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APG23
08/05/2019
Salvini, ti aspettiamo nelle vere case famiglia
«Quando Salvini dice che case famiglia prendono 400 euro al giorno vi assicuro che nel nostro caso non è vero. Diciamo la verità. Prendono 70 euro al giorno, per un ragazzo su due perché metà degli accolti lo sono gratuitamente». Il Presidente della Comunità Giovanni Paolo Ramonda ieri al Senato ha riportato all'attenzione del dibattito nazionale il tema delle case famiglia, in occasione della presentazione, insieme alla Presidente del Senato Elisabetta Casellati, del film Solo cose belle, in uscita a maggio nelle sale di tutta Italia. «L'accoglienza è possibile grazie al welfare e allo stato sociale, ma anche a chi da la vita, non certamente per i soldi. Molti enti pubblici sono ritardatari nei pagamenti, molto spesso gli enti locali riconoscono le quote affido anche dopo anni; è il caso del Veneto, dove a fine 2018 abbiamo vinto una causa ricevendo una parte dei contributi che ci spettavano con un ritardo di 30 anni».   Ramonda ha anche risposto alle ipotesi di un business delle case famiglia: «I ragazzi vengono tenuti oltre il dovuto? Non è vero niente. Quando bimbo può andare in affidamento o adozione siamo i primi, ma non tutti se la sentono di accogliere bimbi gravemente disabili, spesso non adottabili. Li prendiamo perché non hanno nessuno, fino a che muoiono con noi». «Lo dico per amore di verità, lo dico per onore ai nostri operatori che danno la vita», ha concluso.   Salvini ha chiesto una commissione sulle case famiglia   Il Vicepremier Matteo Salvini durante il Congresso Internazionale delle Famiglie che si è svolto dal 29 al 31 maggio 2019 a Verona ha preso una posizione forte sul tema dell’accoglienza dei minori fuori famiglia: «Ribadisco l’intenzione di chiedere l’istituzione di una commissione di inchiesta sulle case famiglia, per verificare la situazione delle decine di migliaia di minori che troppo spesso sono ostaggi di chi fa business sulla pelle dei bambini».   E immediatamente, il 2 aprile 2019, la Lega ha depositato al Senato e alla Camera la proposta di legge per istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività di affidamento di minori alle case famiglia. Fra gli obiettivi dichiarati, quello di «Fare chiarezza sul numero dei minori coinvolti, in quali strutture siano ospitate e se quest’ultime rispettino gli standard minimi su servizi, assistenza, costi e trasparenza», come hanno spiegato ad Avvenire i capigruppo della Lega Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari. Salvini aveva appena annunciato: «Andremo città per città a visitare una per una queste case famiglia, magari con una commissione d’inchiesta».    E il benvenuto è arrivato da chi di case famiglia se ne intende. Don Oreste Benzi coniò il termine ‘case famiglia’ nel 1973; oggi sono circa 300 in Italia le vere case famiglia multi-utenza complementare, ispirate al suo modello. Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, nell'articolo dell'inviato Lucia Bellaspiga sulle pagine del quotidiano cattolico, si è rivolto direttamente al leader leghista: «Lo spero vivamente, che venga a visitarle e a conoscerle».     L'ipotesi di un business delle case famiglia   Entrando nei dettagli, Matteo Salvini ha ipotizzato un business per le case famiglia di milioni di euro, con rette da 400 euro al giorno a bambino. Gli risponde il presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, Paolo Ramonda: «Le rette medie che ci vengono riconosciute dalle istituzioni sono di 50/60 euro al giorno, per rispondere alla disabilità. Si può arrivare a 100 euro al giorno per i casi più gravi. Stiamo parlando di ragazzi con handicap così gravi che nessuno si occuperebbe di loro, di persone in stato vegetativo, con la spina bifida, con forme di autismo grave, con malattie genetiche».   «Sono accoglienze che in strutture specializzate costerebbero alla sanità pubblica — continua Ramonda — anche 700 euro al giorno. E grazie alle generose offerte dei privati e al 5x1000 possiamo occuparci dei tanti per i quali non riceviamo nessuna retta. Per un accolto su due nelle case famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII non riceviamo nessun contributo dallo Stato».    Cosa sono le VERE case famiglia   Le case famiglia multi-utenza complementare della Comunità Papa Giovanni XXIII sono caratterizzate da una figura materna e da una paterna, che vivono 24 ore al giorno con i propri figli, naturali ed accolti. Non vi sono operatori a turno, ma si vive una vera esperienza familiare. In casa famiglia gli accolti possono restare fino all’autonomia, alla vecchiaia o alla morte, ma quando è possibile l’obiettivo è quello del rientro nella famiglia d’origine, o l’inserimento in una famiglia affidataria o adottiva. In questo tipo di case sono accolti in Italia 700 minori e 1600 adulti.   #FOTOGALLERY:TV2000#   Salvini porta il business delle Case Famiglia da Fabio Fazio   Il 12 febbraio 2015 il leader della Lega Nord era stato intervistato da Fabio Fazio durante la trasmissione “Che tempo che fa”, e già allora propose in diretta tv: «una Commissione di inchiesta sulle case famiglia, che sono un business che lucra sulla pelle dei bambini arrivando a costare fino a 400 euro al giorno».    «Caro Salvini, accusare le case famiglia di fare “business sulla pelle dei bambini” significa gettare fango in maniera generica su una risposta preziosa e insostituibile con cui centinaia di coppie scelgono di fare da padre e madre di bambini e ragazzi, molti anche con gravi handicap, che non possono più stare nelle loro famiglie di origine», era stato il commento di Ramonda il giorno successivo.   Case famiglia, un termine ambiguo «Il problema», ha proseguito allora Ramonda, «È che da quando sono stati chiusi i vecchi istituti, molte strutture si fregiano del nome di casa famiglia, mentre invece non hanno un papà e una mamma, come avviene nelle vere case famiglia, ma operatori a turno, che oltre a costare molto di più, non rispondono al bisogno primario del minore di avere una famiglia».   Proprio la settimana precedente la Comunità Papa Giovanni XXIII aveva presentato alla Commissione parlamentare sull'infanzia la proposta di modificare la legge 184/83 sull’affido e l’adozione dei minori, chiedendo di distinguere le comunità familiari, caratterizzate dalla presenza stabile di una mamma e un papà, dalle comunità educative, gestite da operatori a turno.   «Quelle di cui parla Salvini non sono case famiglia» concluse Ramonda. «Su questi temi si fa una gran confusione che non aiuta certo a dare ai bambini le risposte di cui hanno bisogno. Invitiamo Salvini a visitare una delle case famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII, per poter constatare di persona come si vive al loro interno», fu il primo invito rivolto al capo del Carroccio.    L’invito è stato invece raccolto a Natale 2018 dal premier Conte.  La riflessione sul business delle case famiglia sarà ora un'occasione di visita per il leader Salvini?  
APG23
07/05/2019
Apg23 in preghiera saluta Jean Vanier
«La Comunità Papa Giovanni XXIII si raccoglie in preghiera per la salita al cielo di Jean Vanier,  che è stato per tutti noi una testimonianza di condivisione con i più poveri, in modo particolare le persone con disabilità». Così Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità di Don Benzi, saluta Jean Vanier, fondatore delle comunità de L’Arche, che si è spento oggi a Parigi. «Il suo invito a far sì che le comunità siano luoghi di perdono e di festa, lo abbiamo fatto nostro. Lui lo chiedeva soprattutto a chi faceva esperienza di accoglienza dei più poveri», continua Ramonda, intervistato in areoporto a Roma mentre si appresta a partire per Gerusalemme.  Il successore di Don Benzi  è atteso in tarda serata in visita alla casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII nella Città Santa.
APG23
02/05/2019
Prostituzione a Firenze: a piedi per dire basta alla tratta
Per il quarto anno consecutivo si marcerà lungo le strade della Toscana, da Firenze a Viareggio, per dire “basta!” alla prostituzione, una forma moderna di tratta che riduce in schiavitù centinaia di ragazze, molte delle quali minorenni. La partenza è prevista per le ore 19 di venerdì 3 maggio 2019, a Firenze (Parco delle Cascine), dove Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, farà il suo intervento, seguito nelle varie tappe della staffetta dalle testimonianze di giovani donne sopravvissute alla tratta, oggi integrate. Si marcerà tutta la notte fino ad arrivare a Viareggio, il giorno successivo: l’arrivo è previsto per sabato 4 maggio alle 17,30 in Piazza Mazzini. Importante in questa edizione anche il sostegno di Unicoop Firenze e delle sezioni fiorentine dei soci, che in collaborazione con la Comunità Papa Giovanni XXIII hanno attivato un progetto di accoglienza e reinserimento lavorativo di vittime uscite dalla tratta. Con il patrocinio del Comune di Firenze. Quest’anno saranno presenti alla marcia podistica anche i partner del progetto europeo “RIGHT WAY - Building integration pathways with victims of human trafficking” (AMIF-2017-AG-INTE), che mira a sviluppare un percorso di integrazione olistico e duraturo per l'inclusione economica e sociale di donne nigeriane vittime della tratta. Attraverso il progetto sarà realizzato un percorso pilota per sostenere l’integrazione economica e sociale delle vittime nelle città di Trieste, Faenza, Senigallia, Vicenza, Firenze, Lamezia. Il partenariato, coordinato dalla Comunità Papa Giovanni XXII, comprende organizzazioni con una riconosciuta esperienza nell’assistenza e nell’integrazione di vittime di tratta: Caritas di Vicenza, Trieste, Senigallia, Pescara, Faenza e Comunità Progetto Sud. Il partner belga ICMC Onlus si occupa di integrazione di persone vulnerabili, come rifugiati, richiedenti asilo, vittime di tratta attraverso programmi di protezione e assistenza umanitaria. Da produttrici di miele al mestiere di pellettiere Dopo aver inserito in questi anni nella produzione del miele 20 giovani vittime di tratta e averne formate un centinaio nell’ambito della ristorazione, la Cooperativa Il Pungiglione non si ferma qui. «La nuova esperienza che realizzeremo nel corso del 2019 – spiegano gli operatori della Comunità Papa Giovanni XXIII – è il coronamento di un sogno che coltiviamo da anni: l’apertura di un laboratorio in Provincia di Firenze che prevede la produzione di borse in pelle, maglie con disegni, semilavorati forniti da marchi importanti». Il laboratorio verrà portato avanti inizialmente da membri della Cooperativa insieme a 2 giovani vittime di tratta per arrivare, nello sviluppo-previsione, all’inserimento lavorativo di 10 giovani donne. La formazione professionale specifica verrà garantita grazie alla sinergia tra Cisl di Firenze, un gruppo di pellettieri in pensione e l’Accademia delle Belle Arti di Firenze. Il progetto, che ha tra i partners l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII e la Cooperativa Il Pungiglione, sarà possibile grazie al finanziamento della Cassa di Risparmio di Firenze e ad un progetto europeo che coinvolge enti ecclesiali e del terzo settore, compreso l’impegno di Unicoop Firenze per il 2019. (irene ciambezi) #FOTOGALLERY:borse# Firenze contro lo sfruttamento della prostituzione, le scorse edizioni Centinaia di magliette gialle con la scritta «Questo è il mio corpo. Un’altra strada è possibile»: anche quest’anno da Firenze a Viareggio si marcerà contro lo sfruttamento delle donne ai fini della prostituzione. Il 4 e 5 maggio 2018, oltre 120 chilometri verranno o percorsi in 23 ore dai podisti, tutti a piedi per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della tratta delle donne per lo sfruttamento sessuale: saranno oltre 500 le persone coinvolte. E il 3 maggio 2018, alla vigilia dell'evento, un seminario ed una veglia di preghiera aiuteranno i fiorentini a trovare le chiavi di lettura per un'emergenza che riguarda la loro città'arte e tutta Italia. giovedì 4 maggio 2018 ore 10.00 Auditorium di Sant’Apollonia Via San Gallo 25/a - Firenze SEMINARIO “Un’altra strada è possibile”   Interverranno: Giuseppe Creazzo – Procuratore capo, Procura di Firenze Stefania Saccardi - Assessore alle politiche sociali, allo sport e alla sanità della Regione Toscana Federico Gianassi - Assessore della sicurezza urbana del Comune di Firenze Silvestro Montanaro - Giornalista e documentarista Rachel Moran - Attivista e scrittrice irlandese Don Fabio Marella - Vice direttore della Caritas di Firenze Giorgio Malaspina - Comunità Papa Giovanni XXIII, coordinatore della campagna “Questo è il mio corpo”.   ore 21.00 Chiesa parrocchiale di Santa Maria a Novoli - Via Giardino della Bizzarria 18 - Firenze VEGLIA DI PREGHIERA “Mandati a liberare dalle schiavitù: la tratta degli esseri umani interpella la nostra coscienza”   Organizzata da: Arcidiocesi di Firenze, Centro Diocesano Migrantes di Firenze, Azione Cattolica di Firenze, Comunità Papa Giovanni XXIII   venerdì 4 e sabato 5 maggio 2018 Terza edizione STAFFETTA PODISTICA per la liberazione delle ragazze vittime di tratta Partenza il 4 maggio a Firenze in Piazza Dalmazia alle ore 18.00 e arrivo il 5 maggio a Viareggio in Piazza Mazzini alle ore 18.00 In occasione della staffetta, sostieni l'attività in strada a Firenze Serena è una volontaria dell’Unità di Strada della Comunità Papa Giovanni XXIII. Ogni settimana incontra le ragazze vittima di tratta per offrire loro aiuto e supporto. In occasione della staffetta ha deciso di lanciare una campagna di raccolta fondi per sostenere le uscite di un anno in strada. Sostienila anche tu. Tra venerdì 5 e sabato 6 maggio 2017 centinaia di persone tra associazioni, gruppi giovanili, scout, comuni cittadini e anche assessori, sindaci, hanno indossato la stessa maglietta, per dire no allo sfruttamento della prostituzione, lungo 120 chilometri di strade della Toscana. Uniti alla Comunità Papa Giovanni XXIII da luglio 2016 in prima linea nel promuovere, con parlamentari di diversi partiti, la proposta di legge finalizzata a fermare i clienti delle prostitute, coloro che finanziano lo sfruttamento della prostituzione e il traffico di esseri umani che ne è all’origine. Corridori coraggiosi si sono alternati per 24 ore su strade urbane ed extraurbane da Firenze a Viareggio, attraversando alcuni comuni toscani dove si rileva il maggior numero di vittime dello sfruttamento sessuale, nonostante il Progetto regionale Satis per la tutela delle vittime: Campi Bisenzio, Prato, Agliana, Montecatini, Altopascio, Lucca, Pisa, Vecchiano e Viareggio. #FOTOGALLERY:staff_fi# Nel quartiere della periferia di Firenze, è intervenuto Giovanni Paolo Ramonda spiegando l'impegno della Comunità di don Benzi a fianco delle vittime di tratta in tutta Italia. Serena Perini, consigliera comunale e membro della Comunità, ha lanciato la Campagna antitratta Questo è il mio corpo. Con l’occasione è stato promosso anche il libro Non siamo in vendita. Schiave adolescenti lungo la rotta libica. Storie di sopravvissute dell’Editore Sempre Comunicazione. Tra le tante storie di vittime, ha colpito la testimonianza di una diciassettenne nigeriana sopravvissuta accolta dalla Comunità Papa Giovanni XXIII che in Piazza Dalmazia ha spiegato: «I clienti sapevano che ho 17 anni, ma non gli interessava niente: dobbiamo fermare gli uomini che usano il corpo di tante ragazzine come me. I clienti devono sapere che anche noi siamo delle persone!». E l’Assessore al Welfare e alla Sanità del Comune di Firenze, Sara Funaro, le ha risposto: «Noi ci siamo! Tutte le ragazzine devono vivere la propria giovinezza in mezzo all'allegria e alla ricerca di un futuro migliore. Chi le porta in strada deve essere condannato in maniera pesante senza se e senza ma. Le piazze stanno cambiando e possono finalmente coinvolgere sempre più la popolazione anche su questi drammi».:: #FOTOGALLERY:staff_fi2# Anche il Sindaco di Altopascio, Sara D’Ambrosio ha manifestato tutta la sua solidarietà per le donne schiave del sesso sul suo territorio. Ma oltre alle autorità al femminile, di tappa in tappa, si aggiungono altre voci. Ad Agliana, sono i giovani scout del gruppo di Pistoia a colorare la staffetta e a raccontare la toccante esperienza del primo contatto con chi vive la notte in strada da cui è nata poi l’iniziativa di coinvolgere l’onorevole Bini prima firmataria della proposta di legge. Un messaggio originale sul significato della liberazione delle vittime di tratta arriva anche dal Presidente del Consiglio comunale di Pisa, Raniero del Torto. «Si corre con il corpo per esprimere un senso di libertà; si corre su una strada che non dovrebbe esistere per la prostituzione per creare un collegamento. Si corre con una staffetta perché ognuno deve portare il suo contributo». A Viareggio, Marta Graziani, Missionaria dell’Immacolata Padre Kolbe dà una nota in più al senso di questa maratona di solidarietà. «Che la strada diventi come il salotto di casa nostra, un luogo dove poter accogliere e creare relazioni umane» e non un posto in cui sfruttare le persone più vulnerabili. Foto di Daniele Barresi
APG23
30/04/2019
Sandra Sabattini diventerà  beata
Trentacinque anni fa, il 2 maggio, moriva improvvisamente Sandra Sabattini, una ragazza riminese appena 23enne. In suo ricordo, proprio il 2 maggio prossimo, il vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi, presiederà la Messa alle ore 18.30 presso la parrocchia di San Girolamo a Rimini. Intensa la scia di luce che Sandra ha lasciato, tanto che nel 2006 è stata avviata la causa di beatificazione. Ora al vaglio della Congregazione dei santi c’è la guarigione straordinaria di Stefano Vitali, ex presidente della Provincia di Rimini, avvenuta nel 2007. Se questo fatto verrà riconosciuto come scientificamente inspiegabile, Sandra sarà prossimamente beata? «Direi, con certezza – dichiara il vescovo di Rimini, Mons. Francesco Lambiasi –. Il riconoscimento del miracolo rappresenta un passaggio determinante e positivo». Ma c’è dell’altro. «Accanto a questo fatto eclatante, resta la miriade di guarigioni e grazie ricevute e testimoniate da molti che hanno chiesto in preghiera l’intercessione di Sandra.» Nella vita di Sandra non ci sono fatti eclatanti. Perché si parla di santità? «Ritengo che Sandra Sabattini rientri in quella schiera di anime che Papa Francesco ha definito “i santi della porta accanto”. Questa giovane ragazza è passata in punta di piedi accanto a noi, vivendo una vita fatta di semplici gesti quotidiani, umili, nascosti, ma compiuti nell’amore di Dio, nella purezza evangelica del cuore. Lei si riteneva poca cosa, per questo lo Spirito Santo è stato libero di intridere ogni sua piccola azione del sapore di eternità ed ha conferito ai suoi gesti la virtù di portare frutto per il regno dei cieli. Le persone che hanno incontrato Sandra in vita sono unanimi nel testimoniare di avere avvertito in lei un riflesso della presenza di Dio e di aver sentito nascere nel cuore la nostalgia di una vita vissuta “bene”, il desiderio di camminare con il Signore.» Quali sono le parole chiave di Sandra? «Sandra viveva innanzitutto l’umiltà e il nascondimento come stile di vita, dove la naturale tendenza umana all’autoaffermazione era tenuta a freno dalla scelta di camminare secondo il dettato del vangelo. In lei colpivano la tenacia nel ricercare la volontà di Dio, che talora diventava tensione spasmodica, e la sequela di Cristo povero e servo che si concretizzava non solo nel suo essenziale stile di vita, ma soprattutto nel servizio ai fratelli emarginati. Questa dedizione generosa suscitava in lei l’anelito alla giustizia sociale, motore di tante sue battaglie in favore dei diseredati. In lei erano quasi connaturali l’attrattiva per il silenzio e la preghiera, centro dinamico della sua giornata e una gioia tutta spirituale, che si esprimeva nel suo sorriso contagioso.»  Tutti possiamo diventare santi? «Dato che la santità coincide con una vita di carità pienamente vissuta, non è riservata solo a persone titolate nella Chiesa, a chi ha scelto una via di consacrazione o a chi ha compiuto gesti eclatanti. La vita di Sandra, testimonianza del vangelo vissuto nell’amore e nella fede, è proprio la dimostrazione di come tutto il popolo di Dio – anche le persone più umili e semplici – partecipi dell’ufficio profetico di Cristo. Vite siffatte contribuiscono a costruire il regno dei cieli in un modo misterioso ma sicuro, perché percorse in unione alla potenza redentrice di Cristo.» L’esempio di Sandra è ancora attuale o legato al periodo storico in cui è vissuta? «La santità di una vita vissuta pienamente nella carità non passa mai di moda. La dimostrazione sta nel fatto che figure di santi canonizzati secoli fa continuano a parlare con la loro vita, proponendosi come esempi da imitare. La perfezione evangelica restava per Sandra l’imperativo categorico, irrinunciabile, perché proposto dalla Parola di Dio: “siate perfetti come è perfetto il Padre vostro”. La tensione di Sandra è stata per tutta la vita quella di compiere la volontà di Dio in modo da non lasciare spazi a compromessi, convinta com’era che il Signore e anche la società non sanno che farsene di buoni cristiani. A più riprese Sandra ribadiva che occorre la testimonianza della santità, nell’oblio di se stessi per Dio e per gli altri, nel non appartenersi, perché non si può servire a due padroni. La società attuale, che basa la sua norma sul profitto e crea strutture ingiuste spesso a danno dei più deboli, ha estremo bisogno di una testimonianza di condivisione, di servizio fino al sacrificio di sé.» Nel suo Diario c’è questa continua ricerca di senso, di trovare Dio nel tutto. II giovani di oggi hanno lo stesso desiderio o qualcosa è cambiato? «I giovani sono figli della società del nostro tempo, che dissipa i valori autentici proponendo modelli di vita facile; tuttavia l’anelito alla felicità, alle certezze, all’autenticità rimangono nel loro intimo. In cambio del chiasso e della superficialità che la società offre, al posto della ricerca del piacere e dello sballo in tutte le sue forme, Sandra propone il suo equilibrio, la sua maturità, i suoi giudizi di valore tanto profondi, che generano capacità di decisione e corroborano la volontà. A giovani spesso incerti nelle scelte offre come modello la capacità di programmare una vita ricca di valori, spesa a beneficio del prossimo; all’incapacità di sacrificio contrappone l’attitudine a dimenticarsi, per donarsi, soprattutto ai diseredati, con entusiasmo e generosità senza calcoli; alla tristezza e depressione, causate dalla mancanza di ideali, contrappone la serenità e la voglia di vivere, la pace e la gioia del cuore; all’incapacità di impegno stabile contrappone la responsabilità della testimonianza a Gesù povero e servo; alla superficialità di pensiero contrappone la capacità di porsi delle domande sul senso della vita e della morte. In sintesi Sandra propone una vita che si dona.» Anno dopo anno la Chiesa ha riconosciuto il cammino di santità di Sandra, tanto che il Papa il 6 marzo 2018 l’ha dichiarata venerabile. Cosa significa? «Superato a gonfie vele il processo ecclesiastico (iniziato il 27 settembre 2006), necessario per verificare che la vita di Sandra si fosse svolta nell’amore totale e nell’esercizio delle virtù fino all’eroismo, la giovane è stata dichiarata “Venerabile”, cioè la sua vita è stata pubblicamente indicata dalla Chiesa come esempio da seguire. Nella coscienza dei limiti della propria natura umana, la giovane si sarebbe sicuramente schermita di fronte a un titolo del genere, non solo per umiltà o per anticonformismo, ma per la convinzione di non fare nulla di più di quanto il vangelo richiede. Chi la vedeva agire guardava, comunque, a lei come a un modello di vita cristiana; il primo ad accorgersi di ciò fu don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, che lei frequentava, e divenne il più acceso sostenitore della necessità di far conoscere ad un pubblico vasto la santità di questa ragazza. Egli era depositario e garante della spiritualità che lui stesso le aveva trasmesso e, conoscendo profondamente la sua anima, aveva constatato come in lei si fossero pienamente realizzate le istanze più radicali della conformazione a Cristo povero e servo. Forse non c’era da aggiungere altro alla sua giovane vita e il Signore l’ha chiamata a sé molto presto; si può dire che la discepola ha preceduto il maestro…» Sarà dunque la prima santa fidanzata? «Pare proprio di sì. Anche in questo rapporto è brillata la luce della grazia divina. Il rapporto di Sandra e Guido non era semplicemente di coppia, perché in questa relazione c’era posto per il mondo intero. Esso implicava una sequela di Cristo senza riserve, la tensione a realizzare il suo progetto; questo teneva i due fidanzati lontani dal cercare l’esclusiva soddisfazione dei propri desideri o della propria realizzazione. Insieme si sentivano pienamente al servizio della Chiesa e del mondo, soprattutto di quella parte di umanità più sofferente, che chiedeva le loro mani tese. In una società che propone e diffonde modelli di coppia basati sullo sfruttamento reciproco in ordine al piacere, o sulla mancanza di valori come fedeltà, stabilità, corresponsabilità, impegno, guardare l’esempio di Sandra e Guido diventa una sferzata a cambiare rotta.» Sandra, con quale frase del suo diario ci saluterebbe? «Ogni frase del diario costituisce motivo di meditazione in quanto parte di un profondo testamento spirituale. Mi colpisce un appunto scritto in data 17 giugno 1981: “Sandra, ama ogni cosa che fai. Ama fino in fondo i minuti che vivi, che ti sono concessi di vivere. Cerca di sentire la gioia del momento presente, qualunque sia, per non perdere la coincidenza”. Credo che questo pensiero contenga il segreto per una via diretta verso la santità vissuta nel quotidiano, come lei ha fatto.»
APG23
30/04/2019
«Con i disabili ho riscoperto la mia fede»
«Mi chiamo Lorenzo, ho 32 anni. Abito a Santarcangelo di Romagna, un bellissimo paese della provincia di Rimini. Sono il terzo di 5 figli, 4 maschi e una femmina. Sono appunto cresciuto in una famiglia numerosa, da genitori che hanno scelto fin da giovani di vivere una vita particolare per quei tempi, ma credo che sia controcorrente anche oggi. Ecco la mia storia, ecco come ho riscoperto la mia fede, grazie alla scoperta che la disabilità ci porta nella profondità del nostro cuore, come desiderio di essere accolti per quello che siamo». Lorenzo Gasparini, figlio di Flora e Stefano, entrambi membri della Comunità fondata da don Benzi, inizia così a raccontare la propria esperienza di vita. Lorenzo svela come il rapporto con le persone con disabilità abbia cambiato la sua vita e lo fa a Roma durante il convegno formativo dal titolo “La Comunità Generativa: l'accompagnamento della persona con disabilità alla vita cristiana”, organizzato dal 25 al 27 aprile scorso dall’Ufficio Catechistico nazionale della CEI. «La mia testimonianza parte da loro, Stefano e Flora, 2 ragazzi che si sono conosciuti a 20 anni e hanno deciso di accogliere la proposta o meglio provocazione di un prete di campagna, dalla tonaca lisa, don Oreste Benzi. Affascinati da questa proposta di condividere la vita con gli ultimi, condurre una vita da poveri, vivendo nella fraternità, dando importanza alla preghiera e alla vita comunitaria, aderiscono come membri alla Comunità Papa Giovanni XXIII. Per un bambino che cresce in un paese come San Mauro Pascoli (prima abitavo lì), famoso in tutto il mondo per essere patria del poeta Giovanni Pascoli e anche il centro dell’alta moda calzaturiera. Questa cosa dell’essere alla moda io l’ho sempre subita: confrontarsi con altri bambini che non vivono quello che vivi tu in famiglia è stato molto difficile da accettare. Mi sono sempre sentito diverso, a volte fuori luogo: i miei genitori mi hanno dato un’impronta e quell’impronta non riuscivo a collocarla in un mondo che non mi faceva sentire accolto. Quindi sono cresciuto forse con delusione, perché non capivo a pieno la scelta dei miei genitori, non capivo perché gli altri potevano avere delle cose e noi no. Non ce le potevamo permettere e molto spesso ci trovavamo ad indossare vestiti di altri, trovati in sacchi fuori casa. Perché non essere come tutte le famiglie? Perché affidarsi alla Provvidenza? Me lo sono chiesto tante volte! L’incontro con le persone disabili Nel 1997 i miei genitori decidono di aprire a Cesena un centro diurno per persone con disabilità grave e gravissima. Le mie estati le ho passate a contatto con queste persone. Questa è stata per me l’esperienza che più ha formato la mia persona. Vivere nella diversità. Condividere con naturalezza i limiti di ognuno, in un modo non pietistico, ma di relazione vera, dove ci si prende anche in giro, ma mantenendo il rispetto della persona. Molto lo devo a mia mamma Flora, la mia più grande formatrice. Poi nel 2006 ho deciso di partecipare alla vacanza estiva che il centro proponeva ai suoi ragazzi insieme a tutti gli educatori, trascorrendo una settimana in montagna, a Canazei in Trentino presso l’Albergo Madonna delle Vette. Sarebbe stata una settimana tra le più belle vissute. Il vivere quotidianamente la condivisione diretta. Stupendo. Poi a 19 anni mia mamma mi ha messo alla prova. Avevo preso da poco la patente e mi ritrovo il giorno prima di partire per Canazei, con mia mamma che mi dice: «Claudio (uno degli educatori del centro) si è rotto la mano. Non viene più a Canazei. Starai tu in camera con Guido e guiderai il pulmino». Ritrovarsi il giorno prima di partire a chiedermi: "Come sarà guidare un pulmino con 9 persone a carico? E stare in stanza con un tetraplegico? Ma chi me lo fa fare? Sarò all’altezza?". Però accetto e mi affido delle parole di mia mamma: "Tu ce la puoi fare". I primi 2 giorni sono stati intensissimi: grande difficoltà nel relazionarmi con la disabilità di Guido; stare con lui, per lui, stare al suo tempo che non era il mio. Incontro mia mamma e le dico le mie fatiche. Poi vivo un crollo emotivo, fisico. Lei mi fa riposare un pomeriggio. Riparto. Guido in qualche modo capisce la situazione e mi aiuta. Da quel momento il suo limite non l’ho più sentito. Mi ha dato energia e voglia di vivere, la sua molto più della mia. Ho compreso appieno il valore del dono della vita. Per me Guido diventa un dono, è una testimonianza di vita. Il momento finale della preghiera prima di partire è stato molto intenso: siamo crollati in un pianto incredibile. Guido per me diventa un grande maestro. #FOTOGALLERY:lorenzo# La mia vita continua: scuola, lavoro, sport e teatro In quel periodo succedono tante cose: smetto di giocare a calcio (giocavo nelle giovanili di una squadra professionistica); decido di iniziare l’università; inizio un progetto di teatro integrato (con Marco Brambini ed Emanuela Frisoni) che durerà (per me) per 7 lunghi anni. Prendo la Laureain Scienze Motorie e inizio a lavorare presso un’associazione sportiva (a.s.d. Ag23) che fa parte de La Fraternità, cooperativa sociale della Comunità Papa Giovanni XXIII. Ho potuto mettere insieme le mie due passioni: sport e disabilità. L’esperienza del teatro intanto mi permette di conoscermi nelle mie fragilità e accettarmi per quello che sono. Questo me lo hanno permesso tutte le persone con e senza disabilità che hanno partecipato con me a questo progetto. MI hanno aiutato a scoprirmi. Inoltre avvio insieme ad altri istruttori dell’AG23 un centro estivo (il FAI CENTRO) con 20 bambini. Vera esperienza di inclusione che ad oggi conta 250 iscritti con progetti di crescita per ogni fascia d’età. Via di casa: il distacco dalla fede A 23 anni vado via di casa. E da lì vivo anche un distacco forte con la mia fede. Ho un gruppo di amici dove sono quasi tutti animatori parrocchiali, ma mi stacco dal percorso di fede. In questo periodo comunque sento la presenza di Dio dentro di me. È come se la mia fede la vivessi nelle relazioni in cui vivo, negli incontri di tutti i giorni, ma senza professarla. Sto bene, vivo una vita normale, lavoro con i bambini, con le persone con disabilità che mi danno tanto. Un altro incontro fondamentale: Filippo Con il sostegno di Donatella Cremonese, insieme a Giulia D’Intino decidiamo di fondare una squadra di atletica di ragazzini con disabilità intellettiva. Partiamo con 4 ragazzi. Iniziamo questa avventura da sbarbatelli. I genitori, trasportati da questa ondata di entusiasmo, si fidano di noi. Dopo 7 anni la nostra squadra comprende 18 atleti, siamo diventati un team Special Olympics, dove ricopro il ruolo di coordinatore dei tecnici in Emilia Romagna e abbiamo avviato tanti altri progetti. Tra gli atleti presenti in squadra di atletica c'è Filippo, un ragazzino di 16 anni che ha tra le tante particolarità quella di avere periodi con forti crisi epilettiche, è stata molto importante per me. Mi è capitato diverse volte di dover intervenire in queste crisi, e mi sono posto davvero tante domande a riguardo, a quanta forza debba avere Filippo nel gestire e accettare questa sua condizione. La chiamata di Dio per me Due anni fa ricevo 3 proposte da 3 persone diverse, ma tutte con un punto in comune: entrare in parrocchia come animatore parrocchiale. L’avevo già fatto, ma non ero sicuro del mio percorso. Avevo messo in discussione tanto della mia fede. In quel momento ho sentito forte la mano del Signore: questo è Lui che bussa alla mia porta. La proposta che sentivo più mia, era quella di inserire Filippo, che vive in un altro paese, nel gruppo parrocchiale delle superiori del mio paese. Questo gli avrebbe permesso di vivere un’esperienza di gruppo, di fede, con i coetanei. È stata la scelta migliore che potessi fare anche per me. Filippo mi ha portato a semplificare temi e argomenti che proponevamo ai ragazzi, dovendo fare mie quei pensieri, quelle parole che venivano dalla Bibbia! Ho riscoperto il fuoco che non volevo sentire dentro di me. Quella luce che c’era ma non volevo vederla, non volendo mettermi in luce, ma piuttosto stare nell’ombra. La cosa bellissima che ha fatto Filippo in uno dei primi incontri è stata quella di raccontare al gruppo della sua fragilità, si è messo a nudo, raccontando i suoi limiti, spiegando cosa può succedergli e cosa si può fare per aiutarlo. Grande mamma Veronica che ha fatto tutto un percorso per portarlo a fargli vivere anche questa esperienza di testimonianza! Questo suo raccontarsi ha poi innescato nel gruppo un relazionarsi a Filippo in maniera diversa, ma non solo nei suoi confronti, ma anche tra di loro. Come se ci fosse stato una scelta di ascoltarsi maggiormente, con una voglia grande di ascoltarsi e mettersi in ascolto di se stessi. Filippo fa parte del gruppo da 2 anni ed è voluto bene, è riconosciuto e cercato dai compagni. Voglio ringraziare i miei genitori per non aver mollato davanti alle mie domande, per aver scelto una vita donata, una vita piena. Ringrazio il Signore che attraverso don Oreste Benzi ha smosso cuori come quello dei miei genitori e quello di tante altre persone che scelgono ogni giorno di donarsi agli ultimi, che scelgono di costruire ponti e non barriere. Le parole di don Simone Franchin, che ho potuto conoscere meglio durante i giorni trascorsi a Roma, mi hanno aiutato tanto nella comprensione del mio percorso, di quanto mi abbia aiutato l’incontro con la disabilità: "Il limite dell’altro, soprattutto quando è evidente, è per me come uno schiaffo! Perché mi fa vedere i miei limiti. Facciamo fatica ad accettare il limite che siamo. Vediamo il limite come disgrazia e ci crea disagio perché abbiamo tanta poca dimestichezza nell’accettazione dei nostri limiti. In realtà il nostro limite è una fragilità, è una qualità dell’uomo. C’è un grande bisogno di accogliere la fragilità che siamo". La disabilità è il motore che può mettere in discussione le mie lacune. La relazione col diverso da me, chiede continuamente un cambiamento!»
APG23
24/04/2019
Un pranzo pasquale per i poveri
Anche quest’anno per la domenica di Pasqua la Comunità Papa Giovanni XXIII ha aperto le porte al pranzo solidale per le persone in difficoltà, evento che si rinnova già da un paio di anni. Quest’anno in particolare ancora più speciale è stata la partecipazione dei giovani Scout del gruppo “TIRANA 1” e i volontari della Caritas Diocesana di Tirana-Durazzo e alcune volontarie della rete solidale del Comune che hanno aiutato la realizzazione di questo pranzo. Un impegno importante ed un servizio efficiente per più di 200 persone: sono state presenti un gruppo di 50 persone con disabilità ed handicap accompagnate dalle suore che amorevolmente le assistono. Un evento e un segnale di unità della Comunità Cattolica di Tirana per celebrare i valori di condivisione, solidarietà e familiarità ben vissute in questa domenica di Pasqua. Valori importanti, che è giusto non perdere di vista in una città, Tirana, che corre veloce la sua gara verso la modernità e il pieno sviluppo economico-finanziario laddove l’emarginazione sociale spesso nascosta, è ancora un fatto evidente: basta addentrarsi nella città un po’ più nascosta per vedere situazioni di estrema povertà. Quando si sono aperte le porte delle sale del “Centro don Bosko”, che hanno messo gentilmente a disposizione gli spazi per la celebrazione di questa importante domenica. Le persone erano in fibrillazione e in agitazione per riuscire a trovare un posto, forse presi dalla paura di non riuscire a trovare un piatto per mangiare. Quando le tavolate erano complete l'arcivescovo della città, mons. George Frendo, ha voluto accogliere i poveri spendendo loro parole di benedizione e di preghiera, ringraziando tutti per la realizzazione di un evento speciale di queste dimensioni. Ancora una volta, la missione della carità e della condivisione è compiuta.
APG23
24/04/2019
Vademecum per un’Europa Solidale
Un compendio per costruire un' Europa bella e solidale: la Comunità Papa Giovanni XXIII propone, in particolare ai candidati per le elezioni europee del prossimo 26 maggio, alcune articolate proposte per una politica sociale europea. La riflessione è maturata all'interno del percorso di condivisione dei membri e volontari dell'associazione di Don Benzi con le persone più fragili e vulnerabili della società.   Verso una comune politica sociale europea Nella Società del Gratuito ognuno detiene il bene dell’altro: nel bene di tutti c’è anche il bene individuale, per una visione inclusiva di una società nella quale il lavoro, l’economia e l’organizzazione sociale siano al servizio della persona umana, soprattutto quando la sua vita è indifesa, fragile, debole, da sostenere. L'Europa comune è ricca, bella e piena di cultura, eppure sappiamo quanti problemi affliggono molte persone. Il vademecum per le elezioni europee 2019 propone una politica comune che possa orientarsi sull’etica e che trasporti sul proprio piano i principi della fratellanza responsabile.  Auspica una disposizione dell’animo che, mentre custodisce il bene comune, accordi a ciascun uomo la dignità che gli è propria. Un'Europa che ponga in stretta relazione tra loro il bene comune e la tutela della dignità di persona, di ciascun uomo e donna, non lasciando indietro nessuno. Che custodisca come bene prezioso i fratelli più vulnerabili. Serve una nuova idea di Europa, che provenga da una fraternità originaria, irriducibile e capace di far nascere una pace positiva della prossimità, sotto il segno del e per l’altro. I giovani esigono da noi tutti quel cambiamento in grado di offrire loro un futuro e che non può esimersi dal prendersi cura del creato e delle sofferenze degli esclusi.   Andare a votare alle elezioni europee è importante Il voto è un dovere civico e un impegno nel processo democratico per la costruzione di una Europa di Pace. Per questo motivo la Comunità Papa Giovanni XXIII aderisce alla campagna del Parlamento Europeo #stavoltavoto!! Puoi farlo anche tu attraverso il sito: https://www.stavoltavoto.eu   La proposta di un welfare europeo Ecco, per punti, i contenuti principali della proposta politica. La pace positiva come priorità, con l’istituzione di un Commissario europeo per la pace, con la promozione di politiche di pace, il disarmo, la Difesa Civile non armata e nonviolenta ed il linguaggio libero dall’odio; L’accoglienza dei minori e della persone disabili ed accetti la sfida è non lasciare nessuno di questi piccoli senza il calore di una famiglia come vero atto di pace; L’eradicazione della Povertà e delle disguaglianze con politiche del lavoro a misura dei più deboli e con la tassazione delle grandi transazioni finanziarie; Di incentivare e favorire canali legali di migrazione — come i corridoi umanitari — affinché l’Europa sia per tutti un ambiente inclusivo in grado di facilitare l’integrazione dei migranti nella società, riconoscendo la realtà dell’interdipendenza tra i popoli e che tuteli ed offra accoglienza e rifugio alle vittime dalle violenza bellica; Di promuovere e sostenenere attività che implicano la difesa della vita umana, in particolare nelle sue fasi di sviluppo più vulnerabili; concepimento e gestazione, infanzia, maternità, malattia, disabilità, vecchiaia e fine vita; Di abbandonare ogni forma di legalizzazione delle droghe leggere e pesanti. Tutti gli interventi, dalla prevenzione alla riabilitazione, dovrebbero chiaramente mirare a liberare le persone dalle droghe e a non mantenere la loro dipendenza patologica; Di eradicare il traffico di esseri umani e promuovere e sostenere in linea con la Raccomandazione del Consiglio d’Europa (c.d. Honeyball) su sfruttamento sessuale l’adozione del modello nordico in tutti gli stati membri e per la punibilità degli sfruttatori/clienti; La Giustizia riparativa, l’abolizione dell’ergastolo ostativo, di incentivare l’applicazione delle misure di comunità e che non permetta che esistano mai più bambini in carcere; Di promuovere nuove visioni profetiche per un nuovo modello di economia circolare, nella certezza che le risorse del nostro pianeta non sono illimitate e che abbandoni il più rapidamente possibile l’utilizzo dei combustibili fossili per investire sempre più in energie rinnovabili.   Scarica il pdf integrale: L'Europa in cui crediamo    
APG23
17/04/2019
Campi di volontariato: l’estate 2019
È questione di cuore. Centinaia di giovani ogni anno hanno a cuore  la gente della strada, i senza tetto, le donne costrette alla prostituzione, i tossicodipendenti. Partecipano ai campi di volontariato, ai campi di condivisione e ai campi fuori le mura della Comunità Papa Giovanni XXIII, in Italia o all'estero. Ci sono ragazzi pronti a battersi per la giustizia e la solidarietà. Altri si spendono nei campi di condivisione con amici disabili, alcuni con fratelli profughi. Ecco tutte le date dei campi di volontariato 2019 in Italia proposti ai giovani e agli adolescenti dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, con il numero di telefono di riferimento: 30 giugno - 7 luglio Canazei (TN) info: 320.0151358 7 - 14 luglio Alba di Canazei (TN) info: 340.3643101 20 - 27 luglio Piani di Luzza (UD) info:333.9967415 22 - 30 luglio Matasari (Romania) info:347.3170426 21 - 28 luglio Albereto (RN) info: 348.6429421 campo by MIR e MN su educazione alla pace 28 luglio - 2 agosto Misano Adriatico (RN) info:348.4766872 28 luglio - 3 agosto Scicli (CT) info: 320.7171331 4 - 10 agosto Catania (Librino) info: 333.9434256 3 - 10 agosto Laggio di Vigo di Cadore (BL) info:329.4153238 3 - 12 agosto Marebello (RN) info:340.1480586 5 - 15 agosto Bucarest (Romania) info:347.3170426 11 - 18 agosto Cavareno (TN) info:340.1480586 12 - 16 agosto Crissolo (CN) info:339.3423371 12 - 21 agosto Marebello (RN) info:340.1480586 20 - 30 agosto Bucarest (Romania) info:347.3170426 Da 50 anni la Comunità Papa Giovanni XXIII con il suo fondatore don Oreste Benzi cammina al mare o in montagna, ma con le scarpe sempre ai piedi, sulle strade polverose di centinaia di città, nelle metropoli di buona parte del mondo. Diventa compagna di viaggio dei piccoli e dei poveri per non lasciare soffrire più nessuno da solo. Le esperienze sono aperte a tutti i giovani, interessati a fare un'esperienza di volontariato. Per avere notizie in anteprima sui campi di volontariato per i giovani puoi scriverci sulla pagina Facebook della Comunità Papa Giovanni XXIII: durante tutto l'anno c'è la possibilità di fare vacanze alternative fianco a fianco con gli “esclusi”. Oppure Scrivici su Instagram! La proposta dei campi di volontariato Apg23 In tutta Italia la Comunità Papa Giovanni XXIII propone, durante l'estate, il Natale ed il capodanno, esperienze di volontariato. Possono durare dal paio di giorni fino ad una settimana. I volontari possono incontrare ed accompagnare: i senza fissa dimora, donne costrette alla prostituzione, persone disabili, bimbi di strada. Si vive tutti insieme per una periodo di tempo limitato, cercando di organizzarsi al meglio per divertirsi insieme, fare festa, e soprattutto condividere un'esperienza di vita insieme agli ultimi emarginati dalla società. Fuori dalle date previste sono comunque possibili esperienze di volontariato nelle case famiglia, sulle strade o nelle case di accoglienza apg23.     Come sono andati i campi estivi degli ultimi anni Il percorso ha ruotato intorno a 7 parole-chiave: Ascolto, perché tra mille turbamenti è necessario fare un bel respiro e ascoltarsi; Memoria, accettare la nostra storia che rende consapevoli che siamo in cammino; Scoperta, di se stessi per capire cosa è mio e cosa invece è dettato dal mondo che mi circonda; Incontro, vivere con il cuore disponibile all’incontro con gli altri; Coraggio, vincere la paura per un amore più grande; Costruire: chiamati a costruire la nostra vita sull’unica base sicura possibile; Speranza, perché amare per primi è la rivoluzione per vivere come fratelli. #FOTOGALLERY:2018# Il Volontariato raccontato dai giovani Campi fuori le mura fra i profughi, gli homeless e i bimbi di strada Nel Campo di volontariato Fuori le mura di Reggio Calabria che si è svolto dal 27 dicembre 2017 al 2 gennaio 2018 i ragazzi hanno condiviso la vita, almeno per qualche giorno, con i minori profughi non accompagnati che sono arrivati con i barconi della speranza. La direzione Romania nell'inverno 2018 ha avuto una doppia destinazione: Matasari e Bucarest. A Chieti i ragazzi hanno festeggiato l'ultimo dell'anno 2017 insieme agli homeless. A Catania il 26 dicembre 2017 c'è stata la festa in strada con i senza fissa dimora, esperienza ripetuta anche ad Acireale e Scicli.   Volontariato in Romania La Comunità Papa Giovanni XXIII a Bucarest in Romania gestisce una casa abitata da senza fissa dimora e giovani ex tossicodipendenti che mettono del loro tempo a disposizione dei poveri e degli ultimi. In alcuni momenti dell’anno ampliano la nostra esperienza e danno la possibilità ai giovani italiani  condividre il cammino. Si chiamano Campi fuori le mura: «Viviamo fuori le mura della città, a stretto contatto con i senza fissa dimora. Li andiamo ad incontrare la sera lungo le strade, e teniamo le relazioni con le famiglie ed i bimbi zingari». Ecco alcune date.   data luogo descrizione 17-26 aprile 2019 Bucarest Sulle strade della capitale della Romania 22-30 luglio 2019 Matasari Vivremo un Campo in una realtà molto povera della Romania. 5-15 agosto 2019 Bucarest Campo di volontariato 20-30 agosto 2019 Bucarest Con i bambini zingari della Romania   Testimonianze dal volontariato in Romania #FOTOGALLERY:romania# Volontariato fra i bambini Questa esperienza, anche se sembra una cosa banale, mi ha colpito molto.  Alcune volte con tanta forza altre volte sembravano più delle carezze. Mi hanno colpito molte cose dallo stato di assoluto degrado di alcuni quartieri fino al semplice sorriso dei bambini dopo una qualsiasi attività. Questi colpi però mi sono serviti e mi serviranno per capire alcune realtà che non conoscevo e per crescere interiormente.   Sono le 4.14 di un giorno che deve ancora iniziare, sono passati esattamente i primi 14 di 240 minuti passati in silenzio, con 5 persone attorno, seduti per terra davanti al Padre. È un sabato notte come tanti altri, ma noi abbiamo deciso di vivere con un cuore nuovo ciò che già c'è: di spendere qui quella che per molti è spesso una notte di sballo, di trascorrere qui la notte buia, ricolma di paure dei bimbi conosciuti in Romania. Mi sento, nel mio piccolo, di aver fatto il percorso di Pietro che dal momento in cui fu ribattezzato con questo nome ha sempre sentito di dover dare la sua vita per Gesù, tanto che quando Quest'ultimo gli lava i piedi, Pietro vuole ribellarsi: non conosceva ancora l'Amore da seguire, da accettare. Mi riempie il cuore sapere che lui, nonostante il suo limite, venne scelto.  Così ha fatto con me: nonostante tutto, o forse, grazie a tutto, ha preparato per me abbracci di bimbi pieni di cicatrici, il sorriso degli orfani, le ciglia aggrottate del piccolo Ioan timoroso di mostrarsi bisognoso di aiuto, le storie condivise dei compagni di viaggio. Ha fatto si che mi convertissi ad ascoltarlo, perché come scrive Don Oreste Benzi "Dio non lo trovi nella confusione, ma lo trovi nel silenzio della contemplazione, dentro te stesso, stando davanti a Lui negli strumenti che ci ha dato"   "Amare ti entra nel cuore e non si stacca più".  Condividere, vivere e vedere Gesù in ogni singola persona che ho avuto la opportunità di incontrare in questi giorni durante il Campo Estivo a Bucarest proposto dalla Comunità Papa Giovanni XXIII .  Ecco cosa é stata questa  esperienza come Casco Bianco.  Condividere quello che sono. Vivere - esserci con la testa e il cuore.  Vedere Gesù soprattutto negli occhi dei bambini del quartiere Ferentari e del Orfanatrofio dove ogni giorni ci siamo recati.  Davvero è stato un amore che mi entra nel cuore e penso che non si staccherà più.   Quando il don chiese chi volesse buttar giù due righe a proposito del #campofuorilemura a Bucarest, Romania, mi proposi a gran voce. Perché? Perché la Romania è questo che mi chiede. Mi supplica di darle voce, di rompere questo silenzio assordante e di gridare quanto condividere con gli ultimi faccia bene. Ho sempre cercato, in modo egoistico, di tenere per me questo tipo di esperienze, ma dopo l’intensità delle emozioni vissute, non posso stare zitta. Sono una ragazza di diciotto anni, cresciuta in un ambiente cristiano cattolico ma per paura di intraprendere una ricerca personale, ho sempre rinviato. La paura di incontrare dei vuoti lungo il mio percorso mi ha paralizzata. Non sono venuta in Romania per trovare il coraggio di ricercare la fede ma ciò è venuto da sè. Durante uno scambio di chiacchiere con una suora dell’ordine di Madre Teresa di Calcutta, le espressi tutta la mia ammirazione, sai che mi rispose?  Innanzitutto mi ringrazió e poi, mi disse:’Chiedi ogni giorno a Dio cosa vuole da Te.’ Feci una risata nervosa e le dissi che si, in futuro l’avrei fatto. Con un sorriso semplice ma efficace mi disse di no, di non aspettare ma di iniziare da ora. Non incominciai subito, perché la paura non sparisce da un momento all’altro ma questa frase mi bazzicó per la testa per qualche giorno finché durante un’ adorazione notturna, riflettendo sul l’esperienza del campo, sentii di essere stata scelta da Dio. Mi ha scelta attraverso Mario, bimbo di Ferentari, che con una semplicità disarmante e una gioia vera, fin dal primo giorno  mi chiese di sedermi accanto a Lui durante la messa e da lì non mi molló più. Lasciati amalgamare! Uno dei miei cantanti preferiti dice:’Sei tutti i limiti che superi’...quanto mi piace questa frase!  Non lasciarti paralizzare dalla paura, non adagiarti!  Esperienze come queste ti permettono di iniziare a conoscerti, di volerti bene perché come dice don Oreste: ”Sono i poveri che ci provocano, ci convertono, ci modificano, non ci fanno dormire ma soprattutto ci rendono VIVI! " Prenditi del tempo per iniziare a conoscerti, vivi un’esperienza che ti possa far scoprire i tuoi semi di vita affinché Tu possa coltivarli e farli splendere!  La parte più difficile inizia ora perché sta nel trasformare la straordinarietà in quotidianità. Spesso Noi giovani facciamo fatica a mantenere gli impegni presi a causa della nostra incostanza, pigrizia e timore ma non dobbiamo darci per vinti!  Proprio per questo torno a casa con la speranza di conoscermi meglio e di sperimentarmi, per non adagiarmi ma per cercare di arrivare ad una vita piena. Alessandra   lettera di Natale, da un volontario a Bucarest Ormai da mesi il venerdì sera usciamo alla stazione di Bucarest (Gara de nord) ad incontrare i senza fissa dimora. Ogni sera incontriamo delle persone che abitualmente abitano la stazione e ne incontriamo di nuove! Sempre incontri, strette di mano e pacche sulle spalle molto significative e talvolta sofferenti… lì vivono giovani, bambini, adulti, tossicodipendenti di punga (giovani per lo più, che sniffano droga contenuta in un sacchetto di plastica che tengono in mano. Punga in romeno è sacchetto), transessuali, prostitute, etc etc… L’inverno ormai ci obbliga a condividere con le persone senza fissa dimora la “ciorba”(zuppa) che loro gradiscono veramente tanto. A casa la prepariamo e lì la distribuiamo… la ciorba facilmente crea gruppo e aggregazione. Lo scorso venerdì ci siamo seduti accanto ad alcuni ragazzi che ci hanno detto di vivere lì da parecchi anni, schiavi della punga e dell’alcool, certamente figli della strada, degli orfanotrofi, figli di nessuno… di lì a poco ci ha raggiunto un altro signore che si stava facendo di punga e dal taschino della giacca ha tolto un’armonica a bocca. Non ha esitato ad iniziare a suonare e noi lo abbiamo accompagnato con il battito ritmato delle mani. Al termine dell’esecuzione uno dei ragazzi ha iniziato a recitare preghiere in Romeno e al termine ho invitato tutti alla preghiera del “Padre nostro” in lingua italiana. Ci siamo presi per mano, abbiamo formato un cerchio e abbiamo invocato il “Papà”… Stupendo! Magnifico… per la prima volta, da quando siamo qui, abbiamo pregato con i nostri amici senza fissa dimora… è stato un inizio e da lì non si torna in dietro. Ero troppo contento quella sera, c’era qualcosa di speciale in quella notte… ho sentito il Natale. Quella stalla puzzava di punga che ti sale nelle narici, puzzava dello sporco di quelle persone così sole, ma c’era un profumo speciale, era il profumo di Gesù che nasce ancora oggi nelle grotte di ogni angolo della terra. Sì, lì, quella sera, tra alcool, droga, sesso promiscuo c’era Gesù che nasceva… quella preghiera non è stato un caso. Gesù anche quest’anno sceglie di venire nelle grotte più sporche e squallide della nostra società, non esitiamo ad andare in queste grotte per incontrarlo. Certamente Lui viene anche nella grotta che sono io, che è il mio corpo, la mia esistenza e viene proprio lì dove c’è il mio fallimento, il mio errore, il mio peccato, la mia fragilità… non abbiamo paura a fargli spazio proprio lì, dove non vorrei che Lui entrasse perché puzzo, perchè mi vergogno! Lui non si vergogna, anzi, è proprio nell’angolo più oscuro e più sporco di me che Lui vuole portare luce e gioia. Buon Natale! Don Federico Pedrana   Racconti dai volontari in Italia Campo di volontariato a Scicli Ragazzi da tutta Italia sono attesi ogni estate da ormai 8 anni, per i campi di volontariato fuori le mura: li aspettano i bimbi, ragazzi e le loro famiglie a Lungi, un quartiere di periferia della provincia di Ragusa. Ogni volta il loro arrivo porta una grande gioia e voglia di far festa. Da qualche anno l'appuntamento estivo però non basta più: ecco che si è deciso di trascorrere con loro anche una piccola parte delle vacanze invernali.   Volontariato fra gli homeless a Chieti A Chieti il 31 dicembre 2017 è stato l’ultimo con gli ultimi: ore 19 nella stazione di Pescara andiamo a prendere i nostri amici senza tetto; ore 19,45 Santa Messa presso la chiesa santa Maria della Civitella ( adiacente alla Capanna di Betlemme di Chieti ) ore 21 grande cenone e festa di fine anno condivisa con amici senza tetto e con persone e famiglie del territorio con non possono permettersi una cena ed una festa. Ci saranno due piste da ballo una con musica da discoteca ed una con cover di cantautori; ci sarà una sala con giochi da tavolo e di Societá per chi non ama ballare ma che ama socializzare.   Come iscriversi ai campi di volontariato Per queste destinazioni si può iscrivere e avere maggiori informazioni ai numeri: Romania: telefonare a Duilio: 333/7287993 oppure a Don Federico: 347/3170426.  Reggio Calabria: telefonare a Silvia, 328.8261834 Chieti: sms o whatsapp: Luca, 347.7524671 Scicli: Maria Concetta,  320.7171331 Altre destinazioni e informazioni generali: 340.3643101 giovani CHIOCCIOLA apg23.org   Vedi anche: il blog delle Officine degli scarabocchi   Segui la nostra pagina instagram!
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16/04/2019
In sella per far del bene
Il 12 aprile scorso, durante una serata conviviale, Franca Franzetti, mamma della casa famiglia Santa Paola a Roncofreddo (FC) e Sofia Brigliadori, responsabile della comunità terapeutica di Balignano (FC), hanno ricevuto la donazione di 3mila euro ciascuna. L’elargizione è stata frutto della manifestazione ciclistica "2 x Bene" che si svolge sulle colline Longianesi durante il mese di settembre. Oltre alla casa famiglia Santa Paola e alla comunità terapeutica S. Luigi di Balignano, è stata fatta una donazione anche alla Caritas parrocchiale di Longiano e all’associazione ONLUS “Nuova Famiglia” di Cesenatico. La gara ciclistica “2 x bene” è un evento a scopo totalmente benefico che si svolge a Longiano (FC) ed ha visto nel 2018 la sua 18ª edizione. Ideato e promosso da Roberto Landi, grande amico e sostenitore della Comunità Papa Giovanni XXIII, l’evento è stato recentemente assunto dal Gruppo Ciclistico Fausto Coppi, in collaborazione con ACSI, col patrocinio del Comune di Longiano e la Provincia di Forlì-Cesena. Si tratta di una gara ciclistica a cronometro, davvero unica nel suo genere in quanto vede come partecipanti coppie: lui e lei, diversamente abili in hand byke o tandem, dilettanti grandi e piccoli, campioni del ciclismo, tutti insieme appassionatamente, coniugando sport a solidarietà. «Ringraziamo di cuore tutti coloro che hanno reso possibile questo evento: organizzatori, autorità, dirigenti di società sportive, atleti, sponsor e la straordinaria squadra dei volontari, perché la solidarietà e la vicinanza di chi crede in quello che portiamo avanti, rende possibile andare avanti nella nostra condivisione con i più fragili e bisognosi», hanno detto Franca e Sofia. La casa famiglia "Santa Paola" viene aperta nel 1983 e da allora continua ad essere famiglia per persone con vario disagio sociale: ragazze liberate dalla prostituzione, giovani nella terza fase del percorso terapeutico per recupero da dipendenze, mamme incinta in difficoltà, disabili, anziani. Una parte della donazione sarà utilizzata x abbattere il debito relativo alle ingenti spese di ristrutturazione dell'antica canonica, costruita più di 100 anni fa, sede della casa famiglia. La comunità terapeutica di Balignano, nella frazione di Longiano (FC), viene aperta nel 1992 ed è ospitata nella casa canonica della chiesetta di San Luigi. La casa, ristrutturata da alcuni ragazzi che stavano facendo il percorso terapeutico a Bagnolo, ha ospitato in questi anni centinaia di ragazzi in cammino verso la liberazione dalla tossicodipendenza ed è anche diventata la nuova famiglia di un ragazzo autistico grave. La donazione verrà impiegata in parte per piccoli lavori di manutenzione e restauro della struttura e in parte per alcune uscite ricreative per i ragazzi ospiti.
APG23
12/04/2019
Sinodo dei giovani, cosa abbiamo imparato
Le porte del Sinodo sui giovani celebrato a ottobre 2018 si sono chiuse. È arrivato quindi il tempo di buttarsi tutto alle spalle, come una bella esperienza da relegare nell’album dei ricordi? Assolutamente no, anzi proprio ora inizia un percorso pieno di sfide: questo è emerso chiaramente durante il convegno dal titolo “Il vento favorevole continua. I giovani, la fede, il discernimento vocazionale” svoltosi a Sabbiuno (BO) l’11 aprile. Gli interventi dei relatori hanno seguito il fil rouge del Sinodo, approfondendo 3 parole chiave: riconoscere, interpretare, scegliere. Il Sinodo fortemente voluto da Papa Francesco si è infatti dispiegato in 3 tempi, che coincidono con queste 3 parole chiave: Riconoscere. Il Sinodo è iniziato nel 2016 con la fase preparatoria, durante la quale sono stati raccolti migliaia di questionari da tutte le diocesi del mondo. Interpretare. È stato celebrato a ottobre del 2018 con la partecipazione di 266 padri sinodali che si sono messi in ascolto dei giovani, delle loro esperienze, delle loro fatiche, dei loro sogni. Scegliere. Chiuso il Sinodo, ora inizia il tempo della concretezza e delle scelte: dopo la pubblicazione del documento finale dei vescovi e della Christus vivit, esortazione apostolica di Papa Francesco, ci sono tutti gli strumenti per mettere in pratica tutta la ricchezza emersa durante il percorso.   Scopri l'impegno dei giovani Leggi le ultime notizie ed iscriviti alla newsletter mensile per ricevere novità ed aggiornamenti sulle esperienze di impegno civile dei giovani e sulle possibilità di volontariato.    Inserisci il tuo indirizzo email Privacy policy:Accetto il trattamento dei dati ai sensi della legge per la privacy.   I 3 minuti di silenzio di Papa Francesco Margherita Anselmi, educatrice dell’Azione Cattolica, collaboratrice della segreteria del Sinodo, racconta: «Sono rimasta colpita dalla testimonianza diretta che ci ha regalato Papa Francesco. Quando sono iniziati i lavori del Sinodo ha detto: “Dispongo che ogni 4 interventi, si facciano 3 minuti di silenzio”. Ed è stato fatto proprio così. È importante riuscire ad interiorizzare quello che si ascolta, per poter cambiare dentro di me. Questo è il dialogo inter-generazionale, dove giovani e adulti devono fare anche silenzio per potersi comprendere». Sinodo dei giovani: i vescovi arrivano tristi, ma se ne vanno radiosi Per padre Giacomo Costa, gesuita, segretario speciale del Sinodo sui giovani, non ci sono dubbi: «Bisogna uscire dall’ottica che vede i giovani da una parte e la Chiesa dall’altra. Siamo tutti in cammino, come i discepoli di Emmaus. Al Sinodo abbiamo vissuto proprio questo: tanti vescovi sono arrivati con la faccia triste, erano scoraggiati perché è vero, i giovani non vanno più in chiesa. Inoltre era il periodo dello scandalo Viganò, insomma, non era proprio il momento ideale per stare allegri. Però stando insieme, ascoltando le varie testimonianze, abbiamo scoperto la bellezza di camminare insieme. Il Signore ci chiede di fare questo passo, di camminare insieme. Rianima e rimette in movimento la Chiesa. Alla conclusione del Sinodo i volti dei vescovi erano radiosi, con un’energia nuova per rimettersi in cammino, avendo ri-capito in profondità quello che è il passo per oggi». I giovani vogliono un incontro simpatico con la vita Il cammino, secondo Giovanni Paolo Ramonda, ha come ritmo quello della gioia: «I nostri giovani hanno bisogno di vivere e camminare con persone che sono innamorate della loro esperienza. Don Oreste era innamorato della vita, del sacerdozio, del Signore. Noi, come Comunità Papa Giovanni XXIII, cerchiamo sempre di proporre un incontro simpatico con Cristo. Dobbiamo presentare un’esperienza di vita gioiosa e simpatica, simpatica a livello umano, affettivo, relazionale. Un incontro simpatico con la vita». Sinodo dei giovani: esce l'esortazione apostolica Papa Francesco il 25 marzo 2019 a Loreto ha firmato l'esortazione apostolica che conclude in Sinodo dei Giovani. Si chiama Christus vivit (che vuol dire Cristo vive) e verrà presentata ufficialmente il 2 aprile. Il Sinodo sui giovani è stato un evento attesissimo. Aperto il 3 ottobre 2018 da Papa Francesco, insieme a 267 vescovi (i padri sinodali), si è concluso il 27 ottobre 2018. Durante il mese e durante i lavori preparatori di tutto l'anno precedente, il Papa e i vescovi sono rimasti in ascolto delle voci e delle esperienze di vita di tanti giovani che hanno portato entusiasmo, sogni, amarezze. L'11 aprile a Bologna dalle 15.30 si è svolto un pomeriggio di dialogo e di confronto sugli atti conclusivi del sinodo. Margherita Anselmi, esperta della segretria del Sinodo; Padre Giacomo Costa, segretario generale del Sinodo; Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, traccerando la strada guidati da un Vento Favorevole che continua: Come riconoscere, ovvero dialogare coi giovani; Come interpretare, quindi accompagnare e discernere; Come scegliere, cioè camminare con i giovani. L'appuntamento è nella Sala Polivalente del Villaggio Don Oreste Benzi di Via Sammarina 16, Castel Maggiore (BO).   Il Vento è favorevole: vedi il volantino   Il messaggio dei vescovi alla conclusione del Sinodo sui giovani I vescovi,  oltre al documento conclusivo del Sinodo, hanno consegnato ai giovani di tutto il mondo una lettera aperta, letta nella basilica di San Pietro al termine della Messa di chiusura, prima della benedizione solenne impartita dal Papa: «La Chiesa e il mondo hanno urgente bisogno del vostro entusiasmo. Fatevi compagni di strada dei più fragili, dei poveri, dei feriti dalla vita. Siete il presente, siate il futuro più luminoso». Ecco il testo integrale della lettera aperta: «A voi, giovani del mondo, ci rivolgiamo noi padri sinodali, con una parola di speranza, di fiducia, di consolazione. In questi giorni ci siamo riuniti per ascoltare la voce di Gesù, ‘il Cristo eternamente giovane’, e riconoscere in Lui le vostre molte voci, le vostre grida di esultanza, i lamenti, i silenzi. Sappiamo delle vostre ricerche interiori, delle gioie e delle speranze, dei dolori e delle angosce che costituiscono la vostra inquietudine. Desideriamo che adesso ascoltiate una parola da noi: vogliamo essere collaboratori della vostra gioia affinché le vostre attese si trasformino in ideali. Siamo certi che sarete pronti a impegnarvi con la vostra voglia di vivere, perché i vostri sogni prendano corpo nella vostra esistenza e nella storia umana. Le nostre debolezze non vi scoraggino, le fragilità e i peccati non siano ostacolo alla vostra fiducia. La Chiesa vi è madre, non vi abbandona, è pronta ad accompagnarvi su strade nuove, sui sentieri di altura ove il vento dello Spirito soffia più forte, spazzando via le nebbie dell’indifferenza, della superficialità, dello scoraggiamento. Quando il mondo, che Dio ha tanto amato da donargli il suo Figlio Gesù, è ripiegato sulle cose, sul successo immediato, sul piacere e schiaccia i più deboli, voi aiutatelo a rialzarsi e a rivolgere lo sguardo verso l’amore, la bellezza, la verità, la giustizia. Per un mese abbiamo camminato insieme con alcuni di voi e molti altri legati a noi con la preghiera e l’affetto. Desideriamo continuare ora il cammino in ogni parte della terra ove il Signore Gesù ci invia come discepoli missionari. La Chiesa e il mondo hanno urgente bisogno del vostro entusiasmo. Fatevi compagni di strada dei più fragili, dei poveri, dei feriti dalla vita. Siete il presente, siate il futuro più luminoso».   Giovani italiani: ecco i numeri portati al Sinodo dei giovani Ecco nell'infografica il report dell'Istituto Toniolo sulla Condizione giovanile in Italia che ha anticipato il Sinodo 2018.     Il racconto di Giulia: «Ecco cosa ho detto ai vescovi» L'appuntamento sinodale è il terzo che è stato voluto da Papa Francesco; e i giovani parleranno. 34 giovani tra i 18 e i 29 anni proveranno con la loro vivace presenza a farsi portavoce, emozione permettendo, di tanti loro coetanei. E fra loro c'è Giulia Longo, 23 anni, rientrata da pochi giorni dal Libano: lì vive come volontaria di Operazione Colomba, il Corpo civile di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII. Sono ragazzi che vivono all'interno delle guerre per portare la pace, in maniera nonviolenta, aiutando nel dialogo le parti in conflitto.   «Vivrò questo Sinodo in ascolto – spiega Giulia — e metto a disposizione la mia vita. Cerco di portare con me la fatica e la sofferenza che ognuno di noi individualmente, e ogni popolo, ha per raggiungere pace e giustizia. Vorrei tanto trovare in questo weekend, in sui sarò a Roma, uno spazio di dialogo e apertura verso una fede più umana e vissuta, una fede che produce cambiamenti e che si apre sempre di più verso le differenze». Ecco un brano dal suo racconto, che sabato ha letto davanti a Papa Francesco. «Scrivo da questa tenda di cartone e nylon, nel campo profughi di Tel Abbas, in Libano, a soli tre km, dal confine con la Siria. Qui, il rischio non è tanto nel confine con la Siria, né i soldati, né la paura che ti facciano male, qui il rischio è la sofferenza. La sofferenza che provi quando scopri la verità, quando condividi pezzi di vita troppo pesanti da portare, quando il tuo nome diventa motivo di speranza. Il rischio della vita è questo: per misurarla devi vivere. Se non impari a viverla nei suoi dolori più profondi non saprai vedere le piccole gioie che ti tengono a galla.  E sarai vita e sarai amore».  Leggi la testimonianza completa di Giulia.  #FOTOGALLERY:sinodo2018# Giovani in cammino verso Roma Come si è arrivati fin qui? Attraverso un lungo percorso, che durato più di un anno, e che è culminato quest'estate a Roma per ascoltare le parole di Papa Francesco, dopo i pellegrinaggi diocesani di tutta Italia, raccontati con l'hashtag #permillestrade. Giovanni ha percorso la sua strada al fianco di un ragazzo disabile;  ecco come racconta il suo cammino attraverso il Sinodo dei Giovani 2018.   «Spesso la diversità ci fa paura, accogliere chi è diverso nel suo modo di essere, di fare e di relazionarsi non sempre può sembrare una cosa semplice. Confrontarci e relazionarci con qualcuno che è diverso da noi ci chiede di togliere le nostre maschere, di interrogarci, di metterci in discussione, ci invita a trovare modi nuovi per instaurare una relazione autentica con l'altro: io e l'altro». «Questa è stata la nostra esperienza: Antony, con le sue poche parole ma con il linguaggio del suo corpo, ci ha spronato a metterci in gioco per metterci in relazione con lui. La diversità di Antony si è trasformata per noi in ricchezza. Averlo nel nostro gruppo è stato un dono che Dio ha voluto farci per riscoprire quanto Lui sia presente nei più piccoli, nei più fragili, in coloro sui quali la nostra società oggi non scommette e non investe. Passare del tempo con Antony è stata per noi la scommessa e l'investimento di tempo più grande perché ci ha fatto riflettere su come il Vangelo di Gesù Cristo sia oggi più attuale che mai».   #FOTOGALLERY:VERSOROMA#   «La bellezza di camminare in cordata e riuscire a portare Antony in ogni tappa del nostro cammino è l'immagine che mi porto a casa da questo pellegrinaggio, verso il Sinodo dei Giovani. Tanti i valori che Antony ci ha insegnato e che abbiamo potuto fare nostri e approfondire. l'accoglienza, la solidarietà, la responsabilità, il sostegno reciproco, l'amicizia. Con Antony siamo tornati a casa tutti più ricchi, perché abbiamo sperimentato come ciascuno di noi sia diverso dell'altro, ma che questa diversità, se condivisa, diventa ricchezza per la Chiesa e per il mondo».   «Ringrazio Gesù per averci donato Antony e perché ha voluto che la sua storia intrecciasse la nostra, così da poter parlare alla vita di ciascuno di noi».   Le attese del Sinodo dei Vescovi di ottobre Il Sinodo dei giovani 2018 è un'occasione di uscire dal quotidiano, dai ritmi veloci della vita di oggi; un invito a rallentare, ad ascoltare, ad ascoltarsi, a cogliere i segni di Provvidenza di cui il cammino di ognuno è disseminato. È  per i ragazzi un momento favorevole per impegnarsi nel cambiamento personale; i prelati faranno la loro sintesi sul tema  “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”.   Le richieste al Sinodo dalle case famiglia Molti ragazzi portatori di handicap, come Antony, provenivano da molte case famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII e dai suoi mille mondi vitali nuovi; anche loro hanno partecipato ai pellegrinaggi grazie all'aiuto degli altri giovani delle diocesi.   Don Michele Falabretti, direttore dell’Ufficio di Pastorale Giovanile della CEI ha detto durante una recente intervista: «Non possiamo smarrire l’idea di essere chiamati. Dobbiamo riscoprire la nostra chiamata che viene dalla Parola di Dio e che fa la Chiesa. Il fatto di camminare insieme ce lo ricorda».   Don Oreste Benzi dal cielo stia gioendo con noi, e lo immagino dicendo: «Forza cari ragazzi, il vento è favorevole, siate pronti con le scarpe sempre ai piedi»!   hanno collaborato Matteo Santini, Filippo Carroli, Giovanni Nicotra   La Notte Bianca al Villaggio della Gioia Fra i preparativi al Sinodo si sono moltiplicati gli appuntamenti locali, e la Notte Bianca al Villaggio della Gioia è stato un momento davvero unico! C’erano più di 100 ragazzi provenienti dalle Diocesi di Forlì, Faenza, Cesena, Ravenna, Rimini, Bologna e Madrid, comunità terapeutiche, casa del perdono, ragazzi di altre religioni… tutti attenti alle parole di Papa Francesco e che in semplicità si sono divertiti. «Siamo stati provocati sull’importanza del cammino fatto insieme, come chiesa, e di Dio come amico e compagno di viaggio, ci siamo collegati via skype con Matteo e un gruppo di giovani a Roma scambiando le impressioni a caldo. Abbiamo mangiato, ballato con la musica del Dj Ettore e visto insieme le stelle cadenti. È un gran regalo di Papa Francesco questo Sinodo! Per noi della zona Romagna è stata una grande gioia poter condividere con così tanti giovani! Ma anche poter organizzare con il sostegno e appoggio delle tre diocesi di Forlì, Faenza e Cesena. Con le nostre poche forze, 5 pani e 2 pesci, abbiamo concretamente sperimentato la gioia della presenza del Signore che ha moltiplicato questi 2 pesci... Grazie davvero di cuore a chi ha contribuito alla realizzazione del momento e ai ragazzi che hanno partecipato! Proprio dei bei ragazzi», racconta Simona Sarti, giovane Apg23.   #FOTOGALLERY:villaggio# Il Pre-Sinodo dei giovani Papa Francesco al Pre-Sinodo dei giovani si è espresso molto duramente condannando la prostituzione e chiedendo scusa per tutti i cattolici che frequentano le prostitutte. «Ma Padre, non è forse fare l'amore?», ecco cosa ha risposto il Papa.     Nel Sinodo anche giovani atei e agnostici, il video C’è un video che da qualche tempo circola su YouTube. Titolo piuttosto banale, Verso il Sinodo dei giovani, ma contenuto originale, a partire dalla scena in cui il Papa spiega perché intende chiamare a raccolta nel Sinodo giovani di agosto 2018 tutti i giovani. «Anche quelli che hanno una fede tiepida? Sì! Anche agnostici o atei? Sì!». Ma soprattutto è interessante il taglio che ha voluto dare all’incontro: non tanto quello che la Chiesa vuole dire ai giovani, ma quello che i giovani hanno da dire alla Chiesa. «Ogni giovane ha qualcosa da dire agli altri – ha precisato Francesco – ai preti, alle suore, ai vescovi e al Papa!» «Se uno della mia età oggi va in chiesa deve guardare sua nonna per capire quando si deve alzare e quando sedere» ha commentato uno dei ragazzi intervistati durante il Pre-Sinodo.   Sinodo dei Giovani: un fitto calendario il pre-Sinodo Questo selfie su Instagram ben sintetizza la riunione pre-sinodale dei giovani di tutto il mondo, che si è tenuta dal 18 al 24 marzo 2018 a Roma: 300 giovani si sono riuniti per confrontarsi sulle tematiche del Sinodo. Papa Francesco non ha mancato di citare Don Oreste Benzi ed il suo impegno per la liberazione dalla strada delle ragazze vittime di tratta ai fini della prostituzione. #FOTOGALLERY:PreSinodo# Poi, dopo gli incontri diocesani di giugno, dal 3 al 10 agosto tantissimi pellegrinaggi in tutta Italia hanno dato vita ad un grande cammino per raggiungere insieme Roma, insieme agli scout dell'Agesci e ai rappresentanti di tutti i movimenti ed associazioni giovanili; poi l'11 agosto c'è stato il ritrovo al Circo Massimo per la veglia con Papa Francesco e la notte bianca. Il Sinodo dei giovani 2018 è terminato domenica 12 agosto a San Pietro.     Enkolina @enkolina_ è da #PapaFrancesco alla riunione preparatoria del #Sinodo dei #giovani, eccola per portare la voce delle unità di strada di #Roma contro la #prostituzione. Papa Francesco ha ricordato le parole di #DonBenzi «Non chiediamo alle ragazze quanto costi, ma quanto soffri!» e poi ha raccontato ai giovani l'incontro con le accolte #apg23. E l'invito che è per tutti: «Ascoltate i giovani e diventate i loro punti di riferimento», richiama al #cuore ciascuno di noi! Un post condiviso da Officine degli Scarabocchi (@officine.apg23) in data: Mar 19, 2018 at 3:43 PDT   Nel suo ultimo intervento pubblico, alla Settimana sociale dei cattolici il 19 settembre del 2007, don Oreste Benzi anticipava: «Il vento è favorevole, perché il cuore dei giovani, ve lo dico – e non badate alle cassandre – oggi batte per Cristo. Però ci vuole chi senta quel battito, chi li organizzi e li porti avanti in una maniera meravigliosa»; oggi Papa Francesco pare ne abbia raccolto l'invito.   Come la Chiesa Cattolica si rivolge ai giovani 10 marzo 2018: siamo a Piacenza all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Lo sforzo che la Chiesa sta compiendo nei confronti del dialogo con le nuove generazioni emerge dalle parole del cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo: «I giovani non vanno considerati come oggetto dei piani pastorali ma soggetti attivi». E per ascoltarli è stato previsto il pre-Sinodo, che porta a Roma 300 giovani inviati da tutte le conferenze episcopali e le chiese orientali. «Il Papa è stato molto contento di questa apertura – racconta Baldisseri – e mi ha detto: “Mi raccomando, i lontani!”. Per questo abbiamo previsto che 20 giovani interagiscano durante gli eventi con l’esterno in varie lingue attraverso i social, così che davvero tutti possano intervenire». Il vento è favorevole, annuncia un manifesto, evocando l’ultimo intervento di don Benzi. Il convegno preparatorio di Piacenza è stato un evento formativo pre-sinodale organizzato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII in collaborazione con l’Università e la Diocesi. #FOTOGALLERY:Piacenza# Ragazzi alla ricerca di Dio La tesi lanciata da don Benzi, fin da giovane prete, era che i giovani cercano Gesù ma spesso non lo incontrano, per questo occorreva pensare ad un nuovo approccio, «un incontro simpatico con Cristo». È un pensiero ancora attuale?  Sì, secondo Paola Bignardi, Coordinatrice dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo. «Dalla nostra ricerca emerge che molti giovani hanno incontrato una immagine di Dio che li ha allontanati: una serie di divieti, di regole, un giudice severo. Questo non permette un incontro simpatico con Gesù.» Qual è la soluzione? «Dobbiamo promuovere un incontro come quello che il Vangelo ci racconta, rifarci alla pedagogia del Vangelo togliendo le sovrastrutture che ci siamo creati. Il Signore incontra un giovane e lo guarda negli occhi, il giovane si sente interpellato. Gesù non ti risolve tutti i problemi ma ti dà l’energia per impegnarti in una missione.» Che rapporto hanno i giovani con la Chiesa? «Il Dio delle dottrine non interessa – continua Bignardi – vogliono un Dio relazione. Oggi i giovani non hanno amore per la Chiesa non perché come in passato ne contestano le scelte ma perché dicono: cosa c’entra la Chiesa con il mio rapporto con Dio? Mi aspetto che il Sinodo dei vescovi decida qual è il volto di Chiesa che si vuole presentare ai giovani.»   Parlare ai giovani usando il loro linguaggio «Un tempo il Vangelo era raccontato agli analfabeti attraverso i dipinti. Oggi che la gente non va in chiesa c’è bisogno di raccontare il Vangelo con la vita – dice Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII –. Noi siamo in 42 Paesi del mondo e vediamo che il linguaggio dell’amore, della condivisione diretta con i poveri, è compreso da tutti, in tutte le culture.» Una via aperta anche ai lontani: «Molti giovani che arrivano da noi per il servizio civile o per le missioni di pace con Operazione Colomba non vanno in chiesa, ma vengono attirati dalla vita di condivisione e di giustizia. Poi riscoprono Cristo e poi la Chiesa. Dico grazie ai giovani, perché rinnovano la Comunità e la Chiesa».   Condividi, mi piace, commenta Per entrare in relazione con i giovani d’oggi, conoscere gli strumenti di comunicazione con i quali sono cresciuti è d’obbligo. Parole come “condivisione”, “like”, “amicizia” sono prepotentemente presenti nella loro vita grazie ai social, ma che significato hanno? Chiara Giaccardi, docente di Sociologia e antropologia dei media all’Università Cattolica di Milano, ce lo spiega a Piacenza: Don Benzi diceva che dobbiamo passare dal servizio alla condivisione, spiegando che il primo chiede una prestazione, la seconda un’appartenenza. Nell’era dei social “condivisione” è la parola chiave: cambio di rotta nel suo significato o realtà potenziata? «Oramai siamo abituati a pensare ad un potenziamento della realtà solo in chiave tecnica e invece penso che don Benzi intendesse potenziare la realtà in due modi. Anzitutto condividendo, camminando insieme, aiutandosi l’un l’altro: dove non arrivo, non mi appoggio ad un supporto tecnico ma a qualcuno che mi dà una mano. L’altro modo di potenziare la realtà è dare una profondità che solo la fede può offrire. Uno sguardo più lungo del contingente, passato e futuro insieme al presente, letti dentro l’eternità di un cammino che costruiamo insieme, sotto lo sguardo di un Dio padre che ci ama.» Cos’è l’amicizia nell’era di Facebook? «Contrapporre on line e off line, in una realtà in cui materiale e digitale sono mescolati, non ha senso. Dobbiamo imparare a vivere in questo ambiente, non a sognare ciò che non c’è più. L’amicizia sta a noi riempirla di contenuti. I media digitali ci aiutano in maniera potentissima a superare le divisioni, le frammentazioni, a connettere le persone lontane, a dare voce a chi non ce l’ha. Sono un prezioso strumento di connessione, che non è relazione: sta a noi fare questo salto, non possiamo chiederlo alla tecnica.» Ai suoi figli ha chiesto l’amicizia? «Non ho Facebook ma abbiamo creato una chat di famiglia: una con i genitori e una senza, perché i fratelli tra di loro comunicano cose che sono un po’ segrete». Si può evangelizzare attraverso i social? «Credo che lo si possa fare solo attraverso la vita, l’esempio, che però può passare tranquillamente anche sui social». Se oggi Gesù tornasse su questa terra che social utilizzerebbe? «Continuerebbe a camminare perché è camminando con le persone, facendo fatica con loro che si può condividere quell’amore che è messaggio. Poi potrebbe tranquillamente utilizzare qualsiasi social network, perché nessuno è impermeabile all’azione della Grazia».   Chiara Bonetto   Sinodo giovani - i documenti Scarica la locandina del sinodo dei giovani. Il documento preparatorio: i giovani, la fede ed il discernimento vocazionale Testo di riferimento: "Instrumentum laboris" della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi Le richieste al sinodo: il pensiero dei giovani Apg23 La ricerca: il rapporto sui giovani Toniolo 2018     La preghiera del Sinodo dei giovani Gesù, scendi subito, perché oggi devi fermarti nella mia casa, per abitare tutte le mie relazioni e le mie amicizie e insegnarmi ad ascoltare la tua Parola anche nelle parole di chi mi vuol bene. Gesù, scendi subito, perché oggi devi fermarti nel mio lavoro, per mettere nel mio cuore parole e gesti nuovi e ritrovare la gioia di vedere te in ogni persona che incontro. Gesù, scendi subito, perché oggi devi fermarti nelle mie domande e nel mio silenzio, dove ti posso incontrare nella verità della preghiera e diventare testimone di pace nella fatica di ogni giorno. Gesù, scendi subito, perché oggi devi fermarti nella mia comunità, dove soffriamo tante ferite aperte dai nostri conflitti che solo tu puoi aiutarci a rimarginare per ricominciare a servire. Gesù, scendi subito, perché oggi devi fermarti nella nostra Chiesa, per accompagnare il cammino del Sinodo dei Giovani sui sentieri di Zaccheo che profumano di giustizia e di Vangelo.   Restiamo in contatto: iscriviti alla newsletter su impegno civile e volontariato.  
APG23
10/04/2019
Il messaggio di Papa Francesco per i giovani
È una lettera aperta che continua un dialogo che Papa Francesco non ha mai interrotto con i giovani. Si intitola Christus vivit ed è stata firmata dal Santo Padre lo scorso 25 marzo, festa dell’Annunciazione, proprio nella Santa Casa di Loreto. È la quarta esortazione apostolica di Papa Francesco. Dopo l’Evangelii Gaudium del 2013, incentrata sull’annuncio del Vangelo nel mondo d’oggi, l’Amoris Laetitia del 2016, che verteva sull’amore nella famiglia e la Gaudete et exsultate del 2018 sull’universale chiamata alla santità, è il momento di Christus Vivit, tutta dedicata ai giovani. L’esortazione apostolica Christus Vivit è un documento che suggella i lavori del Sinodo dei vescovi sui giovani, svoltasi in Vaticano a ottobre 2018. La sua pubblicazione si pone dopo l’intensa esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù vissuta a Panama a febbraio 2019, dove il Papa ha incontrato più di 100mila giovani. ​«Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di vita. Perciò, le prime parole che voglio rivolgere a ciascun giovane cristiano sono: Lui vive e ti vuole vivo!» Inizia così Christus Vivit, il messaggio che Papa Francesco indirizza a tutti i giovani del mondo. Commento di Giovanni Paolo Ramonda a "Christus vivit" «L’impegno sociale e il contatto diretto con i poveri restano una occasione fondamentale di scoperta o approfondimento della fede e di discernimento della propria vocazione» (170). Con queste parole il Papa cita l’esempio positivo dei giovani, di parrocchie, gruppi e movimenti che «hanno l’abitudine di andare a fare compagnia agli anziani e agli ammalati, o di visitare i quartieri poveri» (171); mentre «altri giovani partecipano a programmi sociali finalizzati a costruire case per chi è senza un tetto, o a bonificare aree contaminate, o a raccogliere aiuti per i più bisognosi. Sarebbe bene che questa energia comunitaria fosse applicata non solo ad azioni sporadiche ma in modo stabile». «Vedo che tanti giovani in tante parti del mondo sono usciti per le strade per esprimere il desiderio di una civiltà più giusta e fraterna... Sono giovani che vogliono essere protagonisti del cambiamento… Non lasciate che altri siano protagonisti del cambiamento!» L'esperienza dei Caschi Bianchi, dei giovani che vanno in strada per liberare le ragazze schiavizzate, di chi in terra di missione condivide con i più poveri. Scoprire i talenti dei giovani, dare fiducia e lanciarli in responsabilità. Non c’è nessuno più impegnato in questo mondo di chi è immerso in Dio. Prendiamo ad esempio le esperienze di coppie di giovani sposi, di giovani consacrati e sacerdoti. "Christus vivit": ecco il riassunto Questa lettera contiene un forte annuncio di speranza: Papa Francesco, con un linguaggio semplice e colloquiale, si rivolge ai giovani e a chi vuole rimanere con un cuore giovane. Ecco una sintesi del suo messaggio: Che cosa dice la Parola di Dio sui giovani? (capitolo primo) Come vuoi vivere la tua giovinezza? Come Samuele, che diventa uno dei più grandi profeti di Israele? Oppure come Davide, che sarà il re più importante e da cui discenderà il messia? Come quel giovane ricco che si avvicina a Gesù per cogliere il segreto della vita eterna? Oppure come quel figlio che ritira in anticipo l’eredità del padre per andare a divertirsi? Come vuoi spendere la tua giovinezza, questa stagione della vita che stai attraversando? Gesù Cristo sempre giovane (capitolo secondo) A chi non piacerebbe rimanere sempre giovane? Nella cultura odierna si sprecano i libri, i corsi, i consigli per imbrogliare il tempo che passa, rimanendo sempre giovani. In realtà il tempo passa per tutti, ma c’è una buona notizia: «Gesù è risorto e vuole farci partecipare alla novità della sua risurrezione. Vicino a Lui possiamo bere dalla vera sorgente, che mantiene vivi i nostri sogni, i nostri progetti, i nostri grandi ideali, e che ci lancia nell’annuncio della vita che vale la pena vivere» (n. 32). Quindi: vuoi rimanere giovane? Rimani unito a Gesù! E se sei giovane d’età, allora ti aspetta un compito importante: Papa Francesco ti chiede questo: «Attraverso la santità dei giovani la Chiesa può rinnovare il suo ardore spirituale e il suo vigore apostolico. Il balsamo della santità generata dalla vita buona di tanti giovani può curare le ferite della Chiesa e del mondo» (n. 50). Voi siete d’adesso di Dio! (capitolo terzo) C’è qualcosa di più elettrizzante che avere una missione così importante da compiere? Scrive il Papa: «non possiamo limitarci a dire che i giovani sono il futuro del mondo: sono il presente, lo stanno arricchendo con il loro contributo» (n. 64). Francesco però, con il suo spiccato senso pratico che lo contraddistingue, non nasconde che ci sono zone d’ombra: «Molti giovani sono ideologizzati, strumentalizzati e usati come carne da macello o come forza d’urto per distruggere, intimidire o ridicolizzare altri. E la cosa peggiore è che molti si trasformano in soggetti individualisti, nemici e diffidenti verso tutti, e diventano così facile preda di proposte disumanizzanti e dei piani distruttivi elaborati da gruppi politici o poteri economici. Ancora più numerosi nel mondo sono i giovani che patiscono forme di emarginazione ed esclusione sociale, per ragioni religiose, etniche o economiche. A volte il dolore di alcuni giovani è lacerante; è un dolore che non si può esprimere a parole; è un dolore che ci colpisce come uno schiaffo. Questi giovani possono solo dire a Dio che soffrono molto, che è troppo difficile per loro andare avanti, che non credono più in nessuno». (n. 73, 74, 77) Non ci si può voltare dall’altra parte di fronte a queste sofferenze o difficoltà. Non serve nemmeno farsi prendere dallo scoraggiamento. «Se sei giovane di età, ma ti senti debole, stanco o deluso, chiedi a Gesù di rinnovarti. Con Lui non viene meno la speranza. Lo stesso puoi fare se ti senti immerso nei vizi, nelle cattive abitudini, nell’egoismo o nella comodità morbosa. Gesù, pieno di vita, vuole aiutarti perché valga la pena essere giovane. Così non priverai il mondo di quel contributo che solo tu puoi dare, essendo unico e irripetibile come sei». (n. 109) «Non rinunciate ai vostri sogni!» Ecco il grande annuncio per tutti i giovani (capitolo quarto) Qual è la cosa più importante, la prima cosa, quella che non dovrebbe mai essere taciuta, che Papa Francesco vuole dire a tutti i giovani? È una verità in 3 punti: Dio ti ama. Se l’hai già sentito, non importa, voglio ricordartelo: Dio ti ama. Non dubitarne mai, qualunque cosa ti accada nella vita. In qualunque circostanza, sei infinitamente amato. La seconda verità è che Cristo, per amore, ha dato se stesso fino alla fine per salvarti. Le sue braccia aperte sulla croce sono il segno più prezioso di un amico capace di arrivare fino all’estremo: quel Cristo che ci ha salvato sulla croce dai nostri peccati, con lo stesso potere del suo totale dono di sé continua a salvarci e redimerci oggi. C’è però una terza verità: Egli vive! Gesù Cristo non è un buon esempio del passato, un ricordo, qualcuno che ci ha salvato duemila anni fa. Colui che ci libera, Colui che ci trasforma, Colui che ci guarisce e ci conforta è qualcuno che vive. È Cristo risorto, pieno di vitalità soprannaturale, rivestito di luce infinita. Se Egli vive, allora davvero potrà essere presente nella tua vita, in ogni momento, per riempirlo di luce. Così non ci saranno mai più solitudine e abbandono. Percorsi di gioventù (capitolo quinto) «La giovinezza, più che un vanto, è un dono di Dio:  essere giovani è una grazia, una fortuna. È un dono che possiamo sprecare inutilmente, oppure possiamo riceverlo con gratitudine e viverlo in pienezza» (n. 134). Tu, giovane, come scegli di viverla? Sicuramente la gioventù è un tempo di sogni e di scelte importante che segneranno il futuro di quella persona. Il Papa confida: «Qualche tempo fa un amico mi ha chiesto che cosa vedo io quando penso a un giovane. La mia risposta è stata: Vedo un ragazzo o una ragazza che cerca la propria strada, che vuole volare con i piedi, che si affaccia sul mondo e guarda l’orizzonte con occhi colmi di speranza, pieni di futuro e anche di illusioni. Il giovane va con due piedi come gli adulti, ma a differenza degli adulti, che li tengono paralleli, ne ha sempre uno davanti all’altro, pronto per partire, per scattare. Sempre lanciato in avanti. Parlare dei giovani significa parlare di promesse, e significa parlare di gioia. Hanno tanta forza i giovani, sono capaci di guardare con speranza. Un giovane è una promessa di vita che ha insito un certo grado di tenacia; ha abbastanza follia per potersi illudere e la sufficiente capacità per poter guarire dalla delusione che ne può derivare» (n. 139). Papa Francesco ha grande fiducia nei giovani, perché hanno voglia di sperimentare e di vivere (n. 144-149), perché nell’amicizia con Cristo (n. 150-157) possono intraprendere un percorso di maturazione che li porta all’impegno per gli altri (n. 158-174), fino a diventare missionari coraggiosi (n. 175-178). Giovani con radici (capitolo sesto) Come un giovane albero senza radici profonde, cade in balìa della tempesta, così «è impossibile che uno cresca se non ha radici forti che aiutino a stare bene in piedi e attaccato alla terra. È facile “volare via” quando non si ha dove attaccarsi, dove fissarsi» (n. 179). Aiutare i giovani a scoprire la ricchezza viva del passato, facendone memoria e servendosene per le proprie scelte e possibilità, è un vero atto di amore nei loro confronti in vista della loro crescita e delle scelte che sono chiamati a compiere» (187). «Cari giovani, non permettete che usino la vostra giovinezza per favorire una vita superficiale, che confonde la bellezza con l’apparenza. Sappiate invece scoprire che: c’è una bellezza nel lavoratore che torna a casa sporco e in disordine, ma con la gioia di aver guadagnato il pane per i suoi figli. C’è una bellezza straordinaria nella comunione della famiglia riunita intorno alla tavola e nel pane condiviso con generosità, anche se la mensa è molto povera. C’è una bellezza nella moglie spettinata e un po’ anziana che continua a prendersi cura del marito malato al di là delle proprie forze e della propria salute. Malgrado sia lontana la primavera del corteggiamento, c’è una bellezza nella fedeltà delle coppie che si amano nell’autunno della vita e in quei vecchietti che camminano tenendosi per mano. C’è una bellezza che va al di là dell’apparenza o dell’estetica di moda in ogni uomo e ogni donna che vivono con amore la loro vocazione personale, nel servizio disinteressato per la comunità, per la patria, nel lavoro generoso per la felicità della famiglia, impegnati nell’arduo lavoro anonimo e gratuito di ripristinare l’amicizia sociale. Scoprire, mostrare e mettere in risalto questa bellezza, che ricorda quella di Cristo sulla croce, significa mettere le basi della vera solidarietà sociale e della cultura dell’incontro». (n. 183) La pastorale dei giovani. Guidati sì, ma liberi di trovare strade sempre nuove (capitolo settimo) «Oltre al consueto lavoro pastorale che realizzano le parrocchie e i movimenti, secondo determinati schemi, è molto importante dare spazio a una “pastorale giovanile popolare”, che ha un altro stile, altri tempi, un altro ritmo, un’altra metodologia. Consiste in una pastorale più ampia e flessibile che stimoli, nei diversi luoghi in cui si muovono concretamente i giovani, quelle guide naturali e quei carismi che lo Spirito Santo ha già seminato tra loro. Si tratta prima di tutto di non porre tanti ostacoli, norme, controlli e inquadramenti obbligatori a quei giovani credenti che sono leader naturali nei quartieri e nei diversi ambienti. Dobbiamo limitarci ad accompagnarli e stimolarli, confidando un po’ di più nella fantasia dello Spirito Santo che agisce come vuole» (n. 230). «Invece di soffocarli con un insieme di regole che danno del cristianesimo un’immagine riduttiva e moralistica, siamo chiamati a investire sulla loro audacia ed educarli ad assumersi le loro responsabilità, certi che anche l’errore, il fallimento e la crisi sono esperienze che possono rafforzare la loro umanità» (n. 233) La vocazione. Chiamati da chi? Chiamati per cosa? (capitolo ottavo) Vocazione non vuol dire solo “chiamata alla vita religiosa o di speciale consacrazione a Dio”, ma è la chiamata a realizzarsi pienamente, a crescere per la gloria di Dio. Dio ti chiama: Ad essere suo amico: Sai cosa vuole da te Gesù? Che diventi suo amico. Come ha fatto con Pietro, Gesù chiede anche a te, oggi: «Mi vuoi come amico?» (n. 250). La vita che Gesù ci dona è una storia d’amore, una storia di vita che desidera mescolarsi con la nostra e mettere radici nella terra di ognuno (n. 252). Ad essere per gli altri: «Siamo chiamati dal Signore a partecipare alla sua opera creatrice, offrendo il nostro contributo al bene comune sulla base delle capacità che abbiamo ricevuto» (n. 253). All’amore e alla famiglia: «I giovani sentono fortemente la chiamata all’amore e sognano di incontrare la persona giusta con cui formare una famiglia e costruire una vita insieme. Senza dubbio è una vocazione che Dio stesso propone attraverso i sentimenti, i desideri, i sogni. (n. 259) Al lavoro: «Non sempre un giovane ha la possibilità di decidere a che cosa dedicare i suoi sforzi, perché, al di là dei propri desideri, ci sono i duri limiti della realtà. È vero che non puoi vivere senza lavorare e che a volte dovrai accettare quello che trovi, ma non rinunciare mai ai tuoi sogni, non seppellire mai definitivamente una vocazione, non darti mai per vinto. Continua sempre a cercare, come minimo, modalità parziali o imperfette di vivere ciò che nel tuo discernimento riconosci come un’autentica vocazione» (n. 272). Ad una speciale consacrazione: è importante che ogni giovane si interroghi sulla possibilità di seguire questa strada. «La chiamata di Gesù è attraente, è affascinante. Oggi, però, l’ansia e la velocità di tanti stimoli che ci bombardano fanno sì che non ci sia spazio per quel silenzio interiore in cui si percepisce lo sguardo di Gesù e si ascolta la sua chiamata. Nel frattempo, riceverai molte proposte ben confezionate, che si presentano belle e intense, ma con il tempo ti lasceranno svuotato, stanco e solo. Non lasciare che questo ti accada, perché il turbine di questo mondo ti trascina in una corsa senza senso, senza orientamento, senza obiettivi chiari, e così molti tuoi sforzi andranno sprecati. Cerca piuttosto quegli spazi di calma e di silenzio che ti permettano di riflettere, di pregare, di guardare meglio il mondo che ti circonda, e a quel punto, insieme a Gesù, potrai riconoscere quale è la tua vocazione in questa terra» (n. 277) Il discernimento: cosa significa? (capitolo nono ed ultimo) Ma cos’è questo “discernimento” di cui tanto si parla? Era il tema centrale anche del Sinodo dei Vescovi di ottobre 2018, che ha ascoltato la voce di centinaia di giovani. Discernimento è capire cosa “voglio fare da grande”, «è un cammino di libertà che porta alla luce quella realtà unica di ogni persona, quella realtà che è così sua, così personale, che solo Dio la conosce. Gli altri non possono né comprendere pienamente né prevedere dall’esterno come si svilupperà» (n. 295). È proprio indispensabile fare discernimento? Sì, perché «senza la sapienza del discernimento possiamo trasformarci facilmente in burattini alla mercé delle tendenze del momento» (n. 279). Allora qual è la grande domanda? «Tante volte, nella vita, - scrive Papa Francesco - perdiamo tempo a domandarci: “Ma chi sono io?”. Tu puoi domandarti chi sei tu e fare tutta una vita cercando chi sei tu. Ma domandati: “Per chi sono io?”». Tu sei per Dio, senza dubbio. Ma Lui ha voluto che tu sia anche per gli altri, e ha posto in te molte qualità, inclinazioni, doni e carismi che non sono per te, ma per gli altri». (n. 286)
APG23
08/04/2019
«Non identifichiamo la cultura rom con il degrado»
"In dialogo con il popolo rom", era il titolo del secondo dei 3 seminari previsti per il 2019 sulla cultura rom e sinta, organizzato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII lo scorso 16 marzo si è svolto a Marebello (RN). Soprattutto in occasione della giornata mondiale del popolo camminante, che ricorre ogni anno l'8 aprile, è importante porre l'attenzione su quanto poco conosciamo questa cultura centenaria e su quanti pregiudizi si annidano anche tra i più tolleranti. «In Italia ci sono 180mila rom, di cui solo 20mila (dati 2018 Università di Chieti) vivono nei campi» ha ribadito durante il seminario Giorgio Bezzecchi, rom di origine croata che vive a Milano, «Spesso si focalizza l’attenzione su quelli che vivono nel degrado, dimenticandosi degli altri 160mila che sono integrati». Bezzecchi, rom attivista, presidente della cooperativa Romanò Drom, è stato collaboratore di Fabrizio De André, per la famosa canzone Khorakhanè, in seguito alla quale era nata una grande amicizia. Il suo intervento è partito dalla storia della sua vita, dalle difficoltà di essere rom in Italia negli anni ’60. Proprio lui è stato il primo rom scolarizzato in Italia e la sua è una storia di riscatto sociale: i suoi genitori vivono ancora in un piccolo campo a Milano, lui invece, da quando si è sposato con un ufficiale della finanza, una donna che si occupava del campo in cui viveva con la famiglia, si è trasferito in una casa, come attivista e collaboratore degli enti locali, in difesa dei diritti del suo popolo. «È sbagliato - continua Bezzecchi - confondere il degrado che viene dalla marginalità e dall’esclusione con la cultura rom. Sono circa 160mila i rom integrati, molti dei quali, circa 100mila, sono italiani a tutti gli effetti, da diverse generazioni, mentre gli altri 60mila sono rom slavi balcanici con i documenti in regola». Insomma: 20mila persone che vivono nei campi nomadi hanno più peso di questi 160mila rom che sono perfettamente integrati nel nostro territorio. Bezzecchi distingue bene quella che è la mancanza e la perdita di valori culturali e la povertà interiore ed esteriore che ne deriva, soprattutto interiore, con la cultura, che è un’altra cosa. Il prossimo seminario sarà il 4 maggio a Bologna sul tema: “La coscienza di popolo e il protagonismo politico”. Ospite d'eccezione: Vojislav Stojanovic, rom serbo, mediatore culturale europeo, ingegnere civile, presidente dell’opera nomadi Torino. Khorakhanè (A forza di essere vento): una canzone di Fabrizio De André sul popolo camminante 8 aprile: giornata internazionale dei popoli camminanti L’8 aprile in tutto il mondo si celebra la giornata internazionale dei Rom e dei Sinti. La ricorrenza  è stata istituita per ricordare il primo congresso mondiale del popolo Rom che si tenne a Londra nel 1971. In quell’occasione il nome Rom, che significa “uomo” nella loro lingua, fu scelta per indicare la nazione Romanì, che comprende varie comunità. Quel giorno si costituì la Romanì Union, la prima associazione mondiale dei Rom, fu scelta la bandiera Rom (una ruota rossa in campo azzurro e verde) e l’inno nazionale “Gelem gelem”. «Tra tutte le ricorrenze internazionali, quella dell’8 aprile è forse la meno conosciuta» spiega Natascia Mazzon, referente della condivisione con i Rom e Sinti. «Infatti già da 44 anni l’8 aprile viene celebrato in tutto il mondo dal popolo Rom e, se è vero che i Rom sono tra i gruppi più discriminati nel nostro Paese, ogni occasione può essere utile per provare a smontare quella bolla di pregiudizio e di stigmatizzazione, di stereotipi e di luoghi comuni che hanno consentito la diffusione di una così aggressiva ostilità nei loro confronti. In questa ricorrenza si potrebbe parlare di cose molto più tristi, ad esempio del “Porrajmos” (significa “grande devastazione” e si riferisce allo sterminio nazista), quando circa 600mila tra Rom e Sinti sono morti, insieme ad ebrei e disabili; oppure si potrebbe parlare della politica segregativa italiana che costringe circa 40.000 Rom a vivere in condizioni disumane nei campi che sono dei ghetti; si potrebbe raccontare l’impossibilità per loro di regolarizzarsi, anche volendo, perché per i Rom tutte le porte, o quasi tutte, si chiudono a prescindere, come abbiamo constatato in questi anni grazie alla nostra esperienza di condivisione con loro.   Video con l’inno nazionale Romanì “Gelem gelem” Chi sono i Rom? Un seminario per conoscere meglio questo popolo Il 20 gennaio 2018 presso la comunità terapeutica S. Giuseppe a Castel Maggiore, loc. Sabbiuno (BO), si è tenuto un seminario dal titolo: "Chi sono i Rom?". Relatore Francesco Canuti, membro della Comunità Papa Giovanni XXIII, conoscitore della cultura Rom. Chiediamo a Natascia Mazzon, referente dell’Ambito Rom per la Comunità Papa Giovanni XXIII, il motivo che ha spinto ad organizzare questo percorso formativo, pensato per i volontari coinvolti nell’accoglienza e accompagnamento del popolo Rom: « La conoscenza e il dialogo sono i due principi cardine su cui si fonda l’eredità di don Oreste Benzi rispetto alla condivisione con questo popolo. Pensiamo sia fondamentale partire da una solida base di conoscenze, sia del popolo che andiamo ad incontrare, sia delle motivazioni che ci spingono a farlo. La speranza è di riuscire a fornire strumenti efficaci per superare i pregiudizi e aprire il dialogo col popolo Rom. Il seminario è parte di un percorso che prevede altri 3 seminari durante il 2018. L’obiettivo è conoscere meglio l’identità Romanì, ovvero la Romanipè. Di seguito i temi dei seminari 2018: “La famiglia nel popolo Rom, come cambiano i ruoli oggi? L'emarginazione e il degrado. La scuola”. Relatori: prof. D. Argiropolus (docente di Pedagogia della marginalità e della devianza all’Università di Bologna); ins. Marcello Brondi (referente del progetto Rom dell'Isituto Comprensivo Cosmè Tura a Ferrara) 17 marzo 2018, presso comunità terapeutica S. Giuseppe, Castel Maggiore, loc. Sabbiuno (BO), via Sammarina 12 “Lo status giuridico del popolo Rom. Linee generali e approfondimenti”             Relatore: avv. Laila Simoncelli, avvocato civilista esperta in diritto internazionale.             9 giugno 2018, presso comunità terapeutica S. Giuseppe, Castel Maggiore, loc. Sabbiuno (BO), via Sammarina 12 “La dimensione spirituale del popolo Rom”             Relatore: don Renato Rosso, missionario tra i Rom e Sinti dagli anni '70             13 ottobre 2018, presso il Centro Diurno S. Chiara a Fossano (CN) Via Villafalletto, 24 Un video-documentario sui Rom in fase di realizzazione A completare il percorso formativo, durante tutto il 2018 verrà girato un video-documentario alla scoperta della Romanipé, cioè dell’identità Romanì. Il documentario sarà realizzato da Flavio Zanini e avrà i seguenti contenuti: stralci delle relazioni dei docenti che terranno i seminari interviste a personalità dell'attivismo rom testimonianze di rom e sinti su vari argomenti (il pregiudizio, l'emarginazione, il riscatto sociale) (di Chiara Bonetto) Il popolo Rom ricorda don Benzi Uniti nella preghiera sulla tomba del sacerdote riminese La mattina del 26 dicembre la Comunità Papa Giovanni XXIII e alcune famiglie Rom e Sinti di Rimini si sono trovate sulla tomba di don Oreste Benzi al cimitero di Rimini. «Abbiamo pregato insieme, Rom e Gagi, sulla tomba di don Oreste – a parlare è don Adamo Affri, responsabile della Comunità per la zona di Rimini -.  Abbiamo fatto esperienza che quando si mette Gesù al centro tutti ci sentiamo fratelli, abitati da un Mistero più grande e assolutamente in comunione mistica tra noi! La fede è una realtà che ci aiuta ad incontrarci senza giudizio e senza paure. Pregare insieme oggi è il germe per una nuova umanità dove tutti ci riconosciamo in Cristo». «Caro papà Don Oreste» con queste parole Munira ha iniziato la sua preghiera. Ha ringraziato per quello che il papà ha insegnato loro, ricorda quando era tra loro e racconta come anche i figli e nipoti che non lo hanno conosciuto gli vogliano bene. Conclude: «Ti prego papà Don Oreste da lassù, continua a vegliare su di noi e proteggi tutte le persone a cui ha dato da raccogliere quello che tu hai seminato. Proteggi le persone bisognose, specialmente gli ultimi degli ultimi…. Grazie papà!» Matteo Drudi e Chiara Vitale sono il riferimento nella Comunità per i Rom e Sinti a Rimini. «Credo che il momento vissuto insieme questa mattina tra Rom e Gagi sia rappresentato molto bene nella preghiera di Munira – racconta Matteo Drudi -. Al centro c’era Dio al quale ci siamo rivolti chiedendo l’aiuto di Don Oreste, nostro papà. Da lui è partita la luce simbolo di speranza, luce che guida e scalda, che ognuno di noi ha tenuto in mano durante la preghiera spontanea». Il momento ha avuto inizio in lingua Romanì, con il saluto O Del Si Tumentsa! (Il Signore sia con voi) e si è concluso con il canto Ave Maria Romanès accompagnato da chitarra e ukulele. Non a caso due strumenti diversi, nati da popoli e culture diverse, ma unite dalle stesse note, per comporre un’unica melodia, quella che da questa mattina abbiamo cantato e vissuto insieme. La preghiera si è conclusa con un gesto simbolico tipico della cultura Rom: per invitare il caro defunto è stato versato un bicchiere di tè nella terra in cui Don Oreste è sepolto ed è stata lasciata una fetta di panettone ai piedi della tomba… questo è stato il modo per chiedere all’anima di Don Oreste di venire in mezzo a noi ad unirsi alla gioia della festa. «Quando arriva il Natale, il pensiero va subito alla famiglia – ci dice Chiara Vitale -. il Natale è un fatto avvenuto in una famiglia e ancora oggi è una festa prettamente familiare. Noi oggi abbiamo vissuto la gioia di riconoscerci parte di una grande famiglia, una famiglia senza confini di nessun tipo. Quando due o più popoli si incontrano per pregare insieme è una grande festa, è veramente Natale. Don Oreste ci teneva tantissimo a passare il Natale con le famiglie Rom, proprio lui ci ha insegnato a sentirci tutti parte di una grande famiglia, la famiglia di Dio. Dio si è fatto uomo anzi bambino e ha avuto bisogno di una famiglia. Noi siamo la sua famiglia se non poniamo limiti all'accoglienza dell'altro e scopriamo la bellezza delle diversità in un dono reciproco». (di Francesca Ciarallo)
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