APG23
28/11/2016
Oggi presso la sala stampa del Comune di Bologna è stata presentata la campagna di advocacy promossa dalla Comunità Papa Giovanni XXIII “ Questo è il mio corpo ”, che propone l'adozione di strumenti per il contrasto della domanda di sesso a pagamento.
La Comunità Papa Giovanni XXIII è attiva in città dal 1995 con le sue attività contro la tratta. Negli ultimi 10 anni ha liberato 166 donne ; di queste il 54% sono di nazionalità nigeriana, il 34% rumena, il 12% provengono da Moldavia, Ucraina, ex Jugoslavia, Albania. Il 60% delle vittime di tratta hanno un'età tra i 19 e i 24 anni ; il 35% tra i 25 e i 28 anni ; solamente il 5% ha più di 28 anni. A queste vanno aggiunte numerose ragazze minorenni che sono state tolte dalla strada attraverso il lavoro delle forze dell’ordine e del Servizio sociale. Dal 2000 la Comunità è convenzionata con il Comune di Bologna per la realizzazione del progetto regionale “ Oltre la Strada ” per la fuoriuscita, l’accoglienza e la messa in protezione delle donne vittime di tratta.
«Non esiste una violenza di serie A o di serie B. La violenza che subiscono le donne che si prostituiscono è violenza di genere. E' importante dirlo ora che abbiamo appena ricordato la giornata internazionale contro la violenza alle donne», ha commentato Susanna Zaccaria , assessora alle pari opportunità del comune di Bologna.
«Se ai giovani viene spiegato quello che si cela dietro la prostituzione, cambiano atteggiamento. Non solo, ma diventano protagonisti del cambiamento», ha dichiarato Giorgio Malaspina , referente nazionale della campagna.
«Ho appena depositato al Senato una proposta di legge per la proibizione della prostituzione. Per questa ragione sono stata fatta oggetto di irrisione», è stata la denuncia dell’On. Francesca Puglisi, intervenuta nel dibattito.
Don Mario Zacchini ha portato il saluto di Mons. Matteo Maria Zuppi; domani sera l'Arcivescovo sarà presente a Borgo Panigale al momento di commemorazione di Cristina, vittima di tratta uccisa nel 2009.
La Comunità Papa Giovanni XXIII da 27 anni lotta al fianco delle donne in schiavitù. Sostiene l’adozione di una legge ispirata al “modello nordico”, adottato anche in Francia, che applica sanzioni ai clienti e che riconosce come vittime le persone che si prostituiscono. Possono aderire alla campagna cittadini, associazioni ed istituzioni. Per approfondire: www.questoeilmiocorpo.org
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APG23
28/11/2016
Trecento chilometri al giorno, ogni giorno, per 30 anni: è la strada che il Centro Diurno Il Nodo ha percorso a fianco delle persone con disabilità della Valmarecchia, tra le province di Rimini e Pesaro-Urbino. Una strada che attraversa i comuni di Novafeltria, Pennabilli, Sant’Agata Feltria, San Leo e Talamello per arrivare a Pietracuta, dove ha sede il Centro Diurno della cooperativa “La Fraternità” della Comunità Papa Giovanni XXIII.
Il 23 novembre 1986 nasceva Il Nodo nei locali del Comune di San Leo, per poi trasferirsi nel 1992 all’ex scuola dell’infanzia di Pietracuta, luogo in cui è ancora oggi. In tutti questi anni è stato un punto di riferimento fondamentale per coloro che nel territorio guardano all’integrazione e al riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità.
Il nome stesso indica il legame con il territorio e la volontà di avvicinarsi sempre di più ai bisogni di chi vi abita. A trent’anni dalla sua fondazione, Il Nodo è una struttura certificata e accreditata dalla regione Emilia Romagna. È di quest’anno l’approvazione del progetto - da parte del Comune di Novafeltria - per la costruzione di una Casa Famiglia che affiancherà il Centro Diurno come risposta al problema del “dopo di noi”, la preoccupazione dei tanti genitori per il destino dei porri ragazzi quando loro non ci saranno più.
Oggi il Centro guarda ai suoi prossimi trent’anni con lo sguardo rivolto alle nuove sfide che la società pone di fronte alle persone con disabilità. E quali sono queste sfide?
il coinvolgimento dei giovani attraverso le scuole,
il bisogno di un’inclusione sempre maggiore in una società che cambia rapidamente,
la necessità di rispondere ai bisogni di famiglie che chiedono di avere al proprio fianco professionisti capaci e motivati a condividere la vita con i propri figli, sostenendoli nel progettarne insieme il futuro.
E si augura di percorrere ancora tanti chilometri in giro per la Valmarecchia per andare incontro a chi ha più bisogno.
APG23
26/11/2016
Giovedì 24 novembre è stato un momento particolarmente importante e lieto per i fratelli della Comunità Papa Giovanni XXIII: per la prima volta l'arcivescovo di Modena don Erio Castellucci, da poco più di un anno pastore della Diocesi, ha infatti preso parte alla “preghiera pubblica per la vita nascente” che si tiene davanti al Policlinico cittadino. All'evento ha preso parte anche Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII e successore di don Oreste Benzi. La notizia della visita si era rapidamente diffusa nei giorni scorsi sul territorio modenese, dove sono presenti numerose persone e associazioni che operano per la vita e per la famiglia, e a questo momento erano presenti un centinaio di persone. Insieme hanno recitato un rosario meditato ad hoc. Mons. Castellucci si è rivolto alle persone presenti richiamando all'impegno dei credenti: «Esiste, nella nostra società, un affievolimento della coscienza su questo tema; è possibile contrastarlo in modo evangelico attraverso la testimonianza e la preghiera. L'attentato contro la vita, in particolare quella indifesa ed innocente, è un peccato gravissimo, noi cristiani dobbiamo mantenere viva la coscienza negli uomini. Il grado di civiltà di una società non è dato dal progresso tecnico ma dal rispetto della vita, specialmente quando è debole».
Da parte sua Ramonda, proprio in questa occasione, ha commentato l'annuncio dato dal Papa in occasione della presentazione della lettera apostolica Misericordia et misera: «L'allargamento a tutti i sacerdoti della possibilità di assolvere dal peccato di aborto, voluto da Papa Francesco, è una bella notizia soprattutto per le tante donne che incontriamo e che non sanno darsi pace per aver abortito, una rinascita è sempre possibile».
La preghiera per la vita nascente è un momento che la Comunità Papa Giovanni XXIII promuove davanti agli ospedali in cui si praticano gli aborti, a partire da un'idea di don Oreste, che per primo la avviò davanti all'ospedale di Rimini, come forma di vicinanza e ultima mano tesa alle gestanti mentre entrano per l'aborto. Un’occasione per aiutare non solo le bimbe e i bimbi che stanno per essere soppressi ingiustamente con l'aborto, ma anche per aiutare la società, a partire da noi stessi, a prendere coscienza di questa profonda ingiustizia. Solo al Policlinico cittadino sono 12 i bimbi che mediamente perdono la vita ogni settimana (648 in un anno). A Modena la preghiera ha luogo dal 2000 tutti i giovedì mattina, dalle 6,50 alle 7,30.
Un interessante sviluppo di questa preghiera è la sua apertura in senso ecumenico. Nei mesi scorsi infatti ci sono stati contatti tra membri della Comunità Papa Giovanni XXIII e appartenenti delle comunità ortodosse ed evangeliche presenti in città, in cui è emersa una sensibilità condivisa verso questi bambini ed i loro diritti. Per questo nei prossimi mesi prenderà avvio una preghiera pubblica ecumenica davanti al Policlinico; una forma di ecumenismo della carità, un segno che l'attenzione verso questi piccoli supera le differenze e tanti credenti in Cristo, pur mantenendo ciascuno la propria identità, si uniscono per uno scopo comune.
La stessa preghiera ha luogo anche davanti a diversi altri ospedali d'Italia, e ha già visto la partecipazione di alcuni vescovi, in particolare attualmente partecipano costantemente il vescovo Douglas Regattieri a Cesena ed il vescovo Luciano Pacomio a Mondovì.
APG23
24/11/2016
«L'allargamento a tutti i sacerdoti della possibilità di assolvere dal peccato di aborto, voluto da Papa Francesco, è una bella notizia soprattutto per le tante donne che incontriamo e che non sanno darsi pace per aver abortito»: Giovanni Paolo Ramonda, Responsabile generale della Comunità di don Oreste Benzi, così ha commentato questa mattina all'alba l'annuncio dato dal Papa in occasione della presentazione della lettera apostolica «Misericordia et misera».
Ramonda è intervenuto durante la preghiera pubblica per la vita nascente che si tiene tutti i giovedì, dal 2000, alle 6.50 al Policlinico di Modena. Questa mattina era presente anche l'Arcivescovo di Modena, Mons. Erio Castellucci.
Ha spiegato Ramonda: «Le donne che incontriamo non si danno pace quando abortiscono per le forti pressioni ricevute dell'ambiente circostante, ma nemmeno se lo fanno a causa di difficoltà gravi. Con questo messaggio il Papa dice loro che Dio è sempre pronto ad abbracciarle e a riaccoglierle, perché una rinascita è sempre possibile».
Mons. Erio Castellucci si è rivolto alle persone presenti, circa un centinaio, riunite nella cappella dell'ospedale, richiamando all'impegno dei credenti: «Esiste, nella nostra società, un affievolimento della coscienza su questo tema; è possibile contrastarlo in modo evangelico attraverso la testimonianza e la preghiera. L'attentato contro la vita, in particolare quella indifesa ed innocente, è un peccato gravissimo, noi cristiani dobbiamo mantenere viva la coscienza negli uomini. Il grado di civiltà di una società non è dato dal progresso tecnico ma dal rispetto della vita, specialmente quando è debole».
Le preghiere per la vita nascente sono momenti che la Comunità Papa Giovanni XXIII promuove di fronte agli ospedali in cui si praticano gli aborti. Don Oreste Benzi lanciò l'idea negli anni '90 di fronte all'ospedale di Rimini, come forma di vicinanza ai bimbi che stavano per essere uccisi, e come occasione di sensibilizzazione per la società. A Modena nel Policlinico cittadino vengono abortiti 12 bimbi ogni settimana, 650 in un anno.
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APG23
23/11/2016
Tra le visite compiute nell'anno giubilare da Papa Francesco durante i “Venerdì della misericordia”, una di quelle che lo ha colpito di più è l'incontro con le ragazze liberate dalla schiavitù della prostituzione, avvenuto a Roma in una struttura della Comunità Papa Giovanni XXIII.
Lo ha dichiarato lo stesso Papa in nell'intervista a TV 2000 in cui traccia una sorta di bilancio del “Giubileo della misericordia” appena concluso.
IL RACCONTO DEL PAPA - «Ricordo una (ragazza), dall’Africa: bellissima, giovanissima, sfruttata – racconta il Papa agli intervistatori –. Era incinta, sfruttata, anche con bastonate dure e torture: “Tu devi andare a lavorare” … E lei, quando raccontava la sua storia – c’erano 15 ragazze, lì, che mi raccontavano le storie – mi diceva: “Padre, io ho partorito d’inverno sulla strada. Da sola. La mia bambina è morta”. La facevano lavorare fino a quel giorno, perché se non portava agli sfruttatori tanto, era bastonata, anche torturata. A un’altra avevano tagliato l’orecchio perché non aveva portato … E ho pensato non solo agli sfruttatori, anche a quelli che pagavano le ragazze: ma non sanno loro che con quei soldi, per togliersi una soddisfazione sessuale, aiutavano gli sfruttatori?»
LA VISITA - Il ricordo di Papa Francesco si riferisce alla visita “a sorpresa” avvenuta lo scorso 12 agosto in una struttura di Roma della Comunità papa Giovanni XXIII. Un incontro all'insegna della semplicità e del calore umano, in cui il Papa ha voluto soprattutto mettersi in ascolto di queste giovani donne sottratte al racket, che si sono rivolte a lui come ad un padre. Ecco il video di quell'incontro.
LA CAMPAGNA - Per contrastare in maniera efficace il fenomeno della prostituzione, e porre fine allo sfruttamento e alla violenza nei confronti di queste giovani donne, spesso poco più che bambine, la Comunità Papa Giovanni XXIII ha promosso la campagna Questo è il mio corpo , presentata lunedì 21 novembre anche al Ministro per le pari opportunità Maria Elena Boschi.
In occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne sono previste iniziative in varie città italiane – Verona, Bologna, Fossano (Cn), Sorso (Ss)– per ricordare le vittime di violenza legata allo sfruttamento della prostituzione e proporre ai cittadini di aderire alla petizione on line (23.800 le firme raccolte fino ad oggi) che chiede di introdurre anche in Italia una legge che contrasti in maniera efficace la domanda di prostituzione: l'unico modello di intervento – il cosiddetto “modello nordico” – che finora ha dato risultati efficaci a livello europeo.
APG23
23/11/2016
Manca poco al Natale, c'è grande fermento in questi giorni nelle cooperative sociali della Comunità Papa Giovanni XXIII.
I ragazzi sono tutti al lavoro per creare regali che contano davvero. Perchè a realizzarli sono persone speciali come Silvana, Giuseppina, Cristina e tanti altri.
Silvana e Giuseppina, appena arrivano al Centro Diurno della Cooperativa Eco Rinascere, “corrono” a timbrare il cartellino per segnare la loro presenza. Silvana a volte timbra più volte, per essere sicura di aver fatto bene!
Pochi minuti dopo sono già intente ad arrotolare il feltro con cui prepareranno le murrine da attaccare sulle cornici. Giuseppina le posiziona con precisione mentre Silvana le tiene ferme con pazienza, fino a quando non si attaccano bene. Controllano ogni cornice con attenzione e, quando hanno verificato che è tutto in ordine, si scambiano uno sguardo di complicità. Perché la soddisfazione è davvero tanta!
Cristina, a causa della sua disabilità, ha sempre vissuto in casa con i suoi genitori, non avendo alcun tipo di relazione con altre persone. Un giorno, all’improvviso, la sua mamma si è ammalata e non si sono più potuti prendere cura di lei. Così, a 45 anni, Cristina ha cominciato a frequentare uno dei Centri Diurni della Comunità.
Era spaventata, timida e insicura ma, grazie all’affetto dei suoi colleghi e amici ha scoperto il bello dello stare insieme agli altri e, soprattutto, ha scoperto di avere molte abilità.
Ora è l’addetta a mettere i sigilli sui vasetti dei prodotti della Cooperativa Madre Terra che compongono i cesti natalizi della Comunità.
Ecco perché i nostri regali di Natale sono così preziosi.
Acquistandoli non regalerai solo un cesto, una cornice o un biglietto di auguri, ma il tuo dono restituirà il diritto di avere una mamma e un papà ai bimbi rimasti soli, una casa a chi ha perso tutto e vive per strada, un lavoro e una nuova opportunità a persone come Silvana, Giuseppina, Cristina e tanti altri.
Non è il regalo più bello che si possa fare?
APG23
22/11/2016
In occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne la Comunità Papa Giovanni XXIII ha organizzato per il 25 novembre 2016 a Verona alle ore 21 un momento pubblico di riflessione e preghiera sul dramma delle donne costrette a vendere il proprio corpo subendo ogni sorta di sopraffazione e violenza.
Si terrà nel luogo (Località Bassona, via Bresciana, c/o area distributore DWK)) dove due anni fa venne uccisa Venetita e non lontano da dove tre mesi fa è stata tragicamente uccisa anche Lioara.
Sarà presente il Vescovo di Verona Mons. Giuseppe Zenti.
Sono stati inviatati anche i sindaci, gli assessori alle politiche sociali e alle pari opportunità dei Comuni di Verona, Bussolengo, Peschiera, Castelnuovo del Garda, Sona e Sommacampagna.
In questa occasione sarà presentata anche la Campagna Questo è il mio corpo per la liberazione delle donne vittime della tratta e dello sfruttamento.
I volontari dell'unità di strada della Comunità Papa Giovanni XXIII che da molti anni incontrano settimanalmente sulle strade di Verona le donne, spesso ragazzine, oggetto di tratta e costrette a vendere il proprio corpo, denunciano un forte aumento nelle ultime settimane, di minorenni nigeriane, anche di 13 -14 anni.
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APG23
22/11/2016
Dopo oltre mezzo secolo di guerra civile, il 13 novembre scorso il governo colombiano e la guerriglia delle FARC hanno steso all'Avana un nuovo accordo di pace.
Il rappresentante legale della Comunità di Pace di San José de Apartadò German Graciano Posso e Julio Cesar Guisao Hernandez, uno dei suoi fondatori, saranno in tour in Italia da domani 23 al 27 novembre per una fitta serie di incontri istituzionali. Li accompagnerà a Rimini e a San Marino Monica Puto (volontaria della Comunità Papa Giovanni XXIII in Colombia da 7 anni).
Circa 150 persone sono attese alla Pace-na solidale che li vedrà protagonisti venerdì 25 novembre alle ore 19.30 all’hotel Colonia Stella Maris di Via Regina Margherita 18 a Marebello . E’ richiesta la prenotazione.
È possibile concordare interviste nel pomeriggio.
CONTESTO
La Comunità di Pace ha visto nelle scorse settimane un inasprirsi delle tensioni sul loro territorio, con ripetute incursioni da parte del gruppo paramilitare Autodefensas Gaetanistas de Colombia (AGC) a danno della popolazione civile. . Il trattato Il trattato fra il governo colombiano e la guerriglia delle FARC firmato il 26 settembre era stato bocciato dal referendum popolare del 2 ottobre. Ora si attendono le reazioni ai nuovi accordi. Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII , dal 2009 è presente in Colombia nella regione di Antioquia con un progetto di accompagnamento ai civili della Comunità di Pace di San José de Apartadò.
APG23
22/11/2016
«Mano a mano che ci avvicinavamo a Marché Léon nel Jérémie, il paesaggio davanti a noi era sempre più apocalittico. Abbiamo visto coi nostri occhi case distrutte, tetti (spesso fatti di lamiere) divelti, alberi e palme sradicati seppur secolari e strade trasformate in fiumi. I volti che abbiamo incontrato erano diversi tra loro: chi ci sorrideva e chi per protesta e per attirare la nostra attenzione bloccava la strada pur di ottenere degli aiuti». A distanza di un mese e mezzo dalla devastazione causata dall’uragano Matthew che ha colpito in particolare le coste del sud ad Haiti, ecco il racconto dei missionari della Comunità Papa Giovanni XXIII presente sull’isola caraibica dal 2011. Una decina di giorni fa si sono infatti recati nella zona più colpita dalla furia dei venti di 220 km/h per portare alla popolazione kit di viveri e farmaci, durante l’uscita con la “clinica mobile” a Cafou Anri e Fonbaya in collaborazione con le Sorelle del Cuore immacolato di Maria (una congregazione brasiliana presente in quella terra).
Haiti era già stata devastata nel 2010 dal terremoto in cui morirono 230mila persone, ed ecco che i primi di ottobre si è scatenata anche la furia dell’uragano Matthew. Un colpo duro da affrontare per le istituzioni che hanno attivato da subito i Centres d’Operations d’Urgences Départementaux, proprio nel periodo in cui si apprestavano alle elezioni presidenziali. Domenica 20 novembre finalmente gli haitiani sono andati alle urne (e gli esiti delle votazioni saranno noti fra una settimana) ma non stupisce che l’affluenza sia stata molto bassa. Senza un tetto, con provviste, abiti, utensili e anche documenti spazzati via, pur sperando da anni nella stabilità politica, oggi la gente prima di tutto è preoccupata di trovare cibo disperatamente. La popolazione infatti è in ginocchio specie nelle aree rurali. Sono queste le più colpite, perché l’uragano oltre ad aver causato circa mille morti e 200mila sfollati, sono continuate piogge ininterrotte e alluvioni sui numerosi abitanti costretti a dormire a cielo aperto, aumentando così anche il rischio di epidemia di colera e malaria, per la mancanza di cibo, acqua potabile, igiene e farmaci. Vittime principali i bimbi con età inferiore ai 5 anni, a rischio di morte per malnutrizione. E non aiuta il fatto che l’attenzione mediatica, concentrata maggiormente nelle vicende della politica internazionale, pare abbia lasciato nel dimenticatoio il dramma di Haiti, nonostante l’appello di Caritas internationalis, intervenuta alcune settimane fa a sostegno di Caritas Haiti e delle numerose congregazioni religiose impegnate a raggiungere le famiglie isolate anche a causa dell’inaccessibilità delle strade.
L’Associazione Papa Giovanni XXIII, giunta nel 2011 sull’isola al fianco dei Padri Scalabriniani, nel 2014 ha aperto una Casa di accoglienza a Croix de Bousquet, periferia della capitale Port-au-Prince. Destinatari dell'intervento sono in particolare famiglie molto povere, per lo più mamme sole con figli ai quali sono offerti ogni giorno un pasto, attività di doposcuola, sportive, ricreative. Dopo l’uragano che ha causato circa mille morti e 200mila sfollati, nonostante la distanza dalla zona colpita, Andrè Volon e Ines Meggiolaro, con tre caschi bianchi, Marta, Simone e Cecilia, volontari in servizio civile per un anno, hanno potuto visitare di persona la zona di Jérémie.
«Le vittime non si contano solo nei numeri denunciati dai media i primi giorni – raccontano da Haiti – ma bensì continuano ad aggiungersene poiché la preesistente situazione di povertà si è aggravata successivamente alla catastrofe. Chi ha pagato il prezzo più caro sono stati bambini e anziani che hanno perso la vita nei giorni successivi all’uragano poiché, indifesi e deboli, non sono riusciti a resistere alla fame e alla mancanza di un riparo. Tuttavia con gli aiuti che arriveranno potremo sostenere questo popolo che mostra una straordinaria forza di reagire davanti alle innumerevoli catastrofi: la natura stessa con il rigermogliare degli alberi sembra rispecchiare la voglia di rialzarsi con forza e speranza».
Per questo la Papa Giovanni XXIII attiverà interventi per i più fragili tra le vittime, in particolare bambini, disabili e anziani, secondo lo stile di condivisione con gli ultimi tra gli ultimi.
Gli aiuti che raccoglieremo diventeranno generi alimentari di prima necessità per chi ha perso la propria casa e tutte le sue cose, kit di prevenzione per le epidemie e materiale per costruzioni, per rimettere in piedi ciò che l’uragano ha travolto. Tutto sarà acquistato direttamente ad Haiti, perché anche sostenendo l’economia locale si aiuta questo paese a ripartire.
Per loro dobbiamo impegnarci. Per loro vi chiediamo aiuto.
Puoi anche donare attraverso:
bonifico bancario. codice Iban IT 41B 033 5901 6001 0000 0008 036. Intestato a Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII - Attività ONLUS. Causale: 16CLHT - EMERGENZA URAGANO HAITI.
conto corrente postale n. 12148417. Intestato a Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII - Attività ONLUS. Causale: 16CLHT - EMERGENZA URAGANO HAITI.
APG23
21/11/2016
«La miglior difesa è l’attacco» dice un proverbio. La Comunità Papa Giovanni XXIII ribatte affermando: «La miglior difesa è la pace», che è stato anche il titolo di un convegno svoltosi a febbraio 2014. Per costruire la pace servono gesti concreti, non solo a livello delle alte sfere politiche, ma anche partendo da noi, semplici cittadini. Un esempio: firmare ed inviare una cartolina (qui trovate tutti i riferimenti). Questo gesto fa parte della campagna nazionale che ha come obiettivo stimolare l’attenzione dei deputati di ogni regione affinché appoggino con la loro firma la legge, la Segreteria Nazionale della campagna mette a disposizione delle cartoline da indirizzare a ciascun deputato che ogni cittadino può firmare (es. ogni cittadino può firmare una cartolina per ogni deputato della propria circoscrizione elettorale). Le cartoline andranno riconsegnate alla segreteria nazionale della campagna entro fine novembre, e verranno consegnate in un evento finale dalla segreteria della campagna a ciascun deputato.
La campagna è promossa da diverse reti: CNESC (Coordinamento Nazionale Enti Servizio Civile), Rete Italiana per il Disarmo, Tavolo interventi civili di pace, Sbilanciamoci!, Forum nazionale per il Servizio Civile, Rete della pace. La Comunità Papa Giovanni XXIII, attraverso l’ufficio Obiezione e Pace, fa parte di CNESC e della Rete Italiana per il Disarmo
APG23
19/11/2016
«Il Giubileo della Misericordia è stato un dono dello Spirito Santo che, attraverso Papa Francesco, ha donato al mondo intero la possibilità di scegliere la via della pace e del perdono, della responsabilità e carità». È il commento di Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, in occasione della chiusura del Giubileo straordinario della Misericordia.
«Questo Anno Santo – continua Ramonda - ha messo in evidenza come si debba ripartire dagli ultimi, dai poveri, dalla giustizia, per rimettere al centro la fraternità tra gli uomini, tra i popoli, le religioni. La condivisione con i piccoli della terra è la via maestra per continuare a vivere il Vangelo della Misericordia, per edificare una società basata sul gratuito».
La Comunità di don Benzi, di cui il prossimo anno ricorrono dieci anni dalla morte, ha avviato nuove opere di misericordia, come segni tangibili e permanenti del Giubileo. In Calabria si sta aprendo una casa famiglia all'interno del Villaggio della Carità, progetto della Chiesa di Lamezia Terme, un'altra casa è stata inaugurata nell'anno a Locri; in Cile il Vescovo ha donato un terreno alla Comunità per aprire un'accoglienza per il recupero di persone tossicodipendenti.
APG23
17/11/2016
«Lo sgombero di questo campo profughi, il più grande del nord del Libano – denuncia Giovanni Ramonda, resposabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII – sarebbe un'ulteriore violenza verso le famiglie siriane che hanno già dovuto affrontare la guerra e la distruzione delle loro case in Siria».
Operazione Colomba, corpo di pace della Comunità, ha visitato il campo ed è presente nell'area con i volontari italiani dal 2014, impegnati in attività di sostegno agli sfollati.
«Queste persone – continua Ramonda – sono fuggite dalla guerra per dare un futuro ai propri figli; dopo anni hanno ricostruito una qualità di vita appena sopra il livello di sopravvivenza, in condizioni precarie difficili; ora si ritrovano a fronteggiare il rischio di perdere il poco che hanno».
Il campo informale di Rekhanye, nella regione di Akkar nel nord del Libano, ospita circa 1.300 persone di cui la maggior parte sono minori. Il 10 novembre una persona che si è dichiarata portavoce dell'esercito libanese ha intimato lo sgombero del campo il 26 novembre. L'ordinanza di sgombero è stata notificata al coordinatore dell'Its (Informal Tented Settlement) di Rekhanye gestito da Urda (network che offre assistenza ai rifugiati siriani in Libano).
Abu Isham, responsabile libanese di Urda per il campo ha dichiarato che i membri dell'organizzazione non intendono lasciare la zona e sono fermamente intenzionati ad evitare lo sgombero. Operazione Colomba condanna le minacce: «Il prezzo della guerra è sempre troppo alto, e a pagarlo sono sempre i più deboli», spiegano i volontari.
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