A 15 anni in galera con un pallone

News pubblicata il: 07/09/2015

In provincia di Cuneo 30 giovani volontari giocano per le alternative al carcere

Due giornate di sport, nella Casa di reclusione di Fossano, si svolgeranno all'insegna dell'integrazione: il 9 e il 10 settembre si confronteranno 5 squadre di calcetto maschili e 6 squadre di pallavolo miste; comprenderanno la trentina di giovani volontari (fra i 15 e i 24 anni) che da circa 3 anni svolgono attività di animazione in carcere.

 Con loro ci saranno anche alcuni utenti del centro diurno per disabili gravi "Santa Chiara"di Fossano. Il centro è gestito dalla Cooperativa Il Ramo della Comunità Papa Giovanni XXIII che offre occasioni lavorative e di svago a circa 170 ragazzi disabili del territorio; alcuni dei ragazzi sono impegnati all'interno del carcere con attività musicali e teatrali.

La preghiera conclusiva dell'evento, guidata dal vicario del Vescovo di Cuneo Don Derio Olivero, sarà ecumenica ed incentrata su un tema di grande attualità: “costruire la pace insieme tra le religioni”.

Per alcuni dei ragazzi detenuti sono iniziati negli anni percorsi alternativi al carcere; la Comunità educante per i carcerati (Cec) di Piasco(Cn), ha ospitato una decina di persone nell'ultimo anno, provenienti da diversi istituti penitenziari di tutta Italia.

Roberto Fea, responsabile di zona della Comunità Papa Giovanni XXIII, chiede anche il coinvolgimento delle istituzioni: «chiederemo un incontro al Garante dei diritti per i carcerati della Regione Piemonte: il percorso svolto all'interno delle Cec non è riconosciuto, e potrebbe essere una vera alternativa al carcere per molti detenuti. Le comunità educanti infatti costituiscono una vera possibilità di riscatto; qui i detenuti potrebbero sentirsi costruttori della propria storia, e recuperare la dignità della propria vita».

Gianluca da anni è volontario in carcere: «Tutto cominciò anni fa con una chitarra in mano, circondato da omoni tatuati, scuri, ma con una gran voglia di riscatto negli occhi. Oggi riscopro che “l'uomo non è il suo errore”, come insegnava Don Oreste Benzi; relazionarmi con i detenuti, suonare, pregare, giocare, mi aiuta a riscoprire la bellezza di un incontro vero, senza fronzoli, che a volte è anche molto duro».