APG23
01/09/2016
«Abbiamo pensato di portare “il mondo a tavola”: nei piatti si possono vedere molte differenze di cultura, di modi di preparare i cibi. Anche lo stesso piatto si può fare in modi completamente diversi», racconta Marco Badain, 22 anni, capelli verdi, una gran passione per la musica (suona la chitarra elettrica in un gruppo che fa cover). Lui e gli altri ragazzi della Banda del Colore, gruppetto giovanile di Bagnaria Arsa (UD), hanno invitato alle loro cene i profughi ospitati dalla Caritas nella vicina Santa Maria La Longa. I richiedenti asilo, provenienti da Afghanistan e Pakistan, in gruppetti di 5-10, hanno cominciato a partecipare alle serate del venerdì.
Da quegli incontri è nata l’accoglienza di Hakeem, un giovane afghano della stessa età di Marco.
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«I ragazzi richiedenti asilo hanno iniziato a frequentare la nostra casa; hanno cominciato a fare l’orto, a partecipare ai giochi, ai momenti di spiritualità dei nostri giovani», spiega Grazia Scandariato, animatrice del gruppo che è già madre di un ragazzo autistico. È sua la famiglia che ha accolto Hakeem fra le mura domestiche.
«Per me e mio marito Maurizio è stato importante concretizzare l’ideale dell'integrazione fra culture: è il nostro sentire la diversità come una ricchezza», continua Grazia.
Al momento dell’accoglienza in famiglia Hakeem beneficiava del sostegno del progetto Sprar: prevedeva una scuola di italiano ed un corso di formazione professionale come panettiere. Le operatrici Caritas del progetto si sono attivate per rendere possibile l’accoglienza in famiglia.
Ed Hakeem si è rivelato una piacevole sorpresa: «il giovane è molto paziente, attento, discreto. È una grande ricchezza sentirlo raccontare del suo vissuto nel suo paese, anche se non entra volentieri negli aspetti più dolorosi. I suoi aneddoti parlano di una vita quotidiana piena di ospitalità; lui dimostra un'attenzione agli anziani e ai più deboli, ama il contatto con la natura, la vita sobria ed è abituato a ritmi meno frenetici di quelli occidentali, più consoni alla vita di relazione e di preghiera. Lui è musulmano e noi cristiani, e dall’incontro è nato un profondo rispetto reciproco».
Hakeem oggi continua i corsi di italiano e di formazione professionale; si fermerà nella famiglia fino a quando non troverà un lavoro, assicura Grazia.
Marco Badain, il giovane chitarrista, racconta le attività del gruppo: «Giovani, disabili, stranieri. E’ bello, veramente bello: da noi arriva gente di ogni tipo e di ogni età; una sintesi di quel che ci unisce è il concetto che siamo tutti uguali nella nostra diversità. Io non sono uguale a te, non sono uguale a lui, forse nemmeno siamo nati nello stesso paese, ma anche se lo fossimo obiettivamente l'uguaglianza non esiste mai. Siamo uguali nell'essere diversi. Capito questo, è risolto ogni problema etico, religioso, è abbattuta ogni barriera fra persone».
Luca Fagotto, 40 anni, è un altro «giovane» del gruppo. Nella Banda del colore ha imparato a dipingere e a superare i suoi problemi relazionali: «Ma la banda non centra nè con la pittura, nè con la formazione religiosa: adesso ci sono anche i ragazzi musulmani, ognuno si dedica alle proprie passioni e le condivide con gli altri».
Tutti insieme hanno organizzato a ridosso dell’estate una cena multietnica alla quale hanno invitato la novantina di profughi che la Caritas accoglie nel territorio della bassa friulana.
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Alessio Nicoletti, 38 anni, supera i suoi limiti fisici e psicologici e spiega: «È un gran divertimento cenare con oltre 100 persone provenienti da tutto il mondo; è stata una serata che ha aperto nuovi orizzonti attraverso l'incontro con altre culture».
Ma la sintesi è quella di Giulia Sandroni, che di Caritas è operatrice: «Un'occasione straordinaria: in diocesi di Udine non c’erano ancora famiglie che accoglievano, e ci è voluto un po' di tempo per aprire questa possibilità. Non si sapeva come definirla. I colleghi del progetto Sprar hanno saputo dare un indirizzo: adesso si tratta di uno "Sprar esterno", che usufruisce dei corsi, della formazione, eccetera, ma la persona è accolta in famiglia. La cena multietnica è nata da un confronto quasi quotidiano nato con i giovani della Papa Giovanni XXIII. Abbiamo aggiunto posti a tavola anche per le persone del territorio, perchè l'esigenza è quella di raccontare l’accoglienza dei profughi alla gente comune, visto che le fatiche più grandi nascono dalla grande mala-informazione che ci avvolge tutti. Un territorio male-informato è la prima causa di malumori e fraintendimenti; molti richiedenti asilo non riescono ad integrarsi facilmente proprio per la mancanza di una informazione corretta. E’ stata la prima cena multiculturale della bassa friulana; possiamo cambiare qualcosa per queste persone solo con la nostra testimonianza, facendo come gli apostoli ai tempi di Gesù. Con gli immigrati dobbiamo fare un po’ come gli apostoli; questa è la chiamata cui cerco di rispondere con il mio lavoro ogni giorno».
Ed ecco perché l’esperienza del gruppo giovani, grazie al sostegno della rete delle realtà di accoglienza della Comunità Papa Giovanni XXIII sul territorio, ha portato all’ideazione di una serie di incontri. Spiega Claudio Pigat che è fra gli organizzatori:«Vogliamo fare informazione, sull’integrazione, sull’immigrazione. Tre serate che presenteranno al territorio tre esperienze di accoglienza. Per vincere insieme la paura del diverso».
APG23
31/08/2016
L’anno scorso il Comune ci aveva chiesto di coinvolgere i profughi arrivati a Fossano, noi abbiamo rilanciato la proposta a tutti i giovani africani presenti nelle strutture della Comunità Papa Giovanni XXIII e nella Provincia. E così aderiscono ben 10 squadre e chiamiamo il torneo Interetnico. Altre 6 squadre sono invece i nostri Fuoriclasse (squadre miste coi nostri diversamente abili) e altre 4 squadre per un torneo Under 19! È stata fondamentale la stupenda collaborazione della Parrocchia Salice: l’associazione sportiva ci ha aiutati nell’organizzazione, la Proloco ha organizzato il pranzo per 310 persone, Don Mario ha celebrato la S. Messa ed è subito esplosa la festa… la nostra piccola olimpiade!
«Condividere significa moltiplicare la possibilità di essere felici»: era lo slogan del torneo e mi sembra che ci siamo riusciti, raddoppiando anche il numero dei partecipanti al torneo con 20 squadre per 3 categorie diverse: Interetnico (squadre over 18 non professionistiche, profughi, Torino F.d.), Fuoriclasse (il classico torneo diversamente-abili, con squadre miste formate da disabili e normodotati), e l’Under 19 (per non escludere nessuno e lasciare spazio alle squadre di varia composizione).
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(Photogallery: fotografie di Andrea Silvestro)
Lo sport ancora una volta ha dimostrato di essere un primo passo per l’integrazione: attraverso il gioco, un buon pasto consumato assieme (non ringrazieremo mai abbastanza la Proloco Salice), un po’ di conoscenza reciproca con le testimonianze e la musica della band “La Nota in più” ( formata da ragazzi diversamente abili del Centro S. Chiara - Coop. Il Ramo e alcuni ragazzi del carcere) abbiamo trascorso una bella giornata!
Vorrei lanciare questo messaggio a tutti i giovani: è bello e arricchente conoscere chi magari ci rimanda qualcosa di diverso e questi ragazzi che arrivano da lontano hanno solo voglia di fare quello che facciamo noi, proviamo a far crollare le barriere che ci dividono!
Un invito particolare a tutti i giovani di Fossano: da Ottobre a Maggio ci troviamo per un allenamento settimanale di calcio, a squadre miste, diversamente abili e non, stranieri e profughi, ecc. Per chi fosse interessato, può chiamare questo numero: tel. 0172 630896.
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(Photogallery: fotografie di Stefano Cassine)
I nostri più sentiti ringraziamenti a:
Giovanni Paolo Ramonda, Responsabile Generale della Comunità Papa Giovanni XXIII
Domenico Mancardi, Presidente A.s.d. Salice
Danilo Toti, vicepresidente A.s.d. Salice
Enrico Arese, della Società Olympia
Don Mario Dompè della Parrocchia Salice
Davide Sordella, Sindaco di Fossano
Simonetta Bogliotti, dell’Assessorato ai Servizi alla Persona
Michele Mignacca, Assessore allo Sport
Simone Gerbaudo, Vicesindaco del Comune di Trinità
Fondazione CRC CUNEO progetto “Atleti domani”
Guido Botto di Benebanca
Claudio Tomatis, Direttore della filiale di Fossano
Proloco Salice, tutto lo staff, a partire dal Presidente Pierpaolo Metello
La Nota in più, una grande band
Fossano Calcio, in particolare Roberto Calamari
Mauro Tomatis, Presidente C.S.I.
Fabrizio Bergese, Presidente Croce Bianca di Fossano
Tutti i volontari presenti sui campi
Tutti gli arbitri a partire da Massimo Silvestro sempre presente al nostro torneo
Tutte le Associazioni sportive
I giovani volontari nella preparazione dei campi e dell’organizzazione : Stefano, Samuele, Filippo, Andrea, Gianluca, Simone, Lorenzo,Samuele, Davide, Dioph, Raffaele, Elia e i loro amici.
Infine un grazie particolare a Oreste Tomatis della Fedeltà che ci segue dall’inizio.
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29/08/2016
«Prima di confermare l’ipotesi di una nostra presenza nel campo sarà necessario capire quanta gente vi resterà a vivere a lungo termine, e quante persone riusciranno invece a tornare nelle proprie case. Abbiamo dato la disponibilità al Vescovo di Ascoli Mons. Giovanni d’Ercole: potrebbe iniziare una nostra presenza stabile al fianco degli sfollati, così come abbiamo fatto in occasione degli ultimi eventi sismici importanti che si sono registrati, ahimè, in Italia». Lo racconta Stefano Paoloni, responsabile di zona della Comunità Papa Giovanni XXIII per l’area colpita dal terremoto del 24 agosto. Domenica scorsa fra gli sfollati ha partecipato alla Santa Messa.
Una delegazione della Comunità Papa Giovanni XXIII ha incontrato il capo-campo della tendopoli di Pescara del Tronto, Gianni Scamuffa, responsabile della Protezione Civile; il confronto con Don Alessio Cavezzi, direttore Caritas di Ascoli Piceno ha confermato quella che per ora è solo una possibilità: una condivisione diretta di giovani e di volontari nel campo.
Irene Ciambezi, autrice del libro Donne nel sisma è stata presente insieme a Caritas a sostegno delle popolazioni, in particolare dei minori, in occasione dei terremoti del 2009 a L’Aquila e del 2012 in Emilia Romagna: «La casa dove abbiamo fatto il campo di condivisione nel 2008 con 70 giovani ad Arquata del Tronto (AP) oggi non c’è più. Quando hai vissuto un terremoto, e ne senti un altro, si crea un’empatia unica con le persone, rivivi sulla tua pelle quegli istanti. L’angoscia ora è che lo sciame sismico si sposti, come è capitato a noi; i ragazzi si scrivono messaggi di solidarietà», racconta.
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La Comunità apre poi le proprie case: sabato 3 settembre in Località Castellocchio, frazione Eggi 1 a Spoleto (PG) alle 16.30 si terrà l’inaugurazione della casa famiglia del Magnificat.
Continua Stefano Paoloni: «Riguardo a questa casa abbiamo dato la nostra disponibilità all’accoglienza dei terremotati all’Arcivescovo di Spoleto Norcia, Mons. Renato Boccardo; l’accoglienza qui e nelle altre strutture andrà pensata sul lungo periodo», e aggiunge: «Ci caratterizza un’accoglienza non assistenziale, ma di condivisione e di scambio alla pari. A Castellocchio c’è la presenza stabile di un papà e di una mamma, e poi c’è per gli accolti la possibilità di collaborare nel frutteto, nell’oliveto, nella gestione degli animali».
Adesso in famiglia a Castellocchio sono in 12: Daniele Regini, ex falegname, ed Anna Mammola, ex educatrice, avevano già aperto le porte di casa a Peccioli (PI) nel 2009. Dal 2013 vivono qui e con 3 anni di lavori hanno fatto di un luogo disabitato un riferimento per molti. «È evidente la complementarietà dei nostri accolti: da A. di 6 anni a Franco di 69 sono rappresentate tutte le fasce d’età», spiega Daniele. «Aprirci alle chiamate del territorio, in questo caso alle vittime del terremoto, per noi è naturale. È il motivo per cui siamo qui», aggiunge Anna.
All’inaugurazione sarà presente Giovanni Ramonda, Responsabile Generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, che fin dall’alba del 24 agosto aveva invitato su Twitter i suoi followers alla preghiera per le vittime del sisma.
foto di Matteo Santini
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29/08/2016
Ci sarà anche Francesco, ragazzo autistico di Bagnaria Arsa (UD) a testimoniare che l’accoglienza di un profugo in famiglia è possibile. I suoi genitori, Grazia Scandariato e Maurizio Torcello hanno accolto da qualche mese nella propria casa Hakeem, giovane afghano di 22 anni che era ospitato nella struttura di prima accoglienza gestita dalla Caritas a Santa Maria La Longa (UD).
La loro testimonianza concluderà la presentazione di tre singolari esperienze di accoglienza dei richiedenti asilo, che verranno raccontate nella bassa friulana nel ciclo di incontri “Immigrazione, Informazione, Integrazione” organizzati dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. Le serate ospiteranno le testimonianze degli operatori Caritas, del Consorzio di Cooperative Sociali il Mosaico, e della Comunità Papa Giovanni XXIII.
Racconta la mamma accogliente, Grazia Scandariato: «Per noi era importante vivere nel concreto l'integrazione fra culture e l’incontro con il diverso, per questo abbiamo chiesto di poter accogliere nella nostra casa Hakeem. Lui ci stupisce ogni giorno per il suo contatto con la natura, per la vita sobria e misurata. Adesso è un musulmano in una famiglia cristiana, e ne è nato un profondo rispetto reciproco».
Il territorio della bassa friulana (che comprende i comuni più a sud della provincia di Udine) vede la presenza di un centinaio di profughi da Afghanistan e Pakistan ospitati grazie a Caritas; Giulia Sandroni è operatrice del progetto Mare Nostrum: «La fatica più grande è quella di far conoscere quello che facciamo, la grande disinformazione che c’è è fonte di malumori fra la gente. Il mio non è solo un lavoro, ma un impegno umano: sento che anche io sto facendo la mia parte di fronte ad una grave emergenza umanitaria».
Il programma prevede:
venerdì 2 settembre ore 20.30: “Situazione mondiale, italiana e friulana", presso Sala polifunzionale di Teor (UD), via Roma 16, con:
Don Luigi Gloazzo, direttore Caritas Udine
racconti da accoglienze Caritas in regione
venerdì 9 settembre ore 20.30: “Migranti economici, rifugiati politici, legislazione e modello di accoglienza", presso Villa Muciana a Muzzana del Turgnano (UD), Piazza San Marco, con:
Marco Peronio, direttore Consorzio Il Mosaico
racconti da accoglienza attraverso il progetto Mosaico
venerdì 16 settembre ore 20.30: “Diversità culturali e religiose che si incontrano e dialogano", presso Sala polifunzionale di Pocenia (UD), via Roma 109, con:
Toriale Hashemi, mediatore culturale Afghanistan
racconti da accoglienza in famiglia con Comunità Papa Giovanni XXIII
Scarica la locandina.
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28/08/2016
Anche quest’anno, nella calda estate della riviera romagnola, il 19 agosto si è celebrata la consueta Santa Messa in memoria della Serva di Dio Sandra Sabattini nell’anniversario della sua nascita (quest’anno avrebbe compiuto 55 anni). La Messa è stata celebrata da don Roberto Battaglia, che ha scoperto Sandra attraverso le pagine del sul Diario, e che durante l’omelia ha detto: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti (Mt 22, 37-40). Ho ritrovato questa stessa radicalità ed essenzialità in una frase di Sandra che mi sta facendo molta compagnia in questi giorni: “Ora si tratta di una cosa sola: scegliere. Ma cosa? Dire: sì Signore scelgo i più poveri; ora è troppo facile, non serve a niente se poi quando esco è tutto come prima. No, dico: scelgo te e basta” (Diario di Sandra, 26.02.78, 44). “Scelgo te e basta”! In questa affermazione – che è più di un intento, si tratta piuttosto di un riconoscimento in cui è evidente che Cristo l’aveva già presa per farla tutta sua – pronunciata quando non aveva neppure 17 anni, c’è tutto: il cuore dell’essere cristiani, dell’esperienza stessa di Sandra e dell’eredità che, anche in questa Santa Messa, mendichiamo di accogliere».
Solo pochi mesi fa don Roberto è stato nominato parroco a S. Girolamo, proprio sul lungomare di Rimini, nella parrocchia che è stata quella in cui Sandra visse la sua esperienza cristiana. «Quando sono stato nominato parroco di San Girolamo» racconta don Roberto, «ho subito avvertito l’esigenza di contattare il responsabile riminese dell’Associazione Papa Giovanni XXIII per mettermi a disposizione circa ogni iniziativa per valorizzare e far conoscere l’esperienza di Sandra».
Questa ragazza, morta dopo essere stata investita il 2 maggio 1984, fin da subito è stata un segno luminoso per tanti: immersa in una relazione limpida e intensa con Dio, viveva ogni istante con profonda gioia, gustando tutto l'universo e scoprendone ogni bellezza insieme a Lui.
Ora, dopo la chiusura della fase diocesana avvenuta nel 2008, la causa di canonizzazione è in esame a Roma. Don Benzi, che aveva conosciuto bene Sandra, aveva intuito da subito la sua profondità spirituale e continuò ad insistere affinché gli scritti raccolti nel Diario (l’ultima edizione è stata pubblicata da poco) venissero diffusi il più possibile. Alla Congregazione dei Santi da tempo è al vaglio una documentazione medica su una presunta guarigione, che si è verificata nel 2007, ritenuta straordinaria, attribuita all'intercessione di questa ragazza che è diventata grande facendosi piccola e semplice ma determinata a vivere in Gesù (qui trovi la Preghiera di intercessione). Sandra non contemplava la mediocrità. Era una folle di Dio che guardava il mondo dalla sua prospettiva, capace di scrivere nel suo Diario: «Oggi c'è l'inflazione di buoni cristiani, mentre il mondo ha bisogno di santi».
Per leggere l'omelia di Don Roberto Battaglia: clicca qui.
Pagina Facebook degli Amici di Sandra
Nella foto di Riccardo Ghinelli le amiche di Sandra insieme a don Roberto Battaglia
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26/08/2016
Doveva essere l’inaugurazione di una casa famiglia speciale, 10 ettari di terreno su una bella collina verde con la fattoria, ma il terremoto ha cambiato tutto.
«La casa dove abbiamo fatto il campo di condivisione nel 2008 con 70 giovani ad Arquata del Tronto (AP) oggi non c’è più. Quando hai vissuto un terremoto, e ne senti un altro, si crea un’empatia unica con le persone, rivivi sulla tua pelle quegli istanti. L’angoscia ora è che lo sciame sismico si sposti, come è capitato a noi; i ragazzi si scrivono messaggi di solidarietà», racconta Irene Ciambezi, autrice del libro “Donne nel sisma”. Il libro (ed. Sempre Comunicazione), racconta l’esperienza dei giovani della Comunità Papa Giovanni XXIII insieme a Caritas a sostegno delle popolazioni, in particolare dei minori, in occasione dei terremoti del 2009 a L’Aquila e del 2012 in Emilia Romagna.
Sabato 3 settembre in Località Castellocchio, Frazione Eggi 1 a Spoleto (PG) alle 16.30 si terrà l’inaugurazione della casa famiglia del Magnificat della Comunità Papa Giovanni XXIII, che apre le porte ai terremotati.
«Abbiamo dato la nostra disponibilità all’Arcivescovo di Spoleto Norcia, Mons. Renato Boccardo, ad accogliere qui e nelle altre strutture del territorio le famiglie che non hanno più la casa agibile; l’accoglienza andrà pensata sul lungo periodo», spiega Stefano Paoloni, Responsabile della zona Marche Sud - Umbria - Abruzzo e Molise della Comunità Papa Giovanni XXIII, che aggiunge: «Ci caratterizza un’accoglienza non assistenziale, ma di condivisione e di scambio alla pari. Qui c’è la presenza stabile di un papà e di una mamma, e poi c’è per gli accolti la possibilità di collaborare nel frutteto, nell’oliveto, nella gestione degli animali».
Adesso in famiglia a Castellocchio sono in 12: Daniele Regini, ex falegname, ed Anna Mammola, ex educatrice, avevano aperto le porte di casa a Peccioli (PI) nel 2009. Dal 2013 vivono qui e con 3 anni di lavori hanno fatto di un luogo disabitato un riferimento per molti. «E’ evidente la complementarietà dei nostri accolti: da A. di 6 anni a Franco di 69 sono rappresentate tutte le fasce d’età», spiega Daniele. «Aprirci alle chiamate del territorio, in questo caso alle vittime del terremoto, per noi è naturale. E’ il motivo per cui siamo qui», aggiunge Anna.
L’inaugurazione prevede, dopo la Santa Messa che sarà celebrata dall’Arcivescovo Mons. Renato Boccardo nella vicina Parrocchia di San Gabriele Dell’Addolorata in Località Cortaccione, un momento di festa in collina, con rinfresco e cena. Sono invitate le autorità civili e sarà presente Giovanni Ramonda, Responsabile Generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, che fin dall’alba del 24 agosto aveva invitato su twitter i suoi followers alla preghiera per le vittime del sisma.
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24/08/2016
Sono 10 le squadre dei richiedenti asilo finora iscritte nella categoria interetnico della quinta edizione del torneo Don Oreste Benzi - sport senza barriere. Un centinaio di profughi ospitati dal territorio si sfideranno al fianco della categoria dei fuoriclasse (6 squadre di giocatori disabili insieme a normotati) e a quella degli Under 18 (6 squadre).
Si giocherà domenica 28 agosto nel Centro Sportivo Olympia di Viale della Repubblica a Fossano(CN).
Parteciperanno al torneo anche la prima e la seconda squadra del Torino Fd, prima squadra per i ragazzi diversamente abili ad essere patrocinata da un club professionistico in Italia.
Claudio Marro, responsabile organizzativo della Comunità Papa Giovanni XXIII, cita il fondatore della Comunità cui il torneo è dedicato: «Condividere significa moltiplicare la possibilità di essere felici, diceva Don Oreste Benzi. Giocare con chi è diverso smuove un po’ tutti, e questo è ancor più vero quando si coinvolgono culture in cui la disabilità è una condizione da nascondere. Sul campo da calcio scopriremo che aprire le porte a chi è diverso non toglie qualcosa ad alcuno, ma dona a tutti un qualcosa in più».
Programma:
ore 9.00 ritrovo
ore 9.15-12 gare del mattino
ore 12-13.30 pranzo al costo di 5 euro su prenotazione
ore 13.45 testimonianze in musica
ore 15.15-16.45 finali
ore 17 premiazione e rinfresco
ore 17.45 Santa Messa
Saranno presenti il responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII Giovanni Ramonda; si ringraziano Asd Salice, Benebanca, Comune di Fossano, Diocesi di Fossano, Fondazione CRC Cuneo con il progetto ”Atleti Domani”, Parrocchia di Santa Maria del Salice, Proloco di Salice, Società Olympia.
Scarica la locandina.
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24/08/2016
16 ragazzi + 1 bimbo + 1 neonato decidono di trascorrere le proprie vacanze nel caldo territorio siculo in provincia di Ragusa. Qui, nel periodo estivo, moltissimi si dedicano al riposo ed al relax, seguendo la tranquillità che è la regola del “perfetto vacanziere”. Ed è proprio in tali condizioni, col sole caldo di mezzogiorno e le spiagge gremite di bagnanti, che noi ragazzi del Gruppo LSD (Lasciati Scoprire da Dio) decidiamo di trascorrere le nostre tanto attese vacanze.
Il perché è già sopradetto e sta tutto a Scicli (città Patrimonio dell’Unesco) e lungo le fantastiche spiagge limitrofe! Fin qui tutto ovvio, anzi persino scontato e naturale per ragazzi che il mare lo vivono tutto l’anno. E allora perché tutti gli anni da ormai quasi 10 anni, non solo i giovani della Zona Sud della Comunità Papa Giovanni XXIII (Sicilia e Calabria), ma anche moltissimi ragazzi di tutt’Italia decidono di spendere il tempo delle loro vacanze in qualcosa di già visto e rivisto? Forse perché lì prende vita la “vacanza in più”, lo spettacolo più bello, cioè quello in cui viviamo come attori principali e non come comparse o spettatori di un finale già scritto…
Il nostro “mantra”: Vivi Fuori le Mura di Te Stesso, lanciando un sassolino che produrrà piccole onde concentriche verso un mondo di pace. Prima o poi tutti i sassolini lanciati nei diversi luoghi e tempi porteranno all’incontro delle onde, e ciò creerà un maremoto di Pace!!
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Vivere “fuori le mura di noi stessi” significa spendere le nostre vacanze con i ragazzi e i giovani dell’Istituto Penitenziario Minorile di Acireale: abbiamo condiviso con loro un po’ di quel tempo che forse altri non hanno concesso loro. Incontrarli ci dà sempre stimoli per ricercare il mondo di giustizia e di pace desiderato.
Poi siamo stati nel quartiere di Jungi, alla periferia di Scicli. «Non andiamo a fare servizio o a salvare il fratello più bisognoso» dice M., storica partecipante al Campo Fuori le Mura a Scicli. «Non facciamo nemmeno chissà quale intervento di carità né doniamo fondi o attrezzature. Non andiamo portandoci dietro le soluzioni ai problemi della vita (anche perché la vita che troviamo lì è spesso diversa da quella vissuta da noi nel quotidiano) né avendo le risposte ai dubbi esistenziali della vita. Andiamo lì perché incontriamo degli amici, dei ragazzi che come noi e diversamente da noi vivono la loro vita alla ricerca della pace. Andiamo lì con l’unica certezza che saremo confusi, che vivremo sentimenti di rabbia, felicità, insicurezza, paura, tristezza, sconfitta, delusione, rinascita, rivincita. Ecco perché vado al campo fuori le mura, per cercare e trovare me fuori da me stessa».
Sulla strada del ritorno tanti pensieri affollano la mente. Torniamo a casa con sentimenti contrastanti. Voglia di spaccare il mondo, di gettare via la nostra vecchia vita e ripartire da una nuova; o di ripartire da dove abbiamo lasciato e riprendere con nuovo slancio e vivacità. Qualsiasi sia la decisone, ognuno di noi si porta dentro tutti i sorrisi, gli sguardi, la felicità nel poco e la condivisione del tutto. Torniamo alle nostre attività con una grande consapevolezza: non siamo più gli stessi. Siamo diversi, forse migliori ma certamente diversi. E per tante cose più consci di noi stessi e dell’Amore che ci unisce e ci dà l'energia e la forza per essere Comunità.
Se volete leggere il resoconto completo della nostra esperienza, scaricate il nostro Giornalino.
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21/08/2016
Anche quest'estate (il 2 luglio) si è ripetuta la tradizionale Giornata d'Amicizia organizzata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII tra un gruppo di detenuti in permesso del carcere di S. Gimignano e un gruppo di volontari. Come sempre siamo andati a Cecina, accompagnati quest'anno da alcuni giovani di una parrocchia di Poggibonsi insieme al loro parroco, oltre che da alcuni membri della comunità. La giornata è trascorsa tra mare e pineta, godendosi il sole, l'acqua e il pranzo in un clima di semplice e spontanea amicizia.
Il gruppo è stato meno numeroso degli altri anni e questo fatto, che inizialmente sembrava negativo, ha invece permesso un dialogo più diretto tra le persone. La presenza di bambini piccoli ha liberato l’affettività dei detenuti e facilitato il dialogo tra le persone. Particolarmente significativo il momento della Messa, celebrata nel pomeriggio in pineta: tutti hanno partecipato al commento delle letture liturgiche con vivacità e profondità. I detenuti hanno manifestato la gioia della libertà non solo dalle barriere fisiche del carcere, ma soprattutto dalle barriere psicologiche dei pregiudizi. I volontari hanno scoperto l'umanità di chi è semplicisticamente definito “detenuto”.
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20/08/2016
«Abbiamo il cuore gonfio di gratitudine, perché quello che è stato realizzato in questi 3 anni non avremmo mai potuto farlo senza l’aiuto dell’Associazione Universitari Costruttori» dice Elio Angione, corresponsabile insieme a Lucia Ruscio della Casa di accoglienza a Morolo (FR).
«La collaborazione con gli Universitari Costruttori (visita la pagina Facebook) è partita 3 anni fa e questa è la terza estate che una trentina di volontari sono venuti ad aiutarci, dedicando due settimane delle loro vacanze alla ristrutturazione della Casa di fraternità e accoglienza Madonna del Rosario» spiega Lucia Ruscio.
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Attualmente Lucia ed Elio, entrambi membri della Comunità Papa Giovanni XXIII, vivono nell’alloggio al piano di sopra della struttura che è stata donata in comodato gratuito da parte della parrocchia di Morolo (FR). Per ora hanno solo una stanza che può ospitare due persone accolte, ma quando i lavori di ristrutturazione saranno finiti, ci saranno 10-12 posti per altrettante persone in difficoltà.
Dal 24 luglio al 7 agosto a Morolo si sono succeduti due campi estivi, durante i quali giovani e adulti, studenti ma anche professionisti come architetti, ingegneri e muratori, provenienti da tutta Italia si sono messi in gioco con cemento e cazzuola.
L’associazione Universitari Costruttori è stata fondata 50 anni fa da padre Mario Ciman, un gesuita professore universitario, che ha coinvolto alcuni studenti in questa proposta di solidarietà.
«Alcuni partecipanti ai campi estivi ci conoscevano già ed era la terza estate che venivano ad aiutarci, altri erano nuovi» racconta Lucia Ruscio. «La loro giornata iniziava alle 7 di mattina, proprio come in un cantiere edilizio, e terminava alle 17,30. Oltre al lavoro ci sono momenti di fraternità e in questi anni sono nate delle belle amicizie con alcuni dei volontari. Tutti loro hanno avuto modo di vedere “dal vivo” la condivisione diretta, la nostra vita quotidiana e tutto ciò che la Papa Giovanni XXIII porta avanti. Ad esempio io esco 2-3 volte alla settimana con l’unità di strada per incontrare le ragazze costrette a prostituirsi e alcuni di loro sono venuti con me per conoscere questa realtà».
In tanti hanno contribuito alla ristrutturazione della Casa: una ditta ha procurato gratuitamente l’impalcatura necessaria per la facciata, un’altra ha donato le vernici di cui c’era bisogno, un negozio ha fornito materiali di ferramenta ad un prezzo vantaggioso. Alcuni dei volontari sono diventati amici e più volte all’anno ritornano a Morolo per continuare il lavoro iniziato insieme.
Come diceva una canzone di qualche anno fa: «una pietra dopo l’altra, in alto arriverai…».
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18/08/2016
Quando sono partita per la Georgia lo scorso novembre, non sapevo bene cosa avrei trovato una volta atterrata. Il volontariato era un’esperienza nuova per me, nonostante da molto tempo rientrasse nella lista delle esperienze che avrei volute fare. La Georgia era un paese che conoscevo solo indirettamente, grazie a ciò che avevo letto e studiato e grazie a ciò che amici georgiani mi avevano raccontato. Di sicuro, un Paese che da anni sognavo di visitare.
Quando sono partita, sapevo che durante questo percorso di sei mesi mi sarei principalmente occupata di bambini. Bambini georgiani che purtroppo non avevano avuto una vita facile tanto quanto l’avevo avuta io. Sapevo che avrei vissuto con una parte di questi bambini, nella casa famiglia di Alessandra e Ino, e che ne avrei aiutata un’altra, composta da bambini bisognosi di Batumi, principalmente quelli che vivevano nella baraccopoli situata alla periferia della città.
Quando son partita, pensavo a tutto quello che avrei potuto dare a questi bambini con il mio entusiasmo e la mia energia. A sei mesi di distanza, posso dire che quando son partita, in realtà, sapevo molto poco.
Ogni giorno di questi sei mesi è stato un’avventura. La vita in Georgia segue dei ritmi diversi rispetto a quelli a cui siamo abituati in Italia, più lenti ma più caotici. La famiglia, la tradizione, la religione sicuramente ricoprono un ruolo importante. Non è semplice capire quali siano i codici che regolano i rapporti interpersonali tra le persone e quali siano le modalità migliori per portare un aiuto concreto e utile.
Nonostante il processo di modernizzazione che la Georgia ha intrapreso dopo la caduta dell’Unione Sovietica, questo paese ha ancora molta strada da fare per quanto riguarda le sue politiche sociali e la salvaguardia dei minori. Le istituzioni che dovrebbero occuparsene non sono sufficientemente finanziate e non hanno nemmeno i mezzi legali per farlo. In tal senso, la Comunità Papa Giovanni XXIII da dieci anni contribuisce a creare delle alternative e a dare una possibilità di vita normale ai meno fortunati.
Attualmente la Apg23 ha due case famiglia a Batumi, collabora attivamente con i servizi sociali locali e aiuta le famiglie che risiedono nella più grande baraccopoli della città. Il compito di noi volontari era di aiutare i responsabili del progetto in tutte le attività di gestione della casa famiglia (dal portare a scuola i bambini, al giocare con loro, all’aiutarli a fare i compiti o a preparare il pranzo) e nelle attività che si svolgevano nella baraccopoli, dove ci recavamo tre volte a settimana per insegnare inglese e una per svolgere attività ludico-ricreative.
Insieme abbiamo riso, scherzato, lavorato, pianto, litigato, ci siamo confrontati, abbiamo festeggiato compleanni, abbiamo giocato e siamo cresciuti tutti assieme.
Quando sono partita, non sapevo che in Georgia avrei trovato una seconda famiglia e che tutti questi bambini avrebbero dato a me molto più di quanto io potessi dare a loro. Questi sei mesi sono stati una palestra di vita, che mi ha insegnato cosa siano la condivisione, quella vera, l’impegno, la dedizione ad una causa. Mi ha insegnato cosa significhi veramente mettere la propria vita al servizio degli altri. Mi ha insegnato a giudicare di meno e ad ascoltare di più.
Me ne sono tornata a casa arricchita e piena di ammirazione per chi ha avuto il coraggio di fare questa scelta di vita ed in Georgia non ci è andato per stare solo sei mesi, ma ci è restato.
APG23
13/08/2016
Rivolgo un grazie grande e di cuore al nostro Papa Francesco che ieri ha abbracciato come un nonno 20 giovani ragazze nigeriane, ucraine, albanesi e rumene, liberate dalla schiavitù della prostituzione grazie all'instancabile opera della Comunità Papa Giovanni XXIII. Quando ha suonato il campanello della casa di via Pietralata ed è entrato, le giovani ignare di questa visita sono scoppiate in un pianto di gioia. L’ascolto delle loro storie, le violenze subite, le sevizie, le minacce ripetute hanno commosso il viso attento e paterno del Pontefice. Per circa un’ora e mezzo è rimasto con loro, insieme a Mons.Fisichella, delegato per il Giubileo della Misericordia, e ad alcuni operatori della Comunità. Settimanalmente escono in strada nelle 21 unità contro la tratta che sono presenti in Italia.
Il Santo Padre ci ha spronato a continuare in questa condivisione così importante e coraggiosa. Ha chiesto perdono per tutti i credenti che abusano di queste sorelle; ha chiesto che i legislatori non siano indifferenti, ma che tutelino la dignità delle donne. È stato l'incontro di un Pastore che sa riconoscere l’odore delle sue pecore, ed in particolare quelle più scartate e sfruttate. Abbiamo cantato e pregato insieme un bel canto in spagnolo, abbiamo fatto merenda come in famiglia.
È stato per noi un dono meraviglioso, che suggella l’intuizione profetica di don Oreste Benzi nostro fondatore: già 25 anni fa Don Oreste scendeva in strada. Chiedeva a queste giovani non quanto vuoi, ma quanto soffri: non sempre era compreso ma convinto dell’ingiustizia che veniva compiuta, perché, come amava ripetere, nessuna donna nasce prostituta ma c'è qualcuno che ce la fa diventare.
Il Papa ha ascoltato anche la proposta della Papa Giovanni XXIII "questo è il mio corpo", per fermare la domanda del sesso a pagamento. Si tratta di una campagna per la liberazione delle donne vittime della tratta e dello sfruttamento; si basa sul presupposto del riconoscimento che la prostituzione viola la dignità e i diritti umani della donna, e che nella riduzione in schiavitù e nello sfruttamento del racket i clienti sono complici.
Con la Benedizione Apostolica di Francesco abbiamo ricevuto un forte invito a camminare come popolo, insieme ai nostri pastori, affinchè non lasciamo più soffrire nessuno da solo. Affinchè oltre a mettere la spalla sotto la croce possiamo continuare a dire a chi fabbrica le croci di smetterla, perchè più nessuna bambina possa essere venduta e sfruttata. Grazie Santo Padre continuiamo a pregare per Lei per il Suo ministero così fondamentale per l’umanità, quello di portare l’Amore misericordioso di Gesù nelle periferie del mondo.