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Una proposta di pace per la Siria

Un gruppo di siriani, insieme a Operazione Colomba, incontra l’Unione Europea e la Camera

Una pace che ascolta chi non fa la guerra. L’idea di partenza è semplice e nuova: «perché al tavolo dei negoziati siedono solo rappresentanti di chi partecipa alla distruzione del nostro Paese?», dicono i nostri amici siriani. «Perché noi abbiamo solo la possibilità di scappare e non di mettere le nostre vite, le nostre idee, le nostre forze e speranze per fare una proposta di pace?»

«Siamo fuggiti dalla Siria, il nostro paese, perché non volevamo uccidere, né essere uccisi, abbiamo pagato un prezzo enorme per la nostra libertà, desideriamo vivere liberi e con dignità. E vogliamo tornare in pace nella nostra patria». Così Abu Rabia amico siriano, ora a Trento da un anno grazie ai corridoi umanitari, a tante persone che hanno aperto una strada dove prima non c’era. Ma come tante persone che hanno perso tutto e sono ricche solo della propria umanità, i nostri amici siriani hanno deciso di pensare in grande e hanno scritto una proposta di pace per la Siria. Noi volontari di Operazione Colomba, insieme a loro, raccogliendo le parole e i desideri di tornare a casa di tante persone, abbiamo pensato di proporre la creazione di zone umanitarie in cui non possano aver accesso eserciti e gruppi armati e una pace che definisca responsabilità e costruisca una Siria per chi non vuole la violenza. A novembre scorso, durante il primo incontro ufficiale, abbiamo presentato la proposta al vice presidente dell’Unione Europea Frans Timmermans, che ha detto di volerla incorporare nella proposta ufficiale della Ue. A marzo è stata presentata a Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. A giugno dovremmo presentarla a Roma alla Camera e organizzare, dove possibile e dove ci sono persone interessate a coinvolgersi, degli incontri per far conoscere l’appello.

Chiediamo a chi fosse interessato di coinvolgersi e contattarci per diffondere questo appello nelle forme che ognuno ritiene più alla sua portata: incontri pubblici, diffusione, sostegno alla presenza con i profughi in Libano, sostegno alle famiglie siriane accolte in Italia, disponibilità per l’accoglienza di nuove famiglie. Chi fa la guerra ha dalla sua la forza delle armi, dei soldi che servono a comprarle, della violenza. Chi vuole costruire una pace diversa da quella imposta dai bombardamenti e dalle uccisioni ha a disposizione la forza della solidarietà, la tenacia nell’affermare idee nuove ed aprire strade di cambiamento: un amore più forte della paura.

Mettiti subito in contatto con noi: operazione.colomba@apg23.org

Ecco la proposta:

APPELLO ALLA PACE IN SIRIA

Noi siriani, profughi nel nord del Libano, riuniti in organizzazioni ed associazioni, semplici cittadini e famiglie scampati alla morte e alla violenza, a cinque anni dall'inizio della guerra che ha distrutto il nostro Paese, viviamo a milioni senza casa né lavoro, senza sanità né scuola per i nostri figli, senza futuro.

Nel nostro Paese ci sono centinaia di gruppi militari che, con la sola legittimità data loro dall’uso della violenza e dal potere di uccidere, ci hanno cacciato dalle nostre case.

Veniamo ancora uccisi, costretti a combattere, a vivere nel terrore, a fuggire, veniamo umiliati e offesi. Ai tavoli delle trattative siedono solo coloro che hanno interessi economici e politici sulla Siria. A noi, vere vittime della guerra e veri amanti della Siria, l'unico diritto che è lasciato è quello di scegliere come morire in silenzio.

Ma noi, nel rumore assordante delle armi, rivendichiamo il diritto di far sentire la nostra voce, e insieme a coloro che ci sostengono e a chi vorrà unirsi al nostro appello.

CHIEDIAMO

  • La creazione di zone umanitarie in Siria, ovvero di territori che scelgono la neutralità rispetto al conflitto, sottoposti a protezione internazionale, in cui non abbiano accesso attori armati, sul modello, ad esempio, della Comunità di Pace di San José di Apartadò in Colombia. Vogliamo che siano aperti corridoi per portare in sicurezza i civili in pericolo fino alla fine della guerra e che tutti i rifugiati ritornino a vivere in pace e sicurezza nella loro Patria;
  • Che si fermi la guerra: che si fermino immediatamente i bombardamenti, che si blocchi il rifornimento di armi e che le armi già presenti vengano eliminate; che si ponga fine all'attuale assedio di decine di città siriane (www.siegewatch.org), che gli abitanti di queste città, senza cibo e medicine, siano assistiti immediatamente e posti in sicurezza;
  • Che siano assistite le vittime e sostenuto chi le soccorre: che siano liberati i prigionieri politici, ricercati i rapiti e dispersi; che siano soccorsi e assistiti anche in futuro i feriti e i disabili di guerra;
  • Che si combatta ogni forma di terrorismo ed estremismo, ma che questo smetta di essere, com'è ora, un massacro di civili innocenti e disarmati, che oltretutto alimenta il terrorismo stesso;
  • Che si raggiunga una soluzione politica e che ai negoziati di Ginevra siano rappresentati i civili che hanno rifiutato la guerra, e non coloro che hanno distrutto e stanno distruggendo la Siria;
  • La creazione di un Governo di consenso nazionale che rappresenti tutti i siriani nelle loro diversità e ne rispetti la dignità e i diritti. Vogliamo che sia fatta verità e giustizia sui responsabili di questi massacri, distruzioni, e della fuga di milioni di profughi, e lasciato spazio a chi vuole ricostruire. Vogliamo convocare ora le migliori forze internazionali, in grado di costruire convivenza e riconciliazione, per sostenere ed elaborare insieme a noi civili un futuro per il nostro Paese.

Promosso da: Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII.

Operazione Colomba è presente in Libano dal settembre 2013, a partire dall'aprile 2014 stabilmente nel campo profughi e nel villaggio di Tel Abbas, a 5 chilometri dal confine con la Siria. Dopo avere subito minacce e violenze da parte di alcuni libanesi del luogo, i rifugiati stessi del campo hanno chiesto ai volontari di Operazione Colomba di vivere insieme a loro, perché la presenza internazionale, civile e disarmata, dei volontari, rappresenta un forte deterrente all’uso della violenza. Per tre anni i volontari hanno condiviso direttamente la vita con i rifugiati nei campi del Libano. Questo ha permesso ad Operazione Colomba di raccogliere e farsi portavoce delle richieste fatte da rifugiati siriani, rappresentanti di altri rifugiati che sono scappati dalla guerra in Siria per non dover essere obbligati a combattere o essere uccisi.



Alberto Capannini
05/05/2017
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