuore, il 19 e 20 settembre Crema sarà luogo di incontro nazionale per i ragazzi che durante l'estate hanno vissuto in Italia e all'estero esperienze di servizio e campi estivi con le persone più ai margini della società, attraverso le realtà della Comunità Papa Giovanni XXIII. Parteciperanno all'evento il Vescovo Mons. Oscar Cantoni, il Sindaco Stefania Bonaldi, il Responsabile Generale della Comunità, Giovanni Ramonda. Nelle scorse edizioni erano presenti 400 giovani;
• Casa di condivisone giovani di Crema, punto di riferimento per chi è “terra di nessuno”;
• Uscite notturne mensili di evangelizzazione di strada, e di condivisione con gli ultimi della città da parte dei giovani volontari;
Le iniziative vedono il patrocinio del Comune di Crema e della Diocesi di Crema; collaboreranno Centro diurno per persone disabili “Primavera”, Capanna di Betlemme per senza fissa dimora di Milano, Unità di strada per vittime di tratta e per senza fissa dimora della Lombardia, case famiglia e comunità terapeutiche per persone con dipendenze del territorio.
APG23
09/09/2015
Ramonda: «Queste famiglie non hanno via d’uscita. O le portiamo legalmente in Europa o si affidano ai trafficanti»
«Ho dormito in una capanna assieme ai profughi siriani, ho visto le condizioni in cui vivono, le malattie, la mancanza di medicinali, ho conosciuto un bambino diventato disabile a causa di una malattia contratta qui al campo. È evidente perché cercano di fuggire da questa situazione».
A parlare al telefono è Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII. Chiama dal campo profughi di Tel Abbas, a due chilometri dal confine con la Siria. Qui vivono da 4 anni, in tende e capanne, 350 persone, tra cui un centinaio di bambini. E' in visita ai volontari di Operazione Colomba, corpo civile di pace della Comunità, che da 18 mesi hanno scelto di condividere la vita con queste persone disperate.
«Ho voluto incontrare i nostri giovani, ma anche constatare di persona le condizioni in cui vive questa gente, vedere i loro volti – prosegue Ramonda – "Dopo aver visto non puoi più far finta di non sapere” ci diceva il nostro fondatore don Oreste Benzi.
Queste famiglie non hanno alcuna via d’uscita: in Siria non possono tornare altrimenti finirebbero nelle mani dell'Isis, in Libano non possono rimanere. Se non troviamo in fretta una soluzione saranno costretti ad affidarsi ai trafficanti.
Se non lo hanno ancora fatto è perché non hanno abbastanza soldi. Faremo tutto il possibile perché queste famiglie possano venire in Europa, in un luogo sicuro, in maniera legale. Noi come Comunità siamo disponibili ad accoglierle».
APG23
08/09/2015
«Con i rifugiati non si fa business ma comunità accogliente»,
così Ugo Ceron, responsabile di zona per la Comunità Papa Giovanni XXIII per la zona Veneto Ovest interviene sulle contestazioni sorte nei confronti del parroco di Valle di Castelgomberto in provincia di Vicenza, che ha proposto ai parrocchiani l'apertura dell'ex canonica all'accoglienza dei profughi:
«La Comunità Papa Giovanni XXIII è rammaricata per i toni violenti emersi durante l’assemblea parrocchiale di Castelgomberto in cui si spiegava l'ipotesi si accoglienza di alcuni richiedenti asilo, anche perché questi hanno impedito di dare spiegazioni precise e complete del modo in cui avviene l’accoglienza, e ai parrocchiani favorevoli di poter esprimere liberamente la propria opinione».
«Ringrazio l’Unità Pastorale di Trissino-Castelgomberto per la fiducia e la vicinanza espresse alla Comunità Papa Giovanni XXIII nel gestire le accoglienze; da parte nostra siamo disponibili ad accompagnare i cittadini di Valle nell’affrontare quella che è una normale paura: la gestione di un'accoglienza di persone provenienti da contesti culturali completamente diversi. Immaginiamo sul territorio una comunità cristiana aperta, e sicura; l'accoglienza per noi cristiani è espressione dell'appartenenza alla Chiesa, come ci ha ricordato ieri il Santo Padre».
La Comunità Papa Giovanni XXIII ospita in Italia 800 persone extracomunitarie, di cui 250 sono i richiedenti asilo sbarcati negli ultimi mesi.
APG23
07/09/2015
In provincia di Cuneo 30 giovani volontari giocano per le alternative al carcere
Due giornate di sport, nella Casa di reclusione di Fossano, si svolgeranno all'insegna dell'integrazione: il 9 e il 10 settembre si confronteranno 5 squadre di calcetto maschili e 6 squadre di pallavolo miste; comprenderanno la trentina di giovani volontari (fra i 15 e i 24 anni) che da circa 3 anni svolgono attività di animazione in carcere.
Con loro ci saranno anche alcuni utenti del centro diurno per disabili gravi "Santa Chiara"di Fossano. Il centro è gestito dalla Cooperativa Il Ramo della Comunità Papa Giovanni XXIII che offre occasioni lavorative e di svago a circa 170 ragazzi disabili del territorio; alcuni dei ragazzi sono impegnati all'interno del carcere con attività musicali e teatrali.
La preghiera conclusiva dell'evento, guidata dal vicario del Vescovo di Cuneo Don Derio Olivero, sarà ecumenica ed incentrata su un tema di grande attualità: “costruire la pace insieme tra le religioni”.
Per alcuni dei ragazzi detenuti sono iniziati negli anni percorsi alternativi al carcere; la Comunità educante per i carcerati (Cec) di Piasco(Cn), ha ospitato una decina di persone nell'ultimo anno, provenienti da diversi istituti penitenziari di tutta Italia.
Roberto Fea, responsabile di zona della Comunità Papa Giovanni XXIII, chiede anche il coinvolgimento delle istituzioni: «chiederemo un incontro al Garante dei diritti per i carcerati della Regione Piemonte: il percorso svolto all'interno delle Cec non è riconosciuto, e potrebbe essere una vera alternativa al carcere per molti detenuti. Le comunità educanti infatti costituiscono una vera possibilità di riscatto; qui i detenuti potrebbero sentirsi costruttori della propria storia, e recuperare la dignità della propria vita».
Gianluca da anni è volontario in carcere: «Tutto cominciò anni fa con una chitarra in mano, circondato da omoni tatuati, scuri, ma con una gran voglia di riscatto negli occhi. Oggi riscopro che “l'uomo non è il suo errore”, come insegnava Don Oreste Benzi; relazionarmi con i detenuti, suonare, pregare, giocare, mi aiuta a riscoprire la bellezza di un incontro vero, senza fronzoli, che a volte è anche molto duro».
APG23
05/09/2015
La Comunità Papa Giovanni XXIII e la città di Rimini lunedì ne celebrano il ricordo
Lunedì 7 settembre Don Oreste Benzi "compie" novant'anni. I parrocchiani della Grottarossa, la Comunità Papa Giovanni XXIII e tutti gli amici hanno pensato di organizzare per lui una grande festa. Appuntamento alle 16:30 al cimitero di Rimini, accanto alla sua tomba, a pregare insieme. Perché «Ogni festa – diceva don Oreste – deve cominciare con un ringraziamento al Signore».
Alle 18 ci si trasferirà nel salone della parrocchia La Resurrezione (Grottarossa). Qui la festa continuerà con musica, immagini, parole e cibo. «Sarà il momento del filò il ricordo collettivo – dicono gli organizzatori – I tanti racconti che i contadini facevano durante l'inverno nella stalla, dopo la ligaza, la condivisione del pasto».
Tutti i riminesi sono invitati alla festa, per vivere insieme un momento di gioia per una persona che tanto ha dato alla città.
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Don Oreste Benzi nasce il 7 settembre 1925, settimo di 9 figli, in una famiglia povera di San Clemente, paesino dell’entroterra romagnolo. All’età di 12 anni entra in seminario; viene ordinato Sacerdote il 29 giugno del 1949 ed il 5 luglio viene nominato cappellano della parrocchia di San Nicolò a Rimini. Dal 1950 è insegnante nel seminario e Vice Assistente della Gioventù Cattolica della città (ne sarà poi Assistente nel 1952). Nel 1953 è nominato Direttore Spirituale in Seminario. Nel 1968 dà inizio, con altri sacerdoti, alla parrocchia La Resurrezione. Lo stesso anno fonda la Comunità Papa Giovanni XXIII, diffusa oggi in tutto il mondo.
APG23
04/09/2015
Il secondo Convegno “La Scuola del gratuito” che si terrà a San Marino domani 5 e dopodomani 6 settembre presenterà le esperienze di chi questo modello pedagogico ha adottato i principi.
Ci saranno docenti ed alunni di scuole statali e rappresentanti della scuola paritaria di Orzinuovi (BS) che ha avviato una sperimentazione in tutti gli ordini di studio. Non mancheranno relatori di richiamo, come Francesco Gesualdi, alunno della Scuola di don Milani e animatore del “Centro nuovo modello di sviluppo”, Ferdinando Ciani, autore di libri sulla Scuola del gratuito e Antonio Ronco del Movimento di Cooperazione educativa.
A Gesualdi, di cui è in libreria l'ultimo libro Risorsa umana, l'economia della pietra scartata, abbiamo posto alcune domande.
Quali aspetti della scuola di don Milani possono essere più utili oggi?
«Tutte le proposte vissute e formulate a Barbiana sono più attuali che mai. È attuale la proposta di attribuire alla scuola il compito di formare cittadini sovrani in un mondo dilatato geograficamente e sempre più complesso. Così pure la proposta di concepire il sapere come diritto e non come merito. E quella di motivare non con l'egoismo del voto, ma l'altruismo della politica per uscire insieme dai problemi».
Che tipo di società esce dalla scuola di oggi?
«La scuola oggi è uno strumento per costruire il pensiero unico del mercato. Lo dimostra la spinta verso la meritocrazia, un preteso premio all'intelligenza e all'impegno, mentre è solo premio al privilegio economico di poter dedicare più cura ai figli. Il mercato borghese è stato costruito sulla concorrenza come diritto di arricchirsi con l'impegno, contro il privilegio dei nobili. Ma la concorrenza è il principale nemico della cultura del diritto, nella quale la dignità è garantita per il solo fatto di esistere».
Quale società può uscire da una scuola come quella di Barbiana?
«Una società che riconosce pari dignità a tutti e che fa della solidarietà lo strumento per garantire i bisogni fondamentali come diritti. Che fa della cura del debole una strategia di uguaglianza in ogni comparto e del senso di responsabilità verso comunità e beni comuni i principi fondanti, sapendo che una società nuova si ottiene solo con persone nuove. L'idea novecentesca che la società nuova si possa ottenere per decisione di vertice, produce solo autoritarismi e dittature».
Cosa ne pensa de "La Buona Scuola"?
«Tre aspetti particolarmente preoccupanti. Il primo: la deriva autoritaria e aziendalista, in cui l'unico dominus è il preside, che cancella il cammino per rendere la scuola una realtà partecipata da genitori e allievi. Il secondo è il sostegno alle scuole private che io leggo come una volontà di avere scuole di serie A per i ricchi, a finanziamento misto, e una di serie B, a finanziamento solo pubblico. La terza preoccupazione è per la crescente tecnicizzazione che dimostra una visione della scuola non come luogo dove si formano giovani capaci di pensiero e senso critico, ma bravi tecnici che rendono alle imprese e non disturbano il manovratore politico».
(Riccardo Ghinelli)
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