APG23
30/11/2017
«Pieno appoggio alla Regione Emilia-Romagna, prima regione d'Italia contro la tratta e lo sfruttamento sessuale. Grati per aver approvato una risoluzione che prevede il contrasto alla prostituzione tramite la sanzione del cliente. Dopo il comune di Firenze e Rimini, ora è una Regione a indicare la strada: il cliente è responsabile. La nostra speranza è che sia di esempio per tutti i Sindaci e Governatori».
E' quanto afferma Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità fondata da Don Oreste Benzi, il sacerdote che per primo in Italia ha combattuto la cultura della prostituzione in Italia. La notizia riguarda l'approvazione di una risoluzione dei consiglieri dell'Emilia Romagna, con Giuseppe Paruolo primo firmatario, in cui si invita a promuovere e sostenere interventi normativi volti a contrastare lo sfruttamento della prostituzione e a sostenere le vittime del traffico di esseri umani, scoraggiando soprattutto la domanda di prestazioni sessuali a pagamento.
«Don Benzi lo aveva capito 30 anni fa. Ora, a 10 anni dalla sua morte, stiamo assistendo al cambiamento di un paradigma culturale: il riconoscimento della corresponsabilità del cliente che sfrutta la condizione di vulnerabilità della donna. - continua Ramonda – Sono i primi risultati di una lunga battaglia. Per questo ci troveremo sabato sera a Modena per ricordare che la prostituzione oggi in Italia è una moderna forma di schiavitù».
La Comunità Papa Giovanni XXIII ha liberato dalla strada e accolto oltre 7000 ragazze vittime del racket della prostituzione. Ogni settimana è presente con 25 unità di strada e 100 volontari per incontrare le persone che si prostituiscono. Promuove, insieme ad un cartello di associazioni, l'iniziativa Questo è il mio Corpo, campagna di liberazione per le vittime della tratta e della prostituzione. La proposta, ispirata al modello nordico, ha l'obiettivo di ridurre sensibilmente il fenomeno colpendo la domanda e sanzionando i clienti delle persone che si prostituiscono.
Don Oreste Benzi (1925-2007) è stato un presbitero italiano, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, che ha speso la sua vita a favore degli ultimi. In occasione dei 10 anni della sua morte, si stanno tenendo in tutta Italia numerosi eventi per ricordarlo.
Leggi la risoluzione regionale.
APG23
30/11/2017
3 dicembre: Giornata mondiale della disabilità. La legge 328 del 2000 prevede da parte degli enti locali, nella presa in carico di difficoltà delle persone con disabilità, la redazione di un “progetto individuale”. Si tratta di un piano per lo sviluppo della persona disabile che si articola nel tempo. La presa di coscienza dell’importanza, per tutte le persone, di poter immaginare un proprio progetto di vita, è al centro delle iniziative della Comunità Papa Giovanni XXIII per la Giornata mondiale delle Persone con Disabilità 2017.
Progetto di vita vuol dire possibilità per ogni persona di poter pensare in prospettiva futura; possibilità di immaginare, fantasticare, desiderare, aspirare, volere e preparare le azioni necessarie alla realizzazione personale. Un progetto di vita comincia in famiglia e si realizza nella scuola, sul territorio, nel lavoro, nel tempo libero, nelle relazioni sociali. Per una persona con disabilità, come espressione di un percorso di autonomia, il progetto di vita riguarda anche il delicato tema del “dopo di noi”: cosa fare quando i caregiver familiari non ci saranno più.
Il Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII Giovanni Paolo Ramonda introduce gli eventi della giornata: «Ogni cittadino è coinvolto, ed è parte attiva nel permettere alle persone con disabilità di poter aspirare ad avere un progetto per la propria vita, come tutti noi. Quando telefono a casa dai miei viaggi all’estero alla sera mi risponde sempre Simona, con sindrome down. Mi riempie il cuore ogni volta con la sua dolcezza e la sua capacità di accoglienza; veramente le persone diversamente abili sono un dono stupendo per l’intera società, che rendono più vera ed umana».
Vedi le iniziative principali per la Giornata mondiale della disabilità
APG23
29/11/2017
Sabato 2 Dicembre a Modena si terrà una catena umana contro la tratta e la prostituzione, in occasione della Giornata Mondiale contro la schiavitù e la prostituzione coatta.
«Vogliamo occupare i marciapiedi dove tante ragazze sono costrette a prostituirsi, di notte, al freddo. Per una sera vogliamo impedire che queste donne, spesso giovanissime, siano sfruttate dai clienti della prostituzione». E' quanto afferma Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità fondata da Don Oreste Benzi, il sacerdote che per primo in Italia ha combattuto la cultura della prostituzione in Italia.
L'appuntamento è in Viale Ovidio, località Bruciata, davanti alla Decathlon alle ore 21:00. Lungo un marciapiede lungo 1300 metri verranno lette alcune storie di donne sfruttate. Tutte le sere a Modena sono per strada 70 ragazze, devono “vendere” il loro corpo 6-10 volte per poter ripagare il debito contratto.
Saranno presenti il Sindaco di Modena, Giancarlo Muzzarelli, ed il Vescovo Castellucci, oltre a numerose associazioni del territorio.
La Comunità Papa Giovanni XXIII ha liberato dalla strada e accolto oltre 7000 ragazze vittime del racket della prostituzione. Ogni settimana è presente con 21 unità di strada e 100 volontari per incontrare le persone che si prostituiscono. Promuove, insieme ad un cartello di associazioni, l'iniziativa Questo è il mio Corpo, campagna di liberazione per le vittime della tratta e della prostituzione. La proposta, ispirata al modello nordico, ha l'obiettivo di ridurre sensibilmente il fenomeno colpendo la domanda e sanzionando i clienti delle persone che si prostituiscono.
Don Oreste Benzi (1925-2007) è stato un presbitero italiano, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, che ha speso la sua vita a favore degli ultimi. In occasione dei 10 anni della sua scomparsa, si stanno tenendo in tutta Italia numerosi eventi per ricordarlo.
APG23
27/11/2017
Si dice che Natale venga una volta l’anno. È per tutti l’occasione di raccogliere i pensieri e scriverli in un biglietto, di radunare attorno a sé le persone care e consegnare loro un regalo fatto con il cuore, di riempire gli occhi, la pancia e lo spirito di cose buone. Ci sono cose che sono più buone di altre, perché portano con sé un significato particolare – come i regali di Natale della Comunità Papa Giovanni XXIII, che aprono nuovi orizzonti e prospettive di vita.
Gli scarni crocifissi uniscono saldamente drammi e fragilità diverse. Il legno è quello dei barconi che attraversano il Mediterraneo carichi di migranti in cerca di pace e rifugio; le mani che lo lavorano sono di Andrea, che a 24 anni ha già conosciuto il carcere, e di Raffaele, che sorride sempre. Entrambi sono accolti dalla Cooperativa “Rò La Formichina” di Acireale, dove persone con disabilità e con procedimenti penali in corso, spalla a spalla, trasformano non solo il legno, ma anche il proprio futuro, in un’opera d’arte unica nel suo genere.
Le sciarpe, le borse e i portapenne tessuti al telaio a mano parlano del lavoro paziente di Ebi e delle altre donne del progetto “Colori e Stoffe” in Albania, che si sono aggrappate ai fili di cotone per risollevare la propria sorte, intrecciandoli alle loro speranze e creando trame meravigliose.
I cesti natalizi “La Madre Terra” racchiudono ghiottonerie di ogni sorta, che sono sì biologiche e a km 0, ma vengono soprattutto preparate con cura e in modo artigianale da Cristina e da chi frequenta insieme a lei il laboratorio della Cooperativa “La Fraternità”, un luogo pensato delle persone con disabilità che vi lavorano. Così come il Centro Diurno della Cooperativa l’”Eco”, dove Silvana ha un compito preciso: quello di arrotolare con minuzia le strisce di feltro colorate per fare le “murrine”, che poi vengono attaccare alle cornici di legno sbiancato.
Scegliere uno di questi prodotti significa dare valore al lavoro di Ebi, Andrea, Raffaele, Cristina e Silvana e sostenere le attività e i progetti portati avanti dalla Comunità Papa Giovanni XXIII che, dando loro un impiego e un impegno concreto, ne preservano la dignità. Non solo: significa regalare un pezzo unico, perché fatto a mano e perché porta con sé una storia che vale la pena ascoltare. E poi c’è un regalo che non si può toccare, ma solo raccontare: è la gioia di chi era solo e ora ha una famiglia, è il sollievo di chi aveva fame e ha avuto un pasto, è la pace di chi viveva in strada e ha una casa, è il futuro di un bambino che va a scuola e l’orgoglio di tutti quelli che hanno trovato un lavoro.
Questa storia è scritta in una lettera da donare a chiunque vuole ricevere il regalo più bello: un mondo più giusto, per tutti.
#FOTOGALLERY:natale2017#
QUEST'ANNO FAI UN REGALO SPECIALE CHE CAMBIA DUE VITE.
Il tuo regalo di Natale può cambiare la vita di chi potrà essere accolto nelle Case della Comunità e sentirsi di nuovo amato, e quella di chi riceverà il tuo regalo.
Condividerete la gioia di sapere che, insieme, state cambiando la storia di qualcuno.
APG23
21/11/2017
Dopo la fortunata serie di conferenze per genitori della primavera scorsa la Comunità Papa Giovanni XXIII promuove un nuovo ciclo di incontri, confronti e dibattiti sulla Scuola del Gratuito. I temi trattati e la caratura dei relatori fanno di questi incontri un’esperienza unica nel panorama romagnolo e offrono a genitori e insegnanti interessanti spunti di riflessione su questioni dibattute e complesse. Le serate sono a Forlì il martedì sera alle 20.45. Per approfondire vedi anche la pagina Facebook.
Scarica la locandina.
Nuove proposte sui voti scolastici
Il 23 gennaio sarà ospite il dott. Giancarlo Cerini, conosciuto e stimato Dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia Romagna e autore di numerosi libri sui temi della scuola e dell’educazione. Con lui e con Davide Tamagnini, sociologo, maestro e autore del libro “Si può fare”, parleremo di come passare “Dalla valutazione alla valorizzazione” e delle “nuove proposte sui voti”. Luogo: via dei Mille 1, presso la Scuola Santa Dorotea a Forlì.
Come dare i voti scolastici?
Ottimo, distinto, buono: voti a scuola, si o no? Questa è una domanda che si pongono in molti: studenti, insegnanti ed esperti. Crescono i movimenti che sostengono che a scuola i voti andrebbero proprio tolti. Comunque, è possibile trovare idee per mantenere un certo equilibrio, ad esempio non valorizzando troppo le pagelle ma puntando piuttosto ad altri strumenti di relazione insegnante-alunno. Se nella scuola primaria può essere semplice alleggerire il concetto di voto (alcuni insegnanti scrivono delle lettere personali ad ogni alunno, mentre la pagella resta solo in mano ai genitori), le cose possono risultare meno scontate con l'ingresso nella secondaria e con l'aumento delle prestazioni richieste ai ragazzi.
La scuola, laboratorio della società
Nell’ultimo incontro, il 6 febbraio nel salone della parrocchia di San Paolo in via Pistocchi a Forlì, guarderemo “La scuola come specchio e laboratorio della società” in un avvincente faccia a faccia tra Mauro Scardovelli, giurista, psicologo e formatore e Daniele Severi, responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII. Fra i relatori ci sarà anche il Vicesindaco di Forlì Lubiano Montaguti. Cercheremo di “tirare le somme” e di guardare al futuro con curiosità, interesse e fiducia.
Il ciclo di incontri ha avuto il patrocinio della Diocesi di Forlì Bertinoro e dell’Assessorato alle Politiche Educative del Comune di Forlì.
Aderiscono all’iniziativa la Cooperativa Paolo Babini, l’Azione Cattolica Diocesana e l’AGeSC.
A scuola senza compiti per casa
Al supermercato, dal parrucchiere e naturalmente all’uscita della scuola uno degli argomenti di conversazione più gettonati tra le mamme è sicuramente quello dei compiti per casa. Le famiglie sono talmente in difficoltà che investono ingenti risorse in doposcuola, lezioni private e centri pomeridiani, pur di non doversi occupare dei compiti dei figli. Sì, perché è proprio questo che spesso avviene: i genitori finiscono per fare i compiti dei propri figli. Ma allora i compiti servono? E a chi servono?
Sull’argomento è recentemente intervenuta anche la Ministra Valeria Fedeli che ha dichiarato: “Credo che ci debba essere un atteggiamento sicuramente migliorativo rispetto a quello tradizionale ‘Ti faccio la lezione frontale, poi tu approfondisci a casa da solo’. Credo che questo non sia più il tempo né della sola lezione frontale né dei singoli compiti a casa”.
Eppure è proprio un professore di scuola secondaria a spiegare come si fa: con alcuni libri si rivolge agli insegnanti, oppure scrive direttamente ai bambini.
La scuola senza compiti spiegata ai bambini: il libro
Generare vita significa generare speranza, capacità di affrontare il futuro in modo umano e vivibile, tirare fuori il meglio da ogni ragazzo, costruire percorsi di conoscenza che siano significativi, esaltare le passioni e la creatività di ciascuno. Partire dall’educazione è l’unica strada che rimane in una società compromessa nei valori e nella visione del bene.
Ecco il libro che racconta ai bambini il sogno di una scuola senza compiti, in cui non è tanto importante la competizione, quanto la collaborazione. Consigli che sono applicabili anche nella scuola normale. Acquistabile qui: Vi insegno a prendere il volo, di Ferdinando Maria Ciani, insegnante di scuola secondaria.
La scuola del gratuito: il convegno annuale di presentazione
Più di 200 insegnanti, genitori, studenti da tutte le parti d'Italia hanno partecipato il 30 settembre e il 1 ottobre 2017 alla 3ª edizione del convegno “La Scuola del Gratuito”, che ha avuto per tema “Quando la classe genera la vita”. Dopo due edizioni tenute a San Marino, la sede è stata spostata a Forlì ove la Comunità Papa Giovanni XXIII ha iniziato la gestione dell'Istituto paritario “Santa Dorotea”.
Dopo le prime due fortunatissime edizioni, il Convegno 2017 è entrato specificamente nei temi concreti, utili agli educatori nella loro vita quotidiana con i ragazzi. Si tratta di un appuntamento annuale importante per fare conoscere ad una platea sempre più vasta i principi della Pedagogia del Gratuito, elaborati circa 20 anni fa all’interno della Comunità Papa Giovanni XXIII e che trovano la loro espressione nel manifesto della Scuola del Gratuito e che da quest'anno trovano una loro “casa” nella rinnovata scuola Santa Dorotea di Forlì, presa in gestione dalla stessa Papa Giovanni XXIII.
Sul tema “La scuola del bene comune” ha aperto gli interventi Roberto Mancini, ordinario di Filosofia Teoretica all'Università di Macerata dando molti spunti di riflessione e invitando ad uscire dalla logica del potere che ci presenta l'altruismo come sacrificio. “Il dono non è sacrificio “ ha detto “ma una forma di relazione. È un atto di vita, sarebbe sbagliato non condividere”. Fra l'altro ha definito la scuola “Un organismo vivente dove le persone imparano a convivere”.
Nella Scuola del gratuito si studiano le strade che portano i ragazzi a diventare protagonisti e non più soggetti passivi, costruendo quel difficile processo capace di rendere la classe un contesto realmente corale dove si genera pensiero, ci si ascolta e si impara a imparare gli uni dagli altri.
Secondo Ferdinando Ciani, animatore del “Gruppo di Studio per la Scuola del Gratuito”, il punto di partenza è un patto di classe, nel quale le regole per la vita in comune vengono elaborate e decise insieme. Quanto deciso viene poi attuato insieme attraverso l'autogestione delle ore di scuola.
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Terzo intervento quello di Franco Lorenzoni, maestro elementare fondatore della Casa-laboratorio Cenci ad Amelia ed esponente del Movimento di Cooperazione educativa. Ha esposto il suo metodo didattico che fa largo uso dell'espressione artistica. Ha parlato del rispecchiamento dei bambini davanti alle opere d'arte, occasione di approfondimento e di riflessione su sé stessi e la Società. Per fare questo è necessario un lavoro fatto in comunità, che comprenda anche la restituzione agli alunni della bellezza di quanto hanno prodotto.
Negli interventi dal pubblico molto gradito quello di Padre Consonni e di una insegnante della Scuola paritaria di Orzinuovi ove si sperimenta la Scuola del Gratuito «L'utopia è possibile, ora alunni e insegnanti sono più felici»
Ecco come tenersi in contatto con il gruppo di lavoro:
Il Blog del "Gruppo di studio per la Scuola del Gratuito" per approfondire https://scuoladelgratuito.wordpress.com/about/
La pagina sul sito della "Comunità Papa Giovanni XXIII" per informazioni di base e documenti https://www.apg23.org/it/scuola/
La pagina Facebook "La Scuola del Gratuito" per tenersi aggiornati https://www.facebook.com/LaScuolaDelGratuito/
Il gruppo Facebook "Noi della Scuola del gratuito" per interagire https://www.facebook.com/groups/1650648475180781/
APG23
20/11/2017
In tutto il mondo il 20 Novembre si celebra la giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, in memoria della ratifica della convenzione a tal riguardo, del 1989 da parte delle Nazioni Unite. Questa in Italia è stata ratificata nel 1991. Anche qui da noi, in realtà, bambini e ragazzi non sono tutti uguali; alcuni sono rinchiusi in carcere e i loro occhi chiedono: «Com’è la vita fuori?».
I dati del Ministero della Giustizia riportano che i minori condannati, nel Giugno del 2016, erano 426 e sono tutt’oggi ospitati in quelli che vengono definiti “Istituti penali per minori”. In queste strutture sono detenuti ragazzi e ragazze, dai 14 ai 25 anni, che hanno commesso reati, penali o civili, prima del compimento del 18° anno d’età. Il tribunale per i minori fu istituito nel 1934, in piena epoca fascista, e oggigiorno si è cercato di sostituire la vecchia impostazione punitiva con un modello assistenziale-terapeutico. Nonostante l’ultima modifica del Codice di Procedura Penale per minori, risalente al 1989, abbia tentato di diminuire il numero di ingressi, questo è ancora elevato.
I dati ci dicono che i reati commessi dai minori sono prevalentemente reati contro il patrimonio, seguiti da reati contro la persona, spaccio e rapina. Mediamente la pena è di circa un anno ma varia al mutare del reato.
Ma quali sono i volti che si nascondo dietro a questi numeri e dietro a queste colpe?
Vivere da adolescenti in un carcere minorile
Secondo Annamaria Mason, volontaria in carcere della Comunità Papa Giovanni XXIII, l’unica differenza coi ragazzi che sono fuori non è tanto l’assenza di un sogno, bensì la possibilità di crearsene uno. L'associazione presta in diverse città italiane servizio presso le carceri minorili.
La scorsa domenica un gruppo di volontari in collaborazione con l’associazione “La prima pietra”, hanno visitato i ragazzi del carcere minorile di Treviso e condividendo con loro la merenda e alcuni giochi. A Treviso i ragazzi reclusi sono 15 e la maggior parte non è italiana. Gli stranieri, nel nord Italia, sono la maggioranza e, come ci racconta Annamaria, non ricevono un trattamento uguale agli altri. Spesso non hanno la famiglia con loro e non si possono permettere l’assistenza di un buon avvocato.
Secondo le statistiche, nel Nord la maggioranza dei reclusi è straniera mentre nel Sud la prevalenza è composta da ragazzi italiani coinvolti in meccanismi malavitosi.
Quando si entra in carcere si deve avere un permesso speciale, si deve essere identificati e si devono riporre tutti i propri oggetti in un’apposita cassetta e, dopo aver varcato svariati cancelli, si possono incontrare i ragazzi. Inizialmente si è guardati con sospetto. Raccontano i volontari: «Appena si inizia a parlare e a scherzare con loro non si percepisce alcuna distinzione; ci si sente uguali. La differenza però, dopo i giochi e gli scherzi, ritorna: appena la polizia penitenziaria li obbliga ad andarcene».
La sveglia, in carcere, suona alle 8.00 per la colazione, poi vi sono delle attività a cui segue il pranzo, in seguito due ore di cella, di nuovo attività, due ore di cella, cena e poi… cella, tutta la notte.
Quando non sono in cella e non svolgono attività, i ragazzi hanno sei ore d’aria che possono trascorrere in un piccolo cortile o in una grigia palestra. Per fare qualsiasi cosa si deve chiedere il permesso, senza escludere la possibilità di essere perquisiti. Si ha un numero limitato di ore per i colloqui e per le telefonate. Nella quotidianità i ragazzi svolgono dei piccoli lavori che gli permettono di guadagnare pochi euro con cui si devono poi comprare tutto ciò che gli serve: sapone, dentifricio, acqua e sigarette. All’interno del carcere lavorano educatori, psicologi, mediatori culturali e professori che cercano di insegnargli una professione o fargli recuperare gli anni di scuola persi.
«Tutti coloro che stanno con questi ragazzi tentano di tenerli impegnati e fanno un buon lavoro ma il problema — spiega Annamaria — è che dentro si deve rispettare un determinato codice e che devono confrontarsi quotidianamente con la propria colpa».
Quando un ragazzo entra deve spogliarsi di tutto, compresi i propri oggetti personali e costruirsi una nuova identità: quella del carcere. Quando esce, poi, sarà costretto di nuovo a costruirsene una nuova o a rindossare quella vecchia e, prima o poi, ricadere e, forse, rientrare dietro alle sbarre.
In tutto ciò, che cosa fanno i volontari? «Cerchiamo di condividere coi ragazzi un po’ di questa anormale normalità; tentiamo di portare dentro un pezzo di cielo che loro non possono vedere dal piccolo cortile. Si vuol far capisce che la vita è più bella di come sono stati abituati e che rapporti, basati sulla gratuità, sono possibili», racconta Annamaria.
APG23
18/11/2017
La casa automobilistica Lamborghini ha voluto donare a Papa Francesco un pezzo unico realizzato appositamente per lui: una Huracán RWD bianca con le strisce gialle, in omaggio ai colori della Città del Vaticano.
Bergoglio non si è messo però al volante, ma ha autografato la fuoriserie e ha chiesto che venga battuta all’asta da Sotheby’s – la data è stata fissata per il 12 maggio del 2018. Il ricavato verrà consegnato direttamente al Pontefice che ha scelto di devolverlo, tra le altre, all’Associazione Papa Giovanni XXIII, a sostegno delle attività contro la tratta di giovani donne e per la loro liberazione dalla schiavitù della prostituzione.
«Abbiamo ancora impresse negli occhi le immagini dell’incontro straordinario del Santo Padre con le nostre ragazze – ha commentato Giovanni Paolo Ramonda , Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII – Era uno dei “venerdì della misericordia” dell’agosto 2016 e Papa Francesco andò in visita alla Casa di Prima Accoglienza di Roma, dove viviamo con le donne strappate alla vita di strada. Ricordiamo con grande emozione il suo abbraccio a queste creature che hanno sperimentato ogni tipo di violenza e la sua commozione nell’ascoltare i loro drammi. L’iniziativa di oggi si pone in linea di continuità con quel gesto di misericordia. È per questo che intitoleremo a lui una delle case per le donne vittime di tratta: si chiamerà Casa Papa Francesco».
Il gesto del Pontefice giunge nel decennale della scomparsa di don Oreste Benzi, fondatore dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, che per primo ha voluto richiamare l’attenzione delle istituzioni e dei cittadini sulla prostituzione.
Nessuna donna nasce prostituta, ma c’è sempre qualcuno che la fa diventare, sosteneva don Oreste, che fendeva la notte per dirigersi verso quelle che chiamava “sorelline”: è sulla scia dei suoi passi che sono nate le Unità di Strada, gruppi di volontari che ogni sera, in tutta Italia, vanno ad incontrare le donne costrette a vendere il proprio corpo.
Le Unità di Strada sono oggi 31 nelle varie regioni d’Italia e 200 tra donne e minori strappati alla strada sono attualmente accolti nelle strutture Apg23, mentre negli anni sono state liberate più di 7000 vittime di sfruttamento sessuale.
La Comunità Papa Giovanni XXIII promuove, insieme ad un cartello di associazioni, la campagna Questo è il mio corpo, che organizza attività di sensibilizzazione pubblica sul tema della tratta e dello sfruttamento delle donne ai fini di prostituzione e sostiene la proposta di legge Bini per la punibilità del cliente.
RASSEGNA STAMPA
Famiglia Cristiana
CNN
Ilsole24ore
Rainews
APG23
17/11/2017
Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, inaugurerà una casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII, ottenuta da un bene confiscato alla mafia. L'appuntamento è sabato 18 Novembre, a Sarzana, in via Ghigliolo, 32, località Paghezzana.
«Siamo onorati di mettere il nostro carisma e la condivisione della vita con gli ultimi a servizio del Bene Comune» spiega Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità fondata da don Benzi. «Nelle case famiglia le fragilità vengono accolte e le ferite risanate dalla relazione con un papà ed un mamma. Si tratta di un'azione di prevenzione che toglie terreno alle mafie, le quali fondano il loro potere sulla vulnerabilità della società».
Alle ore 10:30 il Vescovo Palletti celebrerà la S. Messa. A seguire, la presentazione dell'iniziativa, con gli interventi del Prefetto, del Sindaco, del presidente della Fondazione Carispezia Matteo Melley, del Presidente dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII Giovanni Paolo Ramonda, del presidente del consorzio Cometa don Franco Martini e del vice presidente di Libera, Davide Pati. Per concludere, un rinfresco offerto dai promotori e dalla Confederazione Italiana Agricoltori.
La Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, opera al fianco degli ultimi dal 1968. Oggi conta circa 500 strutture in Italia ed in 40 paesi nei 5 continenti.
APG23
17/11/2017
In occasione della 1° Giornata Mondiale dei Poveri, istituita da Papa Francesco, una delegazione della Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23) parteciperà al pranzo organizzato in Vaticano insieme al Pontefice. Persone senza fissa dimora accolte nelle “Capanne di Betlemme” di Apg23 – case dedicate all'accoglienza degli homeless – saranno ospitati, insieme ad altri 1.500 poveri, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, per partecipare a un pranzo festivo con Papa Francesco.
«Sorprende la vicinanza del pensiero del Papa a quella di don Oreste Benzi, il fondatore di Apg23, che nel 2007, poco prima della sua morte, scelse di vivere proprio nella nostra Capanna di Betlemme di Rimini, insieme a persone senza dimora. Nel suo discorso per la giornata dei poveri il Papa “invita tutte le persone di ogni religione ad aprirsi alla condivisione con i poveri in ogni forma di solidarietà”. È esattamente la vocazione che ci ha lasciato don Benzi, quella di vivere la nostra vita con i poveri». Commenta Giovanni Paolo Ramonda, Presidente di Apg23, la Comunità che riceverà una parte del ricavato della vendita all'asta della Lamborghini donata al Pontefice pochi giorni fa.
Le persone della Comunità Papa Giovanni XXIII vivono ogni giorno della loro vita con i più poveri ed emarginati, in Italia e in tutto il mondo e garantisce ogni anno 7 milioni e mezzo di pasti alle persone che accoglie e aiuta.
Per celebrare la Giornata Mondiale dei Poveri la Comunità organizza, in collaborazione con le Chiese locali, numerosi eventi, proponendo ai giovani di andare a trascorrere una notte accanto agli homeless sotto i ponti o nelle stazioni. Gli eventi principali si terranno a Bucarest (Romania), Imola, Forlì, Cesena, Catania, Carpi (MO), Ferrara, Genova, Rimini.
Tutto l’anno, anche attraverso la campagna “Un Pasto al Giorno” (www.unpastoalgiorno.org), la Comunità Papa Giovanni XXIII organizza eventi, iniziative e azioni di sensibilizzazione per ribadire che la dignità di un uomo riparte proprio dal riconoscerlo come fratello, dal garantirgli un pasto ma anche integrazione, educazione, lavoro. In linea con quanto afferma Papa Francesco nel messaggio: «Questa giornata intende stimolare i credenti perché reagiscano alla cultura dello scarto e dello spreco».
APG23
16/11/2017
Santuario di Fornò, periferia di Forlì, in una domenica nebbiosa e uggiosa si respira invece il calore di sentimenti antichi e preziosi, di cui tutti abbiamo nostalgia. Riconoscenza, emozione, commozione, gioia e gratitudine hanno caratterizzato questo pomeriggio in cui tanti amici della Comunità si sono ritrovati per festeggiare insieme un compleanno. «Trent’anni non sono molti, ma neanche pochi!» afferma il parroco don Mauro Ballestra al termine della Santa Messa celebrata in ringraziamento per i doni che Dio ha elargito con abbondanza. La Comunità si occupa di recupero e reinserimento sociale di soggetti affetti da dipendenze patologiche: da qui sono passate, in 30 anni, oltre 500 persone; attualmente gli ospiti sono 21, seguiti da 5 operatori, 2 psicologi e 4 volontari. L’età media è passata da 28 anni dei primi tempi ai 37 anni di oggi.
Marco Panzetti, visibilmente commosso, ha ricordato l’agosto del 1987 quando, insieme a don Mino Flamigni, don Amedeo Pasini, Marinella Mussolini, Angela Guardabascio e Giuseppe Bertaccini si è recato per la prima volta a Fornò, per vedere «la casa dove far nascere la prima comunità terapeutica di Forlì, senza nulla di scritto, solo con la volontà di esserci, cercando di fare semplicemente il salvagente, offrendo la possibilità di un aggancio, di un incontro, lasciando che poi la vita offrisse ad ognuno una nuova opportunità».
«In questi 30 anni - racconta Daniele Severi, responsabile della zona Romagna - tante persone sono passate dalla comunità di Fornò e hanno incontrato Qualcuno che ha riempito il loro vuoto. Un vuoto che oggi è lo stesso di 30 anni fa, anche se assume nuove forme e si diffonde e si insinua nella vita dei giovani in maniera sempre più subdola e pervasiva. La risposta vera non sono gli psicofarmaci, e neanche le terapie alternative, l’unica vera risposta è l’incontro e la relazione con Dio che si incarna nei volti, nelle parole, nell’affetto degli operatori che, giorno dopo giorno, mettono la propria vita insieme a quella dei ragazzi. Questo è il “metodo” della Comunità Papa Giovanni XXIII, la condivisione diretta, la via che ci ha indicato il nostro fondatore, Don Oreste Benzi».
Giovanni Salina, animatore generale dell’ambito tossicodipendenze, ribadisce che «in questa giornata si è celebrata con grande emozione la bellezza di un incontro, di una relazione, di un’amicizia vissuta in un momento particolare della vita di questi ragazzi e l’augurio che ci facciamo - aggiunge - è che questa bellezza continui a caratterizzare la propria vita, non solo in un ricordo, ma in qualcosa da spendere per sé e, soprattutto, da donare agli altri».
Andrea Luccitelli e Francesca Huber sono arrivati a Fornò all’inizio degli anni ’90, giovani fidanzati desiderosi di mettersi in gioco per aiutare altri ragazzi a superare le proprie difficoltà. Una vita, quella di Francesca e Andrea, trascorsa totalmente all’ombra di questo Santuario, che li ha visti diventare sposi, poi genitori, sempre rimanendo fedeli, nella quotidianità, alla scelta di condivisione fatta. «Per la nostra famiglia - dice Andrea - vivere qui ha significato, da una parte, poter aiutare tante persone e, dall’altra, dare un senso profondo alla nostra esistenza, sacrificando i propri tempi e i propri spazi, in un “lavoro” di 24 ore al giorno, che non finisce mai, come il bisogno di questa povera gente che è senza inizio e senza fine e più dai e più ti chiede, e più stai bene… allora senti che la tua vita, pur con molti sacrifici, ha un senso, scopri una gioia di fondo che ti accompagna e ti dà la motivazione ad andare avanti. Quello che accomuna tutte le persone che sono state qui - continua Andrea - è il vissuto di sofferenza nella prima infanzia che si manifesta nell’adolescenza con un malessere quasi inguaribile, che deve essere messo a tacere, o almeno reso sopportabile, attraverso l’uso di sostanze che generano poi dipendenza e a volte una scissione interiore che sfocia nella malattia mentale. La risposta della condivisione permette a quel bambino ferito di fare esperienza che qualcuno lo accetta, gli vuole bene e si prende cura di lui permettendogli di rielaborare il proprio dramma interiore e imparare a convivere con le proprie ferite».
In questi anni la Comunità di Fornò ha costruito una fitta rete di relazioni con il territorio: la parrocchia e il Santuario; le scuole dove si fanno interventi di “promozione del benessere”, aiutando i ragazzi ad orientarsi in un mondo sempre più confuso e pieno di contraddizioni; le aziende con le quali si sono strette valide collaborazioni professionali che permettono di reintegrare nel mondo del lavoro persone che hanno perso tante occasioni e di aiutare i datori di lavoro a superare i pregiudizi nei confronti di chi ha sbagliato ma merita comunque un’altra occasione. «Un lavoro - tiene a precisare Andrea - di un certo livello e fatto con molta competenza, che diventa una forma di riscatto».
APG23
15/11/2017
«Questa donazione andrà a sostenere le attività di Apg23 contro la tratta delle giovani donne e per la loro liberazione dalla schiavitù della prostituzione. Rivolgo un immenso grazie a Papa Francesco per avere a cuore gli ultimi e gli scartati».
Questo il commento di Giovanni Paolo Ramonda , Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, alla notizia della scelta di Papa Francesco di destinare alla Comunità di don Benzi una parte del ricavato dell'asta di una Lamborghini a lui donata stamane alla presenza dei vertici della casa automobilistica di Sant'Agata Bolognese. L'auto verrà battuta all'asta da Sotheby's e il ricavato consegnato al Santo Padre, il quale ha deciso di destinarlo ad alcuni progetti, tra cui, appunto, quello della Papa Giovanni XXIII. Il Papa ha anche apposto la sua firma sul cofano dell'auto.
«Abbiamo ancora impresse negli occhi le immagini dell’incontro straordinario e sorprendente del Santo Padre con venti ragazze liberate dalla schiavitù della tratta e della prostituzione. - continua Ramonda - Era l’agosto 2016, in occasione di uno dei “venerdì della misericordia”. Si recò in visita alla Casa di prima accoglienza di Roma della Comunità Giovanni XXIII, dove risiedono donne strappate dal marciapiede. Ricordiamo con grande emozione l’abbraccio del Papa a queste donne che hanno sperimentato ogni tipo di violenza e la sua disponibilità ad ascoltare i loro drammi. L’iniziativa di oggi si pone in linea di continuità con quel gesto di misericordia. È per questo che intitoleremo a lui una delle nostre Case di rifugio e accoglienza. Si chiamerà “Casa Papa Francesco”».
Alla consegna era presente anche Don Aldo Buonaiuto, sacerdote della Comunità Apg23, impegnato nel recupero delle donne vittime della Tratta, salutato affettuosamente dal Pontefice. Il gesto del Pontefice giunge nel decennale della scomparsa di don Oreste Benzi e alla vigilia del cinquantesimo anniversario, nel 2018, della fondazione della Comunità stessa da parte del “prete dalla tonaca lisa”.
La Comunità Papa Giovanni XXIII ha liberato dalla strada e accolto oltre 7000 ragazze vittime del racket della prostituzione. Ogni settimana è presente con 21 unità di strada e 100 volontari per incontrare le persone che si prostituiscono. Promuove, insieme ad un cartello di associazioni, l'iniziativa Questo è il mio Corpo , campagna di liberazione per le vittime della tratta e della prostituzione . La proposta, ispirata al modello nordico, ha l'obiettivo di ridurre sensibilmente il fenomeno colpendo la domanda e sanzionando i clienti delle persone che si prostituiscono.
Don Oreste Benzi (1925-2007) è stato un presbitero italiano, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, che ha speso la sua vita a favore degli ultimi. In occasione dei 10 anni della sua scomparsa, si stanno tenendo in tutta Italia numerosi eventi per ricordarlo.
APG23
14/11/2017
SocialArt eÌ€ il primo marchio in Italia che promuove l’inclusione sociale delle persone con disabilitaÌ€, attraverso il design e l’artigianalitaÌ€. Ideato da cooperative sociali del Nord-Est, seleziona solo oggetti di alto valore umano ed estetico: le produzioni sono frutto dell'intelligenza creativa di designers che si affiancano al lavoro artigianale di persone con difficoltà intellettive, motorie e fisiche.
VenerdiÌ€ 17 novembre 2017 alle ore 18.00 a Bassano del Grappa (VI) in Piazza Garibaldi, verrà presentata la collaborazione fra SocialArt e Elmo & Montegrappa Spa, azienda che fin dal 1912 rappresenta l’eccellenza del Made in Italy nelle creazioni di penne esclusive. Nella sua boutique saranno esposti i prodotti della collezione Different Design (DD), la prima del marchio SocialArt.
«Montegrappa, coerente con la tradizione artigianale e l’impegno sul territorio che la contraddistingue da piuÌ€ di 100 anni, intende contribuire a valorizzare il potenziale di ogni persona coinvolta in SocialArt . La nostra collaborazione concretizzerà in modo innovativo la responsabilitaÌ€ sociale d’impresa, senza rinunciare ad eleganza, artigianalitaÌ€ e made in Italy di qualitaÌ€ », spiega Gianfranco Aquila, Presidente di Elmo & Montegrappa Spa.
All'evento saranno presenti apprendisti artigiani del marchio SocialArt, autorità, imprenditori e cittadini del territorio.
Il nuovo marchio Social Art contraddistinguerà i prodotti delle cooperative: Il Nuovo Ponte (Vicenza); La Goccia (Marostica e Bassano del Grappa VI); L’Eco Papa Giovanni XXIII (Carmignano di Brenta PD e Dueville VI); Mobydick (Arzignano VI); Piano Infinito (Montecchio Maggiore VI); Verlata (Villaverla VI).
La Comunità Papa Giovanni XXIII promuove il marchio SocialArt con il lavoro dei ragazzi accolti nei centri diurni per disabili delle provincie di Padova e Vicenza.
Vedi le foto di lavorazione.
Per approfondire: www.socialartdesign.it