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01/12/2023
A Natale scegli il bene delle cose
Il Natale è uno dei periodi più attesi dell’anno: la nascita di Gesù è un momento di festa e gioia da condividere con le persone più care. Lo scambio dei doni è un modo, non l'unico, per comunicare la felicità per l'evento e farlo con dei regali solidali rende il gesto ancora più autentico e prezioso. I regali solidali che puoi trovare sul nostro Shop Apg23, sono speciali, unici, realizzati a mano da persone con disabilità o con difficoltà a cui nessuno dava valore, che diventano artigiani, professionisti e grazie al lavoro nelle nostre Cooperative sociali e nelle tante realtà in Italia e nel mondo della Comunità, recuperano la dignità persa e ricostruiscono il proprio futuro. Le storie dietro i regali solidali di Natale della Comunità CATERINA È stata la nonna a trasmetterle la passione del cucito e lei ci è tanto affezionata. Lei è una ragazza con una disabilità psichica accolta in una Casa Famiglia e che frequenta il laboratorio di Rimini "La Colla non Molla" della nostra Cooperativa Sociale “La Fraternità”. È contenta di ciò che fa perché sente di fare del bene, di “fare cose buone” oltre che belle. Così ogni giorno con tanta pazienza e dedizione realizza, oltre alle palline decorate all'uncinetto da appendere all’albero di Natale, tanti altri addobbi natalizi insieme alle sue amiche del centro diurno. Il suo sogno nel cassetto è quello di poter al più presto vivere da sola: un traguardo importante che potrà raggiungere anche grazie al lavoro e alle relazioni che ha instaurato al centro diurno della Comunità. FRANCESCO E VIVIANA Anche Francesco e Viviana nel laboratorio del centro diurno “La Goccia”, della nostra Cooperativa Sociale “Il Ramo”, sono pronti con i loro addobbi di Natale. Entrambi hanno una disabilità e insieme sono una squadra davvero affiatata: lei vivace, lui riflessivo, il loro viso si illumina ogni volta che si incontrano al centro, pronti per iniziare una nuova giornata insieme. Ogni anno, sono sempre super emozionati nel preparare gli oggetti che saranno venduti nel nostro shop perché questo li fa sentire apprezzati e valorizzati. ZEYD In un mondo colpito da tante guerre e ingiustizie, la storia di Zeyd è quella luce di speranza di chi ce l’ha fatta. È scappato dalla Siria, insieme alla moglie e ai loro 4 bambini. Hanno vissuto per 8 anni in un campo profughi, in Libano per poi giungere finalmente in Italia dove sono stati accolti nella nostra Casa Famiglia a Catania. Oggi Zeyd e la sua famiglia sono felici e al sicuro: lui lavora nella nostra Cooperativa Sociale “Rò la Formichina” dove intaglia a mano il legno realizzando delle creative e originali statuine del presepe e grazie al lavoro riesce a prendersi cura della sua famiglia.  #FOTOGALLERY:shopapg23# Quelli di Caterina, Francesco, Viviana e Zeyd e di tanti altri ragazzi e ragazze, sono oggetti fatti con amore, che per le persone con disabilità e fragilità assumono un grande valore perché attraverso il lavoro riacquistano la propria dignità e la propria autonomia.  Scegliere i regali solidali della Comunità Papa Giovanni XXIII diventa un grande gesto di amore e condivisione che può cambiare la vita di tante persone. Oggi più che mai è importante scegliere in maniera consapevole perché sono le nostre scelte a fare la differenza. Scopri tutti i regali solidali di Natale >
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28/11/2023
Tratta degli esseri umani: esperti europei a confronto
Si terrà nella Casa Internazionale delle donne Via della Lungara, 19 a Roma, giovedì 30 novembre fra le 9:30 e le 12:30, la Conferenza finale del progetto europeo NET-WORKS intitolato "Integrate, non invisibili". Verranno presentati i risultati del progetto Net-works, finanziato dall'Unione Europea,per l'integrazione a lungo termine delle donne sopravvissute alla tratta di esseri umani, e le attività realizzate tra il 2022 e il 2023. La conferenza sarà moderata da Oluwakemi Victoria Ajibola, assistente sociale e Presidente della Nigerian Women Association. Tra i relatori, Gianni Rosas, Direttore dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro per l'Italia e Adina Balam, Responsabile Europea della Rete Internazionale Thalita Kum, che interverranno sul tema Sfide per l'integrazione delle sopravvissute alla tratta di esseri umani nel contesto europeo. Durante l’evento sarà lanciato un videotutorial multilingue indirizzato alle potenziali vittime di tratta e alle sopravvissute nell’Unione Europea per incoraggiarle ad intraprendere percorsi di integrazione, nella legalità e col supporto di enti antitratta, incluse misure di conciliazione vita-lavoro per madri. Sarà presentato anche un toolkit per operatori e professionisti coinvolti nell’inserimento lavorativo delle donne uscite dalla tratta con strumenti utili per aziende, cooperative e associazioni nel passaggio delicato dal recupero personale all’autonomia lavorativa. LA TRATTA NEL MONDO: La tratta di esseri umani è una grave forma di violazione dei diritti umani che colpisce migliaia di donne e ragazze in Europa, vittime provenienti da paesi dell'Unione europea, ma anche da Africa subsahariana e da Sud America, Cina. Secondo i dati della Commissione europea del 2022, ogni anno più di 7000 vittime sono registrate come vittime di tratta di esseri umani, ma il numero è più alto perché molte persone vittime di tratta sono invisibili e non identificate. La maggior parte delle vittime sono donne e ragazze. La tratta di esseri umani a fini sessuali è ancora la forma più diffusa di sfruttamento (51%), mentre lo sfruttamento lavorativo colpisce il 28% delle vittime della tratta e infine altre forme come l'accattonaggio, le economie illegali, i matrimoni forzati rappresentano l'11% delle vittime. I DATI DEL PROGETTO NET-WORKS: Grazie al progetto Net-works 54 donne sopravvissute alla tratta hanno ottenuto il sostegno di enti antitratta in 5 paesi: Italia (Comunità Papa Giovanni XXIII), Lituania (Centras KOPZI), Lettonia (Shelter Safe House), Spagna (Fundaciòn de Solidaridad Amaranta) e Germania (The Justice Project). Le associazioni impegnate sul campo hanno formato un team di lavoro che garantisca percorsi di integrazione in una prospettiva centrata sulla persona, culturalmente sensibile e attenta al background migratorio delle vittime per facilitarne l'integrazione a lungo termine con un approccio olistico, anche collaborando con Nordic Diaspora Forum in Svezia e Inas Cisl in Italia. In particolare, i percorsi di integrazione hanno favorito il processo di avvio dell'empowerment e del lavoro di 30 madri, incinte e/o con bambini piccoli. Tra le nazionalità predominanti Nigeria (29 beneficiarie), seguita da Costa d'Avorio, Camerun e Repubblica Democratica del Congo (12 beneficiarie). Per quanto riguarda il principale supporto ottenuto dalle beneficiarie attraverso i percorsi pilota di integrazione, il 23,3% ha frequentato percorsi di formazione e orientamento professionale, il 21,7% ha frequentato un corso di lingua, il 18,3% ha ottenuto sostegno alla mobilità, il 16,7% tirocinii, e il resto altri tipi di supporto alla maternità e all’integrazione. In Italia, la Comunità Papa Giovanni XXIII, leader del progetto, ha fornito un supporto psicosociale competente a 29 beneficiarie presenti nelle case rifugio e nelle case famiglia di 7 regioni italiane, attraverso tirocini, corsi di formazione al lavoro e sui diritti e doveri delle lavoratrici, formazione professionale e patenti di guida.  
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27/11/2023
Giornata della disabilità , il valore dei legami sociali
In occasione della Giornata Internazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità del 3 dicembre, istituita nel 1992 dall'ONU, la Comunità Papa Giovanni XXIII organizza in Emilia Romagna, Piemonte e Sardegna una serie di eventi per sensibilizzare sul tema della diversità e del suo valore. Le persone con disabilità valgono nel momento in cui esistono; appartenenti alla società godono pienamente dei diritti e delle opportunità che questa appartenenza comporta. Il Progetto "IoValgo Apg23", avviato nel 2014, si propone di dare voce alle persone con disabilità, per ribadire che ogni individuo ha valore, indipendentemente dalla sua condizione fisica o mentale. Lo slogan Io Valgo riassume i concetti e le azioni del sentirsi riconosciuti nei propri bisogni e nelle proprie capacità; del sentirsi accolti, ascoltati, pensati e invitati a partecipare attivamente alla vita sociale. Questi gli appuntamenti: Venerdì 1 dicembre: Bologna (San Lazzaro di Savena), Io valgo per te, all'interno del torneo di bowling Happy Hand Winter. Venerdì 1 e domenica 3 dicembre: Cuneo e Piasco (CN), cineforum per riscoprire i servizi del territorio e scoprire le sfide che questi affrontano ogni giorno. Domenica 3 dicembre: Rimini, Viale Regina Margherita, 18: Incontro con le autorità su: sport inclusivo, dopo di noi, inserimento lavorativo e barriere architettoniche. A seguire apericena. Domenica 3 dicembre: Santarcangelo di Romagna (RN): IoValgo 2023: Cambia le regole del gioco. Evento sportivo come occasione di riflessione sul valore educativo e culturale dello sport nel favorire l'inclusione. Mercoledì 12 Dicembre: Sorso (SS): Io Valgo. La società che vorrei. Incontro con gli studenti e con le istituzioni. L’appartenenza alla società delle persone disabili è generativa di legami, piuttosto che di aiuti.  Lo spiega Donatella Cremonese, referente della Comunità Papa Giovanni XXIII: «La Giornata internazionale ci porta ad una riflessione sul valore dell'essere umano in quanto tale: il valore di ciascuno di noi risiede nel nostro essere, oppure nelle nostre azioni e nei nostri risultati raggiunti? L'iniziativa Io Valgo, edizione 2023, ci riporta al fatto che ogni persona nasce e vive in un contesto sociale, facendo parte di una rete relazionale, territoriale e culturale. In questi incontri trova riconoscimento e significato.  La giornata sarà occasione per condividere con i presenti, in modo coinvolgente, la meravigliosa esperienza del nostro incontro quotidiano con le persone disabili».
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20/11/2023
Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne
In Europa lo sfruttamento sessuale delle donne coinvolge quasi il 60% delle persone trafficate. Fra le 350 donne di 4 regioni italiane che hanno contattato gli operatori del progetto europeo Miriam contro la violenza di genere,  oltre il 60% sono madri. Alcune di questa sono state costrette ad interrompere la propria gravidanza. Le operatrici che le ascoltano raccolgono i loro vissuti «Hanno paura di chi le sfrutta, le maltratta e ne abusa; paura dei fidanzati, dei mariti che dicono di amarle e invece le calpestano». «Molte donne - raccontano le operatrici - temono di parlare e di non essere credute, temono, denunciando gli sfruttatori,  di dover cambiare le proprie abitudini, di dover abbandonare i luoghi in cui vivono. Sono preoccupate di salvaguardare l'incolumità dei propri figli, vicini e lontani che siano. Ed infine, temono di non essere protette dalle autorità e di essere additate dalla società». La Comunità Papa Giovanni XXIII in occasione della Giornata internazionale contro la violenza alle donne, che ricorre il 25 novembre di ogni anno, promuove iniziative a Rimini, Roma, Verona: - A Rimini il 26 novembre alle ore 17.30 si terrà l'iniziativa su violenza e gravidanza dal titolo "Vite spezzate" - A Verona il 26 novembre alle ore 21 si terrà il momento pubblico di riflessione e preghiera "In  memoria di Venetita e Lioara" - A Roma il 30 novembre alle ore 9 si terrà il convegno europeo sulla integrazione delle donne sopravvissute allo sfruttamento sessuale dal titolo "Integrate. Non invisibili". Spiega Matteo Fadda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII: «Siamo molto preoccupati del crescente numero di femminicidi in Italia; ci lascia attoniti anche il dilagare in tutta Europa della violenza compiuta tra le mura domestiche. Incontriamo donne abituate a tacere, a minimizzare e a giustificare violenza, assoggettamento economico e manipolazioni psicologiche. Resteremo al loro fianco, perché possano ritornare ad una vita degna insieme ai propri figli».  
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15/11/2023
Cerimonia di consegna del Premio Internazionale in memoria dei Martiri di Boves
Sabato 18 novembre a Cuneo si terrà la cerimonia di conferimento del Premio internazionale Antonio Vassallo, don Giuseppe Bernardi e don Mario Ghibaudo, figure luminose nel buio dell’eccidio di Boves, il primo compiuto dai nazifascisti in Italia nel 1943. I tre operarono e diedero la vita per la salvezza del loro paese, partendo da convinzioni diverse: liberale illuminato ed agnostico è l’imprenditore Antonio Vassallo, preti convintamente dediti alla loro missione don Giuseppe e don Mario, oggi venerati come beati. Il premio, promosso dall’”Associazione don Bernardi e don Ghibaudo”, intende “evidenziare la fecondità dell’operare per il bene comune come valore da anteporre alle differenze di vedute o generazionali”. Nell’anno in corso, nel quale ricorre l’80mo anniversario del primo eccidio, si è tenuta la prima sezione del premio “dialogo per il bene comune”.     Sono state presentate alla Giuria, coordinata dal prof. Luigi Pellegrino, 11 candidature, significative e attestanti la poliedricità del tema “bene comune”. La Giuria, dopo attenta valutazione, ha assegnato il Premio ad Operazione Colomba – Corpo Nonviolento di Pace e l’annuncio è stato dato ufficialmente il 19 settembre scorso. Nella motivazione del conferimento è scritto: l’Operazione Colomba “attraverso il metodo della nonviolenza sa costruire percorsi di dialogo, di tutela della dignità umana in vista del bene comune, agendo con tempestività e imparzialità”. La Pergamena verrà consegnata ufficialmente a Matteo Fadda, responsabile della Operazione Colomba e della Associazione Papa Giovanni XXXIII da Mons. Piero Delbosco Vescovo di Cuneo - Fossano sabato 18 novembre 2023 alle ore 15 a Cuneo, presso la Sala Lanteri, via Emanuele Filiberto 4. In questa occasione verrà ampiamente presentata l’Operazione Colomba dagli operatori dell’Associazione. Faranno da cornice alcuni brevi interventi sul Premio (Luigi Pellegrino), Antonio Vassallo (Ezio Bernardi), il “bene comune” (Giovanni Quaglia) e una presentazione sintetica delle altre 10 candidature pervenute. L’animazione musicale del pomeriggio è affidata a Ale Cometto e Bastian Contrario Small Band.  
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13/11/2023
Addio piccola Indi Gregory
Ripubblichiamo dal quotidiano Avvenire, oggi in edicola. L’ostinazione dell’Alta Corte Inglese di fronte agli incalzanti ricorsi della famiglia Gregory lascia interdetti. Irragionevole e incomprensibile posizione giuridica, ma soprattutto insopportabile lezione di disumanità. Un’inspiegabile accanimento giudiziario contro la piccolissima Indi. L’irremovibile posizione inglese genera sospetto, favorendo una dietrologia popolare senza risposte: cosa ci sarà dietro la posizione dell’Alta Corte inglese? Il timore di creare un precedente? L’imbarazzo di giustificare una spesa sanitaria ritenuta inutile per una vita così precaria? Possibile che la legge Britannica sia così impietosa di fronte ad una creatura che ha intenerito l’Italia intera? Non si sa. La dietrologia non porta risposte, ma lascia dubbi e inquietudini. Certamente bisogna avere il coraggio della verità: si tratta di una scelta eutanasica. L’eutanasia sdogana derive imprevedibili. La Corte Inglese ha definito incurabile la piccola Indi. Ma la bioetica e ancor prima il comune senso di umanità insegna che seppure ci possano essere persone inguaribili, ogni creatura, invece, è sempre curabile. Si corre il rischio di anteporre la patologia alla persona, di far precedere la delezione cromosomica al bimbo, di confondere Indi con la sua malattia mitocondriale. Ogni persona è sempre una persona, e mai la sua malattia. È per questo che Indi merita le cure possibili, perché Indi non è solo patologia neurodegenerativa, ma prima di tutto è una bellissima creatura. E come tutti i bimbi desidera cure amorevoli, canzoncine sussurrate nell’orecchio e coccole a dismisura. La relazione affettiva è parte della cura, seppure non avrà l’esito della guarigione. Scandalizza una certa medicina che tradisce la sua natura più autentica. La disumana sentenza inglese avvalora l’idea che la medicina inglese possa spegnere le vite umane allorquando siano inguaribili. È disumano impedire le cure possibili. Si chiede così alla scienza medica di tradire la sua identità e di uccidere piuttosto che salvare, spegnere vite umane piuttosto che tenerle in vita. Un’insopportabile ingerenza della legge nei fondamenti della medicina Britannica, e non solo. La posizione eutanasica dell’Alta Corte, infatti, ambisce a fare da apripista ad un possibile dilagare di simili scelte ideologiche e cliniche anche in altri Paesi. E se la morale, la bioetica, e prima ancora il comune senso di umanità, suppongono la relazione con la persona per interpellare i suoi bisogni, decifrare i suoi desideri e decodificare le sue sofferenze, la legge inglese non lasci cadere, come macigni, sentenze nefaste senza essersi seduta a fianco della culla di Indi Gregory. Come pretendere di conoscere il miglior interesse di Indi solo dalla sua cartella clinica?  Tutto lascia presumere che la piccola Indi sia stata considerata come un caso clinico piuttosto che come persona. È disdicevole il pietismo di sopprimere la vita per evitare le sofferenze, piuttosto che mettere a servizio la scienza medica per curare la persona alleviandone i dolori. La vita umana non è un merito, ma un dono. Non si ha accesso alla vita solo se la cartella clinica lo consente. La vita si accoglie sempre, pur nella sua imperfezione. Ci repelle l’idea della selezione eugenetica, si rabbrividisce al ricordo degli orrori della nostra storia. Sopprimere una vita umana è contro la natura stessa dell’uomo. Ancor più quando si tratti di una piccola creatura, per definizione innocente, amabile per antonomasia. Indi resta amabile, seppure malata, forse inguaribile, ma mai incurabile.  
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07/11/2023
Un video-tutorial per le donne vittime di tratta e di sfruttamento
Si terrà a Bologna il 9 novembre alle 11 nella significativa cornice di Palazzo Hercolani, sede del Dipartimento di Sociologia ed Economia del Diritto, il seminario nazionale intitolato "Sfide per l'integrazione delle madri sopravvissute alla tratta". Il seminario è promosso nell'ambito del progetto NET-WORKS, finanziato dall'Unione Europea e guidato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. Il progetto ha l'obiettivo di favorire l'integrazione di donne sopravvissute alla tratta a fini di sfruttamento sessuale in Europa, e in particolare per il supporto di quelle madri che necessitano opportunità specifiche per conciliare vita e lavoro.   L'evento Il seminario sarà introdotto da Francesca Mantovani, docente che da anni dirige il corso di laurea in Scienze Sociali all'Università di Bologna. Saranno presenti anche Filippo Diaco, consigliere comunale impegnato nelle Acli provinciali e vincitore del premio don Oreste Benzi sulla tratta nel 2020, per l'impegno dimostrato a favore delle donne migranti vulnerabili e della loro reintegrazione; Liliana Ocmin, referente Nazionale per Inas Cisl, da anni impegnata nel sostegno delle donne vittime di violenza. Entrambi sono coinvolti in patronati che offrono opportunità e consulenza alle lavoratrici.   Il progetto NET-WORKS: risultati e futuro Enkolina Shqau, coordinatrice del progetto europeo NET-WORKS, presenterà i risultati ottenuti: il progetto ha permesso di sostenere l'integrazione sociale e lavorativa di 40 donne in Italia, Spagna, Lituania, Lettonia, Svezia e Germania. Verrà data voce alle cooperative e ai comuni di tre regioni italiane - Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna - impegnati nel reinserimento lavorativo delle vittime di tratta, anche grazie ad un lavoro in rete con i progetti regionali coordinati dal Numero Verde Nazionale Antitratta.   Il video-tutorial per le vittime della tratta: "Integrate, non invisibili" L'evento sarà occasione per la presentazione del videotutorial "Integrate, non invisibil", rivolto a donne migranti e a vittime di tratta. L'obiettivo del cortometraggio, realizzado da esperti nel settore della comunicazione e della grafica, è aiutare queste persone nel comprendere i propri diritti e nel sapere a chi rivolgersi per uscire dalla tratta.  Queste donne si ritrovano spesso ad un bivio: possono arrendersi a situazioni illegali e di sfruttamento, oppure possono affidarsi ad enti ed associazioni competenti per scegliere una vita di riscatto e di dignità.     Spiegano gli ideatori del filmato: «Le persone migranti si trovano ad affrontare ostacoli di vario tipo, che vanno dallo sfruttamento sessuale e lavorativo, alla discriminazione etnica e di genere, fino al reinserimento dei propri figli e l'acquisizione dei documenti necessari per vivere una vita dignitosa al pari dei cittadini europei. Attraverso otto brevi sequenze video animate, ci rivolgiamo direttamente a loro illustrando in modo coinvolgente i diritti di cui godono nei Paesi europei e a chi possono rivolgersi per uscire dai circuiti della tratta, vivendo come donne integrate e non più invisibili». Martina Taricco e Irene Ciambezi, referenti del settore internazionale anti-tratta dell'associazione di Don Benzi sottolineano: «La maggioranza delle vittime della tratta ha tra i 20 e i 30 anni. Ogni donna migrante ha il diritto di essere sostenuta nella sua integrazione da persone capaci di ascolto attivo e con sensibilità interculturale, piuttosto che essere incasellata da stereotipi come "straniera", "giovane", "vulnerabile"». Scarica la locandina Sito ufficiale: networksproject.eu Vedi il video-tutorial: Guardalo su Youtube.
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06/11/2023
Soul: TV2000 intervista Matteo Fadda
Un dialogo che esplora i sentieri possibili della riscoperta dell'importanza della famiglia nella società, e della nonviolenza nei conflitti. Questa è l'essenza dell'intervista condotta per TV2000 dalla giornalista Monica Mondo al Presidente Matteo Fadda, e trasmessa all'interno del programma Soul il 4 novembre 2023. Chi è Matteo Fadda Il Presidente Fadda, torinese, è Presidente della Comunità Papa Giovanni dal 28 maggio 2023. Papà di una famiglia affidataria, è stato responsabile di Operazione Colomba, il corpo di pace fondato nel 1992 durante la guerra dei Balcani con l'obbiettivo di vivere la nonviolenza nei conflitti. Così lo introduce Monica Mondo: «Genovese adottato dal Piemonte, laureato in filosofia ma di professione tecnico informatico, sposato con quattro figli naturali». Di seguito il video integrale e alcuni passaggi dell'intervista. L'intervista Domanda: Genovese adottato dal Piemonte, laureato in filosofia ma di professione tecnico informatico, sposato con quattro figli naturali. Non solo perché Matteo Fadda ha avuto e ha una grande famiglia ed è responsabile adesso dell'Associazione Papa Giovanni XXIII, che è una realtà ecclesiale fondata da Oreste Benzi. Davvero un sant'uomo, come l'ha conosciuta e, prima di tutto, che cos'è? «Beh, è un'associazione prevalentemente di famiglie. Al momento, di famiglie che decidono, che scelgono di aprire la famiglia per accogliere chi ha bisogno di una famiglia. È nata con giovani 50 anni fa e oggi siamo un po' meno giovani».     Domanda: Come ha incontrato l'associazione di Don Benzi? Perché ha scelto di appartenervi? «L'ho incontrata una ventina di anni fa a Torino, la città in cui son cresciuto con mia moglie. Eravamo già sposati e ci interessava l'affidamento dei bambini. Avevamo già due figli». Domanda: Vi siete sposati, conosciuti e sposati molto giovani, no? «Ci siamo conosciuti a 15 anni e ci siamo sposati a 26. Abbiamo fatto conoscenza in parrocchia in gruppo da animati poi diventati animatori. Sì, siamo stati molto fortunati in questo. E c'erano manifesti in tutta la città con facce di bambini bellissimi che dicevano "ho bisogno di te". E mia moglie, che era appena diventata mamma, ha detto: "Ma perché non aiutiamo"? Abbiamo conosciuto Don Oreste Benzi nel 2004 e nel 2007 con la sua scomparsa ci siamo sentiti molto disorientati, perché eravamo proprio agli inizi». Domanda: Quanti figli avete accolto nella vostra famiglia, lei e sua moglie? «Qualche anno fa avevamo fatto un conteggio, eravamo arrivati intorno ai 17-18. Adesso ne abbiamo accolti tre, e con i nostri quattro figli naturali siamo in nove in famiglia». Domanda: I vostri figli hanno condiviso o subito la vostra scelta? «Entrambe le cose, direi. I due più grandi sono nati in una famiglia normale con papà e mamma, che lavoravano in un alloggio normale di Torino, un po' piccolo. I due più piccoli, il più piccolo in particolare, è nato in una famiglia un po' più strana, un po' più allargata, già con tanti fratelli, in una casa più grande, in un paesino, perché ci eravamo trasferiti nel Canavese. I più grandi, forse, l'hanno più subita; per i più piccoli, invece, è stata la loro famiglia da sempre». «Io ho capito soltanto dopo qualche anno che i figli ci sono tutti affidati, non sono nostri. Neanche quelli naturali sono nostri. L'affidamento, credo, è una grande sfida anche per imparare a lasciare andare. In alcuni casi, soprattutto con alcune ragazze che abbiamo avuto, con problemi alimentari o con problemi di violenze subite, è stato molto impegnativo». Domanda: Il lasciarli andare è anche un respiro di sollievo? «Poi senti, dopo, la mancanza. In alcuni casi, soprattutto con i neonati. Abbiamo avuto tanti neonati che il Comune di Torino ha un bellissimo progetto che si chiama "progetto neonati", per cui i bambini, invece di stare in ospedale (quelli che poi andranno in adozione) vengono curati da famiglie temporanee. Lì, è più dura perché il neonato ti entra proprio dentro». Domanda: E questo è un carisma, un marchio insomma, della vostra associazione. Quando, oggi, la parola "famiglia" sembra una brutta parola? Voglio dire, cioè, sembra un ostacolo alla libertà o ad altre forme di convivenza, no? «Per me la famiglia è ancora credo un tassello fondamentale della società, è un luogo nel quale si vive la solidarietà, l'apertura, la convivenza, la capacità di adattamento. Tuttavia, io ritengo che la famiglia sia veramente un valore nella sua caratteristica di solidità. L'attacco come viene detto alla famiglia e il considerarla invece molto meno stabile indebolisce questo elemento» Domanda: Si è discusso di un periodo di omertà e ipocrisie riguardo la famiglia, che ne pensa? «È vero che c'è stato un lungo tempo di omertà, ipocrisie e formalità in cui si coprivano semplicemente fatiche, obblighi, abusi. Io credo che la famiglia debba evolvere, ma quello che non credo corretto è che debba essere attaccata, consumata. Invece noto che noi tendiamo a "consumare" la famiglia e il sospetto è che questo permetta ci renda un po' più fragili e quindi un po' più manipolabili». Domanda: Mettere insieme i soldi è una scelta che lei e sua moglie avete fatto? «Viviamo l'economia di condivisione, con cui diverse famiglie e realtà condividono le risorse. Non tutte le famiglie della Comunità fanno questa scelta. Mettiamo in comune il denaro e poi prendiamo quello di cui abbiamo bisogno. Quindi è un dare tutto e poi un prendere, e ce n'è sempre in abbondanza. È un modo che ci permette di ottimizzare e di sostenere anche le realtà all'estero». Domanda: Come riesce a gestire una realtà mondiale come la sua dal Canavese (zona del Piemonte, ndr)? «Da casa mia mi occupo di dirigere una realtà mondiale che comprende più di quasi 500 case famiglia nel mondo con un sacco di volontari, un sacco di persone legate all'associazione, ma non lo faccio da solo. Servono viaggi, e ci stiamo strutturando come famiglia perché le esigenze sanitarie dei nostri ragazzi più fragili necessitano la presenza di due persone». Domanda: Avete in affido ragazzi con disabilità gravi? «Sì, con disabilità gravi e aspetti sanitari anche impegnativi proprio nella quotidianità. C'è bisogno di quella costanza dell'essere sempre presenti, soprattutto al mattino e alla sera la mia eventuale assenza deve essere sostituita». Domanda: Lei è stato per anni responsabile di Operazione Colomba. Ecco una realtà di volontariato e di presenza in luoghi di guerra all'interno della vostra realtà ecclesiale che nasce durante la guerra dei Balcani. Nasce nel '92? «Sì, nasce nel '92. L'operazione Colomba è la colomba della pace. Insomma, una perla simbolica. Sì, è una perla, un'altra invenzione di Don Oreste. Lui era un pacifista che credeva veramente nell'utopia di poter realizzare sulla terra la pace vera. Non quella imposta anche con la forza, ma una pace che nasca dal costruire relazioni di perdono. Non pacifismo ideologico che infiamma soltanto le piazze ma che poi non è presenza. La nostra presenza in zone di conflitto si basa sul principio della non-violenza». Domanda: E come si risponde al terrorismo? «Purtroppo il terrorismo e il male hanno un effetto devastante». Domanda: Come affrontate il terrorismo e come si controbilancia l'odio che cresce sempre più anche con basi religiose e razziali oltre che politico e sociale? «È una resistenza che ragiona su tempi più lunghi, è un acculturamento delle giovani generazioni. Il successo non è tanto nella presenza dei volontari di Operazione Colomba, ma è nella nascita di figli e poi nipoti che invece di prendere un sasso o un bastone, tentano di intraprendere un dialogo». Domanda: In che modo è possibile intervenire nei processi educativi per promuovere la pace, pensando all'Ucraina dove voi siete presenti? «Il problema è che non lo si fa abbastanza. Dove lo facciamo in effetti, rende. Vediamo giovani che oggi sono nipoti, di quelle mamme di quei papà che ormai sono nonni, e che hanno accolto la proposta di Operazione Colomba 30 anni fa. Sono giovani che hanno scelto la non-violenza e la pace. Però siamo ancora una minoranza. La voce più forte che grida di più, è invece quella del sopruso e della violenza». Domanda: Di fronte a queste grandi tensioni come è possibile mantenere una posizione neutrale, evitando di schierarsi da una parte o dall'altra? «È difficile non rispondere di fronte alla violenza e quando sei impegnato in una relazione umana. Quando sei sul campo è difficilissimo non schierarsi, perché sul campo, nella condivisione che tu vivi, instauri delle relazioni che per forza ti fanno essere in empatia con la persona con cui condividi». Domanda: In scenari dove l'odio è così radicato e sempre più alimentato giorno dopo giorno, com'è possibile parlare di perdono o sperare nel perdono? «Il perdono a questi livelli è un perdono che ha qualcosa di sovra-umano; è un'esperienza che è molto forte. Io non so se io sarei in grado. Le persone che però riescono a perdonare la violenza ingiustificata hanno questa forza dentro di loro. Io credo, noi crediamo, che arrivi anche una grazia, un surplus di grazia». Domanda: Proprio sulla Terra Santa, dobbiamo continuare a ribadire due popoli due stati. Ma come si può fare, lei che conosce quella realtà? «Bisognerebbe valorizzare quelle piccole oasi di convivenza pacifica che già ci sono invece di tenerle nascoste: ci sono famiglie israeliane e famiglie palestinesi che dialogano e che sono amiche. È un'esperienza che noi viviamo». Domanda: Che direbbe Don Oreste Benzi oggi leggendo i giornali, guardando le immagini in televisioni, sui social? «Credo che sbatterebbe i pugni sul tavolo di qualche governante, perché l'ingiustizia veramente gli faceva ribollire il sangue. Credo che griderebbe di spegnere, spegnere proprio i bottoni che lanciano i missili e di staccare qui da noi le spine». Domanda: Una canzone, una musica che lei ama e che ci aiuti a immergerci in questo desiderio reale di pacificazione? «Vado indietro, quando ero un ragazzo in parrocchia con mia moglie e noi suonavamo "Dio è morto" di Guccini. Era una canzone che ha una sessantina d'anni ma è molto attuale. Sembra che parli di ateismo ma conclude: Dio è risorto. E tra l'altro cantata da Guccini era abbastanza significativa».      
APG23
26/10/2023
Anniversario di Don Oreste Benzi: il film; gli eventi.
A 16 anni dalla morte di Don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, si terranno eventi in tutta Italia per ricordare la figura del “sacerdote dalla tonaca lisa”, profeta del nostro tempo e difensore degli ultimi.   Matteo Fadda ne è il successore a presidente della Papa Giovanni XXIII: «Oggi, dopo 16 anni, ci ritroviamo di nuovo a celebrare il giorno della nascita al cielo di Don Oreste. Per noi è un giorno di festa, perché siamo felici che il nostro caro Don sia già nella gioia eterna e perché rappresenta un'opportunità per condividere con tutti, specialmente i giovani, un “incontro simpatico con Cristo”, come ripeteva».   Don Oreste Benzi nasce il 7 settembre 1925 a Sant’Andrea in Casale, una frazione del Comune di San Clemente, paesino sulle prime colline dell’entroterra romagnolo a pochi chilometri da Rimini e dal mare. Durante la sua vita, si è dedicato all'impegno per i più poveri, al fianco delle donne vittime di tratta o in difficoltà nel condurre a termine la gravidanza, dei disabili, dei tossicodipendenti, degli emarginati. Ricordato per il suo impegno missionario, insegnava: «Ci sono dei poveri che vengono a bussare alla nostra porta, ma ce ne sono altri che non vengono; questi li dobbiamo andare a cercare noi». Don Benzi invitava alla condivisione di vita con gli invisibili, che incontrava la sera sulla strade, nelle sale d’aspetto della stazioni ferroviarie, sulle panchine dei parchi pubblici. Muore a Rimini, nella sua canonica, il 2 novembre 2007. La Causa di Beatificazione del Servo di Dio don Oreste Benzi è in corso. In occasione dell'anniversario della morte di Don Oreste Benzi, vengono organizzati numerosi eventi in tutta Italia e all'estero:   Gli eventi all'estero 31 Ottobre: Bucarest, ore 18:30,  La Notte di Don Oreste, i volontari della Papa Giovanni incontrano le persone senza fissa dimora. 31 Ottobre: Atene, ore 21, La notte di Don Oreste, incontro con i poveri della città. Molti di loro sono profughi in fuga da guerre e povertà. 31 Ottobre 2023 Chieti - Ore 19:00, Capanna di Betlemme: La Notte di Don Oreste. Un evento per ricordare Don Oreste Benzi, incontrando persone senzatetto e ragazze sopravvissute alla tratta nelle strade, e condividendo la cena insieme. Cuneo - In serata, Centro storico: La Notte di Don Oreste. Verranno distribuite "coperte solidali" nei dormitori della città e lungo le strade a coloro che non hanno un rifugio. Napoli - Ore 19:30, Parrocchia di San Giorgio Maggiore: La Notte di Don Oreste. La preghiera si unisce alla solidarietà per le persone più emarginate della società. Piacenza - Ore 20:30, Parcheggio via Stradiotti: "La libertà non si tratta". Un'iniziativa per ricordare l'impegno di Don Oreste Benzi nel combattere la tratta di esseri umani. Rimini - Ore 20:00, centro storico: La Notte di Don Oreste. L'annuale appuntamento di strada con momenti di incontro, condivisione e preghiera, coinvolgendo i giovani e i meno fortunati della società. 1 Novembre 2023 Momenti di preghiera, proposti da don Benzi, presso i cimiteri in ricordo dei bambini non nati: Bologna - Ore 11.45, Cimitero Maggiore: "Ricordo dei bambini non nati". Cuneo - Ore 15:00, Cimitero: "Ricordo dei bambini non nati". Cuneo (Fossano) - Ore 14:30, Cimitero di Fossano: "Ricordo dei bambini non nati". Cuneo (Savigliano) - Ore 14:15, Cimitero di Savigliano: "Ricordo dei bambini non nati". Forlì - Ore 9:30, Cimitero Monumentale: "Ricordo dei bambini non nati". Perugia (Castiglione del Lago) - Ore 16:00, Cimitero di Castiglione del Lago: "Ricordo dei bambini non nati". Rimini - Ore 14:00, Cimitero di Rimini: "Ricordo dei bambini non nati", cerimonia guidata dal Vescovo Nicolò Anselmi. Verona (Legnago) - Ore 14:15, Cimitero:"Ricordo dei bambini non nati". Vicenza (Torri di Quartesolo) - Ore 14:15, Cimitero: "Ricordo dei bambini non nati". 5 Novembre 2023 Verona (Legnago) - Ore 16:15, Parrocchia di Sant'Antonio di Casette: "L'armonia dell'accoglienza". Uno spettacolo artistico-musicale per celebrare il 50° anniversario delle Case Famiglia e il 16° anniversario della morte di Don Oreste Benzi.   Il Pazzo di Dio: il film documentario su Don Oreste Benzi In vista del centenario della nascita del sacerdote riminese, che ricorrerà il 7 settembre 2025, è iniziata a Rimini la realizzazione di un film documentario sulla vita di Don Oreste Benzi. Firmato da Kristian Gianfreda e prodotto da Coffee Time Film, avrà un titolo emblematico: "Il pazzo di Dio”. Il film includerà interviste e testimonianze di persone che hanno conosciuto e lavorato con Don Oreste, mostrando l'impatto che ha avuto sulle loro vite.   La presentazione al pubblico è prevista nel 2025, in occasione del centenario della nascita del sacerdote. Attualmente, il film è in fase di montaggio ma servono ancora 30.000 euro per terminare la post-produzione. Per questo, la Fondazione don Oreste Benzi ha promosso una raccolta fondi sulla piattaforma Dai Ci Stai  sulla quale -chi lo desidera- può contribuire con una donazione.   Per maggiori informazioni e approfondimenti sulla vita di Don Oreste Benzi è possibile consultare il sito della Fondazione Don Oreste Benzi.  
APG23
25/10/2023
Giornata di digiuno e preghiera per la pace
Il 27 ottobre 2023, in risposta all'invito di Papa Francesco, la Comunità Papa Giovanni XXIII organizzerà un evento di preghiera online per la pace, coinvolgendo rappresentanti di diverse fedi e credenze. L'obiettivo di questa giornata è promuovere la pace nel mondo attraverso l'unità e la comunione tra le varie religioni. L'evento, che avrà inizio alle ore 14:30, offrirà un momento di incontro e riflessione per coloro che desiderano unirsi nella supplica per il dono della pace. Il programma dell'evento includerà una preghiera ecumenica e interreligiosa per la pace, guidata dall'invocazione dello Spirito Santo e dall'introduzione di Matteo Fadda. Saranno recitati canti di preghiera, letti brani del Vangelo, tra cui il significativo passo del buon samaritano, e i salmi 85 e 124. Inoltre, saranno proiettati video di preghiera interreligiosa ed ecumenica per la pace. L'evento è aperto a persone di tutte le fedi e credenze, che condividono l'importanza di promuovere la pace nel mondo. La Comunità Papa Giovanni XXIII invita calorosamente a partecipare a questo momento significativo, in cui le voci di diverse tradizioni religiose si uniranno nella ricerca comune di pace. Questa giornata di riflessione rappresenta un'opportunità unica per promuovere la pace come un valore universale che supera le divisioni religiose e culturali.   Guarda la diretta «Unendoci in preghiera e supplica, chiediamo il dono divino della pace, affinché possa trasformare il mondo e portare armonia e fraternità tra tutte le persone. Nel creare un momento di ascolto reciproco, speriamo di favorire un dialogo interreligioso e di incoraggiare un impegno comune per la pace globale. La preghiera è uno strumento potente che può unire le persone di diverse fedi, trasmettendo un messaggio di amore, compassione e riconciliazione».  
APG23
23/10/2023
Un documentario per raccontare la vita di Don Oreste Benzi
Don Oreste Benzi ripeteva sempre: “i poveri non possono aspettare”. Per quei poveri don Oreste si è battuto tutta la vita, manifestando nelle piazze, incontrando i potenti del mondo, denunciando in televisione, per radio, con ogni mezzo, le ingiustizie che incontrava.   Era un prete di campagna dai poveri natali, parroco di una zona periferica di Rimini, con una tonaca sgualcita, il colletto sempre fuori posto e i capelli arruffati, ma non si fermava mai, aveva una tempra straordinaria, un carattere deciso e un coraggio sorprendente. Tanto che ha lasciato un segno inconfondibile nella storia e per questo ancora oggi è interessante parlare di lui, raccontare chi era e come ha cambiato il modo di vedere le cose. A questo scopo nasce Il “Pazzo di Dio”, un documentario scritto e diretto da Kristian Gianfreda (Solo cose belle, 2019), ricostruendo la storia di don Oreste grazie al ricordo di chi lo ha conosciuto, all’uso di immagini d’archivio della Comunità Papa Giovanni XXIII e delle Teche Rai, e a nuove interviste come quella a Bruno Vespa, che spesso l’ha ospitato e si è scontrato con lui negli studi di Porta a Porta.  E poi i collaboratori più stretti di don Oreste che raccontano aneddoti, episodi particolari, ma soprattutto ci raccontano la sua umanità, quanto era stanco, di cosa aveva paura, cosa lo faceva soffrire. Stefano Zamagni all’Università di Bologna dice: “don Oreste aveva chiaro che non poteva fare da solo, allora ti dava fiducia e così facendo tirava fuori il meglio di te. E infatti è stato un vero Educatore, con la E maiuscola”. Il documentario non parla solo di quello che è stato, ma seguendo lo sguardo di don Oreste, proiettato sempre al futuro, arriva in Irlanda per ascoltare Matteo e Giada, una giovane coppia con una storia straordinaria. Poi a Chieti, da Luca, che gestisce una casa di accoglienza con 60 persone dalle vite più disparate. E a casa di Christopher e Anna che hanno scelto di vivere con i loro bambini in mezzo ai profughi. (qui trovi un articolo pubblicato dal giornale della Comunità Sempre News con l’intervista al regista) Le riprese sono iniziate i primi di Giugno 2023 e sono terminate a Settembre, in queste settimane è iniziata la post–produzione. Il lavoro svolto finora è stato possibile anche grazie a finanziamenti, come quello del Fondo Audiovisivo della Regione Emilia-Romagna e a partner che hanno scelto di contribuire a realizzare il docufilm, convinti della necessità di raccontare don Oreste. Tra questi i suoi “figli”: la “Cooperativa Il Calabrone” di Cremona, la “Cooperativa La Fraternità” e la “Cooperativa Comunità Papa Giovanni XXIII” tutte nate proprio dall’esperienza della Comunità Papa Giovanni XXIII. Anche la Fondazione Don Oreste Benzi a lui dedicata ha voluto partecipare a questo progetto, promuovendo una raccolta fondi per raccogliere la cifra necessaria a completare la lavorazione del film, soprattutto il lungo lavoro di montaggio delle tante immagini di repertorio da selezionare e lavorare. Servono ancora 30.000€ per terminare gli ultimi step e per questo sulla piattaforma DaiCiStai della Comunità è stata aperta una raccolta fondi, titolare appunto la Fondazione Don Oreste Benzi, dove si sta raccogliendo il contributo di tanti per far conoscere la storia di questo prete straordinario che ha cambiato la storia di tantissime persone. Per contribuire con una donazione
APG23
18/10/2023
Uniamo le forze contro la tratta di esseri umani
All’indomani della XVII Giornata europea contro la tratta di esseri umani, la Comunità Papa Giovanni XXIII rilancia il corso di formazione antitratta per il personale sanitario e i risultati del progetto europeo AMELIE, raccomandando, come ripetuto di recente anche a Bruxelles durante la conferenza finale di non lasciare sole le vittime di tratta e di concentrarsi sulla loro salute fisica e mentale compromessa dai trauma subìti. Un nuovo manuale europeo di formazione e un corso online antitratta multilingue specificamente progettato per istruire gli operatori del settore sociale e sanitario, tra i pochi servizi che le vittime possono incontrare mentre sono ancora in una situazione di tratta, per riconoscere gli indicatori della tratta di esseri umani e facilitare l'accesso delle persone sopravvissute ai servizi utili. Questi tra i principali risultati del progetto europeo AMELIE che tra il 2022 e il 2023 ha coinvolto anche operatrici della Comunità Papa Giovanni XXIII di Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte, sostenendo nell’assistenza sanitaria, nella mediazione interculturale e nel supporto psicologico 35 persone vittime di tratta: 30 donne vittime di sfruttamento sessuale (nella metà dei casi madri con minori a carico), 3 uomini vittime di sfruttamento lavorativo - in prevalenza provenienti dall’Africa subsahariana - e 2 transgender di origine Sudamericana vittime di sfruttamento della prostituzione in strada. Nel corso dei due anni il progetto europeo ha permesso di formare in 4 paesi - Italia, Germania, Belgio e Grecia - ben 800 professionisti del settore sanitario e sociale. E la formazione specifica per imparare a riconoscere le vittime di tratta è ora possibile continuarla anche online grazie al corso antitratta multilingue costituito di 6 moduli interattivi, scaricabile alla pagina del sito del progetto. CLICCA QUI I risultati di questa cooperazione transnazionale tra enti antitratta sono stati presentati di recente a Bruxelles. La conferenza finale del 6 novembre scorso ha infatti riunito esperti, istituzioni, organizzazioni della società civile e professionisti del settore socio-sanitario che hanno sottolineato l'importanza di migliorare la capacità dei servizi in prima linea nell’identificare, segnalare e offrire servizi sensibili alle questioni di genere e culturalmente competenti per le persone vittime della tratta, in particolare rivolti alle donne vittime di sfruttamento sessuale e lavorativo. "L'identificazione anche di una sola vittima di tratta è la prova del successo di questa iniziativa", ha osservato Lampros Theodosopoulos, Capo del Dipartimento, Direzione Sanità del Ministero della Salute, Grecia. L’esperto tedesco OBGYN Wolfgang Heide, che offre terapie gratuite al Centro di Consulenza Amalie per le donne nella prostituzione, ha sottolineato che "nessuna donna entra volontariamente in questa 'professione' e che è importante per coloro che vi si trovano sentire che qualcuno si preoccupa per loro". Il dott. Francesco Squeglia del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri Italiano ha preso parte all’evento ricordando quanto sia importante la formazione e le simulazioni per il personale che incontra vittime di tratta e che occorre imparare a segnalare chi vuole fuggire dalla tratta ai referenti del Numero Verde nazionale antitratta con procedure comuni. "La necessità di trasformare 'storie di malati' in storie di guarigione", tenendo conto delle esigenze di salute mentale e delle differenze culturali delle vittime", è stato al centro dell'approccio spiegato da Roberta Franchitti di ETNOPSI - Scuola di Psicoterapia Etno-Sistemica-Narrativa di Roma, invitata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi. Hannah Ballout, Segretario Generale della Società Scientifica di Medicina Generale in Belgio, ha ricordato il 'ruolo di sentinella del medico di medicina generale (GP)' nel "rompere il silenzio" di fronte alla violenza e allo sfruttamento. Concentrarsi sulle strategie per rafforzare le reti internazionali ed europee di lotta contro il traffico di esseri umani e la criminalità organizzata è stato il focus dell’intervento di Ala Vechiu-Ghermain, responsabile del Servizio per la lotta contro la tratta di esseri umani presso l'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell'OSCE: ha presentato la seconda edizione del Manuale redatto dall'OSCE/ODIHR sui Meccanismi Nazionali di Referral e su come essi contribuiscano a proteggere i diritti delle persone vittime della tratta con la necessità di avere nei vari stati membri meccanismi comuni. La conferenza finale del progetto AMELIE, finanziato dall'UE, è stata realizzata grazie alla collaborazione di enti antitratta di 4 paesi: KMOP in Grecia, PAYOKE in Belgio, SOLWOLDI in Germania; Differenza Donna e Comunità Papa Giovanni XXIII in Italia, nell'ambito del Fondo europeo per l'asilo, la migrazione e l'integrazione. Per info: www.project-amelie.eu
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